martedì 16 novembre 2010

La finanza sta divorando tutto




La finanza sta divorando ciò che rimane del nostro pianeta
di Massimo Fini - 15/11/2010

Fonte: Massimo Fini


La Cina sta superando gli Stati Uniti come prima potenza economica del
mondo. Ad essere cinesi ci sarebbe da star contenti. Invece proprio i
cinesi saranno i più fregati. Dopo aver pagato gli enormi prezzi del
"take off" industriale, e offerto a questo Moloch i consueti
sacrifici
umani (nella Cina attuale il suicidio è la prima causa di morte fra i
giovani e la terza fra gli adulti) si troveranno a primeggiare proprio
quando quel modello di sviluppo economico, liberista e globale, cui
hanno aderito di recente starà andando in frantumi. Saranno arrivati
troppo tardi.
Il ministro delle Finanze italiano, Giulio Tremonti, in un’intervista
al Corriere dello scorso inverno ha fatto trapelare fra le righe che
entro tre anni dobbiamo aspettarci un altro colpo tipo
"subprime". Lo
ha detto in modo velato sottolineando che mentre i valori finanziari
sono tornati ad essere quelli di tre anni fa, prima del crack, oggi
nel mondo ogni secondo si emettono miliardi di dollari o di euro di
debito pubblico. In altre parole: stiamo tamponando la crisi
immettendo nel sistema altro denaro inesistente, più tossico dei
titoli "tossici". Stiamo drogrando il cavallo già dopato
perché faccia
ancora qualche passo in avanti. Ma prima o poi il collasso definitivo
per overdose arriverà. Potrà non essere quello ipotizzato da Tremonti
fra tre anni ma quello successivo o quello successivo ancora, ma è
certo che arriverà. Ci sarà il crollo del mondo del denaro,
dell’"economia di carta" come la chiamò in un famoso e
preveggente
saggio del 1964 l’americano David T. Bazelon che, guarda caso, non era
un economista ma un intellettuale. E quando la gente delle città si
accorgerà che non può mangiarsi il cemento e bere il petrolio si
riverserà, disperata, nella campagna, quel poco che ne sarà rimasta,
venendo respinta a colpi di khalashnikov da coloro che, prudentemente,
non l’avranno abbandonata. Disegnando scenari apocalittici del resto
un’ottantina di anni prima di Bazelon il capo indiano Tatanga Jotanka,
alias "Toro seduto", ci aveva avvertito: "Quando avranno
inquinato
l’ultimo fiume, abbattuto l’ultimo albero, preso l’ultimo bisonte,
pescato l’ultimo pesce, solo allora si accorgeranno di non poter
mangiare il denaro accumulato nelle loro banche".
Il denaro, nella sua estrema essenza, è "futuro",
rappresentazione del
futuro, scommessa sul futuro, rilancio inesausto sul futuro,
simulazione del futuro ad uso del presente. Ma noi abbiamo messo in
circolazione una così colossale quantità di denaro da ipotecare questo
futuro fino a regioni temporali così sideralmente lontane da renderlo,
di fatto, inesistente. Prima o poi questo futuro, gravido dell’immenso
debito di cui l’abbiamo caricato, dilatato a dimensioni mostruose e
oniriche dalla nostra follia e dalla nostra fantasia, ci ricadrà
addosso come drammatico presente. Tutte le correnti di pensiero, sia
pur minoritarie, che ci hanno ragionato sopra (americane tra l’altro:
il bioregionalismo e il neocomunitarismo) parlano, per evitare
l’apocalisse prossima ventura, di un ritorno "graduale, limitato e
ragionato" a forme di autoproduzione e di autoconsumo che passano
necessariamente per un recupero della terra e un ridimensionamento
drastico dell’apparato industriale, finanziario e virtuale. I cinesi
hanno abbandonato la terra in favore dell’industrializzazione e del
libero mercato nel momento sbagliato. Saranno primi quando non avrà
più senso esserlo.

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