giovedì 30 aprile 2009



Tratto dal quotidiano Repubblica

Primo maggio, palio di cuccagna guitti e leccornie da Medio Evo
di Claudio Rendina

Alle origini della festa del lavoro nell´antica Roma ci sono le celebrazioni del risveglio della natura, le Floralia, perché dedicate alla dea Flora. Ma è all´epoca di Cola di Rienzo che la ricorrenza esplode: le "sassaiole" a Campo Vaccino, il ballo in piazza San Marco, il maiale dei principi Colonna
Alle origini della festa del lavoro di giovedì primo maggio nell´antica Roma ci sono le celebrazioni del risveglio della natura, le Floralia, perché dedicate alla dea Flora. Celebrate con ogni sorta di divertimento, iniziavano il 28 aprile e culminavano nelle calende di maggio in baccanali con una finalità erotica. Il cristianesimo eredita le Floralia in riferimento ad una festa più pura della natura in fiore, ricollegandola a ricorrenze legate alla Vergine, ma con scarso seguito di fronte ad una affermazione nel Medio Evo del palo di maggio. Che diventa appunto il simbolo della festa del primo maggio in tutte le città, come esplosione della natura che si rinnova e della giovinezza. E il simbolo è l´Albero di Maggio appunto, o semplicemente il Maggio, una specie di palo della Cuccagna, simbolo della vegetazione che si rinnova ogni anno.

Ma la festa non ha una cultura di fondo gentile a Roma, dove diventa una rappresentazione grottesca, quasi una caricatura, e i sorrisi tutta gaiezza si trasformano in « «risate scrocchiarelle» « e « «boccacce da fa´ p´er gran morì da ride´, scoppià er gracile». Una descrizione di grande efficacia di questa festa romana è nell´opera intitolata Maggio romanesco, scritta nel 1688 da Giovanni Camillo Peresio, e illustrata più di un secolo dopo da Bartolomeo Pinelli. Il poema, col sottotitolo Il Palio Conquistato, è il racconto della lotta accanita, e per lo più comica, tra i bulli dei diversi rioni per la conquista dell´ambito premio. Ambientata nella Roma di Cola di Rienzo, la festa racconta le spacconate del bullo monticiano Jacaccio contro il campione trasteverino Titta. E la vicenda culmina in una furibonda "sassaiola" a Campo Vaccino, che coinvolge bottegai e bancarellari, una vera e propria guerriglia a base di tegami, con tanto di cocci e teste rotte.

Altro irrinunciabile appuntamento di questo giorno era il "ballo de li guitti", che si teneva in piazza San Marco di fronte alla statua parlante di Madama Lucrezia, tutta "impimpinata" per l´occasione. C´erano ballerini di ogni tipo: certe "pacioccone de li Monti, sciarmante davero", ma anche "certe gamme a ìcchese e certi gobbi e gobbe, che a vedeje ballà er sartarello, dice ch´era un morì da ride". La festa del Calendimaggio era anche un fatto privato dei principi Colonna. Che la celebravano davanti al proprio palazzo e veniva chiamata La cuccagna dei Santi Apostoli, ma il protagonista era il popolo. Dalle finestre del palazzo si gettavano volatili e leccornie sulla folla che si azzuffava per acchiapparli; dal soffitto della vicina basilica si calava poi un maiale con una fune e la gente zompava qua e là per afferrarlo e tagliarne dei pezzi con i coltelli, mentre dalle finestre scrosciava sugli scalmanati una doccia d´acqua fredda. E i nobili ridevano.

Oggi con l´avvento della festa del lavoro, tutto si risolve in una giornata di riposo (come dire « «Nun se lavora» «), con una fuga al mare o in campagna. Anche la Chiesa si è adeguata alla ricorrenza e ha inserito al primo maggio la celebrazione di san Giuseppe artigiano, anche se non è considerata una festa di precetto.

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