Statuina erroneamente chiamata la dea di Caldevigo in realtà raffigura una donna orante con le braccia aperte che invoca la divinità la possiamo definire anche: "la devota di Caldevigo". Il bronzetto e bellissimo colmo di patos e di grande religiosità: raffigura una sacerdotessa, vestita con grande accuratezza con una acconciatura speciale ed elaborata a forma conica che ricorda indubbiamente il famoso e raffinatissimo "Elmo di Oppeano". Questa sacerdotessa, traboccante di dolcezza, incarna il mondo venetico del IV secolo ante era volgare. Un mondo magico irrepetibile distrutto anche dal cristianesimo. Non conosciamo ormai più la trascendenza, e il vero potere della preghiera.
domenica 25 aprile 2010
La preghiera degli antichi veneti
Statuina erroneamente chiamata la dea di Caldevigo in realtà raffigura una donna orante con le braccia aperte che invoca la divinità la possiamo definire anche: "la devota di Caldevigo". Il bronzetto e bellissimo colmo di patos e di grande religiosità: raffigura una sacerdotessa, vestita con grande accuratezza con una acconciatura speciale ed elaborata a forma conica che ricorda indubbiamente il famoso e raffinatissimo "Elmo di Oppeano". Questa sacerdotessa, traboccante di dolcezza, incarna il mondo venetico del IV secolo ante era volgare. Un mondo magico irrepetibile distrutto anche dal cristianesimo. Non conosciamo ormai più la trascendenza, e il vero potere della preghiera.
Reitia e la Dea Del Bon Zogo anime di una stessa divinità
Questa immagine non rappresenta una divinità ma una devota alla Dea che nel rituale del culto finisce la toccante liturgia con un bacio inviato a superare il tempo e lo spazio. La Dea del Bon Zogo è da assimilare a Reitia attorniata dagli animali immolati dove le carni appena consumate nella cena del sacrificio vengono ricomposte le ossa affinchè questi esseri possano rinascere e vivere in eterno.
Storie arcaiche di sofferenza e di rinascita, legate ad arcaiche concezioni religiose, divinita che superano la morte attraverso il rito e il sacrificio.
mercoledì 21 aprile 2010
Compleanno di ROMA sacramentato in un tempio
sabato 10 aprile 2010
L'archeologo mistico
Giacomo Boni (1859-1925)
Architetto e archeologo, fu il primo ad applicare i principi dello scavo stratigrafico nelle indagini condotte nella Roma antica.
La formazione
Giacomo Boni nacque a Venezia il 25 aprile del 1859, figlio di un capitano marittimo, Luigi Boni, che, per non prestare giuramento all’Austria, aveva accettato un impiego in un’azienda di legnami a Venezia. In questa città compì i suoi studi tecnici e commerciali e nel 1877-78 conseguì il diploma di stenografia. Avendo buone capacità nel disegno, divenne assistente disegnatore presso un ingegnere e nel 1879 partecipò ai lavori di restauro del palazzo ducale, con A. Forcellini. In quegli anni condusse campagne in difesa dei monumenti veneziani e strinse amicizia con J. Ruskin, critico d’arte ed esponente della corrente del neogotico, autore di The Seven Lamps of Architecture (1849) e The Stone of Venice (1851-1853).
Negli anni tra il 1880 e il 1884 frequentò i corsi di architettura all’Accademia di Belle Arti, approfondendo lo studio della lingua inglese e delle lingue classiche.
Nel 1885 condusse scavi intorno alle fondazioni del campanile di S. Marco a Venezia. Tali scavi, portati avanti con metodo stratigrafico, contribuirono a convertire la sua attività di architetto e disegnatore in quella di archeologo.
Nel 1888 venne chiamato a Roma in un primo momento come segretario della Regia Calcografia, poi come ispettore dei monumenti presso la Direzione generale delle Antichità e Belle Arti, che aveva allora a capo l’archeologo Giuseppe Fiorelli, autore di fondamentali scavi a Pompei. In questa veste svolse un’intensa attività di difesa dei monumenti italiani (in particolare delle basiliche palatine di Puglia).
Gli scavi a Roma
Nel 1898 Boni ottenne la direzione degli scavi nel Foro Romano a Roma.
Qui gli scavi erano stati condotti per anni secondo la pratica dello sterro, senza alcun riguardo per i problemi stratigrafici e senza alcuna attenzione per le strutture di età medievale. Boni applicò per la prima volta il metodo stratigrafico nelle sue indagini presso il comizio antico e presso il sepolcreto arcaico.
Boni si avvalse anche della fotografia aerea. Eseguì una serie di riprese da un pallone frenato sull’area oggetto di indagine, ottenendo risultati estremamente significativi.
Il suo metodo di scavo consisteva nell’esecuzione di sondaggi indirizzati al riconoscimento delle stratificazioni e nella successiva asportazione dei singoli strati “secondo il loro giacimento naturale”. Lo strato di terra non era più sentito come un corpo ostile al monumento che ne era ricoperto, ma era considerato come il primo oggetto di indagine. Esso diventava così meritevole di una cura meticolosa, che si estendeva anche alle tracce degli elementi immateriali della stratificazione (fosse, tagli, erosioni, ecc.). Anche l’esigenza dell’associazione ai singoli strati dei materiali archeologici, “vili detriti” carichi di informazioni, è chiaramente avvertita.
Il suo metodo di intervento venne da lui stesso descritto nel 1901 in un articolo, che fu poi tradotto in inglese e ripubblicato con aggiunte nel 1913. Tale saggio segnò una importante svolta nella storia della metodologia di scavo in Italia, costituendo il punto d’arrivo di un’esperienza la cui carica innovativa negli anni successivi sarebbe andata progressivamente esaurendosi.
Nel 1899 Boni iniziò le esplorazioni al tempio di Cesare, al tempio di Vesta e all’arco di Settimio Severo, che portarono alla scoperta del Lapis Niger. Nel 1900 condusse saggi nell’area dell’antico Comizio, scavò inoltre la Regia, S. Maria Antiqua, il tempio di Vesta e l’annessa Casa delle Vestali. Nel 1902 indagò il sepolcreto arcaico, da lui pubblicato nelle Notizie degli scavi (1902-11). Scavò inoltre nel Foro di Traiano (1906), intorno alle mura serviane e sul Palatino.
venerdì 9 aprile 2010
Quando Sant’Ambrogio organizzava le orge
Quando Sant’Ambrogio organizzava le orge per non fare il vescovo
Ambrogio (Treviri, incerto 334/339 - Milano, 397), prima di divenire Santo era un alto funzionario dell’impero, un uomo potente… E proprio in virtu' della sua carica imperiale si trova a fare da moderatore nello scontro pubblico tra il candidato cattolico e quello ariano allo scranno di vescovo della citta'. Durante il dibattito, cercando di riassumere quali fossero le caratteristiche ideali del vescovo che bisognava scegliere, Ambrogio arriva a infervorare talmente il pubblico che alla fine gli gridano: “Fallo te il vescovo che sei cosi' bravo e simpatico!” Lui non ne ha nessuna voglia e cerca di defilarsi: “Non sono neanche un prete…”
“Non ci importa niente!” grida la folla esaltata alla vista di un uomo che non si butta a pesce sopra una carica di altissimo rango.
Insomma lo incastrano per acclamazione.
Ma Ambrogio proprio non ne vuol sapere e per sfuggire al favore del popolo organizza una grande festa a casa sua, grazie alla collaborazione di alcuni amici fidati invita un gruppo di giovanissime e avvenenti prostitute e tutti insieme fan di tutto, con urla gemiti ululati e schiamazzi, per dar l’idea che si stia svolgendo un’orgia scatenata. E vanno cosi' avanti finche' arriva la polizia comunale e li porta via tutti, donne seminude comprese. Una volta riconosciuto e liberato dalle guardie Ambrogio si presenta all’assemblea della citta' di Milano e dice: “Perdonatemi, e' chiaro che non sono degno di ricoprire una carica religiosa, sono un peccatore, ho invitato le piu' grandi peccatrici della citta' a casa mia, ho compiuto con esse tutti gli atti piu' impuri che si possano immaginare, ho disonorato l’autorita' che rappresento, rinuncio quindi a essere investito della carica vescovile! Perdonatemi.”
A questo punto la folla grida: “Finalmente un uomo che ammette le sue colpe!”
“Finalmente un alto papavero che non scarica le sue responsabilita' sui suoi sottoposti!”
“Finalmente un uomo che ha il coraggio di ammettere i suoi peccati!” E’ te che vogliamo vescovo!”
Cosi' Ambrogio resta fregato e non puo' piu' tirarsi indietro e accetta di diventare la guida spirituale della citta'.
Ambrogio diventera' poi santo.
Vi lascio alle molte riflessioni possibili sulla differenza tra questo grande Ambrogio e altri personaggi contemporanei…
Visti i tempi che corrono e la decadenza della chiesa moderna forse anche Berlusconi avrebbe potuto diventare santo. Ma si e' fregato per non aver avuto il coraggio di recitare un mea culpa adeguato alla misura dei suoi peccati.
E questa e' una buona notizia.
Rischiare di vederlo anche santo sarebbe stato troppo per le mie fosche pupille.
Anche lui finira' nel dimenticatoio di quella schiera infinita di potenti che colti con le mani nel sacco hanno detto: “Io non sapevo che erano prostitute le 19 ucraine vestite da Babbo Natale che mi si spalmavano addosso. Le ha portate un amico. E poi essere un consumatore ultimo non e' reato. Io non ho mai pagato una donna…”
Vorrei chiosare sopra una sottigliezza: che tipo di ego pressurizzato ha un uomo ultrasettantenne calvo-trapiantato, basso di statura e con la faccia asfaltata dal cerone, che e' convinto di essere talmente sessualmente attrattivo da trovare normale che centinaia di ragazze con la pelle d’angelo facciano a gomitate per trastullarlo senza essere pagate per farlo?
PS
Nota storica: Sant’Ambrogio poi fu un vescovo veramente rivoluzionario. Una delle sue battaglie piu' violente e pericolose fu quella in difesa delle monache di clausura.
Fa ridere dirlo oggi ma le monache furono un fenomeno piu' rivoluzionario di Lotta Continua.
A quei tempi, siamo nel 300 dopo Cristo, la donna era una cosa di proprieta' del padre prima e del marito poi, e il matrimonio era una questione economica importantissima. Serviva per stringere alleanze, suggellare patti commerciali, fusioni politiche e incassare denaro contante.
Bambine venivano sposate a vecchi rugosi, bassi, calvi e con l’alito mefitico. E non avevano nessuna possibilita' di sottrarsi a un destino infame di botte e gravidanze a catena.
A meno che non scegliessero di fuggire e adattarsi a vivere in mezzo ai paria pochi anni di fame e sofferenze (i poveri morivan giovani oltretutto, le donne in particolare…).
Siamo ancora sotto l’Impero Romano e le donne contano quanto gli animali.
Quando alcune giovinette fuggono di casa e con l’appoggio di alcuni settori della chiesa creano delle comunita' monacali scoppia il finimondo. Gruppi di signorotti spalleggiati dai loro sgherri vanno a sfondare le porte dei monasteri e si portano a casa le figlie con la forza. Gran parte del clero si unisce a loro sostenendo che la donna e' indegna e incapace di dedicare la propria vita al Signore fuggendo cosi' dalla patria potesta'.
Esse compiono un peccato mortale non rispettando il padre e la madre e ribellandosi al loro potere!
Sant’Ambrogio interviene in difesa delle monache, arrivando a schierare i suoi uomini, armati, in difesa dei conventi e intraprendendo uno scontro a tutti i livelli per garantire la sopravvivenza di questa esperienza religiosa e sociale incredibile per quei tempi: comunita' composte solo da donne che si organizzavano in modo autonomo per gestire la propria vita.
E fu grazie a questa battaglia che alla fine i monasteri si imposero in Italia e in Europa.
Qualcuno dira' che la clausura non e' una grande alternativa al matrimonio coatto.
Credo che se provasse a passare una notte con un commerciante di pesce del Giambellino di 73 anni, basso, pelato e reazionario, e col diritto di usare la frusta, forse cambierebbe idea. Rapidamente.
La clausura e' meglio.
Molto meglio!
Scritto da Jacopo Fo
Mercoledì 22 Luglio 2009 23:41
giovedì 8 aprile 2010
Il pentalfa pitagorico o la stella di Venere Istar
Pitagora e la Stella a 5 Punte
La Stella a 5 punte per gli Egizi raffigurava il Sole, Horus, nato da Iside e Osiride. Di seguito fu usata da Pitagora per dimostrare il segmento aureo. In linea generale il pitagorismo è sinonimo di scienza dei numeri. Numeri che sono le idee archetipiche ed i modelli geometrici d'ogni forma in manifestazione.
Nei suoi studi Pitagora (572- 497 a .C.) fece rivivere la scienza della «Parola» ovvero il potere del suono. Rese una scienza esatta lo studio del suono che dall'Ente supremo si muove attraverso caratteristiche metafisiche.
Con lo studio sugli intervalli sonori (ottave) penetrò le forme armoniche (toni) fino al suono silenzioso. Ridusse a valori matematici i rapporti sonori tra masse planetarie e sistema solare concependo i rapporti con la struttura dell'uomo in quelle che vennero definite le Leggi dell'Armonica. Il rettangolo, avente i lati che rispettano la proporzione aurea, è detto rettangolo aureo ed esso si può originare tantissime volte nel cosiddetto Pentalfa.
Pentalfa significa "cinque alfa", ossia cinque principi. Il Pentagramma, simbolo dei pitagorici, conteneva una parola che corrisponde a "sta bene" che per i greci significava vita e salute. Con una figura umana inscritta al suo interno i cui arti toccano la circonferenza (detta di Agrippa) rappresenta il microcosmo umano, ed i cinque centri di forza del corpo.
La Stella a 5 punte è anche chiamata Stella dei Magi, in ossequio al segno di potenza e di luce che illumina il cammino spirituale; per questo motivo viene messa sul presepio e sull'albero di Natale.
Gli Architetti medievali che costruirono le Cattedrali Gotiche ravvisavano nel pentalfa il valore numerico del Numero d'Oro (1,618) con cui nelle costruzioni stabilivano il rapporto di 3 a 5.
Le proporzioni del Numero d'Oro si ritrovano in tutto ciò che nell'uomo crea una sensazione di armonia e di bellezza e la loro utilizzazione è di grande fecondità. Questo segno dinamico della Natura e dell'Uomo, però non tocca i "piani superiori". Solo i cerchi che se ne dipartono, tracciati dal "Compasso dello Spirito" permettono di giungervi.
« ... la Stella Fiammeggiante è il centro da cui s'irradia la vera luce.» - Guillemai de Saint Victor
Sin dall'antichità, è stato associato al pianeta Venere. Questo pianeta, infatti, è l'unico del nostro sistema che può essere identificato con una semplice struttura grafica e senza equivoci, derivata dal tracciamento dei suoi movimenti astronomici attraverso lo Zodiaco. Infatti, se si segnano le posizioni planetarie di Venere lungo i 360° del cerchio zodiacale, la figura che si forma è proprio un pentagramma perfetto. Lungo questo percorso il pianeta passa da momenti di invisibilità a momenti di estrema luminosità; quando poi l'astro si trova in prossimità del Sole si manifesta secondo una duplice natura, ed è conosciuto come Stella del Mattino, Phosphoros, o Lucifero ("portatore di luce"), e come Stella della Sera, Hespheros o Afrodite (dea della bellezza, della sessualità e della pace). I popoli antichi l'hanno spesso associato alle loro maggiori divinità femminili: i Sumeri ad Inanna, la dea dei Cieli, i Babilonesi ad Astarthe, gli Accadiani a Ishtar, i Greci ad Afrodite, i Romani a Venere, e così via. Per gli Egiziani il simbolo raffigurava Horus, il figlio di Iside ed Osiride, il Sole. Rappresentava la materia prima alchemica, sorgente inesauribile di vita, fuoco sacro, germe universale di tutti gli esseri. Durante il Medioevo, indotto dal sistema inquisitorio cristiano il simbolo cominciò ad essere associato alla magia ed al Male.
martedì 6 aprile 2010
Forse siamo immortali
Secondo il fisico gnostico Jean Emile Charon (defunto - insegnava alla Sorbona ed a Princeton) gli esseri umani sono immortali, in quanto lo spirito, inteso come autocoscienza, sarebbe strettamente legato agli elettroni che compongono la materia.
A suo parere queste particelle possiedono, oltre le loro ben note proprietà fisiche, anche dei caratteri "psichici", essendo capaci di riflettere e di acquisire come bagaglio proprio le esperienze vissute. Gli elettroni sarebbero le fondamentali entità "pensanti", che costituiscono così la base degli Io individuali.
Charon afferma che tali conclusioni derivano dagli sviluppi raggiunti dalla fisica contemporanea e non dalla fede religiosa.
Noi siamo parte indistruttibile del Tutto cosmico: l'universo è la nostra dimora eterna, in cui viviamo e ci evolviamo fin dal suo apparire. "Ho vissuto - egli scrive - 15 milioni di anni. Questo perché sono nato con i primi elettroni creati a partire dalla luce originale, al principio del mondo".
La fisica ormai non considera più solo una realtà costituita da oggetti inanimati ed "esterni": nei suoi interessi e nel suo campo di indagine è entrato anche lo spirito, o meglio la dimensione psichica. Quindi studiando le leggi della natura studiamo anche noi stessi, scopriamo ciò che gli gnostici definiscono il "dritto" dell'universo.
Forse tali idee sono tra quelle più "indigeste" per chi è credente e vede così sminuita e "psichicizzata" la dimensione spirituale.
E' indubbio che qui si avverte il pericolo di una banalizzazione di ciò che è per sua essenza "metafisico" e che non può essere ridotto alla sfera energetica della natura e del cosmo. E certo una frase di Charon come questa lascia fortemente perplessi: "Il compito più importante del XXI secolo sarà proprio quello di sviluppare lo studio dello Spirito, quale proprietà essenziale della materia, e dei suoi poteri".
Le teorie di Charon hanno rappresentato una "eresia" per i nostri tempi, dando vita a dibattiti e polemiche molto accese in campo scientifico, filosofico ed epistemologico.
Egli era convinto di aver introdotto nella cittadella della scienza la "metafisica", e per questo amava dire che "la vecchia fisica resta diffidente verso chi le porta a casa la metafisica", anche se, in questo caso, si tratta, a nostro parere, di una falsa "metafisica".
Tratto da:
http://www.airesis.net/ILabirintiDellaRagione/labirinti%201/Monastra%20gnosi%20di%20prince.htm
lunedì 5 aprile 2010
Quanta bella gioventù
Il 24 settembre 1942, il settimanale "Roma Fascista" pubblica un articolo di Eugenio Scalfari: "Gli imperi moderni quali noi li concepiamo - scrive - sono basati sul cardine "razza", escludendo pertanto l'estensione della cittadinanza da parte dello stato nucleo alle altre genti". Il 4 agosto 1942 "La Provincia Granda" pubblica a firma di Giorgio Bocca: "Questo odio degli ebrei contro il fascismo è la causa prima della guerra. attuale. La vittoria degli avversari solo in apparenza infatti, sarebbe una vittoria degli ebrei. A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l'idea di dovere, in un tempo non lontano, essere lo schiavo degli ebrei?". Erano entrambi giovanissimi, forgiati dalla propaganda del Ventennio, insieme al giovanissimo Giovanni Spadolini, privi della scelta che solo la libertà garantisce. Tuttavia, nessuno di loro fu costretto a scrivere sotto minaccia. La battuta più efficace la fece l'americano Alexander Clark, comandante della V armata Usa in Italia, a cena con lo scrittore Curzio Malaparte, nel 1944 ufficiale di collegamento presso gli alleati. "In Italia", disse, ci sono "40 milioni di fascisti e 40 milioni di antifascisti". Malaparte obiettò che 40 milioni erano gli italiani censiti, l'alto ufficiale spiegò: "Sì, esatto, perché ieri erano tutti fascisti, oggi sono tutti antifascisti". Leo Longanesi, anche lui testimone del grande cambio di casacca, aggiungerà: "Gli italiani sono campioni nel salto sul carro del vincitore". Battute a parte, oggi il tema della presa di distanze tiene ancora banco. Ma è "lungo l'elenco di personalità che, con maggiore o minore entusiasmo, per convinzione o solo per comodità, aderirono al fascismo. molto più di Fini, all'epoca neanche nato. Qualche anno fa, fu il pamphlet "Camerata dove sei?", firmato "anonimo nero", a raccogliere le biografie dei fascisti che si erano dissolti dalla sera al mattino, molti dei quali tornati a far politica nei partiti democratici. Altri casi si aggiungeranno negli anni con le ricerche, alcune davvero imbarazzanti, negli archivi. Nel 1934, Giuseppe Bottai e Alessandro Tavolini, gerarchi col vezzo della cultura promuovono i "Littoriali della Cultura", una sorta di olimpiadi per i giovani più promettenti dei Guf (Gruppi Universitari Fascisti). Ebbene, nell'elenco dei vincitori figurano Pietro Ingrao, Jader Iacobelli, Aldo Moro, Sandro Paternostro, Giaime Pintor, Vasco Pratolini, Luigi Preti, Giuliano Vassalli, Paolo Emilio Taviani, Paolo Sylos Labini, Alfonso Gatto, Mario Ferrari Aggradi, Luigi Firpo, Luigi Gui, Renato Guttuso, Luigi Comencini, Carlo Bo, Walter Binni, Mario Alicata, Michelangelo Antonioni. Molti passeranno all'antifascismo militante, senza scandalo per le parentesi giovanili. Ingrao, il primo presidente della Camera del Pci, compare nell'Antologia di poeti fascisti del 1935, per aver vinto il premio "Poeti del Tempo di Mussolini". Alessandro Natta, successore di Berlinguer a capo di Botteghe Oscure, ha ammesso che quando studiava alla Normale di Pisa era iscritto ai Guf. Come, a Napoli, l'ex presidente della Camera ed ex ministro dell'Interno, oggi presidente della repubblica, Giorgio Napolitano.
Il caso di Giame Pintor, il raffinato intellettuale fratello del fondatore del Manifesto Luigi, è stato portato alla ribalta un anno fa da un documentatissimo libro di Mirella Serri che ne ha ricostruito la partecipazione a un congresso giovanile nella Germania nazista. Nel 1940 Alessandro Galante Garrone, giovane giudice del Tribunale di Torino, elaborava un commento a una sentenza nella quale indicava i requisiti per essere ascritto alla razza ebraica. Sarà poi partigiano. Alberto Moravia nel 1941 scriveva al Duce, cui Norberto Bobbio - come rilevato da Pietrangelo Buttafuoco - chiese aiuto per una cattedra universitaria.
Folto anche il capitolo delle adesioni alla Repubblica di Salò, scelta non obbligata data l'alternativa della Resistenza. Lo storicO Raberto Vivarelli ha ammesso in un'intervista l'adesione alla X Mas di ]unio Valerio Barghese, rivelando anche che "Giorgio Bocca scriveva sul giornale della federaziane fascista di Cuneo" e che Dario Fo è stata saloino. Del resto, con onestà, il 22 marzo 1978 il Nobel dichiarò a "La Repubblica": "Io repubblichino? Non l'ho mai negato. Sono nato nel '26. Nel '43 avevo 17 anni. Finché ho potuto ho fatto il renitente. Poi è arrivato il bando di morte. O mi presentavo o fuggivo in Svizzera". Un'alternativa, ammette, c'era. Sotto le bandiere di Salò c'erano ancora Marcello Mastroianni, Giorgio Albertazzi, Marco Ferreri, Walter Chiari, Ugo Tognazzi (Brigata Nera di Mantova), Ugo Pratt, Giovanni Comisso, Dino Buzzati, Mario Sironi, Alberto Burri, Ernesto Calindri, Carlo D'Apporto, Enrico Maria Salerno. Molti, non l'hanno negato, alcuni anzi l 'hanno rivendicato.
Il caso di Giame Pintor, il raffinato intellettuale fratello del fondatore del Manifesto Luigi, è stato portato alla ribalta un anno fa da un documentatissimo libro di Mirella Serri che ne ha ricostruito la partecipazione a un congresso giovanile nella Germania nazista. Nel 1940 Alessandro Galante Garrone, giovane giudice del Tribunale di Torino, elaborava un commento a una sentenza nella quale indicava i requisiti per essere ascritto alla razza ebraica. Sarà poi partigiano. Alberto Moravia nel 1941 scriveva al Duce, cui Norberto Bobbio - come rilevato da Pietrangelo Buttafuoco - chiese aiuto per una cattedra universitaria.
Folto anche il capitolo delle adesioni alla Repubblica di Salò, scelta non obbligata data l'alternativa della Resistenza. Lo storicO Raberto Vivarelli ha ammesso in un'intervista l'adesione alla X Mas di ]unio Valerio Barghese, rivelando anche che "Giorgio Bocca scriveva sul giornale della federaziane fascista di Cuneo" e che Dario Fo è stata saloino. Del resto, con onestà, il 22 marzo 1978 il Nobel dichiarò a "La Repubblica": "Io repubblichino? Non l'ho mai negato. Sono nato nel '26. Nel '43 avevo 17 anni. Finché ho potuto ho fatto il renitente. Poi è arrivato il bando di morte. O mi presentavo o fuggivo in Svizzera". Un'alternativa, ammette, c'era. Sotto le bandiere di Salò c'erano ancora Marcello Mastroianni, Giorgio Albertazzi, Marco Ferreri, Walter Chiari, Ugo Tognazzi (Brigata Nera di Mantova), Ugo Pratt, Giovanni Comisso, Dino Buzzati, Mario Sironi, Alberto Burri, Ernesto Calindri, Carlo D'Apporto, Enrico Maria Salerno. Molti, non l'hanno negato, alcuni anzi l 'hanno rivendicato.
sabato 3 aprile 2010
Intrallazzi vaticani:quando Padre Pedro Arrupe pianse
L'ultimo Padre generale dei Gesuiti la cui carica rimaneva a vita: Pedro Arrupe. Dopo di lui finiva il potere del "Papa nero" e così si limitò l'ordine dei Gesuiti . Uomo di grande prestigio umiliato pubblicamente dal papa polacco che accelerò il collasso del patto di Varsavia e dell'URRS. Pedro Arrupe, fu avversato da Papa Karol Wojtyła, forse anche per motivi personali.
Intrallazzi vaticani che segnarono la rovina dei Gesuiti
A molti, appena appresa la notizia dell’elezione di p. Adolfo Nicolás a preposito generale della Compagnia di Gesù, è venuto spontaneo pensare a p. Pedro Arrupe, superiore dei gesuiti dal 1965 al 1983: entrambi spagnoli – Arrupe di Bilbao, Nicolàs di Villamuriel de Cerrato Palencia –, entrambi impegnati nel servizio pastorale in Estremo Oriente, entrambi provinciali dei gesuiti per il Giappone prima di essere scelti come successori di sant’Ignazio di Loyola (v. Adista n. 9/08).
Superiore dei gesuiti dal 1965 al 1983, p. Arrupe lasciò di fatto la carica nel 1981 – in seguito alla trombosi che lo colpì – anche se formalmente la conservò fino al 1983. In realtà Arrupe avrebbe voluto che le sue dimissioni venissero accettate nel momento stesso in cui si ammalò, ma allora ci fu una manovra di Giovanni Paolo II – attuata dai ‘suoi’ uomini all’interno della Compagnia di Gesù, p. Paolo Dezza e p. Giuseppe Pittau – per ritardare di due anni la convocazione della Congregazione con l’obiettivo di scongiurare che venisse eletto l’assistente di Arrupe, quel p. Vincent O’Keefe che "il pontefice considerava inadeguato per le sue posizioni eccessivamente liberali". La manovra riuscì a metà: la Congregazione venne infatti rinviata di due anni – secondo la tattica wojtylana del "binario morto", che consisteva "nell’aspettare che i problemi si risolvessero o imputridissero per esaurimento storico" –, p. O’Keefe non venne eletto, ma non venne scelto nemmeno il candidato di Wojtyla, p. Pittau. Toccò invece a p. Peter Hans Kolvenbach.
Pedro Arrupe fu attivo Missionario a Hiroshima proprio prima durante e dopo l'esplosione della bomba nucleare nel 1945, oltre alle altre lauree era anche medico e si prodigò per anni a curare quelle poveri genti colpite dai postumi delle radiazioni nucleari riuscendo, anche applicando tecniche di alimentazione macrobiotica, a curare le devastanti conseguenze. Amato e acclamato dai suoi gesuiti fu da subito antipatico al Papa Karol Józef Wojtyła
Salvavano i pederasti e affossavano i grandi pensatori
TEILHARD IN MANIERA DISINVOLTA VIENE PARZIALMENTE RIABILITATO DA RATZINGER.
VERRA' DEFINITO IL DARWIN CATTOLICO,A QUESTO PARZIALE GESTO RIABILITATIVO NE CONSEGUONO TUTTA UNA SERIE DI IMPLICAZIONI CHE CONFLIGGONO LE UNE CON LE ALTRE.
TeilhaIl è riabilitato dal Papa tedesco che cita il gesuita Pierre Teilhard de Chardin, sul quale pende ancora il «monitum» del Sant’Uffizio (Vecchie storie che evidenziano le contraddizioni di una chiesa che sta rasentando il collasso, e che palesemente è allo sbando )
E' sempre il platonismo, che è alla radice del pensiero cristiano alessandrino. La filosofia di De Chardin parla a proposito del desiderio dell’ umanità di riunirsi nell'Anima Mundi.
Il gesuita proibito
Il testo:”Il fenomeno umano”, di Teilhard de Chardin Pierre
Capolavoro non pubblicato in vita. Tratta del problema riguardante il dogma del peccato
Originale che colpisce indiscriminatamente tutta l’umanità passata e a venire- Il capostipite
pecca e tutti i discendenti sono peccatori: il monogenismo è storicamente e scientificamente
infondato.
Così il Santo Uffizio stimmatizza questi scritti il 30 06 1962: offendono la dottrina cristiana e
Così i suoi scritti sono messi all’indice. Sempre secondo “l’inquisizione” il gesuita pone il
mondo in un posto troppo alto.
Teilhard de Chardin nacque il primo maggio 1881 presso il Castello di Sarcenat nei pressi di Clermont-Ferrand
I geni della madre, pronipote di Voltaire, hanno comunicato al gesuita P Teilhard la vivezza intellettuale e critica dell'illustre pensatore (che aveva studiato dai gesuiti)
Entra nel collegio dei Gesuiti a undici anni. Il suo interesse per la scienza risulta evidente e insegnerà fisica e chimica nel collegio dei Gesuiti del Cairo.
Nel 1911 viene ordinato sacerdote e partecipa, da valoroso, alla tragedia della Prima Guerra mondiale come barelliere gli sarà assegnata una medaglia al valore e l'onorificenza di cavaliere della Legion d' onore. Nel 1925 viene mandato in Cina a Tien Tsin, dopo la laurea in Scienza Naturali.
Quando torna ad insegnare a Parigi nell'Istituto Cattolico ha già all'attivo riflessioni contenute in alcuni scritti che le autorità ecclesiastiche giudicano severamente, non allineate all'ortodossia cattolica.
Per evitare la diffusione delle sue idee che utilizzano la teoria dell'evoluzione come presupposto di una nuova visione di Dio, lo costringono a lavorare, per venti anni, in Cina.
Teilhard fu nel gruppo di scienziati che scoprirono e studiarono "uomo di Pechino" o Sinantropo Fa ritorno a Parigi Nel 1947, non si è placata l'opposizione al suo pensiero.
Vorrebbe pubblicare le sua opere ma il Vaticano non lo permette. I suoi scritti iniziano a diffondersi quasi clandestinamente. Nel 1951 si trasferisce definitivamente a New York dove continua i suoi studi alla Fondazione Wenner e proseguendo le sue ricerche in Sud Africa e Rhodesia.
Muore il 10 Aprile 1955 a New York, colpito da infarto, dopo aver assistito la messa del giorno di Pasqua. Theilard aveva detto agli amici, il 15 marzo, ad un pranzo al consolato di Francia: "Mi piacerebbe morire il giorno della Risurrezione" (nota 2) .
Era morto un rivoluzionario della fede che, con il suo pensiero, aveva cercato di rendere un "Tutt'Uno" la materia e lo spirito. considerando l'evoluzione come un percorso che indicava la necessità del raggiungimento della "Noosfera" punto di arrivo dell'evoluzione in cui spirito e materia si compongono nell'interazione, sempre più forte, fra gli individui.
Teilhard è un pioniere della "complessità" di tutto quel pensiero moderno che sfocia nella teoria dei sistemi.
Una settimana dopo, 18 aprile 1955 a Princeton, moriva anche Albert Einstein. Anche lui un rivoluzionario…Della scienza; aveva unito materia ed energia in un tutt'uno ma che l'uomo, ancora in ritardo nella sua evoluzione morale, aveva utilizzato per distruggere altri uomini a Nagasaki e Hiroshima
Per me, leggere P. Teilhard è leggere di utopia, di poesia
E' ancora leggere di scienza e di bioetica
E' anche leggere di religione e di come l'umanità dovrebbe interpretarla in modo utile alla sua crescita.
Vigorelli utilizza in modo esteso i testi originali, il libro è uno di quelli da "tenere vicino", è sintesi del pensiero di Teilhard occasione per riflettere, con l'autore, su come si possa proporre il superamento delle barriere fra spiritualità e materialismo fra dottrine politiche e sociali completamente diverse come quelle capitalista e comunista.
Il volume comparve, nella collana La CULTURA della casa editrice IL SAGGIATORE, nel 1963 ( costava 1200 lire….Quanto tempo è passato!) 396 pagine dense di entusiasmo per uno scienziato, un uomo, un religioso che è stato osteggiato anche in modo severo dalla chiesa ufficiale.
Il Monitum del Sant'Uffizio ne è esempio . Il 30 giugno 1962, dopo la precedente condanna del 1957 (nota 3) , la Suprema Congregazione del Sant'Uffizio, presieduta dal card. Ottaviani, ha emanato(testo originale in nota ):
"Certe opere del P. Pietro Teilhard de Chardin, comprese anche alcune postume, vengono pubblicate ed incontrano un favore tutt'altro che piccolo (affatto disdicevole).
Indipendentemente dal dovuto giudizio in quanto attiene alle scienze positive, in materia di Filosofia e Teologia si vede chiaramente che le opere menzionate racchiudono tali ambiguità ed anche errori tanto gravi, che offendono la dottrina cattolica. Di conseguenza, gli Eccellentissimi e Reverendissimi Padri della Suprema Congregazione del Santo Ufficio esortano tutti gli Ordinari e i superiori di Istituti Religiosi, i Rettori di Seminari e i Direttori delle Università, a difendere gli spiriti, particolarmente dei giovani, dai pericoli delle opere di P. Teilhard de Chardin e dei suoi discepoli" (nota 4)
Che cosa aveva di tanto pericoloso per la chiesa questo pensatore e le sue opere?
Cominciamo dall'evoluzionismo (nota 5). Ancor oggi, soprattutto in America, il Creazionismo è all'attacco del darwinismo, ben 150 anni dopo la pubblicazione dell'"Origine della specie" e delle prove, numerose della validità scientifica di Darwin.
La Chiesa ha , da tempo, cambiato opinione .ma quando Theilhard scriveva non era così (nota 6).
Il suo esilio cinese e poi quello negli Stati Uniti, era la prova della volontà di non far circolare le idee che avrebbero diffuso rapidamente il darwinismo anche fra i cattolici più osservanti.
Teilhard de Chardin, abbraccia la teoria dell'"evoluzionismo finalistico" generato e gestito da un Dio Creatore che manifesta nell'evoluzione la sua potenza guidando l'uomo verso una unione del tutto.
La Chiesa non era ( e forse non è) pronta ad accettare è l'idea totalizzante di una evoluzione che in sé ha un contenuto divino, un tendere verso un "'Homo progressivus, potremmo chiamarlo così: cioè l'Uomo per il quale l'avvenire terrestre conta più del presente. Nuovo tipo di uomo, dico, perché, meno di duecento anni fa, l'idea stessa di una trasformazione organica del Mondo nel Tempo non aveva ancora preso né forma né consistenza nello spirito dell'uomo...: scienziati, pensatori, aviatori, ecc. - tutti quelli che sono in preda al Demone (o all'Angelo) della Ricerca... Sorprendeteli, questi uomini dotati da un misterioso senso dell'Avvenire, prendeteli in un punto d'incontro qualsiasi: anche in mezzo a una folla anonima, l'uno andrà subito diritto verso l'altro, e si riconosceranno"
Per Teilhard non ci sono credenti e miscredenti, ci sono uomini che si incontrano su un cammino comune e che, qualunque sia il loro credo, può portare alla redenzione: possono esserci due vie per raggiungere il regno di Dio, come per due scalatori che partono da pareti di roccia opposte e arrivino però sulla stessa cima.
Per il credente il salire dello spirito verso il "Culmine-Omega di Dio" è diretto dal suo credere, è un automatismo. Per chi non crede i passaggi lo porteranno dalla sperimentazione dal "Caso" al sottoporsi alla "Selezione naturale" per concretizzarsi nel "Materialismo storico" che comunque sfocerà nella "Finalità(amore)" punto d'arrivo sia cristiano che marxista.
La diffidenza nei suoi confronti si capisce ancora di più, con questo ardito accostamento-convergenza era inviso sia dai Conservatori che dalla Chiesa che tanto da impedirgli addirittura lo svolgimento dell'attività scientifica, nel 54 scriveva, da New York:
"…Ho ricevuto una lettera dal padre X., estremamente amichevole, ma mi sconsiglia persino di chiedere il permesso di assistere ad un colloquio di paleontologia, in aprile alla Sorbona…"
Teilhard fu perseguitato….
Iscriviti a:
Post (Atom)