Lo studioso Pellicani sostiene che la nostra civiltà si fonda sul primato della ragione affermato dal pensiero greco
di Antonio Carioti
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adici cristiane dell’Europa? Macché: secondo Luciano Pellicani, alle origini della civiltà moderna c’è soprattutto il lascito della cultura classica greco-romana. Una tesi polemica, che lo studioso socialista sostiene nel libro di prossima uscita Le radici pagane dell’Europa (Rubbettino), di cui anticipa le conclusioni sulla rivista da lui diretta, Mondoperaio. Pellicani scrive che lo sviluppo dei sistemi pluralisti non è stato altro che «la storia della progressiva emancipazione della società dalla dittatura spirituale del cristianesimo e delle sue istituzioni». E che per conseguirla è stato necessario riscoprire due idee pagane: quella della «piena sovranità della ragione» e quella «che non ci sia altra realtà che questo mondo». Eppure l’impero romano era una monarchia dispotica, in cui il sovrano era sacralizzato e i cristiani venivano perseguitati. «In realtà - replica Pellicani - nell’antica Roma lo Stato era laico e quasi tutte le religioni erano tollerate e garantite. Il cristianesimo fu colpito perché era percepito come una minaccia politica, in quanto i suoi fedeli rifiutavano di fare sacrifici all’imperatore, cioè di compiere un atto di lealtà al potere costituito. Inoltre le classi colte del mondo antico avevano del mondo una visione laica, fondata sul primato della ragione». Quindi anticipavano l’Illuminismo: «Non a caso il cristiano Soren Kierkegaard considerava neopagana tutta la filosofia moderna. Del resto gli antichi romani non avevano teologia, né testi sacri, né clero. I loro sacerdoti erano semplici magistrati dello Stato. Cicerone, da pontefice massimo della Repubblica romana, scrive un trattato in cui si domanda se le divinità esistono. Si può immaginare un papa che dubita dell’esistenza di Dio e lo mette per iscritto?». Pellicani peraltro non disconosce il contributo della fede cristiana all’Occidente: «Il suo merito maggiore è consistito nell’introdurre un principio di solidarietà verso i deboli, la caritas, che il mondo pagano non conosceva. Però il cristianesimo è solo una componente della nostra civiltà, non ne è l’unica origine. Il punto essenziale è che il Dio della Bibbia esprime una verità rivelata: pronuncia dall’alto sentenze, comandi e divieti, senza argomentarli. Invece la filosofia greca ritiene che ogni proposizione vada giustificata in termini razionali: un principio fatto proprio dalla democrazia moderna». Però Benedetto XVI afferma che i diritti umani derivano dal cristianesimo, secondo il quale noi siamo creature generate da Dio a sua immagine. «Il fondamento religioso della dignità e delle libertà personali - risponde Pellicani - non è l’unico possibile. Già il filosofo romano Seneca, stoico e pagano, affermava che l’uomo è la cosa più sacra per l’uomo. Inoltre il rispetto per l’individuo comprende la tutela del suo diritto di professare qualsiasi fede, o anche di non credere, un principio che la Chiesa ha sempre combattuto. Per la civiltà moderna la legittimazione dell’eresia, cioè la libertà di coscienza, è il valore supremo, mentre Sant’Agostino sosteneva che il diritto all’errore è la peste dell’anima, da cui deriva la perdizione: per lui l’eretico è figlio di Satana e deve essere perseguitato nel suo stesso interesse. Al contrario l’imperatore romano Tiberio diceva: se gli dei vengono offesi, ci penseranno loro a punire i colpevoli di empietà, non deve occuparsene lo Stato». Il convegno: si tiene a Roma oggi e domani, presso la Sala convegni dell’Autorità per la privacy (piazza Montecitorio, 123/a), l’incontro «La risposta laica ai fondamentalismi religiosi», organizzato dalla rivista «Mondoperaio»
© Il Corriere della Sera
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