“Noi non sappiamo – dice Plotino – donde è nata la grande Luce, se dall’esterno o dall’interno; e quando essa è sparita diciamo: essa era interiore – eppure non era interiore. Non bisogna chiedere donde sia apparsa, poiché qui non c’è nessun punto d’origine: essa non parte da un luogo per andare ad un altro, ma appare e non appare. Perciò non bisogna inseguirla, ma attendere tranquillamente (all’esychè ménein) finché essa appaia (éos àn fanè), come l’occhio attende lo spuntare del sole, il quale si eleva dall’orizzonte (dall’Oceano dicono i poeti) e si offre ai nostri sguardi per essere contemplato” (Enneadi., V, 5, 8).
“Questa è la vita degli dèi e degli uomini divini e beati: essere liberi rispetto alle realtà di questo mondo, vita che non si compiace più delle cose terrene, fuga da soli verso il Solo (fughè mόnou pròs mónon)” (Enn., VI, 9, 11).
Si può pertanto dire che il senso profondo della sua ricerca filosofica è tutto nelle parole che pronunziò alla presenza del discepolo Eustochio in punto di morte: “Io mi sforzo di ricondurre il divino ch’è in me al divino che è nell’universo” (Porfirio, Vita di Plotino, 2).
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