Si chiama "sedia del diavolo" ed è un monumento funebre in laterizio di Elio Callisto, situato in piazza Callisto a Roma. Esso sorgeva su una collina lungo la via antica Nomentana, fu costruito nella metà del II secolo d.C. ed è a due piani con una scala che accedeva al piano semi sotterraneo.
Su ogni parete si aprivano due arcosoli con cinque nicchie sopra di essi, sormontate da piccole finestre. La copertura era a volta a vela e il pavimento in mosaico bianco.
Il monumento è stato chiamato "sedia del diavolo" per il suo nuovo aspetto ottenuto in seguito al crollo della facciata che per uno strano gioco avrebbe assunto la forma di una gigantesca sedia con braccioli e schienale. Capitava spesso che in ques'area si rifugiassero pastori e uomini senza dimora che accendendo il fuoco rimanevano sempre spaventati dall'aspetto inquietante che questo enorme trono assumeva, in quanto con il gioco delle ombre appariva ancora più demoniaco.
l fatto che ci si trovasse a Roma avvalorava ancora di più la tradizione della presenza luciferina, si pensava infatti che il seggio del papa fosse in pericolo a causa del nuovo trono di Satana e per questo divenne anche luogo di aggregazione di suoi seguaci che organizzavano banchetti e orge in suo onore. Si credeva che giungere al cospetto del trono del principe delle tenebre, permettesse di ottenere il dono della profezia e della guarigione da tutte le malattie. Nel 1300 vi erano diverse usanze: c'era chi scriveva sopra il muro i propri desideri affinchè si realizzassero, o chi raschiava frammenti di mattoni per farne pozioni magiche.
Pare che in una precisa zona della "sedia" sia incisa la parola "kabala", scritta con una lettera per mattone. Sarebbe una formula magica incisa dall'alchimista Zum Thurm affinchè chi l'avrebbe battuta con un pugno chiuso per tre volte, dicendo "voglio cambiare storia", avrebbe realmente ottenuto un grosso cambiamento.
Qui avvenivano i "Lemuria" o "Lemuralia" riti funebri celebrati il 9, l'11 e il 13 maggio per esorcizzare i lemuri, ovvero gli spiriti dei morti. Nel rito il "pater familias" doveva buttare alle proprie spalle delle fave nere per nove volte mentre recitava formule propiziatorie.
Venivano celebrati anche i "Parentalia" o "Parentali" in onore degli spiriti defunti dei parenti. Erano rituali che si perpetravano per nove giorni, dal 13 al 21 febbraio, giorno in cui si celebravano le "Feralia", il momento in cui le anime avrebbero potuto aggirarsi liberamente tra i vivi e per questo si portavano molti doni per i defunti affinchè venissero propiziati. La stessa parola "Feralia" in latino significa "portare" regali ai morti che solitamente erano costituiti da ghirlande di fiori, spighe di grano, sale, pane, vino o oggetti personali. Forse un rituale importato da Enea che avrebbe versato viole e vino sulla tomba del padre Anchise….
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