La religiosita arcaica legata al cavallo e alle divinità femminili, uno studio sulle prime divinità femminili che hanno popolato il panteon mediterraneo ed orientale, legate al tempo ciclico che il cavallo ben incarna con il ritmo del suo incedere: galoppo , trotto o passo semplice.........Avvincente indagine che vuole indagare prima del diffuso culto del toro, legato alla forza bruta, il cavallo rapprensenta la nobiltà e la leggerezza della sua vitalità, viene pienamente rappresentato per secoli e secoli, legato indissolubilmente ai grandi conduttori, imperatori e re, di tutti i tempi, indagini sull'energia primigenia sulla vitalità tanto ricercata e spesso incontenibile dove gli artisti. hanno ripreso con le loro opere, questro sacro animale per esprimere la forza vitale delle origini che vince anche sulla morte!
venerdì 29 novembre 2019
Dee e cavalli
La religiosita arcaica legata al cavallo e alle divinità femminili, uno studio sulle prime divinità femminili che hanno popolato il panteon mediterraneo ed orientale, legate al tempo ciclico che il cavallo ben incarna con il ritmo del suo incedere: galoppo , trotto o passo semplice.........Avvincente indagine che vuole indagare prima del diffuso culto del toro, legato alla forza bruta, il cavallo rapprensenta la nobiltà e la leggerezza della sua vitalità, viene pienamente rappresentato per secoli e secoli, legato indissolubilmente ai grandi conduttori, imperatori e re, di tutti i tempi, indagini sull'energia primigenia sulla vitalità tanto ricercata e spesso incontenibile dove gli artisti. hanno ripreso con le loro opere, questro sacro animale per esprimere la forza vitale delle origini che vince anche sulla morte!
giovedì 28 novembre 2019
Caduceo
L’origine mitologica del simbolo lo fa risalire al mito di Ermes,
figlio di Zeus e della ninfa Maia, il quale, sul monte Citerone, si
imbattè in due serpenti che combattevano tra di loro. Quando Ermes, per
porre fine alla lotta, gettò tra i due contendenti la verga d’oro
regalatagli da Apollo, i due rettili vi si attorcigliarono
immobilizzandosi: era nato il Caduceo, successivamente ornato con le ali
dei calzari del dio greco.
Il Caduceo è uno dei simboli più antichi della storia dell’umanità, comune a civiltà diverse, lo troviamo per esempio a Cartagine presso i Fenici, gli Hittiti, gli Ebrei, gli Egiziani. La sua immagine, raffigurante due serpenti attorcigliati in senso inverso intorno ad una verga ornata d’ali, è stata rinvenuta, oltre che nei templi greco-romani, su tavolette indiane dell’antica civiltà vedica e altrove. Il reperto archeologico più anticoè una coppa appartenuta al re Guda della città mesopotamica di Lagash, alla confluenza dei fiumi Tigri ed Eufrate, sulla quale è nitidamente inciso il simbolo
Il termine caduceo deriva dal greco Karkeion (araldo, messaggero) e rappresentava il simbolo di Ermes o Mercurio,messaggero degli dei, che lo esibiva come simbolo per dirimere le liti. Ma prima che a Mercurio, il magico bastone venne attribuito come emblema a Ermete Trismegisto, mitico progenitore dell’arte magica tradizionale, intesa come sintesi del sapere universale in ogni sua applicazione: medicina, legge morale, filosofia, religione, scienze naturali, matematica, etc. Il mito di Ermete risale alla più remota civiltà egizia, ripreso poi dalla mitologia greca che ne trasse il dio Hermes poi divenuto Mercurio con i Romani.
Omero nell’Iliade descrive così l’uso che fa Hermes del Caduceo: “La bacchetta mediante la quale il dio incanta al suo piacere gli occhi dei mortali o sveglia coloro che dormono. Negli Inni omerici il caduceo ermetico è detto “aureo”, ed ha la virtù di fascinare gli occhi dei mortali e di addormentarli, di attrarre i morti dagli inferi, di cambiare in oro gli oggetti toccati. È simbolo di prosperità e di pace anche presso i Romani.
Di questo simbolo si parla anche nella bibbia sempre con il nome di “Caduceo” come bastone di Aronne fratello di Mosé.
In lingua greca vuol dire “araldo di pace”. Ancora oggi il pastorale degli archimandriti, che è a forma di T, termina con due serpenti che si affrontano, talvolta sormontati da una croce.
È evidente che qualcosa di esoterico ancora sussiste nell’Ortodossia, ma nel tempo il vecchio simbolo ha in alcuni casi subito delle modifiche cambiando sia struttura che significato. Per la Chiesa Romana per esempio ha perso il simbolismo antico delle grandi Iniziazioni, ed è stato sostituito dal pedum che ha cima ricurva alla maniera del pastore.
Il Caduceo è uno dei simboli più antichi della storia dell’umanità, comune a civiltà diverse, lo troviamo per esempio a Cartagine presso i Fenici, gli Hittiti, gli Ebrei, gli Egiziani. La sua immagine, raffigurante due serpenti attorcigliati in senso inverso intorno ad una verga ornata d’ali, è stata rinvenuta, oltre che nei templi greco-romani, su tavolette indiane dell’antica civiltà vedica e altrove. Il reperto archeologico più anticoè una coppa appartenuta al re Guda della città mesopotamica di Lagash, alla confluenza dei fiumi Tigri ed Eufrate, sulla quale è nitidamente inciso il simbolo
Il termine caduceo deriva dal greco Karkeion (araldo, messaggero) e rappresentava il simbolo di Ermes o Mercurio,messaggero degli dei, che lo esibiva come simbolo per dirimere le liti. Ma prima che a Mercurio, il magico bastone venne attribuito come emblema a Ermete Trismegisto, mitico progenitore dell’arte magica tradizionale, intesa come sintesi del sapere universale in ogni sua applicazione: medicina, legge morale, filosofia, religione, scienze naturali, matematica, etc. Il mito di Ermete risale alla più remota civiltà egizia, ripreso poi dalla mitologia greca che ne trasse il dio Hermes poi divenuto Mercurio con i Romani.
Omero nell’Iliade descrive così l’uso che fa Hermes del Caduceo: “La bacchetta mediante la quale il dio incanta al suo piacere gli occhi dei mortali o sveglia coloro che dormono. Negli Inni omerici il caduceo ermetico è detto “aureo”, ed ha la virtù di fascinare gli occhi dei mortali e di addormentarli, di attrarre i morti dagli inferi, di cambiare in oro gli oggetti toccati. È simbolo di prosperità e di pace anche presso i Romani.
Di questo simbolo si parla anche nella bibbia sempre con il nome di “Caduceo” come bastone di Aronne fratello di Mosé.
In lingua greca vuol dire “araldo di pace”. Ancora oggi il pastorale degli archimandriti, che è a forma di T, termina con due serpenti che si affrontano, talvolta sormontati da una croce.
È evidente che qualcosa di esoterico ancora sussiste nell’Ortodossia, ma nel tempo il vecchio simbolo ha in alcuni casi subito delle modifiche cambiando sia struttura che significato. Per la Chiesa Romana per esempio ha perso il simbolismo antico delle grandi Iniziazioni, ed è stato sostituito dal pedum che ha cima ricurva alla maniera del pastore.
mercoledì 27 novembre 2019
Mausoleo di Claudio Liberale
TIVOLI
.. esplorazione oltre confine in un luogo che cercavamo da un po’
trovato grazie a un bel gruppo di amici sincero e appassionato ..il
Mausoleo di Claudio Liberale di epoca imperiale ( anno 90) un "piccolo
pantheon “ che oggi purtroppo ridotto a pattumiera ma che esercita
ancora su chi lo visitata una misteriosa energia decadentistica .. non
vedovo l’ora di trovarti e ora ti porterò sempre tra i miei ricordi più
belli ..la cosa più bella di questi viaggi alla ricerca di questi luoghi
perduti è che non si torna mai come si era partiti ..⚡️( Romina PetrettiExstra ManuelEmanuela Musotto
141martedì 26 novembre 2019
L’Aula Gotica del Monastero dei Ss. Quattro Coronati a Roma
Il complesso dei Ss. Quattro Coronati è uno dei monumenti più ricchi di
storia, arte e spiritualità di Roma. Sorge sulle pendici del colle
Celio e il suo aspetto imponente, simile a una fortezza, suscita ancora
sul visitatore un forte impatto visivo, soprattutto se si arriva dalla
valle del Colosseo.
L’ Aula Gotica si trova al primo piano della Torre Maggiore ed era l’ambiente più prestigioso del palazzo cardinalizio eretto da Stefano Conti. Qui si svolgevano banchetti, ricevimenti e si amministrava la giustizia.
Splendido esempio di architettura in stile gotico, eccezionale per la città di Roma, l’Aula Gotica colpisce il visitatore per lo straordinario ciclo pittorico che adorna le sue pareti, capolavoro del XIII secolo. Gli affreschi, in vivace policromia, testimoniano un momento fecondo della pittura capitolina, in cui la tradizione bizantina si fonde con un raffinato recupero della classicità antica e con la nuova cultura gotica. Le meravigliose decorazioni, scoperte nel 1995, sono rimaste per secoli nascoste sotto strati di tinte successive e solo grazie a un lungo lavoro di restauro a opera delle Soprintendenze statali sono state riportate alla luce.
I dipinti occupavano originariamente una superficie di circa 850 metri quadri di cui sono sopravvissuti, in perfette condizioni di conservazione, circa 350 metri quadri.
L’Aula è costituita da due ambienti coperti da volte a crociera e divisi da un’arcata ogivale. Nella campata meridionale sono raffigurati i dodici Mesi dell’anno, i Vizi, le Arti, le Stagioni con i Venti, un Paesaggio marino, lo Zodiaco, le Costellazioni.
Nella campata settentrionale è affrescato il Re Salomone circondato dalle Virtù, rappresentate in abiti militari ma non armate. Recano sulle spalle il personaggio che maggiormente si è segnalato nell’esercizio della virtù raffigurata. In contrapposizione, nella parte inferiore della scena, è illustrato il vizio autentico alla virtù e il personaggio negativo scelto come esempio. Nel registro superiore le immagini di Mitra tauroctono, di due Figure allegoriche, del Sole e della Luna, completano la rappresentazione.
Il ciclo di affreschi è stato eseguito tra gli anni trenta – quaranta del Duecento, in una fase leggermente successiva la canonizzazione di San Domenico (1234) raffigurato come esempio della Giusta Emulazione.
L’ Aula Gotica si trova al primo piano della Torre Maggiore ed era l’ambiente più prestigioso del palazzo cardinalizio eretto da Stefano Conti. Qui si svolgevano banchetti, ricevimenti e si amministrava la giustizia.
Splendido esempio di architettura in stile gotico, eccezionale per la città di Roma, l’Aula Gotica colpisce il visitatore per lo straordinario ciclo pittorico che adorna le sue pareti, capolavoro del XIII secolo. Gli affreschi, in vivace policromia, testimoniano un momento fecondo della pittura capitolina, in cui la tradizione bizantina si fonde con un raffinato recupero della classicità antica e con la nuova cultura gotica. Le meravigliose decorazioni, scoperte nel 1995, sono rimaste per secoli nascoste sotto strati di tinte successive e solo grazie a un lungo lavoro di restauro a opera delle Soprintendenze statali sono state riportate alla luce.
I dipinti occupavano originariamente una superficie di circa 850 metri quadri di cui sono sopravvissuti, in perfette condizioni di conservazione, circa 350 metri quadri.
L’Aula è costituita da due ambienti coperti da volte a crociera e divisi da un’arcata ogivale. Nella campata meridionale sono raffigurati i dodici Mesi dell’anno, i Vizi, le Arti, le Stagioni con i Venti, un Paesaggio marino, lo Zodiaco, le Costellazioni.
Nella campata settentrionale è affrescato il Re Salomone circondato dalle Virtù, rappresentate in abiti militari ma non armate. Recano sulle spalle il personaggio che maggiormente si è segnalato nell’esercizio della virtù raffigurata. In contrapposizione, nella parte inferiore della scena, è illustrato il vizio autentico alla virtù e il personaggio negativo scelto come esempio. Nel registro superiore le immagini di Mitra tauroctono, di due Figure allegoriche, del Sole e della Luna, completano la rappresentazione.
Il ciclo di affreschi è stato eseguito tra gli anni trenta – quaranta del Duecento, in una fase leggermente successiva la canonizzazione di San Domenico (1234) raffigurato come esempio della Giusta Emulazione.
La porta della Curia romana deve ritornare al suo posto
La
porta di bronzo (rubata e portata al Laterano dai cristiani)
deve ritornare al Senato-Curia. La storia e i monumenti di Roma sono
sacri, appartengono all'intero genere umano, non possono essere oggetto
di trafugamento e utilizzazione in altri edifici! Anche il piede della
Vittoria Alata, rinvenuto negli anni trenta, deve ritornare da Taranto
al Senato-Curia.
Della statua in bronzo dorato raffigurante la Nike alata è stata identificato il piede che poggiava sul globo, attualmente al Museo Nazionale di Taranto. La statua trasportata a Roma nel 272 a.C. dal Console Lucio Papirio Cursore e posta nell’antica curia del Senato , fu successivamente posta da Augusto nella Curia Giulia , nuova sede del Senato. Costanzo II rimise al suo posto la Vittoria; rimossa una seconda volta , quando il Prefetto dell'Urbe , Quinto Aurelio Simmaco , si contrappose inutilmente alla sua rimozione insieme all'altare che la sosteneva , dall'edificio della Curia sede del Senato , in seguito a un editto di Graziano del 382: fu la fine dell' antica e venerata statua . Negli anni Trenta, nel foro Augusto, si rinvenne un frammento della statua , il piede destro in bronzo dorato , sollevato sulle dita , facente parte della statua di circa due metri.
Della statua in bronzo dorato raffigurante la Nike alata è stata identificato il piede che poggiava sul globo, attualmente al Museo Nazionale di Taranto. La statua trasportata a Roma nel 272 a.C. dal Console Lucio Papirio Cursore e posta nell’antica curia del Senato , fu successivamente posta da Augusto nella Curia Giulia , nuova sede del Senato. Costanzo II rimise al suo posto la Vittoria; rimossa una seconda volta , quando il Prefetto dell'Urbe , Quinto Aurelio Simmaco , si contrappose inutilmente alla sua rimozione insieme all'altare che la sosteneva , dall'edificio della Curia sede del Senato , in seguito a un editto di Graziano del 382: fu la fine dell' antica e venerata statua . Negli anni Trenta, nel foro Augusto, si rinvenne un frammento della statua , il piede destro in bronzo dorato , sollevato sulle dita , facente parte della statua di circa due metri.
lunedì 25 novembre 2019
La grandezza dell'uomo
Immagini struggenti colme di potere evocativo: questo è cio che fa grande l'umanita, la piccola sfida quotidiana per superare la condizione e la limitatezza umana prendendo consapevolezza dei prorpi limiti, sempre alla ricerca di Dio.....
བོད་ཀྱི་འཕྲིན་ལམ། Tibet Channel
བོད་ཀྱི་འཕྲིན་ལམ། Tibet Channel
Il Tesoro nella Tomba dell'Imperatore Federico III d'Asburgo
Federico
III d’Asburgo, nato nel 1415, fu Imperatore dei Romani per un
lunghissimo periodo di tempo, dal 1440 sino alla morte, occorsa nel
1493. Nonostante non abbia vinto sul campo molte battaglie è ricordato
come uno dei più proficui regnanti dell’Austria, nonno di quel Carlo V
sul cui “Impero non tramontava mai il sole”.
Federico III in vita fu un abile politico, che riuscì con la diplomazia ad assicurarsi numerosi territori e ricchezze. La sua tomba reale, un raro caso di sepolcro antico non violato di un sovrano Europeo, fu realizzata in stile gotico proprio al termine del Medioevo, e viene considerata un capolavoro dell’arte scultorea di quel periodo storico.
ALL’INTERNO DELLA TOMBA È STATO RECENTEMENTE SCOPERTO UN TESORO DI GIOIELLI, MONETE, TESSUTI E UNA CORONA D’ORO
La scoperta non giunge inaspettata, ma fino a poco tempo fa non si era sicuri nemmeno della presenza del sovrano.
UN REGNO LUNGHISSIMO
Federico III governò il Sacro Romano Impero per 53 anni, un lungo periodo insolito per un sovrano medievale. Durante il suo regno riuscì a diventare l’unico imperatore asburgico ad essere incoronato dal papa, consolidando il dominio dell’Austria e gettando le basi per il dominio asburgico dell’Europa nel XVI secolo.
Federico morì, come spesso accadeva all’epoca, per un’operazione oggi considerata banale: l’amputazione della gamba sinistra. L’8 giugno del 1493 l’arto gli fu amputato sotto la direzione del chirurgo Hans Seyff nel castello di Linz. Sebbene Federico fosse inizialmente sopravvissuto alla procedura, morì il 19 agosto 1493, all’età di 77 anni. I contemporanei citarono come causa della morte le conseguenze dell’amputazione della gamba, la senilità e la diarrea causata dall’eccessivo consumo di melone. Le sue viscere furono probabilmente sepolte separate dal corpo (come spesso accadeva all’epoca) il 24 agosto 1493 nella chiesa parrocchiale di Linz.
L’arrivo degli Ottomani in Carinzia ritardò l’arrivo del figlio Massimiliano I, e con esso il servizio funebre. Le esequie si svolsero infine nella Cattedrale di Santo Stefano il 6 e 7 dicembre 1493, e oltre al corpo venne sepolta anche la gamba amputata qualche mese prima.
La sua tomba, scolpita da Nikolaus Gerhaert von Leyden nella Cattedrale di Santo Stefano a Vienna, è una delle opere più importanti dell’arte scultorea del Basso Medioevo. L’opera non fu completata fino al 1513, due decenni dopo la morte di Federico, ed è sopravvissuta nelle sue condizioni originali.
FEDERICO III E LA TOMBA VUOTA
Sino al 1969 numerosi storici sostenevano che la tomba di Federico III fosse vuota. Così, un gruppo di ricercatori (in gran segreto) praticò un piccolo foro per confutare le voci che volevano il sepolcro vacuo. Grazie al pertugio si intravidero alcune delle ricchezze presenti, oltre ai resti dell’Imperatore.
Nel 2013, in occasione del 500° anniversario della morte, un gruppo di ricercatori ha nuovamente deciso di indagare la tomba. Grazie all’utilizzo di endoscopi medici e GEODAR sono stati in grado di certificare la presenza di una “bara reale con piastre in ceramica smaltata e tessuti preziosi”.
Più di recente una nuova squadra di ricerca ha sfruttato il foro laterale praticato nel 1969 per ispezionare la tomba di Federico III. Con l’impiego di tecnologia W-LAN e luci miniaturizzate sono stati documentati non solo i tessuti e le ceramiche, ma anche la corona dell’Imperatore, probabilmente realizzata in argento dorato, e uno scettro a globo che si trova parallelo al corpo.
La corona è un oggetto particolarmente prezioso, perché si tratta del primo esemplare sopravvissuto del tipo “Mitrenkrone”, con cui vennero incoronati numerosi Asburgo successivi. Oltre a scettro e corona i ricercatori hanno anche identificato “monete con l’effige di Federico e un grande crocifisso con una statuetta di Gesù”, e le maniglie d’oro della bara.
Oltre ai metalli preziosi sono presenti anche ricchi tessuti. Il corpo è protetto da due teli di velluto cuciti con fili d’oro e d’argento, probabilmente realizzati in Italia (all’epoca Firenze e Venezia erano le capitali mondiali dei tessuti preziosi). Proprio a causa dei teli in velluto non si sa cosa indossasse Federico III al momento della sepoltura.
Dopo aver realizzato le immagini i ricercatori le hanno mostrate a uno dei curatori della cattedrale, Franz Kirchweger, il quale ha commentato: “Quando mi sono state mostrate le fotografie ho avuto la sensazione di essere Howard Carter quando vide per la prima volta le ricchezze della tomba di Tutankhamon“.
Federico III in vita fu un abile politico, che riuscì con la diplomazia ad assicurarsi numerosi territori e ricchezze. La sua tomba reale, un raro caso di sepolcro antico non violato di un sovrano Europeo, fu realizzata in stile gotico proprio al termine del Medioevo, e viene considerata un capolavoro dell’arte scultorea di quel periodo storico.
ALL’INTERNO DELLA TOMBA È STATO RECENTEMENTE SCOPERTO UN TESORO DI GIOIELLI, MONETE, TESSUTI E UNA CORONA D’ORO
La scoperta non giunge inaspettata, ma fino a poco tempo fa non si era sicuri nemmeno della presenza del sovrano.
UN REGNO LUNGHISSIMO
Federico III governò il Sacro Romano Impero per 53 anni, un lungo periodo insolito per un sovrano medievale. Durante il suo regno riuscì a diventare l’unico imperatore asburgico ad essere incoronato dal papa, consolidando il dominio dell’Austria e gettando le basi per il dominio asburgico dell’Europa nel XVI secolo.
Federico morì, come spesso accadeva all’epoca, per un’operazione oggi considerata banale: l’amputazione della gamba sinistra. L’8 giugno del 1493 l’arto gli fu amputato sotto la direzione del chirurgo Hans Seyff nel castello di Linz. Sebbene Federico fosse inizialmente sopravvissuto alla procedura, morì il 19 agosto 1493, all’età di 77 anni. I contemporanei citarono come causa della morte le conseguenze dell’amputazione della gamba, la senilità e la diarrea causata dall’eccessivo consumo di melone. Le sue viscere furono probabilmente sepolte separate dal corpo (come spesso accadeva all’epoca) il 24 agosto 1493 nella chiesa parrocchiale di Linz.
L’arrivo degli Ottomani in Carinzia ritardò l’arrivo del figlio Massimiliano I, e con esso il servizio funebre. Le esequie si svolsero infine nella Cattedrale di Santo Stefano il 6 e 7 dicembre 1493, e oltre al corpo venne sepolta anche la gamba amputata qualche mese prima.
La sua tomba, scolpita da Nikolaus Gerhaert von Leyden nella Cattedrale di Santo Stefano a Vienna, è una delle opere più importanti dell’arte scultorea del Basso Medioevo. L’opera non fu completata fino al 1513, due decenni dopo la morte di Federico, ed è sopravvissuta nelle sue condizioni originali.
FEDERICO III E LA TOMBA VUOTA
Sino al 1969 numerosi storici sostenevano che la tomba di Federico III fosse vuota. Così, un gruppo di ricercatori (in gran segreto) praticò un piccolo foro per confutare le voci che volevano il sepolcro vacuo. Grazie al pertugio si intravidero alcune delle ricchezze presenti, oltre ai resti dell’Imperatore.
Nel 2013, in occasione del 500° anniversario della morte, un gruppo di ricercatori ha nuovamente deciso di indagare la tomba. Grazie all’utilizzo di endoscopi medici e GEODAR sono stati in grado di certificare la presenza di una “bara reale con piastre in ceramica smaltata e tessuti preziosi”.
Più di recente una nuova squadra di ricerca ha sfruttato il foro laterale praticato nel 1969 per ispezionare la tomba di Federico III. Con l’impiego di tecnologia W-LAN e luci miniaturizzate sono stati documentati non solo i tessuti e le ceramiche, ma anche la corona dell’Imperatore, probabilmente realizzata in argento dorato, e uno scettro a globo che si trova parallelo al corpo.
La corona è un oggetto particolarmente prezioso, perché si tratta del primo esemplare sopravvissuto del tipo “Mitrenkrone”, con cui vennero incoronati numerosi Asburgo successivi. Oltre a scettro e corona i ricercatori hanno anche identificato “monete con l’effige di Federico e un grande crocifisso con una statuetta di Gesù”, e le maniglie d’oro della bara.
Oltre ai metalli preziosi sono presenti anche ricchi tessuti. Il corpo è protetto da due teli di velluto cuciti con fili d’oro e d’argento, probabilmente realizzati in Italia (all’epoca Firenze e Venezia erano le capitali mondiali dei tessuti preziosi). Proprio a causa dei teli in velluto non si sa cosa indossasse Federico III al momento della sepoltura.
Dopo aver realizzato le immagini i ricercatori le hanno mostrate a uno dei curatori della cattedrale, Franz Kirchweger, il quale ha commentato: “Quando mi sono state mostrate le fotografie ho avuto la sensazione di essere Howard Carter quando vide per la prima volta le ricchezze della tomba di Tutankhamon“.
Iside a Roma
Roma,Madama Lucrezia.
Si tratta di un enorme busto di marmo, alto circa 3 metri, posto all’angolo di Palazzetto Venezia, a pochi metri dalla fontanella rionale della Pigna in Piazza S. Marco. L’acconciatura e il panneggio, con il caratteristico nodo della veste sul petto, lascerebbero pensare ad una rappresentazione della dea Iside o di una sua adepta, forse Faustina, moglie dell’imperatore Marco Aurelio.
Il singolare nome le deriverebbe da un’amante del re di Napoli Alfonso V, Lucrezia d’Alagno, nota per essersi recata a Roma dal papa per chiedere un divorzio mai ottenuto. Quando nel 1457 Alfonso morì, la donna dovette allontanarsi dalla città d’origine e trasferirsi a Roma per sfuggire alla persecuzione del successore al trono napoletano, il legittimo erede Ferrante. Ella andò a vivere proprio nei pressi della zona in cui si trova la statua, che così prese il suo nome….
Si tratta di un enorme busto di marmo, alto circa 3 metri, posto all’angolo di Palazzetto Venezia, a pochi metri dalla fontanella rionale della Pigna in Piazza S. Marco. L’acconciatura e il panneggio, con il caratteristico nodo della veste sul petto, lascerebbero pensare ad una rappresentazione della dea Iside o di una sua adepta, forse Faustina, moglie dell’imperatore Marco Aurelio.
Il singolare nome le deriverebbe da un’amante del re di Napoli Alfonso V, Lucrezia d’Alagno, nota per essersi recata a Roma dal papa per chiedere un divorzio mai ottenuto. Quando nel 1457 Alfonso morì, la donna dovette allontanarsi dalla città d’origine e trasferirsi a Roma per sfuggire alla persecuzione del successore al trono napoletano, il legittimo erede Ferrante. Ella andò a vivere proprio nei pressi della zona in cui si trova la statua, che così prese il suo nome….
giovedì 21 novembre 2019
Il denaro e le tangenti minano la spiritualità della gente
mercoledì 20 novembre 2019
La sapienza Pitagorica
AL
GRANDE MAESTRO DEL PAGANESIMO ITALICO E GRANDE MATEMATICO ARTURO
REGHINI, ONORE ETERNO! FIERO PAGANO, NON SI INGINOCCHIO' MAI AL GUELFO E
AL CRISTIANESIMO. I PAGANI ITALICI ONORANO IL SUO SPIRITO. QUI LA SUA
VENERABILE TOMBA A BUDRIO,VICINO BOLOGNA. TOMBA DA ME PIU' VOLTE
VISITATA.
27
giovedì 7 novembre 2019
Guidonia
Oltre
confine .. alla fine del corridoio in opus reticulatum una luce calda
ci accoglie e ci si ritrova immersi in un luogo incredibile.. una bolla
spazio temporale che ci riporta indietro nel tempo fino all’epoca
imperiale ..questo è il mausoleo di monte dell’incastro ..
Chiesa di S. Maria dei Cavalieri Gaudenti (Ferentino)
La chiesa, che occupa l'area di un tempio pagano, risale al XII secolo
ed è costruita su un bastione in opera poligonale. Vi si accede da
un’imponente scala. La Chiesa di S. Maria Gaudenti è menzionata per la
prima volta nel 1249 nei Regesti di Innocenza IV (1 243-1254), dove è
indicata come 'Eccliesia S. Maria Gaudenti Ferentinatis'. Sorge acconto
al Palazzo dei Cavalieri Gaudenti cui tradizionalmente è associata. La
chiesa è a una sola navata coperta a volte. In una delle quattro
cappelle esistenti, si conserva un quadro di S. Caterina della Ruota
firmato dal Giorgini (1850).
mercoledì 6 novembre 2019
Chiesetta romanica di Levo,tempio pagano dedicato al Dio Sole.
La chiesa si trova sempre in Piemonte a Levo, sul Lago Maggiore sopra a Stresa, posto magnifico. Si trova seguendo le indicazioni per la Chiesetta Romanica. La chiesa venne restaurata nel 1944 e in quel momento vennero poste delle targhe che spiegano la storia del luogo e sistemate le stele che qui si trovavano. Due sono state murate all'ingresso della chiesa, una con inscrizione romana e una in caratteri etruschi e lingua celtica. Altre tre stele sono state rimosse e conservate al Museo di Antichità di Torino.
La chiesa fu un tempio pagano dedicato al Dio Sole e poi cristianizzato dai Santi Giulio e Giuliano delle riviera d'Orta, di cui oggi si conserva un antico affresco.
Sul muro opposto c'è la parte più interessante. Vi si trova conservato il portale d'ingresso del Tempio di Belenus, con la sua faccia sull'architrave in tipico stile celtico.
Sul lato destro si conserva anche un masso-vasca, che ci rimanda ad un'altra pratica sacra passata dal paganesimo al cristianesimo: quella dell'acqua santa. Sempre su questa facciata poi incontriamo l'affresco raffiguarnte i due santi che "cristianizzano" il tempio.
La chiesa è poi stata dedicata alla Vergine Taumaturgica delle Grazie, un'altro elemento tipico dei luoghi pagani cristianizzati.
Saramago José
"Mi
sono sempre considerato un ateo tranquillo, perché l’ateismo come
militanza pubblica mi sembrava qualcosa di inutile, ma ora sto cambiando
idea. Alle insolenze reazionarie della Chiesa Cattolica bisogna
rispondere con l’insolenza dell’intelligenza viva, del buon senso, della
parola responsabile. Non possiamo permettere che la verità venga offesa
ogni giorno dai presunti rappresentati di Dio in Terra; ai quali, in
realtà, interessa solo il potere".
_ Josè Saramago, Premio Nobel per la Letteratura 1998.
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_ Josè Saramago, Premio Nobel per la Letteratura 1998.
martedì 5 novembre 2019
Statua trovata nel santuario dedicato a Iside
4 h ·
Ecco come ti ritrovo una statua in marmo, dal Santuario di Iside a alle pendici del monte Olimpo in Macedonia - Grecia.
Il santuario è di periodo severiano ed è stato scavato a partire dal 1978.
Il santuario è di periodo severiano ed è stato scavato a partire dal 1978.
Tempio di Aphaia
Il tempio di Atena Aphaia ad Egina: il tempio di Aphaia è stato dedicato alla dea Atena e si trova sull'isola di Egina, in cima ad una collina. Questa è una delle antiche meraviglie architettoniche dell'antica Grecia.
Jeremy ScholtenSegui
Il tempio di Atena Aphaia ad Egina: il tempio di Aphaia è stato dedicato alla dea Atena e si trova sull'isola di Egina, in cima ad una collina. Questa è una delle antiche meraviglie architettoniche dell'antica Grecia.
Il controverso Vangelo di Marcione
Il testo antico da cui si parte per conoscere il pensiero
dell'eresiarca è il Contro Marcione di Tertulliano ,pur
attaccandolo,l'apogeta ci conserva numerosi estratti .Scrive
Tertulliano"mi dispiace per te ,Marcione,hai lavorato invano:infatti il
Cristo Gesù del tuo Vangelo,è il mio"
Marcione radicalizza ancora di piú ed estremizza, attraverso una semplificazione drastica, il messaggio paolino. Gesú ha annunciato un altro Dio, diverso dal creatore del mondo e dell'uomo rivelato nella Bibbia ebraica; quest'ultimo esercita un potere oppressivo sul mondo da lui creato e governa gli umani sulla base di una legge arbitraria; il Dio annunciato da Gesú, invece che dalla giustizia, è caratterizzato dalla bontà, che si manifesta nell'offerta della salvezza a tutti gli umani per pura grazia, senza nulla chiedere in cambio; questa salvezza si è realizzata attraverso la morte in croce di Gesú, figlio di questo Dio buono, che ha riscattato l'umanità intera dallo stato di asservimento in cui l'aveva costretta il Dio giusto creatore. La conseguenza di questo atteggiamento è un rifiuto totale del giudaismo, delle sue tradizioni, delle sue pratiche, dei suoi simboli, delle sue Scritture sacre, e l'affermazione della novità radicale del messaggio di Gesú….
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Marcione radicalizza ancora di piú ed estremizza, attraverso una semplificazione drastica, il messaggio paolino. Gesú ha annunciato un altro Dio, diverso dal creatore del mondo e dell'uomo rivelato nella Bibbia ebraica; quest'ultimo esercita un potere oppressivo sul mondo da lui creato e governa gli umani sulla base di una legge arbitraria; il Dio annunciato da Gesú, invece che dalla giustizia, è caratterizzato dalla bontà, che si manifesta nell'offerta della salvezza a tutti gli umani per pura grazia, senza nulla chiedere in cambio; questa salvezza si è realizzata attraverso la morte in croce di Gesú, figlio di questo Dio buono, che ha riscattato l'umanità intera dallo stato di asservimento in cui l'aveva costretta il Dio giusto creatore. La conseguenza di questo atteggiamento è un rifiuto totale del giudaismo, delle sue tradizioni, delle sue pratiche, dei suoi simboli, delle sue Scritture sacre, e l'affermazione della novità radicale del messaggio di Gesú….
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lunedì 4 novembre 2019
Il mio Maestro: Igor Istomin
mercoledì 15 luglio 2015
Igor Istòmin
Nel post sulle origini della Quarta Via in Italia,
scrivevo che non erano noti nomi di italiani intorno a Gurdjieff e
Uspensky. Ebbene, grazie a quell'articolo sono venuto a conoscenza di
almeno un nome: Igor Istòmin. Si tratta in realtà di un italiano un po'
particolare: la madre era una "splendida concertista di scuola
lisztiana" nata ad Atene, mentre il padre era un "matematico di prima
forza", esule a Roma dalla Russia. Con queste origini internazionali,
Igor non poteva che essere un giramondo: dopo aver finito le scuole
medie al Visconti di Roma, i suoi lo iscrivono alla facoltà di
ingegneria a Liegi, per non legarlo "a un solo Paese" e permettergli di
"spaziare almeno in Europa".
Nel 1935 Istòmin ha già viaggiato molto,
per i suoi tempi: è stato in India, dove ha imparato la "ginnastica
yoga", che continua a praticare. Ma è quando tutto va a rotoli che fa
l'incontro spirituale più importante della sua vita. A causa delle
sanzioni contro l'Italia, non si possono portare fuori dal Paese più di
4000 lire: Istòmin capisce che i suoi studi a Liegi divengono
impossibili, tuttavia vi fa un ultimo viaggio passando per Parigi. Qui,
nella prima settimana di ottobre, ebbe "l'inattesa fortuna ... alla Maison de la Medicine, di conoscere Piotr Demianovic Uspensky", da lui definito "il mio sorridente Maestro". Saputo
che è figlio di profughi russi, Uspensky lo tratta con grande
cordialità: "Mi cercava con gli occhi e mi sorrideva. Una volta mi fece
venire avanti facendo liberare una sedia ingombra solo di libri". Il
Maestro sorridente sta per cominciare un ciclo di cinque conferenze in
cui illustrerà il suo Sistema: Istòmin spende fino all'ultimo centesimo
per iscriversi, al punto che durante le 20 ore del viaggio di ritorno
non ha i soldi per mangiare e nemmeno per un tram dalla Stazione Termini
a casa.
L'incontro con il Sistema, per Istòmin, è
tutto qui. Una volta rientrato in Italia, egli non riesce più a vedere
Uspensky, patisce la guerra come tutti e nel '47 viene a sapere della
morte del suo Maestro. Compra allora la prima edizione inglese de L'evoluzione interiore dell'uomo,
la trascrizione delle cinque conferenze ouspenskiane, scoprendo che
differisce in più punti dalle sue note del '35. I suoi contatti con
altri studenti del Sistema sembrano inesistenti o molto labili. Con
coraggio, capisce che ciò che deve fare per tenere vivi gli insegnamenti
ricevuti è cominciare a diffonderli: già nel '51 tiene un primo corso
sul libro L'evoluzione interiore dell'uomo. Questa attività
sarebbe durata almeno fino al 1978, quando Istòmin, ormai apprezzato
professore universitario, tiene all'Accademia Tiberina di Roma un corso
di "Elementi di Psicologia Evolutiva", in cui presenta il Sistema
ouspenskyano a un pubblico verosimilmente ignaro di Quarta Via. Di
queste lezioni resta un dattiloscritto, con intestazione dell'Accademia
Tiberina, da cui ho attinto le notizie del presente articolo.
Igor Istòmin ebbe l'opportunità di
entrare per un attimo in contatto con l'Insegnamento: per questo dovette
pagare sborsando tutto ciò che aveva, in un Paese straniero. Rispetto
ad altre persone, egli udì poco, ma gli bastò: l'Insegnamento mise
radici e non seccò più, nemmeno quando Istòmin si ritrovò tagliato fuori
da ogni Scuola. La sua decisione di superare l'intervallo cominciando a
insegnare ricorda JG Bennett e avrà rappresentato probabilmente un supersforzo capace di conferire spessore al suo Lavoro.
Se oggi in Italia i nomi di Gurdjieff e Uspensky non sono più sconosciuti, forse è anche merito dei supersforzi pionieristici di Istòmin.
Se oggi in Italia i nomi di Gurdjieff e Uspensky non sono più sconosciuti, forse è anche merito dei supersforzi pionieristici di Istòmin.
Le chiese e il cristianesimo costruito sopra le memorie e la sapienza pagana
Pieve
di origine Longobarda San Giorgio di Valpolicella Verona colonna che ha
come basamento un'ara votiva romana con un'iscrizione al Sole e alla
Luna SOLI ET LUNA
11sabato 2 novembre 2019
Le fondamente false del cristianesimo
Tutto
quello che di Lui dice la chiesa cattolica è falso. Ha fatto rogo dei
Vangeli più antichi in Egitto e di oltre 5.000 vangeli in Grecia, per
salvarne solo uno (quelli attribuiti a Matteo, Luca, Giovanni sono
trascrizioni di quello attribuito a Marco e tutti e quattro sono stati
adulterati da aggiunte e cattive traduzioni nel II secolo). Perfino il
nome Gesù è un'invenzione.
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