Come noto, una scena di un film si definisce “Cammeo” per indicare una breve recitazione da parte di qualche grande star, realizzata per arricchire la struttura narrativa o il prestigio dell’opera. Una parola che indica quindi un capolavoro contenuto in un piccolo spazio.
In questo caso, abbiamo uno dei più preziosi cammei al mondo. Realizzato con una pietra bellissima chiamata sardonica. Una pietra traslucida fatta di strati ambrati con tonalità calde che si manifestano con striature delicate.
Un gioiello di queste dimensioni è preziosissimo già solo per la materia prima. Lo è ancor di più per la qualità della lavorazione, svolta peraltro su due facce; ed infine, vista l’antichità del manufatto, lo si può considerare un pezzo unico, se si considera che ha attraversato millenni di storia giungendo sino ai nostri giorni intatta.
Solo i grandi sovrani o i satrapi orientali potevano permettersi un oggetto così prezioso e raffinato.
La sua funzione era quella di tazza o meglio, di patera per libagioni rituali. Quest’oggetto fu commissionato da Tolomeo VIII nel II secolo a.C.
Sul retro c’è la testa di Medusa raffigurata come in uno scudo, l’Egida.
Secondo Ovidio, Medusa fu punita da Atena per aver giaciuto con Poseidone. Coloro che incrociavano il suo sguardo erano tramutati in pietra, così, la sua testa mozzata da Perseo fu inserita nello scudo di Atena.
I capelli di Medusa, tramutati in serpenti ricordano l’Ureo dei faraoni pre-tolemaici, pertanto una rappresentazione sincretica, fra le tante, che intendevano coniugare le divinità della cultura greca con quelle egizie.
Sul fronte, nella parte superiore, vediamo due geni tutelari che svolazzano trionfalmente portando la gloria nella rappresentazione simbolica della famiglia Tolemaica. I geni hanno le sembianze dei figli di Tolomeo VIII, ovvero i futuri Tolomeo IX e X.
A sinistra il fiume Nilo nelle sembianze umane che regge una cornucopia simbolo di abbondanza, mentre la destra poggia su un sicomoro, un legno che si riteneva inattaccabile dai tarli quindi emblema di eternità.
Al centro vediamo un giovane muscoloso, Trittolemo, a cui Demetra, dea della fertilità, insegnò la coltivazione del prezioso grano, di cui l’Egitto era uno dei maggiori produttori mediterranei.
A destra due ancelle semidistese con il seno scoperto.
Anch’esse hanno le sembianze delle figlie di Tolomeo VIII, ovvero Cleopatra IV e Cleopatra Trifena. Sono le raffigurazioni delle stagioni.
La prima guarda la sua immagine specchiata dentro una tazza colma d’acqua: è il simbolo della stagione delle piogge. La seconda fanciulla ha, come la figura del Nilo, un’altra cornucopia che regge ad indicare la stagione dei raccolti.
Nella parte estrema in basso si vede una Sfinge. Nel volto sono raffigurate le sembianze del sovrano committente.
Con questo escamotage l’artista o colui che decise il programma iconografico evitò di rappresentare l’enorme mole di Tolomeo VIII il cui soprannome era “Fiscone” che significa appunto obeso.
Sopra la Sfinge/Tolomeo VIII una figura femminile sta seduta poggiando il gomito sulla grande testa della Sfinge stessa. È la regina prediletta di Tolomeo, Cleopatra III.
Ha la fascia regale, i boccoli e, sulla sua veste ha un nodo fra i seni, per evidenziarne la forma. Questi sono i simboli attributivi di Iside dea egizia della fertilità. Con la destra regge un fascio di spighe, simbolo invece che la collega a Demetra, evidenziando così il legame fra tradizione egizia e greca.
La tazza è quindi una vera e propria rappresentazione emblematica e celebrativa del potere politico nell'Egitto ellenico espresso in chiave simbolica.
Questo meraviglioso oggetto non solo viaggiò nel tempo ma anche nello spazio. L’estrema preziosità della tazza fu oggetto di desiderio da parte dei personaggi storici più importanti dei loro tempi.
Anche per questo, vederla nello splendido Museo Archeologico di Napoli è un’emozione enorme.
In origine, fece parte del tesoro dei sovrani tolemaici. Con la vittoria di Ottaviano ad Azio su Antonio e Cleopatra, la tazza fu portata dall’Egitto a Roma, per entrare nel tesoro di Augusto. Da lì poi a Costantinopoli, il nuovo grande centro di potere romano dell'Impero orientale.
Vi risiederà sino al sacco della città da parte dei “crociati” veneziani nel 1204. La si ritroverà quindi alla corte di “Stupor mundi”, Federico II, dal XII secolo per passare, dopo la caduta degli Svevi, nel tesoro degli Aragonesi. Ci sono anche tracce di un suo passaggio a Samarcanda per ricomparire nella Roma dei papi nella “restauratio urbis” a metà del XV secolo. Poi fu acquistata da Lorenzo il Magnifico prima di passare alla collezione di Paolo III Farnese da cui prese il nome e nella quale rimase definitivamente.
Chissà cosa direbbe se potesse parlare…
Insomma, un pezzo d’arte magnifico, un vero e proprio gioiello “viaggiatore” nel tempo pervaso di bellezza e dell'emozione della grande Storia.
(Roberto Cafarotti)
Tazza Farnese II secolo a.C.
Cammeo in agata sardonica. Diam. 20 cm - Museo archeologico nazionale di Napoli.