Il luogo ove oggi sorge Cesi era già abitato da popolazioni di origine umbro-sabina già cinque secoli prima di Cristo, e ospitava sulla vetta di Torre Maggiore un santuario; nel 295 a.C. con la battaglia di Sentino, Roma sconfisse le popolazioni umbre, anche dopo la conquista Romana l’area di culto di monte Torre Maggiore continuò ad avere un ruolo di primo piano nella centralità dei riti religiosi dell’Umbria meridionale, tanto che era collegato da una strada di grande importanza conosciuta come “Carre Sale“.
Dell’antica Clusiolum rimangono imponenti testimonianze.
Appena sotto l’attuale abitato, lungo strada della Pittura, si trova un tratto consistente di mura costituite da grandi massi tenuti insieme senza materiale cementizio.Su uno di essi è scolpito un fallo, ritenuto simbolo della fertilità.All’interno dell’attuale abitato di Cesi sono presenti resti di mura poligonali, il più imponente funge oggi da terrazzamento per la soprastante chiesa di Santa Maria Assunta.
Di notevole interesse archeologico è il sito di Sant’Erasmo, a 890 m s.l.m., qui rimangono resti di gigantesche mura poligonali, che
Questo luogo ha nel tempo ospitato la rocca medievale di Cesi e successivamente la Chiesa di Sant’Erasmo.
Ma il ricordo più importante degli Umbri si trova sulla vetta, a 1121 m .. ove rimangono i resti di due santuari di Torre Maggiore.
Furono i più importanti centri di culto dell’Umbria meridionale.
Il loro culto fu attivo, con probabilità, fino agli inizi del IV secolo d.C..Il tempio principale del santuario è il più antico.
Dell’impianto primitivo, attestato essenzialmente da materiali votivi rimane una fossa pressoché circolare in cui si immette un canaletto; ambedue sono scavati nella roccia e risultano in parte sottostanti alla successiva struttura templare.
I resti del podio del tempio principale e più antico si elevano al centro del complesso.Era orientato secondo l’asse Est-Ovest e preceduto da un pozzetto votivo, in cui sono stati rinvenuti soprattutto bronzetti schematici di figure umane virili.
La grande costruzione è perfettamente rettangolare, di dimensioni approssimative 13,50 x 8,30 m, costituita da grandi massi di blocchi di pietra calcarea in opera quadrata, caratterizzati da un elevato grado di lavorazione.Tutt’intorno, una serie di locali per il ricovero dei pellegrini, i laboratori per la produzione di ceramiche ed ex voto, e altri locali di servizio.
L’altro tempio, di dimensioni analoghe al principale, ma non in asse con esso, presumibilmente riferibile all’età repubblicana.
Il luogo subì un progressivo e lento abbandono, con persistenza del culto pagano anche dopo l’affermazione del Cristianesimo; infatti, il materiale di scavo attesta la frequentazione del tempio almeno fino all’inizio del IV secolo d.C..
In prossimità del solstizio d’estate, nella notte del 24 giugno, la costellazione dell’Orsa Maggiore cade a perpendicolo sulla cima del Torre Maggiore, che rispetto al ciclo delle stagioni segnalava l’affermarsi dell’estate e dava inizio ai rituali propiziatori di fertilità, così importanti per l’antica civiltà umbra, basata essenzialmente sull’agricoltura e sulla pastorizia. Da questo santuario principale, tramite l’accensione di un grande fuoco, si trasmetteva il segnale del passaggio di stagione a tutta la Bassa Umbria e alla vicina Sabina, tramite gli altri santuari minori posti sulle alture circostanti, come quello di monte San Pancrazio a Calvi. Il panorama spazia infatti a 360° dalla valle spoletina, alla catena dei monti Martani, alle colline verso Todi e Amelia, alla conca ternana, fino ai monti Sabini e oltre.
Poi, l’Illuminismo e i moti rivoluzionari che seguirono, a parte i danni subiti dalla Chiesa, diedero un colpo di grazia ai culti agrari dell’antico paganesimo, che nell’arco di pochi decenni degenerò, soprattutto per merito della persecuzione ecclesiastica, in superstizione e stregoneria popolare.
Chiudiamo, al di là delle ricostruzioni storiche più o meno condivisibili, con un suggestivo racconto, rivelatore forse del più autentico Genius Loci di queste montagne: “Qualcuno mi ha confessato che quando il giorno si sente alquanto depresso per motivi a lui ignoti e quindi inspiegabili, nella notte si reca sulla montagna di S. Erasmo e sale sopra un leccio per sedersi al primo incrocio di rami. Il che avviene tutto automaticamente come per predisposizione. Da qui guarda a lungo la Valle con tutte le sue luci sparse, piccole come tenui lucciole, poi comincia a fissar lo sguardo nel cielo, sia esso limpido o nuvoloso, finché non si sente assorbito in esso perdendo ogni sensazione del corpo. Dopo molto … ha un recupero di sensibilità fisica e scende dall’albero. Per un lungo periodo di tempo si sentirà sempre ‘in forma’ e vigorosamente rigenerato. … Che su queste montagne si ricevano sensazioni di benessere e rinvigorimento dovute agli astri in cielo che vi proiettano i loro influssi positivi, è indubbio per questi giovani. Il ‘che’ accettano con convinzione senza troppo scavare col ragionamento.” (M. Farinacci, Mentalità Ternana Celto Pagana, Terni 1991, p. 12).