martedì 11 febbraio 2014

Le opere d'arte scomode e rimaste pressoché sconosciute

                                   


Max Ernst, La vergine sculaccia il bambino Gesù davanti a tre testimoni: Andrè Breton, Paul Eluard e lo stesso artista, 1926, olio su tela, cm. 196×130, Museo Ludwig, Colonia.

Un atto comune, direi quasi banale: una madre che picchia il suo bambino, ma in questa famiglia non è concepibile che Maria Vergine picchi il suo figliolo dato che lui è un dio e Lei ne è la madre.
Sicuramente un'opera blasfema e inaccettabile, sommariamente parlando, che va dimenticata e dannata!
Notate che l'aureola di Gesù è caduta ma quella di Maria è ben salda e al suo posto!

di Federica Lupari
L’aria sembra arida, i colori delle case, o ciò che di esse rimane, sono nudi e visibili nel loro pallore. Nulla sfugge allo sguardo pungente del sole di un primo pomeriggio nel deserto, non c’è ombra che riesca a coprire la terra, né ad attenuare con il suo velo la contraddittoria violenza della vita quotidiana. Il sole domina un cielo terso, limpido, fermo in una atemporalità immutabile, che infligge la sua immobilità all’ambiente, spoglia le case delle loro sembianze lasciandovi solo delle acute pareti e toglie l’aria ad uno spazio fisico già svuotato. Il cielo è là, sullo sfondo di tutte le cose anticamente reali, qui rese metafore sensibili e simboli di un’“altra” Storia mentre lentamente l’orizzonte si stringe e si chiude alla vista.Vestita d’affermazione e autorità, Maria, nel mezzo del campo visivo, esibisce con decisione la sua dominanza, il suo potere di donna, la sua figura sproporzionata, statuaria: con il braccio destro teso in aria e quello sinistro che tiene fermo il bambino Gesù perché non cada dalle sue gambe e sfugga i suoi gesti, l’istante di movimento catturato è quello che precede una schiaffo sul sedere del bambino, e quello schiaffo non dev’essere il primo, a giudicare dal rossore delle natiche del piccolo e dalla ferma espressione della donna. Alle loro spalle poi, mezzo nascosti dalla vista dei passanti, tre facce si intravedono attraverso l’unico foro aperto nelle giganti pareti delle case intorno. È una finestra aperta nel tempo, un buco da cui il presente sbircia sul passato, e i tre artisti, André Breton, Paul Eluard e lo stesso Max Ernst partecipano agli eventi, testimoniano di un momento non ancora raccontato.Quello che non vi si trova per certo in questa visione d’insieme, in questo spazio a mezza via tra l’onirico e il reale, è un’abbondanza di particolari: la veste di Maria, di un colore inusuale per il suo tempo, è compatta e di tinta unita; ben eloquente nella sua simbologia, copre una figura che così non ha bisogno di altre caratterizzazioni, poiché il rosso, colore per eccellenza dell’affermazione, contribuisce a risaltare la personalità di questa donna giunonica che fa da protagonista a tutta la scena. Anche la forza espressiva dei suoi gesti ne risulta accentuata e la donna appare divinamente imponente, umanamente materna. Le case, private di qualsiasi segnale di riconoscimento, sono solo pareti erette in mezzo al nulla, muri di pietra nel deserto, il deserto del luogo che è tutto i luoghi, lo spazio familiare al viaggiatore che in tutti gli spazi ne riconosce un frammento, che il cielo immobile priva del tempo.È con questo segno tra le forme plastiche e quelle anonime che Max Ernst rappresenta la dimensione della cristianità - la tela prende il titolo di La vergine che sculaccia il bambino Gesù davanti a tre testimoni: Andrés Breton, Paul Eluard e lo stesso artista (1927) – in un’ottica rivoluzionaria e per molti irriverente, che si discosta radicalmente da quella tradizione iconografica che ha sempre visti Maria e il bambino Gesù rappresentati in atti di autocelebrazione e beatificazione. Max Ernst, un uomo contemporaneo e all’avanguardia, rivede e reinterpreta il patrimonio culturale – storico e religioso – a sua disposizione, e partecipa criticamente al rinnovamento del sapere, un sapere che nel tempo è stato tramandato come indiscutibile.L’umanità con cui anima Gesù, la stessa poi che porta Maria ad un gesto così naturale per una madre, ma che le contaminazioni culturali hanno reso difficile da immaginare legato ad una figura sacra, è reale al punto da spogliarlo della sua santità, contenuta tutta in quell’aureola caduta a terra in basso a destra, e da mostrarlo come un bambino comune. Inoltre, la provocazione ai dogmi religiosi non tarda ad arrivare e non sembra casuale che, a differenza di ciò che avviene per Gesù, Maria porti ancora in testa il simbolo che la lega alla divinità mentre lo sta sculacciando: Ernst rappresenta intatto il segno della santità, di quel Dio padre e portatore d’amore che qui diviene mosso da sentimenti e ire terreni, giudice e castigatore di suo figlio.


http://botequins.wordpress.com/2012/...a-possibili-5/

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