giovedì 30 gennaio 2014

Il sapere codificato nelle fiabe

Centro Studi Ricerche Culturali di Prato

Antonio Roberto Ricasoli

LA FIABA METAFORA DI VITA



Nel 1893 A. L Bancroft nella sua opera Le Razze native - Miti e linguaggi scriveva: "il linguaggio è pensiero incarnato; la mitologia (fiaba) è l'anima incarnata. L'uno è strumento del pensiero, l'altra ne è l'essenza". Quindi più l'anima è semplice, più semplice deve essere il suo linguaggio.
In tal senso le fiabe sono rivolte prevalentemente ai bambini, sia come momento formativo sia per trasmettere loro i valori etici e morali dell'uomo (onestà, altruismo, rispetto della parola data, ecc). Il bambino, che ha la necessità di mettere ordine al suo caos ulteriore, vive le verità morali contenute nelle storie fantastiche metabolizzandole e facendole proprie. Non è quindi un caso se a lui piace riascoltare, senza mai stancarsi, la stessa fiaba perché questa viene vissuta come una esperienza diretta, un mistero che ogni volta si svela, continuando a dargli la confidenza, la fiducia e la sicurezza che ad ogni buon agire corrisponde un premio, così come ad ogni cattivo agire un castigo. […]

Le fiabe si perpetuano nel tempo e non riflettono le tematiche individuali di un autore, ma vanno al di là dei confini geografici e temporali coinvolgendo tutto l'”essere uomo". Esse vengono da lontano, da talmente lontano che la loro origine si perde nel tempo fino all'attribuzione ad una divinità, cosa che, pur se storicamente falsa, rispecchia bene la diffusione e il radicamento che queste storie fantastiche hanno nella cultura popolare collettiva. Non solo; la fiaba si compenetra e si interseca inesorabilmente con l'elemento della tradizione rituale e religiosa, per secoli trasmessa attraverso la tradizione orale. […]

La fiaba, il racconto, la storia, avevano un loro ben preciso posto nella trasmissione del patrimonio culturale popolare ed il momento in cui il villaggio si raccoglieva attorno ai narranti era l'apice della vita intellettuale e conoscitiva della società. La fabulazione era considerata fino a tutto il XVII secolo una nobile forma di attività per adulti. Solo l'illuminismo settecentesco e l'esasperato culto del razionalismo cacciarono l'immaginario ai confini della vita intellettuale. Non c'era più spazio per le chimere e le illusioni, il passato era visto come un tunnel oscurato dall'ignoranza e dalla superstizione e solo il futuro rappresentava il lume della ragione. In tal modo, ma solo apparentemente, la fiaba decadde fino a diventare un innocuo passatempo per bambini o anziani. Come dice Carlos Castaneda ne II Fuoco del Profondo, l'uomo sembra "aver voltato le spalle al mondo dei presentimenti e della gioia per dare il benvenuto al mondo della noia”, affermando con ciò come la ragione non vada certamente abbandonata ma che sarebbe un grosso errore farne l'unica unità di misura per comprendere la realtà.


UN MONDO MAGICO E SENZA TEMPO

Le fiabe solitamente iniziano con "c'era una volta" e terminano con "e vissero felici e contenti". L'inizio è quindi fuori dal tempo in un mondo e in una dimensione che il compianto amico e collega dottor Piero Cassoli chiamava "Magonia" e la fine è, come la morte, inevitabilmente aggiustatrice (nel bene) di tutta la storia. Tra l'inizio e la fine ci sono tutti gli eventi della vita: amore e odio, gioie e tristezze, esperienze di tutti i generi comprese le più fantastiche. In mezzo alle due certezze (inizio e fine - nascita e morte) c'è in definitiva un "tutto" da costruire, una logica da seguire, una "magica realtà" che a ben vedere anche la vita più scialba offre. La fiaba lascia da parte sia le leggi fisiche sia le consuetudini e apre delle finestre in un mondo dove tutto è possibile, un mondo dove l'assurdità diventa coerente, fuori dal tempo ordinario poiché la cronologia assume un carattere elastico e non canonizzato.

Attraverso contenuti simbolici e archetipici la fiaba proietta la mente in un mondo misterioso e fantastico, in una dimensione parallela a quella del comune agire dove i personaggi sono svincolati dai limiti della logica. Quando il Principe "va infondo al mare per recuperare l'anello perduto e così poter sposare la Principessa", nessuno si chiede: "come fa ad andare in fondo al mare?", "perché l'anello è in fondo al mare?", "come si fa a trovare un anello in fondo al mare?". L'eroe della fiaba è colui che deve raggiungere uno scopo attraverso un percorso sempre ricco di ostacoli, ma che inevitabilmente lo porterà ad essere o a scoprire un qualcosa di esaltante: il povero che ama, riamato, la principessa, diventerà dopo tante peripezie re; il trovatello che subisce le angherie a causa del suo status scoprirà, alla fine, di essere figlio del re; il brutto, perché diverso, anatroccolo, sarà in realtà un cigno e come tale scoprirà di essere più bello di coloro (semplici anatroccoli) che lo dileggiavano.



Illustrazione di John Bauer del 1914 per la fiaba L'anello di Helena Nyblom


Per capire come le fiabe siano immerse in una dimensione diversa da quella del vivere comune riportiamo quanto scrive J. M. Barrie in Peter Pan nei giardini di Kensington descrivendo le "case delle fate": "esse non si vedono di giorno perché sono del colore della notte; ciò non vuoi dire che sono nere perché la notte ha i suoi colori proprio come il giorno e non risulta che qualcuno abbia visto la notte di giorno". L'elemento magico della fiaba fa sì che tutto sia grandioso, esasperato, esagerato e non solo nei personaggi (l'orco è enorme, il bambino è piccolissimo, la strega è bellissima o bruttissima) ma anche nei sentimenti e nelle passioni; così vediamo che l'amore è adorazione senza remore, l'odio non ha confini, la lealtà è eterna, ecc. La fiaba inoltre non deve lasciare desideri di vendetta o comunque sentimenti forti o violenti; tutto deve trovare la sua giusta collocazione, tutto si deve "sciogliere" per giungere a ciò che J. R. R. Tolkien chiama "eucatastrofe" cioè "catastrofe buona", nel senso di gioioso capovolgimento della situazione.

MORTE, SONNO E CIBO

Nella fiaba classica ci sono lotte che possono essere cruente e dolorose e la morte non è mai nascosta (al contrario delle fiabe disneyane) ma, come l'eterna dannazione cristiana, essa colpisce solo i "cattivi": l’orco, il lupo, la strega. Il "fratello minore" della morte, il sonno, è un fattore importante e ricorrente della fiaba. Esso può essere lo stato dal quale un essere deve risvegliarsi, molte volte con un bacio, oppure uno stato dove andare per avere delle intuizioni, delle trasformazioni, oppure per accedere in un luogo o in una dimensione diversa ove incontrare qualcuno o qualcosa. Il sonno a volte serve anche per riposare e per trovare al risveglio una situazione diversa. In tal caso come non vedere la morte e la rinascita compensatrice?
Il sonno può essere infine visto come uno stato di stallo per meditare il da farsi; non a caso la Massoneria chiama "fratelli dormienti" o "in sonno" coloro che per un certo periodo sono assenti dalle attività dell'associazione.
Un altro elemento importante nella fiaba è il cibo, che può essere foriero di salvezza o di rovina come la mela avvelenata di Biancaneve. Una sorta di cibo è l'elisir", il filtro magico che dona l'amore e la cui più importante espressione (il bacio) può far diventare principe un rospo.

L'EROE

Nella fiaba Iskender l'immortale c'è scritto: "coraggioso è colui che accetta il pericolo, saggio colui che non lo sfida". L'eroe deve essere quindi sì coraggioso ma non incosciente. Egli non deve essere neppure un logico calcolatore o un fine stratega ma uno che, forte della propria onestà e purezza di intenti, possa salvare o trovare quello che si era preposto (principessa o tesoro) affrontando tutte le difficoltà (draghi, streghe, orchi, fuoco, acqua ecc.) che altro non sono che i simbolici problemi di ogni esistenza. Il cammino dell'eroe non è un gratuito percorso di sofferenza ma una preparazione, una maturazione per vivere pienamente e consapevolmente il finale, quel "vivere felici e contenti" assieme a ciò che si è amato e desiderato. Per rendere ancora più bella la conquista molte volte si presenta all'eroe, proprio quando tutto sembrava risolto, l'ultimo difficilissimo ostacolo. Quando cioè la meta è vicina e ci si aspetta il meritato premio, tutto sembra essere rimesso in discussione, come la storia di Ulisse che finalmente tornato ad Itaca s'imbatte nei Proci.

Terminiamo con le parole di Amadu-Hanpate Ba, una grande figura della cultura africana che così introduce un'antica fiaba iniziatica: "Per i bimbi che si divertono la notte, al chiaro della Luna, la mia è una storia fantastica. Allorché le notti della stagione fredda si distendono e si allungano nell'ora tarda in cui le filatrici sono stanche, il mio è un narrare di gradevole ascolto. Per gli uomini dalla lunga barba e dai talloni rugosi è storia vera, che molto insegna".

BIBLIOGRAFIA
Amadu-Hanpate Ba, Kaidara, Rusconi, Milano 1971.
Barrie J. M., Peter Pan nei Giardini di Kensington, Rizzoli, Milano 1991.
Castaneda C, II Fuoco del Profondo, Rizzoli, Milano 1985.
Propp V. J., Fonologia della Fiaba, Einaudi, Torino 1966.
Spina A., Per un ritratto di Crìstina Campo, Scheiwiller, Milano 1993.
Tolkien J. R. R., Albero e Foglia, Rusconi, Milano 1976.

Articolo di Antonio Roberto Ricasoli pubblicato su Il Giornale dei Misteri n° 419, settembre 2006

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