sabato 9 luglio 2011
Madonna Verona incarnata da Minerva
Così scrisse don Albrigi che nel 1560 un certo Vincenzo Curioni, « merzar », fece costruire una casa presso la torre del Gardello, nell’angolo tra piazza delle Erbe e il Corso Porta Borsari; negli scavi per le fondamenta fu trovata una lapide romana, che egli fece collocare nel muro della nuova fabbrica, insieme con una sua epigrafe, che ricordava appunto l’erezione di quella casa.
La lapide romana faceva parte del basamento di una statua antica, come si rileva dall’iscrizione; la statua fu ricercata con molta cura, ma non fu ritrovata.
Anche la lapide romana nelle vicende dei tempi, purtroppo è andata dispersa, ma il tenore della scritta ci è stato conservato dal Canobbio nella sua Storia di Verona.
Eccola:
HORTANTE. BEATITUDINE.
TEMPORUM. DDD. NNN.
GRAZIANI. V ALENTINIANI.
ET. THEODOSII. AUGG.
STATUAM. IN. CAPITOLIO.
DIU. IACENTEM. IN.
CELEBERRIMO. FORTI.
LOCO. CONSTITUI.
IUSSIT. VAL. PALLADIUS.
V. C. CONS.VENET.ET.HIST.
Per renderla leggibile a tutti completiamo le abbreviazioni:
«Hortate beatitudine – temporum Dominorum nostrorum – Gratiani Valentiniani – et Theodosii Augustorum – statuam in Capitolio – diu iacentem in – celeberrimo fori – loco constitui – iussit Valerius Palladius – vir c1arissimus consularis Venetiae ed Histriae ».
E ora diamone la traduzione:
«Per invito della tranquillità dei tempi dei nostri signori Graziano, Valentiniano e Teodosio imperatori, l’illustre Valerio Palladio, governatore della Venezia ed Istria, fece collocare in (questo) luogo frequentatissimo del Foro, (questa) statua, che da lungo tempo era giacente nel Campidoglio ».
Si tratta dunque del trasporto di una statua dal Campidoglio veronese al Foro della città (piazza delle Erbe) per ornare quel luogo tanto frequentato con un monumento d’arte, trasporto avvenuto circa l’anno 380.
Ora precisiamo – continua don Albrigi – quale sia la statua, il luogo (Campidoglio) da cui fu tratta, e la ragione del trasporto.
Anche Verona, come in genere tutte le città romane, aveva il suo Campidoglio, cioè un tempio a tre celle (cappelle), dove erano onorate con altrettante statue le tre divinità capitoline: Giove, Giunone e Minerva.
Il Campidoglio veronese non si trovava sul colle di S. Pietro, come un tempo alcuni avevano pensato, ma presso la piazza delle Erbe: anche presentemente tra la via Pellicciai e il corso Porta Borsari vi è un rialzo di terreno (piazzetta S. Marco) formato dalle rovine del tempio capitolino: in esplorazioni recenti sono apparse le tre celle dedicate alle tre divinità.
La statua dunque trasportata nel Foro era un idolo, che un tempo aveva ricevuto culto pagano e poi era caduta a terra per l’abbandono in cui era stata lasciata.
Cosi si faceva alla fine del secolo IV anche a Roma, a Capua, a Benevento e in altre città come scrisse il Grisar nella sua opera «Roma alla fine del mondo antico ».
Nel trionfo del cristianesimo i templi pagani venivano chiusi ed abbandonati; ma gli idoli che di solito erano anche splendidi monumenti di arte, venivano portati ad adornare le piazze, le basiliche civili e altri luoghi pubblici.
Qui l’idolo pare che fosse caduto a terra da tempo (in Capitolio diu iacentem) segno che il suo culto era stato abbandonato da anni. A quale delle tre divinità si riferisse l’iscrizione non lo dice, e la statua non fu purtroppo ritrovata. Alcuni pensano che sia quella stessa che nel 1368 fu fatta collocare da Cansignorio sulla fontana di Madonna Verona: in tal caso vi si potrebbe ravvisare Minerva ».
Dunque la nostra Madonna Verona venne posta nel Foro da Valerio Palladio, consolare della Venezia, nel 380, fu posta poi nella fontana nel 1368 (altro prossimo centenario!) da Bonino da Campione. Le quattro teste inferiori ricordano Verona, l’imperatore Vero, Alboino re dei Longobardi e Berengario. La fontana venne alimentata con le acque del Lorì(Lo Rio) provenienti da Avesa.
La statua è da taluni ritenuta opera greca od ellenizzante, mentre la vasca sarebbe proveniente dalle antiche terme romane che si elevavano dove oggi sorge la Cattedrale quanto la vasca battesimale nella basilica di San Zeno.
Fonte: da srs di Giovanni Solinas
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