mercoledì 30 settembre 2009

L'egittomania del XIX secolo





Figli del Dio del Sole

Mausolei egizi nel cuore del Ticino


Questa mia bizzarra ricerca, ebbe “inizio”, per cosi’ dire, in occasione di un funerale cui partecipai tempo addietro. Dopo la cerimonia, il corteo funebre sfilava lentamente verso il crematorio (il tutto, dimenticavo di precisarlo, si svolgeva nel cimitero di Lugano). L’aria era fredda, il cielo grigio, credo che non fosse ancora marzo.
E’ un vero peccato che gli storici dell’arte non si occupino quasi mai di arte cimiteriale, perche’ i campisanti, spesso, non sono delle fredde sequele di croci di granito, ma, in molti casi, degli eleganti parchi urbani, dove, in piu’, e’ possibile ammirare opere di grande delicatezza scultorea. Tempietti neoclassici si alternano a figure romantiche, piccoli obelischi, stele, e tutta una serie di realizzazioni pregevoli che di certo non hanno nulla ha che fare con la cupezza lugubre di una necropoli…
Ero preso da questi pensieri (e anche, devo dirlo, da un lieve ma fastidioso dolore al collo, dovuto con ogni probabilita’ all’umidita’ invernale di quel mattino), quando, tutt’a un tratto, vidi qualcosa che mi impressiono’ profondamente: proprio’ li’, ai lati del viale, costeggiato da monumenti insignificanti o perlomeno comuni, sicuramente discreto agli occhi di molti passanti ma anche, in un certo modo, risaltante in mezzo a tanti sepolcri di ben piu’ “ortodossa” fattura, ecco spuntare un mausoleo che tutto aveva, tranne che di “cristiano”.
Il tempietto, su cui capeggiava il nome dei Von Almen, era completamente realizzato in stile egizio antico.
La cosa mi sorprese notevolmente, poiche’ mai avevo visto nulla di simile nella nostra regione. Tuttavia, per esigenze di cerimonia, continuai a seguire il corteo, lasciando sfumare la visione di quel mausoleo egizio alle mie spalle, ma non il pensiero di farvi ritorno il prima possibile. Infatti, pochi giorni dopo, appena ebbi occasione (faceva anche piu’ caldo, e il dolore al collo era scomparso) tornai al cimitero, deciso ad indagare meglio quella visione. Portavo con me la mia Nikon digitale, impratichita compagna d’indagine, ormai avvezza a documentare i segreti delle opere d’arte…
Nel labirinto di monumenti, ritrovai quello che mi interessava.
Le due colonne frontali del mausoleo erano ricoperte di geroglifici, i capitelli (come nella piu’ pura tradizione egizia) riproducevano dei fiori di loto, e sull’architrave capeggiava l’effige del Dio Sole, Amon-Râ: un Disco Solare alato. All’interno del mausoleo, oltre una grata, era possibile scorgere una vetrata dal soggetto altrettanto interessante. Si trattava del defunto, raffigurato in vesti di Cavaliere Templare, inginocchiato in un tempio (forse il Tempio di Gerusalemme, dove l’Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo venne fondato?), di fronte ad una colonna-altare. Su quest’ultima, un’effige dell’Occhio Onniveggente di Dio, che, rapportato nel contesto “egizio” del mausoleo, dovremmo chiamare Occhio Udjat di Horus. Il triangolo d’oro in cui e’ inscritto l’Occhio, poi, ricorda molto il sacro piramidion di Heliopolis, la pietra Ben-Ben, che nella concezione egizia rappresentava il Seme del Dio Sole.
«Per gli antichi Egizi, la pietra apicale o piramidion di una piramide o anche l’obelisco fallico (in realta’ una piramide innalzata) rappresentava l’apice delle loro credenze per piu’ ragioni. Per comprendere il significato della piramide dobbiamo ricorrere ai miti della Creazione egizi. Di tutti i miti della Creazione, la versione eliopolitana (…) sostiene che al principio l’Universo era un “vuoto acquoso e senza forma” chiamato Nu o Nun. Dalle acque di Nun emerse una collina fallica, il “monte primordiale”. Questa collina, o monte, e’ la metafora di un vortice energetico, una matrice circolare creata dal proprio centro. Tale mito della Creazione e’, all’origine dell’antico simbolo del Sole egizio, un semplice cerchio con un punto centrale. Alcune tradizioni mantengono l’idea che le acque di Nun circondassero questa “collina” o “monte”, essendo la prima “montagna del mondo”.(…)
Nel mito della Creazione egizio, da questa collina fallica Amon-Râ (…) masturbo’ se’ stesso sino a un orgasmo esplosivo, dando il via con il suo seme alla nascita dell’Universo e creando in esso la vita. (…) La pietra apicale della piramide, che veniva applicata anche a colonne e obelischi (…) veniva chiamata Ben-ben e rappresentava il “seme-punto” della Creazione. In altre parole, il pilastro, o l’obelisco, rappresentava il fallo del Dio supremo Amon-Râ, che personificava il centro-sorgente del cosmo e di tutta la creazione, mentre il Ben-ben alla sua sommita’ rappresentava lo sperma o la “gocciolina seminale” che diede luogo a questa creazione» (da Philip Gardiner e Gary Osborn, “La Pietra-seme della Creazione”, articolo apparso su “Hera”, nr. 73, febbraio 2006).

Nella vetrata, Von Almen era raffigurato nell’atto di pregare con la spada in pugno. Elmo e scudo erano appoggiati sotto l’altare. Sullo scudo (non so se si trattasse dell’armoriale della famiglia Von Almen) era disegnato un leone d’oro, l’ennesimo simbolo di natura solare.
Ora, sara’ pur vero che nell’Ottocento, soprattutto in pieno periodo napoleonico, nei circoli intellettuali e presso le famiglie nobili e altoborghesi scoppio’ una sorta di “egittomania”, ma non credo che questo basti a giustificare la realizzazione di un mausoleo amoniano in terra cattolica, perlomeno da parte di qualcuno che sia di idee radicalmente cristiane. Credo piuttosto che il nostro Von Almen, che decise di farsi seppellire sotto l’egida di Amon-Râ, e di farsi rappresentare in adorazione dell’Occhio Onniscente, fosse ben poco fervente in ambito religioso “tradizionale”, ma che al contrario fosse iniziato a qualche forma di religiosita’ esoterica e filomassonica.
Di simboli massonici, il mausoleo e’ zeppo: l’Occhio Onniscente e’ lo stesso che capeggia nelle logge liberomuratorie come immagine del G.A.D.U. (Grande Architetto Dell’Universo), l’Essere Supremo dei rivoluzionari francesi; il Tempio e’ quell’ideale “Tempio di Salomone” che i Massoni si ripropongono di costruire dentro di loro (sub specie interioritatis, come dicono i dotti), per accogliere la Presenza Divina o Shekhinah; le due colonne sono le celeberrime Boas e Jachin; e per finire, anche la divisa da Templare, ci riporta mentalmente a quell’Ordine dal quale molti credono che la Massoneria stessa sia derivata (un Ordine che solo in origine era cristiano, ma che ben presto divenne ricettacolo di filosofie esoteriche).
La conclusione che Von Almen fosse un Massone, o perlomeno un Iniziato di qualche confraternita ermetica, e’ tratta soltanto dall’esegesi artistica del mausoleo, ma non mi e’ stato possibile trovare alcun documeno a riguardo. L’unico altro accenno alla famiglia Von Almen l’ho trovato in Collina d’Oro, e piu’ precisamente nella via crucis della Chiesa di St. Ambrogio a Barbengo (Chiesa ove, fra l’altro, si trovano alcuni interessanti simboli ermetici fra cui il Disco del Sole). A dire il vero, questo e un altro riferimento, rinvenuto “googlando” (a quanto pare il termine e’ entrato recentemente a far parte del vocabolario), che tuttavia non e’ di alcun aiuto nel merito di questa ricerca. E’ l’estratto di un articolo di Christoph Zürcher, che riporto qui di seguito per dovere di completezza:
«Von Almen: famiglia di albergatori originaria di Lauterbrunnen. Gli Almen ebbero un ruolo di primo piano nello sviluppo del turismo nell’Oberland bernese. Christian (1815-1882), gestore della locanda Steinbock a Lauterbrunnen, e sua moglie Margherita Heim (1822-1899) aprirono nel 1888 il Trümmelbachhotel. L’albergo sorgeva nei pressi delle cascate del Trümmelbach; nel 1913 la nuora di Christian, Margarita Von Almen-Hirni, vedova di Friedrich Werner (1855-1895), e suo figlio Fritz (-> 1) resero accessibili ai visitatori le cascate. Nel 1926 Fritz rilevo’ i due alberghi della Piccola Scheidegg, appartenuti fino ad allora ad Adolf Seiler, suo suocero; a partire dal 1937 egli si occupo’ pure, quale gerente, dell’albergo sulla Wengernalp, di cui divenne proprietario nel 1958. Suo figlio Fritz (1918-1974) prosegui’ nella conduzione dei due alberghi della Piccola Sheidegg, che nel frattempo erano stati riuniti in un’unica azienda. Il figlio di quest’ultimo, Kaspar (* 1926), dal 1964 al 1971 sindaco di Lauterbrunnen, rilevo’ dapprima il Trümmelbachhotel e, nel 1962, l’albergo sulla Wengernalp» (da www.hls-dhs-dss.ch).

Nei mesi successivi, il pensiero del mausoleo solare di Von Almen continuo’ a frullarmi per la mente. Naturalmente, non potevo fare a meno di pensare a gruppi quali la Massoneria di rito egizio fondata dal Conte di Cagliostro, che molto influenzo’ anche le opere del massone Wolfgang Amadeus Mozart (vedi “Il flauto magico”…), all’Ordine Massonico Orientale del Rito Antico e Primitivo di Memphis e Misraïm (nel cui emblema figura proprio il Disco Solare alato), o ancora a quei misteriosi “Fratelli di Heliopolis” cui sono dedicati i libri dell’Alchimista francese noto con lo pseudonimo di Fulcanelli. Il Disco Solare alato di Amon-Râ figura anche nell’emblema dell’A.M.O.R.C., Antico Mistico Ordine della Rosa+Croce, e piu’ in generale, lo troviamo come simbolo divino molto diffuso in campo ermetico, un campo della mistica e della filosofia che da secoli cerca di astrarre l’idea di Dio dalla tradizionale raffigurazione dell’anziano barbuto che siede su un trono di nubi, e insomma recuperarne una visione “archetipica” (il Disco Solare alato, ricordiamolo, e’ uno dei simboli divini piu’ diffuso presso le antiche civilta’, dalla Mesopotamia all’America precolombiana, passando per la Persia e l’Egitto…) e quindi “aconfessionale”. Un’immagine che ci riporta, come anche l’Occhio Onniveggente, ad una visione universale e sincretica di Dio, trascendente le singole religioni, di cui hanno egregiamente e piu’ che diffusamente parlato grandi studiosi come J. Campbell, F. Shuon, A. Elenjimittam, C. G. Jung…

Le sorprese non erano finite. Qualche tempo dopo mi trovavo a Morcote per un’escursione domenicale. Il clima era decisamente piu’ mite, niente di meglio per visitare un sito artistico e paesaggistico splendido come la Chiesa parrocchiale del comune, che si erge maestosa sul fianco del monte. Una bellezza che, come ogni bellezza che si rispetti, costa fatica: in questo caso una lunga, lunga scalinata…
Dal fortunato posteggio sul lungolago raggiunsi in due passi il nucleo storico del borgo, e da li’ presi la stradina che conduce verso la Parrocchiale. Qualche tappa lungo la scalinata, una vista strepitosa sul Ceresio (che quel giorno era di un blu perfetto), fioriture ai lati del sentiero, concerto di uccelli canori.
La Chiesa di Morcote e’ uno dei siti turistici ticinesi piu’ visitati, ma, solitamente, e’ proprio con la Chiesa che finisce il percorso dei turisti, i quali raramente si spingono oltre, di poche decine di metri. Poche decine di metri, in direzione nord-est, proprio dietro la Chiesa, si trova il cimitero di Morcote. Un cimitero dove sono stati inumati importanti personaggi della cultura, in uno scrigno verdeggiante aperto sulle montagne orientali.
Per mia natura mi spingo oltre al percorso dei turisti: uscii dalla Chiesa, scendendo qualche scalino, attraversai un sentiero acciottolato, ed eccomi giunto all’ingresso del cimitero. Sull’architrave faceva capolino Uroboro, il Serpente ermetico che divora la propria coda.
Oltrepassata questa soglia, camminai fra le aiuole fiorite. Nel cimitero non c’era nessuno. Meglio, ho sempre preferito visitare in solitudine i luoghi d’arte. La solitudine ti permette di cogliere sfaccettature segrete.
Con mia grande sorpresa, volgendo lo sguardo verso il fianco del monte, in una parte superiore del camposanto (il quale e’ costruito su terrazzamenti), vidi un altro mausoleo dedicato al Dio Sole. Un altro mausoleo realizzato interamente in stile egizio antico. Ancora il Disco di Râ, ancora le colonne che culminano a fior di loto… ma l’iscrizione, questa volta, recava il nome dei Baklanoff.
Guardai il lago, meditando. Evidentemente, quella di Von Almen non era l’eccentrica trovata testamentaria di un anziano Massone… Qualcun altro, di cui non sapevo nulla, aveva predisposto di essere sepolto in un minuscolo tempio solare egizio in terra ticinese. Baklanoff.
Ancora una volta, tutto lasciava pensare ad un Iniziato, eppure non sapevo nulla di questo tale, tranne che aveva rinunciato alla croce, o a qualsiasi altro simbolo cristiano per la sua tomba, in favore di una simbologia di alta sacralita’ nell’ambito di una religione ormai scomparsa.
Per inciso, vorrei ricordare che il culto solare eliopolitano, oltre che a venerare il Sole come “aspetto visibile del Dio invisibile” e “Demiurgo” che «lega insieme il cielo e la terra, facendo precipitare verso il basso l’essenza e innalzando verso l’alto la materia, traendo a se’ tutte le cose e donandole poi spontaneamente a tutti, diffondendo su tutti generosamente la sua luce» (“Corpus Hermeticus”, XVI,5); era volto ad onorare il Sole Interiore, ossia al principio o scintilla divina insita nell’uomo, quel Sole Interiore (Intelletto, Nous) di cui parla ogni antica filosofia gnostica, e che rende l’Uomo immagine microcosmica del Sole stesso (cfr. “Corpus Hermeticus”, XI,15).

Notai che, mentre il mausoleo di Von Almen aveva una struttura cubica, quello di Baklanoff aveva la forma di una piramide spezzata (o meglio incompiuta), altro simbolo molto caro alle logge liberomuratorie, che ritroviamo, come e’ noto, sulle banconote da un dollaro. La piramide spezzata, cioe’ ancora priva del sacro piramidion o pietra Ben-ben.
Nei mesi successivi cercai in rete il nome “Baklanoff”. Il motore di ricerca si rivelo’ piu’ efficace di quanto non fosse stato nel caso di Von Almen:
«Georges Baklanoff (* 18.1.1882 San Pietroburgo, † 6.12.1938 Basilea). Cittadino russo, dal 1917 cittadino americano. ∞ (1928) Anne Gebhard, di Ludwigshafen (D). Dopo aver studiato diretto a Kiev, prese lezioni di canto da Martin August Petz a Kiev, da Ippolit Petrovic Pryanisnikov a San Pietroburgo e da Vittorio Vanzo a Milano. Debutto’ a Kiev nel 1903, poi canto’ al Bolscioi di Mosca nelle prime mondiali delle opere di Sergej Rachmaniov “Il Cavaliere avaro” e “Francesca da Rimini” (1906). A partire dal 1910 fu scritturato e ospitato da diversi teatri europei e americani. Si esibi’ frequentemente in Svizzera; dal 1912 al 1938 fu ospite fisso dello Stadttheater di Basilea. Interprete di straordinaria suggestivita’, con una voce baritonale potente e dal timbro sicuro, si produsse nei ruoli di Escamillo (Carmen), Mefistofele (Faust), Iago (Otello), Amonasro (Aida), Rigoletto, Tonio (Pagliacci), Boris Godunov, Scarpia (Tosca) e Don Giovanni a Basilea, Berna, Lucerna e Zurigo; dal 1932 visse a Basilea» (da http://www.hls-dhs-dss.ch/).
Alcune immagini del baritono (unitamente al suo repertorio) si trovano nel sito http://www.morcote-musica.ch/.

Da quel giorno, quando mi capitava di vedere dalla strada un camposanto vicino ad una Chiesa, mi era impossibile fare a meno di lanciare un’occhiata oltre il muro di cinta, cercando si scorgere qualche elemento “egizio” che completasse il misterioso puzzle, o perlomeno che lo ampliasse, che definisse meglio quei tratti appena accennati, dando un contorno al disegno, facendomi comprendere.
Se ora mi aspettavo di trovare altri mausolei egizi simili a quelli di Von Almen e di Baklanoff, di certo non mi sarei mai aspettato cio’ che trovai in seguito! Dopo una visita a Caslano (parliamo dell’inverno successivo alla prima “scoperta”), proprio prima di mettere piede in macchina e ripartire, sul tardo pomeriggio, vidi qualcosa stagliarsi al di sopra del muretto che circondava e delimitava il camposanto del comune. Cercavo qualcosa di “egizio”, ma quello che vidi era veramente al di sopra delle mie aspettative, tanto che inizialmente pensai di essermi ingannato. Purtroppo ero di fretta, percio’ scrissi un promemoria nel telefonino, e tornai a Caslano qualche settimana dopo.
La “cosa”, che avevo intravvisto la volta prima, era nientemeno che la punta di una piramide. So che sembra assurdo che tutto cio’ che descrivo si trovi in Ticino, eppure si tratta di monumenti che sono sotto gli occhi di tutti, a saper guardare.
Entrai nel camposanto, con il dubbio che quella “punta di piramide”, in realta’, potesse essere qualcos’altro. Oltrepassando un gruppo di tombe e mausolei “classici”, arrivai di fronte alla “cosa”. La “cosa” era veramente una piramide in stile egizio (che molto richiamava l’emblema del Grande Oriente d’Italia). Non solo: un frontone, su cui vidi l’ormai consueto simbolo di Amon-Râ, testimoniava del legame stilistico-simbolico-concettuale di quel mausoleo con gli altri scoperti precedentemente.
Questa volta si trattava del luogo di sepoltura di Elvezio Vicari. Di lui, a tutt’oggi non ho trovato alcuna informazione. Soltanto il mistero, l’enigma della Sfinge, la Sfinge che Elvezio Vicari ha voluto far scolpire alla base della piramide, per sigillare il suo segreto. Con ogni probabilita’, il volto della Sfinge altro non e’ che quello di Elvezio Vicari stesso…
La Sfinge si trova sul lato destro (per l’osservatore) della piramide. Sul lato sinistro, la scultura di una donna (una Dea Iside-Conoscenza?), osserva malinconica e altrettanto silenziosa la porta del mausoleo.
Due stele bianche, su entrambi i lati della piramide solare, recano invece immagini spiccatamente cristiane: si tratta, con ogni evidenza, di grossolani tentativi posteriori di “cristianizzare” un monumeno che di cristiano ha ben poco, probabilmente da parte dei discendenti di Elvezio Vicari, i quali, naturalmente, non potevano comprendere lo spirito iniziatico e l’alta sapienza massonica che aveva ispirato il progetto di quel mausoleo amoniano. La posteriorita’ cronologica delle stele cristiane e’ palesata non solo dall’utilizzo di un diverso materiale e stile artistico, ma anche dalla lampante disarmonia con il resto del monumento.
La piramide e la Sfinge di Elvezio Vicari non potevano che richiamarmi alla mente un’illustrazione di Julien Champagne: “La Sfinge protegge e domina la Scienza” (laddove si intende la Scienza alchemica), realizzato dal disegnatore francese per il libro di Fulcanelli, “Il Mistero delle Cattedrali”. Un’allusione alle conoscenze ermetiche del Vicari?

Avevo scoperto tre mausolei di stile egizio in terra ticinese. Tre effigi di Amon-Râ nei dintorni del Lago Ceresio. Tre monumenti di chiara ispirazione esoterica eretti tutti dal Settecento ai primi del Novecento, cioe’ l’epoca dell’origine e del massimo sviluppo della Massoneria in Svizzera. Avevo un monumento cubico (Von Almen), uno a piramide spezzata (Baklanoff) ed una piramide compiuta (Vicari), cioe’ le “tre forme sacre” della pietra massonica nonche’ tappe fondamentali dell’erezione di una piramide: squadratura della pietra, edificazione del parallelepipedo trapezoidale o tronco di piramide, posa del piramidion o pietra appuntita di coronamento…

Il quarto mausoleo amoniano lo trovai a Maroggia. Era il monumento funebre di Aldo Sormani. Fino ad oggi rimane l’ultimo mausoleo del suo genere che ho scoperto.
In questo caso i capitelli delle due colonne sono decorati non con petali di fior di loto, bensi’ con teste dalla tipica acconciatura egizia (parrucca e barba posticcia). Lo stile generale della costruzione ricorda la cosiddetta “sala egizia” della Freemason’s Hall di Filadelfia: anche i particolari capitelli sono analoghi a quelli che, nella loggia americana, si trovano ai lati del seggio del Gran Maestro.
Troviamo anche delle interessanti figure mitologiche sbalzate sul ferro battuto della grata, con testa di falco-Horus, corpi e ali (che possono essere si’ di falco, ma anche di avvoltoio, animale sacro a Iside) e coda che termina con un capo di cobra-Ureo; figure che ricordano, in un certo modo, alcuni ibridi cari alla tradizione gnostico-ermetica alessandrina… Questa volta, vicino al mausoleo, troviamo un obelisco: nuovo riferimento al mito egizio della creazione, al culto solare e alla sacra pietra Ben-ben.
Anche su Aldo Sormani non mi e’ stato possibile reperire alcuna notizia storica.

A questo punto e’ possibile, anzi probabile, che in Ticino, o perlomeno nell’area del Ceresio, esistano altri mausolei “egizi”, altri scrigni di conoscenza perduta, altre testimonianze di una religiosita’ e di una fede escatologica non convenzionale e dimenticata, che tuttavia ha animato piu’ persone e in piu’ luoghi nei tre secoli passati. E non credo che si tratti di “neopaganesimo” come potrebbero pensare alcuni, bensi’ di una nuova consapevolezza e di un nuovo modo di guardare alla religiosita’ degli antichi, e di ricercarvi, e scoprirvi, al di la’ dei simboli, dei messaggi spirituali di valore immutato nei millenni. Quella “misteriosa sapienza dell’antico Egitto” di cui hanno scritto C. Jacq, R. A. Schwaller De Lubics, e altri grandi maestri della saggistica contemporanea. Dei messaggi che riguardano il Sole Interiore, e non l’astro che cosi’ viene chiamato…
«Sol Invictus, Sole Invitto, poiche’ scomparso alla sera, sembra rinascere ogni mattina. Il Sole mitico e’ rappresentato da simboli luminosi quali l’oro, il leone, l’aquila, il gallo e il principio reale, la corona, nella societa’ umana. Oltre al principio vitale, il Sole manifesta anche il principio della nascita, della morte e della rinascita. D’altra parte, la sua Luce calda, cioe’ la Conoscenza attiva, uccide i mostri delle tenebre e illumina gli eroi e quelli che sormontano le prove della vita come quelle del percorso iniziatico. Simbolicamente, il Sole illustra lo spirito e la coscienza che si aprono all’universale» (da J. B., “Dictionnaire Illustré de la Franc-Maçonnerie”).
Pubblicato da Sebastiano B. Brocchi

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