TERZAPAGINA, dal coriere della sera
caro
Nietzsche sbagliavi, eterna e' solo la polvere
tradotto in Italia il famoso saggio di
Heidegger " Nietzsche " a cura di Franco Volpi ( Adelphi )
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------------------------------ ELZEVIRO Tradotto in Italia il famoso saggio di
Heidegger TITOLO: Caro Nietzsche, sbagliavi Eterna e' solo la polvere - - - - -
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - E apparsa, molto
attesa, la traduzione italiana del Nietzsche di Heidegger. Un migliaio di
pagine Adelphi a cura di Franco Volpi, benemerito degli studi heideggeriani.
Uno dei libri piu' grandi della filosofia di questo secolo, dove il pensiero di
Nietzsche viene restituito al rigore e alla potenza speculativa che gli
competono. Ma le proporzioni dell' impresa sono troppo grandi perche' la fatica
non lasci il segno. Per Heidegger il cuore del pensiero di Nietzsche e' il
rapporto tra la dottrina della "volonta' di potenza" e la dottrina
dell' "eterno ritorno" di tutte le cose. E il travaglio di queste
pagine riguarda appunto il senso di tale rapporto. "Questa vita . scrive
Nietzsche . come tu ora la vivi e l' hai vissuta dovrai viverla ancora una
volta e innumerevoli volte e non ci sara' in essa mai niente di nuovo, ma ogni
dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro e ogni cosa indicibilmente
piccola e grande della tua vita dovra' far ritorno a te e tutte nella stessa
sequenza e successione. L' eterno orologio a polvere dell' esistenza viene
sempre di nuovo capovolto e tu con esso, granello di polvere dalla polvere
venuto!". Ma come si concilia il divenire di tutte le cose . nel quale la
volonta' di potenza consiste (giacche' ogni cosa, e non solo l' uomo, e'
volonta' di potenza) . con l' eternita' del loro ritorno, cioe' con il loro
mantenersi eternamente nell' essere, nonostante il loro continuo svanire e
morire? Eterna, qui (e non piu' biblica), e' proprio la polvere che noi siamo e
in cui ritorniamo. Non si dice semplicemente che il fuoco semprevivo ed eterno
del divenire richiede la distruzione della legna, ma che la stessa ritorna
eternamente a bruciare nello stesso fuoco. E difficile allontanare l'
impressione che il testo di Heidegger sia profondamente oscillante. Da un lato
afferma che la dottrina dell' eterno ritorno e' il "fondamento" senza
il quale "la filosofia di Nietzsche e' come un albero senza radici"
(p. 218) e dunque tale dottrina "non solo e' conciliabile con il pensiero
della volonta' di potenza, ma e' il suo unico e autentico fondamento" (p.
345). Dall' altro lato afferma che il pensiero dell' eterno ritorno e' un
"enigma" che "non puo' esser tolto di mezzo" (p. 245); una
"domanda" (p. 273) e non un' affermazione; un'
"interpretazione" e non una "dottrina" dimostrabile e
fondabile; sicche' il suo contenuto "non e' mai dato come qualcosa di
reale", ma e' "soltanto una possibilita' " (p. 327). E d' altra
parte il testo sembra convergere sulla tesi della "coappartenenza"
della dottrina della volonta' di potenza e di quella dell' eterno ritorno (p.
355): "La volonta' di potenza e' eterno ritorno dell' uguale" (p.
387). Nietzsche scrive: "Che tutto ritorni e' l' estrema approssimazione
del mondo del divenire al mondo dell' essere: la vetta della
contemplazione". In un corso universitario del 1951 ' 52, non contenuto
nel Nietzsche, Heidegger commenta: "Ma questa vetta non s' innalza con
contorni chiari e definiti", "rimane avvolta in dense nuvole, non
soltanto per noi, ma anche per il "pensiero piu' grave" di
Nietzsche"; "la cosa stessa che prende il nome d' "eterno
ritorno" e' avvolta da un' oscurita' di fronte a cui il pensiero di
Nietzsche dovette indietreggiare spaventato". Eppure quest' oscurita' e'
molto inferiore a quanto Heidegger non pensi . che pure ha il merito d' aver
restituito Nietzsche al chiarore della filosofia. (Non e' forse il
"meriggio" di Zarathustra, quando le ombre sono le piu' brevi, il
tempo della "grande verita' ", cioe' del "rotondo anello d' oro"
dell' eterno ritorno?). Puo' accadere che un grande camminatore come Heidegger
s' arresti poco prima della vetta e non sappia compiere gli ultimi passi, i
decisivi e piu' difficili. Nemmeno Heidegger s' avvede che la dottrina dell'
eterno ritorno puo' mostrare la propria luminosa potenza solo quando se ne
scorga l' unione essenziale con la dottrina della "morte di Dio". Non
s' avvede che come il divenire delle cose e la creativita' della volonta' di
potenza implicano e richiedono necessariamente l' inesistenza d' ogni Dio
immutabile, che soffoca il divenire, cosi' essi implicano necessariamente che
il passato non sia una dimensione rispetto a cui la volonta' e' ormai
impotente, e che pertanto sia a sua volta immutabile e intoccabile. Nessun
immutabile puo' esistere: dunque il passato non puo' sottrarsi alla volonta' ,
ma deve rimanerle assoggettato in eterno; e questo e' possibile solo se la
volonta' rivuole eternamente cio' che essa ha voluto, come ho tentato d'
indicare nell' elzeviro sul Corriere del 26 novembre. Appunto per questo
Nietzsche scrive che la dottrina dell' eterno ritorno e' il "martello in
mano all' uomo piu' potente" . il martello che distrugge la falsa
eternita' e immutabilita' degli idoli e che solleva al culmine della potenza
chi l' impugna. Proprio perche' ogni eterno della tradizione occidentale e'
impossibile, proprio per questo il divenire delle cose e' necessariamente
eterno ritorno delle stesse cose. Dove appare che l' "eterno ritorno"
di Nietzsche non ha nulla a che vedere con l' "eterno ritorno" di
Eraclito, che e' uno di quegli eterni che la tradizione ha evocato per arginare
e contenere il divenire, e non . come invece accade nel pensiero di Nietzsche .
per liberarlo. D' altra parte, poiche' Nietzsche crede che Eraclito sia il piu'
deciso assertore del divenire, egli vede nell' "eterno ritorno"
eracliteo qualcosa che Eraclito doveva aver pensato come concordante e non come
incompatibile col divenire. Come poteva Eraclito pensare questa concordanza?
Nietzsche scioglie l' "enigma". Proprio il piccolo Eraclito che
Nietzsche conosce . un' invenzione, un vecchio luogo comune . gli suggerisce la
"vetta della contemplazione" che il grande Eraclito non avrebbe mai
potuto pensare.
Severino Emanuele
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