venerdì 16 dicembre 2011

Pascal, Sull'inutilità della teologia razionale




La teologia è una "scienza" non soltanto inutile ma asservita al potere e che poteva giustificare la condanna a morte di un eretico. La delinquenza umana le inventa tutte per eliminare gli avversari! Uno dei grandi filosofi dell'Europa Blaise Pascal nato dopo la controriforma ci illumina e ci apre gli occhi su di una scienza fra le più "manipolabili". La religione cristiana si fonda sulla teologia, perciò state all'occhio!

Pascal, Sull'inutilità della teologia razionale
Secondo Pascal la teologia razionale è inutile perché “la ragione si lascia piegare da ogni verso”: le prove razionali convincono soltanto chi è già convinto; sugli altri al massimo suscitano curiosità. Il Dio cristiano è un Deus absconditus, un “Dio nascosto” (Isaia, XLV, 15).



B. Pascal, Pensieri S. 106, 107; B. 561, 242



106. Ci sono due maniere di persuadere delle Verità della nostra religione: l'una, con la forza della ragione; l'altra, per mezzo dell'autorità di chi insegna.

Ci si serve non di quest'ultima, bensí della prima. Non si dice: “Bisogna credere questo, perché la Scrittura, che lo afferma, è divina”, ma che bisogna crederlo per la tale o tal altra ragione: tutti argomenti assai deboli, perché la ragione si lascia piegare per ogni verso.

107. Prefazione della seconda parte. Parlare di coloro che si sono occupati di questa materia.

Considero con stupore con quale ardire costoro si accingono a parlare di Dio. Rivolgendosi con i loro discorsi agli increduli, cominciano con il provare la divinità per mezzo delle opere della natura. Non stupirei del loro modo di procedere se rivolgessero i loro discorsi ai credenti, perché è certo [che coloro] che han viva la fede nel cuore vedono súbito che tutto quanto esiste è opera del Dio che adorano. Ma per coloro in cui quella luce è spenta, e si mira a farla rivivere, per quelle persone prive di fede e di grazia, che, pur impiegando tutta la loro intelligenza a cercare tutto quanto nella natura può condurli a tale conoscenza, ci trovano soltanto oscurità e tenebre; dir loro che basta guardarsi intorno per scorgere chiaramente in ogni minima cosa Dio, e addurre, per tutta prova di cosí grande e importante argomento, il corso della Luna e dei pianeti, e pretendere di aver con questo discorso assolto il proprio assunto, questo è dar loro motivo di credere che le prove della nostra religione sian molto deboli. E, infatti, ragionamento ed esperienza m'insegnano che nulla è piú atto a fargliela prendere in dispregio.

Non cosí parla delle cose di Dio la Sacra Scrittura, che pur le conosce molto meglio. Essa dice, anzi, che Dio è un Dio nascosto; e che, dopo la corruzione della natura, ha lasciato gli uomini in un accecamento da cui posson uscire solo per opera di Gesú Cristo: fuori del quale è impossibile ogni comunicazione con Dio: “Nemo novit Patrem, nisi Filius, et cui voluerit Filius revelare” [“Nessuno ha conosciuto il Padre se non il Figlio e colui a cui il Figlio ha voluto rivelarlo”] (Mt., XI, 27).

È quel che c'insegna la Scrittura, quando dice, in tanti luoghi, che coloro i quali cercano Dio lo trovano. Non si parla di una luce che sia come quella meridiana. Non si dice che coloro che cercano la luce in pieno meriggio o l'acqua nel mare la troveranno. Bisogna, dunque, che l'evidenza di Dio nella natura non sia di tal sorta. Cosí, la Scrittura dice altrove: “Vere tu es Deus absconditus” [“In vero tu sei un Dio nascosto”].



(B. Pascal, Pensieri, a cura di P. Serini, Einaudi, Torino, 1967, pagg. 39-41)

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