LA VERA STORIA DI VILLA ARCORE
Massimo Minorenti ha 25 anni quando viene ammazzato a colpi di Browning 20, in un elegante appartamento in via Puccini, ai Parioli. Ucciso mentre faceva all’amore con Anna Fallarino, bella quarantunenne, piacente e licenziosa. Anna era la moglie del Marchese Camillo Casati Stampa di Soncino. Fu lui l’autore del duplice omicidio, e si tolse la vita immediatamente dopo. Le indagini non furono complesse: delitto passionale. Ma i risvolti furono del tutto particolari. Emersero centinaia di foto osè della bella moglie del Marchese. E un diario. Sul quale Camillo Casati Stampa annotava dettagliatamente luoghi, descrizioni e partecipanti di incontri sessuali con la sua donna, cui lui assisteva accondiscendente, silenzioso e voyeurista. (“…siamo stati sul litorale di Fiumicino, in molti la guardavano. Abbiamo scelto un giovane. E’ stato appagante. Lo abbiamo ricompensato con trentamila lire…”)
Ma l’uomo non
riuscì ad accettare l’idea che la sua donna si fosse innamorata di un
compagno di giochi. Scoprì il tradimento “platonico” più che della
carne. Lì pedinò. E quando li sorprese li uccise entrambi, senza farli
neppure rivestire, con almeno 5 colpi di fucile. Era la notte del 30
agosto 1970. La stampa rosa impazzì. E con essa centinaia di migliaia di
italiani che intendevano conoscere ogni minimo, pur turpe, particolare.
Stabilito attraverso la medicina legale, nonostante fosse evidente, che a morire per ultimo fu proprio il Marchese, l’immensa eredità della famiglia Casati Stampa passò alla figlia di primo letto del Marchese, Anna Maria Casati Stampa, allora diciottenne, figlia di Letizia Izzo. La ragazza, che per la legge italiana di allora era ancora minorenne, viene affidata ad un tutore nella persona dell’avvocato Giorgio Bergamasco, senatore e membro della direzione nazionale del Partito Liberale Italiano. Pro-tutore fu nominato Cesare Previti, 35 anni, avvocato, militante dell’M.S.I. Due anni più tardi Giorgio Bergamasco fu nominato ministro dei Rapporti con il Parlamento nel primo governo Andreotti, e Cesare Previti divenne ad un tempo tutore e avvocato della giovane orfana che, ormai ventenne, si era sposata nel frattempo con il Conte Pierdonato Donà dalle Rose, e si era trasferita a Brasilia. Più tardi la ragazza si sarebbe svincolata anche dalla tutela giuridica, pur mantenendo Previti come suo avvocato.
Il bene forse di maggior valore dell’eredità del Marchese Casati Stampa, era Villa San Martino. Una residenza in Brianza di 3500 mq, con una pinacoteca che ospitava opere del Quattrocento e Cinquecento e una biblioteca con circa 10.000 volumi antichi. Un parco immenso e maestoso, scuderie e piscine completavano il quadro di una tenuta storica che aveva ospitato più volte, tra gli altri, anche Benedetto Croce. Inestimabili i valori contenuti nella Villa, di per sè di valore inestimabile.
Nel 1973, pressata da esigenze economiche, Anna Maria cede alle insistenze dell’avvocato Cesare Previti, e decide di mettere in vendita la villa, dando la specifica disposizione di non vendere, assime alla tenuta, anche le opere d’arte e i volumi della biblioteca. Il rampante Silvio Berlusconi, allora niente più che un giovane imprenditore milanese, si fece avanti, offrendo l’irrisoria cifra di 500 milioni di Lire (nel 1973), dilazionati, in forma di titoli azionari di una società neppure quotata in borsa, la Edilnord s.a.s. La transazione andò a buon fine, anche grazie alle pressioni di Previti. Berlusconi ottenne una residenza il cui valore era stato stimato, in sede notarile durante le procedure per l’eredità, in un miliardo e settecento milioni di Lire (nel 1970). Tra l’altro i titoli azionari sarebbero stati monetizzati dalla Contessa solo qualche anno più tardi, al50% del loro valore, dallo stesso Berlusconi, che quindi sborsò, per la fantastica residenza di Villa San Martino, 250 milioni di lire. Contestualmente furono cedute, nella stessa transazione, e quindi alla medesima cifra, tutte le opere d’arte e i libri della Villa, contrariamente a quanto esplicitamente richiesto da Anna Maria. Nel ruolo di bibliotecario Berlusconi assume Marcello dell’Utri, e come scudiere Vittorio Mangano, criminale italiano pluriomicida legato a Cosa Nostra.
La residenza di Arcore viene giudicata, agli inizi degli anni ’80, garanzia sufficiente alle banche per elargire un prestito di 7.300.000.000 di Lire. Denaro con il quale Berlusconi avrebbe ultimato la costruzione di Milano 2 e Milano 3 e avrebbe intrapreso la sua scalata imprenditoriale sia al gruppo Mondadori. Senza dimenticare che i primi anni ’80 sono quelli durante i quali Canale 5 inizia a trasmette a livello nazionale (contravvenendo a quanto prescritto dalle leggi dell’epoca, secondo le quali le televisioni private non potevano trasmettere a livello nazionale), mentre Italia 1 e Rete 4 vengono rilevate e inserite nel gruppo Fininvest, che si allarga a macchia d’olio, fondando televisioni private in Francia, Germania, Spagna. Ma questa è un’altra storia.
di Davide Villa
Stabilito attraverso la medicina legale, nonostante fosse evidente, che a morire per ultimo fu proprio il Marchese, l’immensa eredità della famiglia Casati Stampa passò alla figlia di primo letto del Marchese, Anna Maria Casati Stampa, allora diciottenne, figlia di Letizia Izzo. La ragazza, che per la legge italiana di allora era ancora minorenne, viene affidata ad un tutore nella persona dell’avvocato Giorgio Bergamasco, senatore e membro della direzione nazionale del Partito Liberale Italiano. Pro-tutore fu nominato Cesare Previti, 35 anni, avvocato, militante dell’M.S.I. Due anni più tardi Giorgio Bergamasco fu nominato ministro dei Rapporti con il Parlamento nel primo governo Andreotti, e Cesare Previti divenne ad un tempo tutore e avvocato della giovane orfana che, ormai ventenne, si era sposata nel frattempo con il Conte Pierdonato Donà dalle Rose, e si era trasferita a Brasilia. Più tardi la ragazza si sarebbe svincolata anche dalla tutela giuridica, pur mantenendo Previti come suo avvocato.
Il bene forse di maggior valore dell’eredità del Marchese Casati Stampa, era Villa San Martino. Una residenza in Brianza di 3500 mq, con una pinacoteca che ospitava opere del Quattrocento e Cinquecento e una biblioteca con circa 10.000 volumi antichi. Un parco immenso e maestoso, scuderie e piscine completavano il quadro di una tenuta storica che aveva ospitato più volte, tra gli altri, anche Benedetto Croce. Inestimabili i valori contenuti nella Villa, di per sè di valore inestimabile.
Nel 1973, pressata da esigenze economiche, Anna Maria cede alle insistenze dell’avvocato Cesare Previti, e decide di mettere in vendita la villa, dando la specifica disposizione di non vendere, assime alla tenuta, anche le opere d’arte e i volumi della biblioteca. Il rampante Silvio Berlusconi, allora niente più che un giovane imprenditore milanese, si fece avanti, offrendo l’irrisoria cifra di 500 milioni di Lire (nel 1973), dilazionati, in forma di titoli azionari di una società neppure quotata in borsa, la Edilnord s.a.s. La transazione andò a buon fine, anche grazie alle pressioni di Previti. Berlusconi ottenne una residenza il cui valore era stato stimato, in sede notarile durante le procedure per l’eredità, in un miliardo e settecento milioni di Lire (nel 1970). Tra l’altro i titoli azionari sarebbero stati monetizzati dalla Contessa solo qualche anno più tardi, al50% del loro valore, dallo stesso Berlusconi, che quindi sborsò, per la fantastica residenza di Villa San Martino, 250 milioni di lire. Contestualmente furono cedute, nella stessa transazione, e quindi alla medesima cifra, tutte le opere d’arte e i libri della Villa, contrariamente a quanto esplicitamente richiesto da Anna Maria. Nel ruolo di bibliotecario Berlusconi assume Marcello dell’Utri, e come scudiere Vittorio Mangano, criminale italiano pluriomicida legato a Cosa Nostra.
La residenza di Arcore viene giudicata, agli inizi degli anni ’80, garanzia sufficiente alle banche per elargire un prestito di 7.300.000.000 di Lire. Denaro con il quale Berlusconi avrebbe ultimato la costruzione di Milano 2 e Milano 3 e avrebbe intrapreso la sua scalata imprenditoriale sia al gruppo Mondadori. Senza dimenticare che i primi anni ’80 sono quelli durante i quali Canale 5 inizia a trasmette a livello nazionale (contravvenendo a quanto prescritto dalle leggi dell’epoca, secondo le quali le televisioni private non potevano trasmettere a livello nazionale), mentre Italia 1 e Rete 4 vengono rilevate e inserite nel gruppo Fininvest, che si allarga a macchia d’olio, fondando televisioni private in Francia, Germania, Spagna. Ma questa è un’altra storia.
di Davide Villa