Riporto un articolo di Filippo Giannini che non condivido appieno, ma lo trovo molto veritiero nella conclusione. Benito Mussolini con tutti i suoi gravi errori una qualità indiscussa l'aveva: quella di non arricchirsi attraverso la politica. Alla sua morte il paese era allo sbando, ma c'erano le basi per una immediata rinascita.Anche la moglie e figli del Duce furono lasciati nella povertà a tal punto che per vivere dovettero aprire una trattoria,in tutti que anni di potere assoluto non penso mai di accantonare qualche gruzzolo all'estero.
Di tutt'altra pasta sono i politici "democratici".
…E POI UNO DICE CHE E’ NOSTALGICO…
di Filippo Giannini
Viviamo nell’anno 2010 LXV dell’Era Sfascista. Abbiamo vissuto l’Era dei finocchiopoli, quella di tangentopoli, quella di affittopoli, quella di calciopoli, quella di bancopoli e la farsa continua. Cos’altro volete o italyoti?
Qualche giorno fa su un canale della Rai/Tv era in programma una trasmissione dal titolo L’onestà è ancora un valore? Come generalmente uso fare, non vidi tutta la trasmissione, ma questo ha un’importanza relativa. Dopo il fausto (minchia!) giorno della liberazione, la nuova dirigenza politica si dette immediatamente da fare per collegare il periodo pre-fascista a quello post-fascista. E per dimenticare il mai sufficientemente deprecabile, infausto Ventennio, riprese con alacrità il vecchio sistema di governare. Per meglio comprendere quel che intendo, possiamo iniziare col rammentare che nell’aprile 1955 Giulio Andreotti (ho sentito che qualcuno ha detto: bono quello!) esentò Don Giulio Pacelli, nipote di Pio XII e il conte Stanislao Pecci, pronipote di Leone XIII, entrambi cittadini italiani, quindi soggetti agli stessi doveri degli altri cittadini, li esentò, ripeto, dal pagamento dell’imposta sui patrimoni. Chi ricorda più lo scandalo dell’aeroporto di Fiumicino
Sin qui abbiamo fatto solo un accenno ai diritti dei dritti, ora è il momento di ricordare i doveri dell’adorabile Tiranno, dall’espressione, se ben ricordo, di Bernhard Shaw. L’adorabile Tiranno, quando fu assassinato lasciò nell’assoluta indigenza moglie, figli, nipoti; esattamente il contrario di come potrebbe avvenire per qualsiasi politico di oggi. Pertanto vogliamo narrarvi un fatto che, anche se qualche volta ricordato, pochi conoscono. Il Ministro Pellegrini-Giampietro, in una memoria pubblicata su Il Candido del 1958, ha scritto:
Un altro fatto che sembra una favola: Lord Rosebery, un inglese, ammiratore del Duce (come milioni di altri) aveva lasciato in donazione a Benito Mussolini una bellissima villa di incalcolabile valore, appunto Villa Rosebery, sulle colline di Posillipo. E l’adorabile fesso che fa? Passò la villa e il parco allo Stato, cioè al popolo italiano. Ma la volontà dell’infame tiranno non verrà rispettata: vi andranno a passare le belle giornate i Presidenti della Repubblica, quelli nati a seguito della Resistenza, cioè, per essere più chiari, gli esecutori dell’epopea di Piazzale Loreto.
Un’altra favola? Eccola: deputati e senatori negli anni della tirannia non percepivano emolumenti, ma solo un gettone di presenza. Come mai? Per il deputato e per il senatore in quei periodi bui era un onore servire il popolo. Bischeri? Con l’acuto senno di oggi, è probabile.
Purtroppo non possiamo ricordare il nome del personaggio, ma quasi sicuramente era Achille Starace, Segretario del Pnf, ma veniamo al fatto: un giorno Achille Starace (o chi per lui) si recò dal Duce e gli confidò di aver risparmiato del denaro per acquistare un appartamento. Mussolini gli rispose che non lo riteneva opportuno in quanto Segretario del suo partito. Chi legge non si meravigli, altri Ministri del Duce non possedevano nulla. Vedere Araldo Di Crollalanza, Arrigo Serpieri, Alessandro Pavolini e così di seguito, compresi gerarchi di secondo livello.
Certamente qualcuno osserverà che la corruzione esisteva anche nel famigerato Ventennio. E no! Tutt’alpiù si è potuto presentare qualche caso isolato - prontamente punito – e, assolutamente non generalizzato. E la prova ce la fornisce proprio la stupidità antifascista. Negli anni immediatamente successivi al termine del conflitto, quindi 1945/1947 fu istituita una commissione di indagine con l’incarico di investigare sui profitti di regime. Furono aperte cinquemilaecinque cartelle intestate a Gerarchi e alti Funzionari dell’infausto Ventennio. Il 7 febbraio 1948 fu emanato un decreto elaborato dal Sottosegretario della Presidenza del Consiglio Giulio Andreotti e dal Ministro Giuseppe Grassi “con cui sono definitivamente estinti i giudizi ancora in corso ed è concessa la revisione dei provvedimenti già adottati”. Sin qui quanto è stato scritto, ma la realtà è più ricca: detto decreto di buonismo fu la conseguenza delle indagini svolte; nessun buonismo, ma lo scorno: in altre parole su nessun indagato fu riscontrato nulla di penalmente perseguibile. Nessun gerarca o alto funzionario rubò e nessun atto illecito fu riscontrato. Ma dato che parliamo di antifascismo, non poteva mancare la solita arlecchinata. I giornali, che seguivano le vicende dell’indagine, non potendo trovare nulla per mettere all’indice qualche fascista, un giorno uscirono, con ampio risalto di stampa, con una notizia:
Solo per gioco, proporrei di aprire la stessa indagine sugli alti (o anche meno alti) funzionari ed onorevoli dell’attuale regime. Partirei dagli anni ’50, non prima; perché tra il ’45 e il ’50 le amministrazioni erano ancora inquinate da funzionari dell’infausto regime e, probabilmente nulla si potrebbe trovare di penalmente valido.
Le risate (risate, si fa per dire) sono dopo quel periodo.
Qualcuno potrebbe osservare: “Ma parliamo di marziani?”. No, signor Qualcuno; il fatto è che il Fascismo era una religione di vita e il denaro era considerato merce del diavolo. Finita la religione, il demonio ha prevalso.
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