Il cristianesimo è
stato visto come una rottura, una rivoluzione nella mentalità storica. Dando
alla storia tre punti fissi - la creazione, inizio assoluto della storia,
l’incarnazione, inizio della storia cristiana e della storia della salvezza, il
giudizio universale, fine della storia - il cristianesimo avrebbe sostituito
alle concezioni antiche di un tempo circolare la nozione di un tempo lineare,
avrebbe orientato la storia e dato ad essa un senso. Sensibile alle date, esso
cerca di datare la creazione, i principali punti di riferimento dell’Antico
Testamento, data il più precisamente possibile la nascita e la morte di Gesù.
Religione storica, ancorata alla storia, il cristianesimo avrebbe impresso alla
storia in Occidente un impulso decisivo. Guy Lardreau e Georges Duby hanno
anche recentemente insistito sul legame tra cristianesimo e sviluppo della
storia in Occidente. Guy Lardreau ha ricordato le parole di Marc Bloch: «Il
cristianesimo è una religione di storici», e aggiunto: «Sono convinto, semplicemente,
che noi facciamo della storia perché siamo cristiani». Al che Georges Duby
risponde: «Avete ragione, vi è una maniera cristiana di pensare, che è la
storia. La scienza storica non è forse cosa occidentale? Che cos’è la storia in
Cina, nelle Indie, nell’Africa nera? L’Islam ha avuto mirabili geografi, ma gli
storici?». Il cristianesimo ha sicuramente favorito una certa propensione a
ragionare in termini storici, caratteristici delle abitudini di pensiero
occidentali, ma lo stretto rapporto tra il cristianesimo e la storia sembra
debba essere sfumato. Anzitutto, studi recenti hanno mostrato che non bisogna
ridurre la mentalità storica antica - e soprattutto greca - all’idea di un
tempo circolare. Dal canto suo, il cristianesimo non può essere ridotto alla
concezione di un tempo lineare: un tipo di tempo circolare, il tempo liturgico,
svolge un ruolo di primo piano. La sua supremazia ha a lungo ridotto il
cristianesimo a datare soltanto giorni e mesi, senza menzionare l’anno, in modo
da integrare l’avvenimento nel calendario liturgico. D’altra parte, il tempo
teleologico, escatologico, non conduce necessariamente a una valorizzazione
della storia. Si può ritenere che la salvezza avvenga tanto fuori della storia,
con il rifiuto della storia, quanto attraverso la storia e per la storia. Le
due tendenze sono esistite e esistono ancora nel cristianesimo.
Jacques Le Goff,
Storia e Memoria, tr. it. Torino 1977, pp. 49-50.
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