domenica 15 agosto 2010

I CELTI E LA VENERAZIONE DELLA NATURA

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Nell'umanità è insito un desiderio innato di accostarsi ai fenomeni naturali con timore reverenziale. L'originaria credenza di percepire un segno soprannaturale in ogni manifestazione fa in modo che ogni elemento della Natura sia un'espressione diretta del potere divino.
L'antico popolo dei Celti, originari della Germania meridionale, considerava la Natura meravigliosa e con poteri straordinari: non rappresentava, infatti, soltanto il mondo quotidiano, ma era identificata anche come una madre potente, talvolta generosa e talvolta crudele, che appariva in forme diverse, trasformandosi continuamente dall'una all'altra senza leggi e schemi.La Natura, dunque, era una divinità con l'attributo di modificarsi e identificarsi in molteplici fenomeni. Una forza permeava la Natura: ogni essere animato ed inanimato aveva una sorta d'anima magica ed era invaso da spiriti sia malvagi, sia benevoli.
I Celti, che erano dediti alla coltivazione e all'allevamento, veneravano la Grande Madre Terra ("Don", "Dona", "Danu" o "Anu" nei diversi linguaggi delle popolazioni celtiche), che, secondo la leggenda, sedeva sul trono collocato nella costellazione circumpolare di Cassiopea.Grande Madre Terra, considerata progenitrice di tutte le genti, se unita al dio della tribù, rappresentava il legame stretto tra il popolo ed il suolo fertile e generoso. Un elemento venerato in forma divina era l'acqua, ora compiacente, ora implacabile, il cui mormorio ricordava una voce misteriosa, che proveniva dal profondo della Terra. Senza l'acqua, inoltre, non era possibile la vita: soltanto dove c'era acqua in abbondanza la tribù poteva stabilirsi. Se adeguatamente trattata con incantesimi, essa era utile per trarre profezie. E non solo: essa rappresentava fecondità e sacralità, simbolo di purificazione e guarigione. Innumerevoli sono le leggende su fonti sacre e guaritrici. I Druidi (sacerdoti depositali della verità e della saggezza, custodi della sapienza e delle tradizioni popolari celtiche) utilizzavano l'acqua lustrale, ossia l'acqua in cui veniva spento un tizzone preso dall'altare dei sacrifici (considerati come la metamorfosi tra la vita e la morte ed erano il mezzo per la rinascita nell'aldilà), per allontanare i malefici e la cattiva sorte. Per i Celti, l'acqua era strettamente collegata al fuoco, entrambi considerati i due elementi primordiali. I Druidi sostenevano che alla fine del mondo avrebbero regnato soltanto acqua e fuoco, mentre tutto il resto sarebbe scomparso. Ciò che profondamente impressionò il popolo celtico e destò timore reverenziale fu la presenza delle montagne, soprattutto se inaccessibili e coperte di neve. Il culto dei monti era stimolato dalla percezione che il terreno fosse stato sospinto verso l'alto da una forza interna, che incurvava il suolo piatto, opera di una forza divina. Non a caso, infatti, i templi celtici erano siti sulla vetta incontaminata di monti sacri, ritenuti luogo eletto per manifestazioni divine, oppure nelle ombrose foreste. Un altro mondo, per l'appunto sacro per eccellenza per i Celti, era il bosco montano. Assai particolare, infatti, fu la venerazione degli alberi. La perdita autunnale delle foglie e la rinascita in primavera fornivano la prova dell'indistruttibile energia vitale della Natura. E più sorprendenti ancora erano certamente gli alberi sempreverdi: anche nella stagione invernale davano prova dell'invincibile potere della Natura.
L'albero sacro era la quercia, il cui legno era usato nei fuochi per il suo lento e duraturo ardere. Anche il vischio che cresceva sulle querce aveva proprietà magiche e curative, giacché, non avendo radici a Terra, era considerato un dono degli dei direttamente dal cielo. Il nome celtico della quercia "Duir" significava "porta, ingresso" ed essa rappresentava l'ingresso nel mondo delle verità soprannaturali.Interessante è notare come i Druidi andavano alla ricerca della sacra pianta del vischio, considerato una potente protezione contro ogni tipo di forza maligna, con particolari riti: vestiti di tuniche bianche si arrampicavano sull'albero, per raccoglierlo con particolari movimenti, separandolo dalla quercia con un coltello purificato.Il vischio doveva essere tagliato soltanto ad una particolare fase della Luna, normalmente all'inizio dell'anno, e i Druidi lo potevano cercare solo dopo aver avuto una visione che li conduceva direttamente alla pianta da raccogliere.Non avere visioni per un lungo periodo di tempo e la caduta spontanea del vischio sul terreno erano ritenuti cattivi presagi che avrebbero portato sventura.
II nocciolo era considerato, invece, l'albero della sapienza: mangiare i suoi frutti accresceva la conoscenza. Secondo una leggenda, presso un bosco di noccioli si trovava una sorgente nella quale vivevano cinque salmoni che si nutrivano delle nocciole provenienti dal bosco sacro. Erano i salmoni della sapienza e colui il quale sarebbe riuscito a cibarsi di uno di essi avrebbe conseguito un gran sapere. Inoltre, il legno di nocciolo era utilizzato in rituali notturni per garantire fertilità alle donne. I Druidi per cerimonie magiche e divinatorie usavano legno di nocciolo, tagliato soltanto in una notte di luna piena e per di più doveva essere giovane e in fase di crescita, al fine di conservarne a lungo il proprio potere.
Il salice aveva anch'esso un ruolo molto importante nel mondo druidico ed era connesso al dono della profezia. Era, inoltre, usato durante il rituale della vestizione con pelli d'animali al fine di raggiungere un più profondo contatto con la Natura e i suoi poteri.
Tra i frutti, invece, è stato tramandato che la mela regalava l'immortalità, poiché era simbolo del Sole se tagliala a metà orizzontalmente mostrava la stella a cinque punte.
Il mondo celtico evoca un decorso vitale in piena armonia con la Natura, la cui profonda conoscenza è presupposto di un'affascinante attrazione. La popolazione celtica, custode di ritmi, di valori e di conoscenze perdute forse per sempre, è messaggera di un universo d'assoluta armonia, che seduce al punto da scatenare l'interesse nei segreti della magia, nascosta forse nell'io personale più recondito. Imparare a comunicare con le foreste, ad esempio, è una via per la conoscenza profonda di se stessi, che quasi impaurisce, poiché custode di segreti ancestrali, di fantasmi personali, di mistici vincoli. Il popolo dei Celti rappresenta ciò che l'umanità non è più e che forse allo stato attuale ha paura di riscoprire, negando la veridicità.

Dell'amica Rosa Maria Mistretta

1 commento:

Milo Boz ha detto...

Gran bel post! Ho cercato attinenze col mondo religioso dei paleoveneti e qualcuna l'ho trovata. Il culto per l'acqua, ad esempio.