Continui riferimenti al mondo della Tradizione sono riscontrabili
nel significato che nei secoli i palermitani hanno dato al Monte
Pellegrino, la montagna che sovrasta la città. Il mito fa risalire
a Saturno la fondazione del “castello di Cronio” alle pendici
del Monte; dunque, secondo la leggenda, questa montagna
avrebbe addirittura origini divine. È certo, peraltro, che nel
periodo precristiano proprio il Monte Pellegrino era considerato
un luogo dal forte significato spirituale, rappresentando per
tutti una vera e propria montagna sacra.
L’idea della sacralità del Pellegrino sarebbe stata
particolarmente radicata tra gli abitanti delle comunità
che risiedevano nella cosiddetta “Conca d’oro” (la pianura
di Palermo), tanto che in epoca punica, all’interno di una
grotta situata quasi sulla vetta del Monte venne costruito un
altare, dedicato a divinità femminili della fertilità, prime fra
tutte alla Dea Tanit.
E non pare un caso che proprio la grotta nella quale venne
realizzata questa edicola punica, molti secoli dopo sia diventata
il principale luogo di culto del popolo palermitano: quello
dedicato alla Santuzza, Rosalia Sinibaldi, la nobile
palermitana vissuta nel XII secolo e successivamente
dichiarata Santa: trasposizione in chiave cristiana della dea
dei tempi precedenti.
Peraltro, la grotta che ospitava questo santuario
pagano era anche attraversata da unafalda acquifera e
questo particolare non fece che favorire il convincimento
di trovarsi di fronte a un luogo impregnato di spiritualità,
anche in ragione della sacralità, attribuita dagli antichi al
simbolo delle acque. È quasi certo che il culto praticato
nella grotta abbia influenzato anche i successivi cristiani,
che nel periodo bizantino, all’interno della medesima cavità
realizzarono una piccola chiesa con un quadro dedicato alla
Madonna: costruzione, addossata proprio all’originaria
edicola punica.
Il Monte Pellegrino venne, dunque, considerato sacro dai
palermitani anche dopo la fine del periodo pagano, ma la
portata evocativa dei culti precristiani rimase pure in epoca
successiva: e infatti, all’interno della stessa grotta sacra le
pratiche cultuali proseguirono, pur se nel segno della nuova
religione cristiana. Dunque, per gli originari residenti della città
e per i primi cristiani la grotta fu il principale luogo di culto della
montagna che sovrasta Palermo, ritenuta sacra perché originata
da volontà divina. E, a partire dal V secolo d.C., proprio il Monte
Pellegrino divenne meta di decine di eremiti, che scelsero questo
luogo isolato come proprio ritiro spirituale: la grotta dentro se stessi
– direbbero gli iniziati – in cui chiudersi per ricercare la luce
interiore: il v.i.t.r.i.o.l alchemico, tappa iniziale per ogni cammino
iniziatico che porti alla conoscenza di se stessi.
[...] E nei secoli il fenomeno dell’eremitaggio sul Monte divenne
particolarmente diffuso, tanto che nel 1162 il Pellegrino sarebbe
stato scelto da Rosalia Sinibaldi come luogo in cui vivere la propria
solitudine in preghiera: e la giovane, che successivamente sarebbe
divenuta la santa patrona di Palermo, scelse come proprio ritiro la
stessa grotta che era stata cara sia ai pagani che ai primi cristiani.
Inoltre, proprio all’interno della grotta dove visse e morì Santa
Rosalia, nel 1624 vennero rinvenute le sue ossa: a quel tempo
Palermo era infestata dalla peste e si decise di portare le ossa di
Rosalia in processione per le vie cittadine, perché già allora la nobile
palermitana era venerata in tutte le classi sociali. Quell’atto diede gli
effetti sperati, perché i compilatori dell’epoca riferiscono che la peste
cessò immediatamente dopo che erano state portate in processione le
reliquie della giovane, che dopo tre anni fu ufficialmente dichiarata
santa e divenne la protettrice della città.
Da allora la grotta del Pellegrino è stata ribattezzata “grotta di Santa
Rosalia” e da secoli è considerata il luogo più sacro di Palermo, tanto che,
anche ai giorni nostri, in occasione della Festa della Patrona migliaia di
palermitani la raggiungono a piedi, attraverso il vecchio sentiero che
dalle pendici del Pellegrino giunge alla sua vetta.
Nel 1180, si diceva, vien fatta erigere una chiesetta in onore della
Madonna e di Rosalia e dal 1205 sulla Montagna sarebbe stato
praticato il culto a lei dedicato. Nel 1474, poi, a seguito di una
pestilenza precedente rispetto a quella del 1624, il Senato palermitano
decise di restaurare la medesima cappella dedicata alla stessa
Rosalia Sinibaldi. In merito al culto precristiano, il Giustolisi nel
1979 conferma la tesi dell’esistenza nella grotta di un antico
culto dell’acqua salutare che si personificava in origine in
una ninfa, successivamente interpretata da una divinità
ellenica molto simile all’Atena Kronia, da Tanit, da Iside,
dalla Madonna e infine (appunto) da S.Rosalia […]
Solo apparentemente a Palermo il simbolo civico e laico (il Genio)
si contrappone a quello mistico e religioso (Rosalia), poiché
entrambi sono influenzati da un “ricordo” popolare e da tradizioni
radicate in città fin dai tempi dei primi insediamenti abitativi.
Entrambi fanno riferimento agli originari culti praticati sul Monte
Pellegrino: Rosalia trasfigurazione cristiana della Dea Tanit e
Panormus, il Genio della comunità civica, che sovraintende
spiritualmente ed energeticamente al luogo in cui la città si sviluppa.
Articolo tratto dal brano di Alberto Samonà “Il Genio
di Palermo e il Monte Pellegrino – influenze iniziatiche
nel capoluogo siciliano” (Hiram 1/2002)