mercoledì 21 settembre 2022

La Roma legata ad Iside di Boris De Rachewiltz

Roma, Aula Isiaca sul Palatino, parete lunga. Un ignoto prodigio.
"Un'aquila ad ali tese versa da un vaso, serrato tra gli artigli, dell'acqua sopra l'ara d'un tempio mentre tre sacerdotesse assistono stupite al prodigio. Il vaso che l'aquila stringe tra gli artigli è lo stesso che i sacerdoti portavano solennemente in processione (l'hydria) e che conteneva l'acqua sacra del Nilo, identificato con Osiride. Diodoro Siculo (1, 19, 24) riporta che gli Egizi davano al Nilo il nome di Aquila (Aetos) perché, come l'aquila, "le acque Nilo aggredivano con violenza le terre emerse". del Tutta la scena potrebbe rappresentare l'arrivo della tradizione egizia sul suolo romano. L'acqua del Nilo con la sua sacralità fa da tramite e crea un connubio con la città eterna. Il seme della sapienza egizia trasportato a Roma, germoglia e fermenta creando un


a fertile unione tra le due tradizioni, come testimonia anche la moneta del Nilo e del Tevere che si stringono la mano".
(Cap. VI, Tre testimonianze della Roma Alessandrina. Boris De Rachewiltz, Anna Maria Partini, Roma Egizia, Culti, Templi e divinità egizie nella Roma imperiale, Edizioni Mediterranee, Roma, 1999.)



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