lunedì 19 febbraio 2024

Il vecchio selvadego che tiene il sole

 “Il sole è nuovo ogni giorno”



Eraclito
Il mistero del vecchio peloso che regge il disco solare, Palazzo Bembo-Boldù, Venezia
Risalente ai primi decenni del XV secolo, Palazzo Bembo-Boldù è un fastoso esempio di residenza nobiliare in stile gotico veneziano. Si trova nel sestiere di Cannaregio, nel campiello di Santa Maria Nova. L’elegante facciata presenta, inquadrata in un’edicola, una nicchia in pietra d’Istria absidata, con il catino a forma di conchiglia di San Giacomo. Al suo interno è posta una misteriosa scultura, anch’essa realizzata nel medesimo materiale, che ritrae un uomo anziano dalla barba fluente, completamente ricoperto da una folta peluria, che regge davanti a sé il disco solare. Fornire un’interpretazione esaustiva di questo enigmatico “vecio pien de peo” (“vecchio peloso” in veneziano) risulta indubbiamente molto complicato. Parte degli studiosi lo individua nel cosiddetto “Homo Selvaticus”, il mitologico uomo selvatico, una creatura primitiva e selvaggia che simboleggia la forza e la vitalità della natura e richiama l’aspetto più animalesco e istintivo dell’essere umano. L’atto di reggere tra le mani il disco solare significherebbe il desiderio ancestrale dell’uomo di poter regolare la naturale ciclicità del tempo e dell’alternarsi delle stagioni. Altri ricercatori ritengono che possa trattarsi di Saturno, il dio romano dell’agricolture e della semina, o di Cronos, il dio greco del tempo a sostenere il disco solare. Entrambi le ipotesi interpretano la scultura come un’allegoria dell’eterna ciclicità delle stagioni e della sovranità del tempo sul destino dell’uomo. Sappiamo con certezza che l’opera fu commissionata dal nobile veneziano Giovanni Matteo Bembo (1491-1570), nipote dell’illustre cardinale Pietro Bembo (1470-1547). Il Bembo dettò inoltre personalmente l’epigrafe che compare alla base della nicchia. Il testo, poco leggibile data l’usura dei secoli, è una lunga celebrazione delle proprie gesta che rimarranno nella memoria delle terre di Zara, Cattaro, Capodistria, Verona, Cipro e Creta finché il sole ruoterà. Oltre ad essere un valoroso condottiero, Giovanni Matteo Bembo aveva fama di uomo dotto e forse addirittura di alchimista. La figura allegorica sulla facciata del suo palazzo si potrebbe quindi interpretare come un enigmatico riferimento alla dottrina alchemica. Il dettaglio della conchiglia di San Giacomo potrebbe anch’esso rimandare agli alchimisti che la utilizzavano come simbolo esoterico di conoscenza universale. Altrettanto particolare la scultura collocata alla base della nicchia. Raffigura tre teste maschili, quella centrale di un vecchio con la folta barba, a simboleggiare le tre età dell’uomo (giovinezza, maturità e vecchiaia). Sopra le teste è collocata un’altra conchiglia di San Giacomo. La realizzazione piuttosto grossolana di questo manufatto e lo stato di usura fanno pensare che sia molto più antica della nicchia sovrastante; forse addirittura recuperata da un altro edificio e successivamente qui murata.

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