venerdì 15 giugno 2012

Ribellarsi è giusto! L'Italia alla rovina!

di ENZO TRENTIN Le campagne di ribellione politica contro le dittature, compresa quella partitocratica italiota, possono cominciare in molti modi diversi. In passato, queste lotte non erano quasi mai pianificate e nascevano in maniera sostanzialmente accidentale. Anche il ventaglio delle cause scatenanti era piuttosto ampio: un inasprimento delle misure repressive, l’arresto o l’uccisione di personalità di spicco, la penuria di scorte alimentari, la mancanza di rispetto verso un credo religioso oppure l’anniversario di un evento importante. A volte, una singola iniziativa della dittatura ha fatto infuriare la popolazione al punto da aizzare una rivolta di cui nemmeno gli insorti avrebbero saputo prevedere la fine. Altre volte, un individuo coraggioso o un piccolo gruppo hanno compiuto azioni capaci di attirare consenso. Una particolare ragione di protesta, la solidarietà verso qualcuno che ha subito un torto, possono spingere la gente a unirsi alla lotta. A volte, la chiamata alla resistenza da parte di un singolo o di un piccolo gruppo può essere raccolta da una quantità sorprendente di persone. Se la spontaneità presenta qualità positive, spesso è connotata da svantaggi. Di frequente, la resistenza democratica non è stata in grado di prevedere una reazione brutale da parte del regime, con il risultato che i rivoltosi hanno patito gravi sofferenze e il movimento è collassato. In altre occasioni, l’assenza di pianificazione da parte dei democratici ha lasciato al caso decisioni cruciali, con esiti disastrosi. Persino quando il regime è crollato, la mancanza di una strategia per gestire la transizione verso un sistema democratico ha contribuito all’emergere di una nuova dittatura. Pianificazione realistica In futuro, l’azione popolare improvvisata giocherà senza dubbio un ruolo importante nelle rivolte contro le dittature. Tuttavia, oggi è possibile calcolare i metodi più efficaci per abbattere un regime, determinare la maturazione della situazione politica e della percezione popolare e scegliere il momento più opportuno in cui cominciare la campagna. Una riflessione basata su Scelta delle tecniche più efficaci Se si desidera raggiungere un obiettivo, bisogna pianificare le proprie azioni. Più l’obiettivo è importante, o più appaiono gravi le conseguenze in caso di fallimento, e più è importante organizzarsi al meglio. La pianificazione strategica aumenta le probabilità che tutte le risorse disponibili siano mobilitate e impiegate nel modo più efficace. Questo vale soprattutto per un movimento democratico (che dispone di risorse materiali limitate e i cui membri sono in costante pericolo) intenzionato ad abbattere una potente dittatura come quella della partitocrazia che conta un numero elevato di collaborazionisti. «Pianificare una strategia», in questo contesto, significa organizzare una gamma di azioni che partono dal presente per giungere a una situazione futura idealizzata. Nel nostro caso, da una dittatura dei partiti a un futuro sistema democratico che contempli l’effettivo utilizzo degli strumenti per l’esercizio della sovranità popolare. Un piano per raggiungere quell’obiettivo consiste di solito in una serie di campagne successive e di altre attività organizzate e concepite per rafforzare la popolazione oppressa e indebolire la dittatura. Sia chiaro che l’obiettivo non è semplicemente distruggere la dittatura al potere, ma impiantare un sistema democratico basato su strumenti di democrazia diretta di facile e tempestiva attivazione. Una strategia su vasta scala che limiti l’obiettivo all’abbattimento della dittatura in atto corre il grave rischio di originare una nuova tirannide. Quattro concetti importanti nella pianificazione strategica Per ragionare in modo strategico, è necessario fare chiarezza sul significato di quattro concetti fondamentali: disegno complessivo, strategia, tattica, metodo. serve a coordinare e dirigere tutte le risorse disponibili (economiche, umane, morali, politiche, organizzative e via dicendo) di un movimento che vuole realizzare i suoi obiettivi in un conflitto. Il disegno complessivo, concentrandosi sugli obiettivi e le risorse del gruppo nel conflitto, determina la tecnica d’azione più efficace (per esempio la scelta dei vari strumenti della lotta nonviolenta, da applicarsi di circostanza in circostanza) da utilizzare nello scontro. I leader del movimento devono valutare e pianificare quali pressioni e influenze esercitare sugli avversari. Inoltre, il disegno complessivo prevede il calcolo delle condizioni e del momento più opportuno per mettere in pratica le diverse campagne di resistenza. Il disegno complessivo costituisce il sistema di riferimento su cui operare le singole strategie di lotta, oltre a stabilire i compiti specifici da assegnare ai vari gruppi di cui si compone la resistenza, e distribuire delle risorse a loro disposizione. La strategia inscritta nel disegno complessivo, stabilisce il modo migliore per raggiungere obiettivi specifici in un conflitto. Preoccupazione principale della strategia è determinare se, quando e come combattere, oltre a come ottenere una maggiore efficacia nella lotta. La strategia è paragonabile all’idea dell’artista, mentre la pianificazione strategica assomiglia più al progetto di un architetto. Una strategia può comprendere anche gli sforzi per creare una situazione tale da far prevedere agli avversari che uno scontro aperto condurrà alla loro capitolazione, convincendoli perciò alla resa prima di un conflitto. In caso di scontro, poi, il miglioramento della situazione strategica assicurerà comunque il successo. La strategia serve anche a pianificare un buon uso della vittoria, una volta che si è raggiunta. Applicata al conflitto in sé, la pianificazione strategica è l’idea basilare di come si svilupperà la campagna e di come le diverse parti di cui è composto il movimento dovranno unificare gli sforzi per raggiungere nel modo più efficace gli obiettivi preposti, tra cui la disposizione di specifici gruppi d’azione per operazioni più modeste. Pianificare una strategia accurata significa considerare i requisiti per ottenere il successo della tecnica di lotta prescelta. Tecniche diverse hanno requisiti diversi. Certo, il semplice soddisfacimento dei «requisiti» non è sufficiente ad assicurare il successo; potrebbero servire altri fattori. Nell’escogitare delle strategie, i fautori della democrazia devono definire con chiarezza i loro obiettivi e stabilire come misurare l’efficacia degli sforzi per raggiungerli. Ciò permette allo stratega di identificare i requisiti precisi per assicurare ciascuno degli obiettivi stabiliti. La stessa esigenza di chiarezza si applica anche alla pianificazione tattica. La tattica e i metodi di azione sono utilizzati per mettere in pratica la strategia. Con tattica ci riferiamo all’utilizzo sapiente delle forze di una fazione cosi da trame vantaggio in una situazione particolare. Una tattica è un’azione particolare, impiegata per raggiungere un obiettivo particolare. La scelta della tattica appropriata deriva dalla nozione di cosa sia meglio utilizzare, tra i mezzi di lotta disponibili, come supporto alla strategia in una fase particolare del conflitto. Per avere maggiore efficacia, la tattica e i metodi con cui applicarla devono essere scelti senza distogliere mai l’attenzione dal raggiungimento degli obiettivi strategici. I successi tattici che non portano al raggiungimento dei fini strategici rischiano di rivelarsi come uno spreco di energia. Perciò, la tattica deve rientrare in un’azione particolare che corrisponda a una strategia specifica, a sua volta inserita nel contesto del disegno complessivo di cui abbiamo parlato in precedenza. La tattica prevede sempre lo scontro, mentre la strategia implica considerazioni di più ampio respiro. Una tattica particolare può essere compresa solo come parte di una strategia generale in una battaglia o in una campagna. Le tattiche sono applicate per periodi di tempo più ridotti rispetto alle strategie, oppure in aree più limitate (geografiche, istituzionali e cosi via), o praticate da un numero ristretto di individui. Nell’azione nonviolenta, la differenza tra un obiettivo tattico e uno strategico può essere parzialmente indicata dall’importanza minore o maggiore dell’obiettivo in questione. Le azioni tattiche offensive sono scelte per sostenere il raggiungimento di obiettivi strategici e costituiscono lo strumento con cui lo stratega può creare le condizioni favorevoli a sferrare l’attacco decisivo contro l’avversario. Di conseguenza, è fondamentale che la responsabilità di pianificare ed eseguire operazioni tattiche sia complementare alla capacità di considerare il contesto in cui applicarle, e di scegliere dunque i metodi più efficaci per realizzarle. Chi partecipa a tali azioni deve essere addestrato all’uso della tecnica scelta e dei metodi specifici. Il metodo definisce le armi o gli strumenti peculiari dell’azione. Nel contesto della lotta nonviolenta sono comprese decine di forme d’azione particolari: scioperi, boicottaggi, non collaborazione politica e via dicendo. Sono poco meno di duecento le tecniche di azione nonviolenta, classificate in tre categorie principali: protesta e persuasione, non collaborazione e intervento. l metodi di protesta e persuasione nonviolenta sono in gran parte dimostrazioni simboliche, come sfilate, marce e veglie (54 in tutto). La non collaborazione si divide in tre sotto categorie: (a) non collaborazione sociale (16 metodi), (b) non collaborazione economica, compreso il boicottaggio (26 metodi) e gli scioperi (23 metodi), e (c) non collaborazione politica (38 metodi). Le forme di intervento nonviolento attraverso mezzi psicologici, fisici, sociali, economici o politici, come l’occupazione rapida e nonviolenta e il governo parallelo (41 metodi), costituiscono il gruppo finale. Lo sviluppo di una pianificazione strategica responsabile ed efficace per la lotta nonviolenta dipende dall’attenta formulazione e selezione di un disegno complessivo, dalle singole strategie, tattiche e metodi. La lezione che possiamo trarre da questa analisi è che per un’attenta strategia di liberazione dalla dittatura partitocratica italiota è necessario un utilizzo mirato dell’intelletto. Una pianificazione errata può contribuire a generare disastri, mentre un uso efficace delle capacità intellettuali può tracciare un percorso strategico che utilizzerà con giudizio le risorse disponibili per spingere la società verso il traguardo della libertà e della democrazia.

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