Da Marguerite Yourcenar :Ricavato dalla sua raccolta di scritti PELLEGRINA
E STRANIERA capitolo "L'isola dei morti" di Bocklin(commento sulla
concezione della morte da una analisi del quadro di questo famoso pittore
Nordico ,in netto contrasto con la concezione mediterranea ).
Bocklin è sepolto a Fiesole .Forse la sensualità di Venere ,che è triste ,
o,almeno, lo è nell'opera di Maurice Barres, sarebbe stata più adatta .
Ma non ci si sceglie la tomba .Anche i candidati al cimitero tanto
previdenti da prenotarsi un posto ,non lo fanno con conoscenza di causa.
Come decidere di un letto ,prema di averci dormito?E i morti dovranno
attendere il Giudizio Universale per lamentarsi di aver dormito male
così a lungo.
Il giaciglio di Fiesole ,troppo morbido ,quasi si disfa sotto il piumino
di erbe . In questi piccoli recinti ,la morte ha l'aspetto di un
giardiniere. Il suo volto ha il verde pallore del periodo pasquale ,
l'ineffabile pallore della linfa a primavera ; possiamo immaginare
le mani colme di semenze di un'altra vita . Forse è qualcuno risorto .
Quia hortulanus esset . La morte fiesolana ,mistica e agreste ,non ha
una falce per emblema ,ma tutt'al più un rastrello . La morte è stata
una grande mietitrice sui poggi del Reno.
Del cristianesimo cattolico ogni popolo ha fatto un paganesimo differente.
Quello tedesco ruota intorno alla danza dei morti. I Francescani del
Trecento lasciano in eredità ai predicatori della Riforma uno scheletro ;
lo stesso scheletro ,immagino ,che serviva per le dimostrazioni anatomiche
nell'atelier di Holbein. Ecco qui la vera Imperatrice del Sacro Romano
Impero germanico . E' vezzosa frequentando gli artisti ,sa quali
atteggiamenti le donano di più, e, come per scrollarsi di dosso
il fastidio di una tale maestà, questa Cleopatra nuda fino alle ossa ,
si diverte con scherzi da scolaretta. E' capace di mettersi a suoanare
i campanelli delle porte . Da come fa la difficile ,si capisce subito
che non ha più fame :dopo essersi divertita a sufficienza ,potrà persini
rimandare incolume ,per un certo tempo ,il buffone che si è rivelato
abbastanza abile. La morte di Holbeim è giovanissima ;ama le scappatelle.
E' ereditiera e legataria universale. Non dico che sia del tutto priva
di filosofia . Chi conosce l'ultima risposta gettataci in faccia da uno
scoppio di risa? In questo modo, architettato come una tagliola, la Morte
gioca a nascondino con gli uomini. Trae vantaggio da tutto ciò che fanno;
a vederla mangiare tanto, sbalordisce che sia così magra. E' la fidanzata
di tutti, e tutti si fanno in quattro per portarle una dote; vogliono
tutti essere ricchi prima di morire.
Soltanto quando lei arriva fanno i capricci, delusi che la fidanzata sia
senza naso. E tuttavia è lei la sola cui siamo fedeli.
Insomma ,la Morte di Holbein è uno spaventapasseri buono per gli zotici.
E' una del loro ambiente;queswta persona priva di educazione si porta via
senza tante cerimonie imperatori e papi; non rispetta l'etichetta delle
corti. Ciò non di meno,è di buon lignaggio;la terra le appartiene per
diritto di primogenitura, essendo lei, dopo tutto, il primo parto di Eva.
Tutti si vantano di non permetterle di impossessarsi della loro anima,
anche quelli che l'anima proprio non ce l'hanno. Lei non si scompone:
chiamano anima quel refolo di vento che serve per gonfiare le parole.
Ma la Morte li priva di lingua. A che serve un'anima muta? E la morte,
principessa magnanima , lascia loro l'arcata dei denti perche possano
ridere di se stessi.
Università tedesche . E' imparentata con il Dottor Faust: Ha meditato ,
tra Melantone e Lutero. Seduta sotto il portale di un secolo che darà
al mondo il Rinascimento e la riforma ,questa vecchia alchimista sta
forse cercando il segreto delle trasmutazioni. Durer sa molte cose :
ha viaggiato; ha riportato dai viaggi ogni sorta di idee nuove, le
reminescenze del mondo antico riscoperto e i presentimenti
del nuovo mondo. La morte si istruisce ; ecco che ,diventando più
sapiente, è diventata più triste. Come il Dottor Faust , si presenta
a corte; ripulita del suo untume popolano, si aggrega in pompa magna
alle cavalcate imperiali. Sarà dama di corte, a Innsbruck, presso il
re bianco. E se le capita di precipitare il corteo nel baratro, questa
cugina del principe Amleto ne trae spunto per meditare sul nulla.
Ho detto che non rideva più. Sogghigna, ma le sue sono facezie da filosofo.
All'inizio del Cinquecento, l'uomo ha mangiato per la seconda volta i
frutti dell'albero della conoscenza. La Morte , che si interessava
soltanto alla carne, scopre la putrefazione delle anime. Il Cinquecento
è un carnaio di dottrine: vi marciscono come il cristo nel sepolcro
di Holbein. La Morte diviene laica. Non conduce più a Dio; sta ,anzi ,
uccidendo Dio. Divenuta naturale, non è altro che il risvolto di
quell'assurdità che chiamano vivere. La vita porta in sé la morte ,
come ognuno porta il suo scheletro. E' lo scopo delle nascite e la
loro ragione di essere: giro vizioso che va dal vagito al rantolo.
Il copricapo della senza naso è ornato dalle ali del gallo, avvisatore
inutile . Equando Albrecht Durer le compone lo stemma araldico ,mette
a reggerne il blasone la Fecondità e la Lussuria.
La morale del Medio Evo ,morale da gente semplice ,consigliava di vivere
bene . Quella del Rinascimento consiglia di vivere. Vivere
appassionatamente. Il cavaliere di Albrecht Durer attraversa una foresta
molto più cupa di quanto di quanto lo sia mai stata la selva dantesca ,
ma non vuole veder apparire al suo fianco una sorta di buffone che gli
mostra una clessidra. Emblema dal significato nuovo. All'acciaio che
subitaneo stronca ,la Morte ,che si è raffinata ,preferisce una immagine
di un'aridità che scorre: la vita. Se la clessidra è a sabbia ,ricorda la
polvere ;se è ad acqua .allora è colma di lacrime. Ma questi due strumenti
di tortura sono ancora imperfetti. Nella misura in cui l'uomo inventerà
orologi, e nuovi ingranaggi per questi orologi ,conoscerà più a fondo
l'agonia parziale delle ore. Ha un bel rifiutarsi il cavaliere ,di
guardare a destra sotto la sua armatura di ferro ,nel petto un orologio
di sangue ,ogni battito del quale ne abbrevia la durata ,lo avverte di
affrettarsi. Se i morti procedono veloci ,i vivi sono più veloci ancora.
La morte ,dove tutto finisce ,fu l'assillo di un'epoca così ricca di inizi.
A Basilea ,dove Bocklin sarebbe nato ,Erasmo da Roterdam si riposa da una
fuga dorata quarant'anni. La sua anima sarà andata a raggiungere l'anima
di colui che egli chiamava San Socrate? Ha un epitaffio a lettere d'oro:
è quello fatto incidere dai suoi ammiratori ,con l'accuratezza che si
conviene a un grand'uomo. Ma è toccato alla morte venire una notte a
completare l'iscrizione. Sulla tomba ,a mo' di cornice del fini
profilo di una fanciulla ,forse una Gorgone ,la Morte ha inciso la
sola parola che tutto conclude: TERMINUS.
Questa stessa parola ,pronunciata da qualche invisibile visitatrice ,
rende malinconico il grande arcangelo di Albrecht Durer. Se ne sta
seduto ,le ali immobili ,tra gli strumenti della scienza che servono
ad attivare la vita ,e a moltiplicare la morte, E' stanco. Ha appena
scoperto che la vita e la morte sono due ingranaggi della stessa macchina:
non possediamo la vita che per un istante:lei ,invece ,ci possiederà
per sempre. La morte è solo un momento di amnesia. Così ,im questo
universo dove tutto finisce senza che nulla si concluda ,soltanto
l'intelligenza è vinta. Ribaltamento totale delle vecchie credenze: la sola
cosa deperibile ,ora ,è l'anima dell'uomo. A meno che?... E,nell'oscurarsi
di un crepuscolo in cui il reale si diluisce in ipotesi ,il grande
arcangelo medita di fronte al mare ,nel tramonto di un giorno di tempesta
,sotto un cielo dove plana un pipistrello ,discendente delle Chimere.
Bocklin è erede di questa Germania.
La morte ,la vita. Non le metto in contrapposizione. E'normale che
la più prolifica delle razze sia quella che maggiormente si preoccupa
della putredine. Ecco la bella bestia germanica ,gaia ,di una gaiezza
alcolica ,feroce all'occasione,e tuttavia meditabonda. E' sensuale e
scialba quando non è stramba. I suoi nervi ,difficili da scuotere ,hanno
bisogno di ogni sorta di macabre stranezze e dei rozzi amplessi che
uniscono i corpi degli amanti nella selva primitiva. L'orrore dei
boschi ricopre la distesa tedesca. Vi albergano il terrore e la
bestialità ;sembra che in questa terra siano conficcate le radici della
notte. In simili grovigli crepuscolari ,si pensa al profilo meridionale
del mondo: asciutto ma alla maniera di Pallade ,nudo ,ma alla maniera
di Afrodite.A Basilea ,città romana ai piedi degli ultimi contrafforti
della Foresta Nera ,Bocklin cresce con l'ossessione incombente degli
alberi. Questo barbaro porterà con sé ,in marcia verso sud ,tutte le
foreste.
Come il cavaliere di Albrecht Durer ,la vergine nuda di Bocklin che
cavalca la belva dell'incubo ,si inoltra nella foresta germanica.
E così quest'arte. Non si può fare scorrere a lungo un fiume fuori
dal proprio letto. Il Reno scorrerà sempre in direzione del morire del
giorno.
Bocklin non ha le curiosità di Albrecht Durer. Questo barbaro è uno
spirito semplice ,come lo sono molte anime tormentate. Alle Stire ,alle
Sirene ,i grandi pittori mitologisti Inglesi ,suoi contemporanei ,
avrebbero fatto esprimere la loro sottigliezza platonica. Bocklin non
è psicologo più di quanto non sia umanista. I suoi dèi sono immortali
per la sola ragione che sono degli istinti.
Greve Olimpo wagneriano troppo prossimo al walhalla...In un giardino
,una dama dalla veletta nera ,che immaginiamo somigli a Mathilde
Wesendonck ,ascolta la canzone del giovane fauno. Quelle fanciulle
del mare ,che si dibattono nella azzurra brutalità di un'onda ,si
arenano a Basilea ,risalendo il corso del Reno. Fanno pensare agli
dèi in esilio di Heinrich Heine ,vaganti sulle rive di un Baltico
più inospitale del Ponto Eusino. Forse a Basilea ,in questa Augusta
Rauracorum dei Cesari ,una bella fanciulla di stirpe romana si è
abbandonata al fiume. E il fiume l'ha portata all'oceano. Lì morirà ,
sotto un cielo grigio. Il canto rauco del tritone germanico riversa su
questo cadavere tutta la tristezza dei mari del Nord.
Un giorno ,Bocklin ha voluto costruire alla Morte un palazzo degno di lei.
Ma quale caverna ,quale cattedrale offrire a colei che è in ogni dove?
Poiché la vita è un viaggio ,la morte può essere una traversata. Bocklin
ha cercato l'isola dove approdano i morti.
Si è parlato di Capri ,della veneziana San Michele ,o di Corfù al
crepuscolo. Ma quest'isola d'oriente è cupa sotto il cielo nordico.
Gli scogli emergono dal mare ,e i cipressi svettano sugli scogli.
L'acqua ,senza un'icrespatura ,plumbea per una minaccia di tempesta;
è fredda e profonda insieme. Nessuna imbarcazione oserebbe galleggiarvi ,
ma la barca dei morti è leggera ,non portando che ombre. Il Lete sarebbe
più dolce ,e l'Acqua di Memoria più limpida. Diretta a questa immobilità ,
che non è riposo ,un'altra figura bianca s'avanza su una navicella.
Bocklin non ha fatto rotta verso l'isola dei morti ,su una di quelle
barche simili alle gondole. L'Arno qui non è più navigabile di quanto
lo sia il Reno di Basilea. Sono fiumi scontrosi ;il fiume color terra
ricorda il torrente dal colore dellìerba. L'Italia di Bocklin ,una
Germania assolata ,è il sogno di un cervello nordico. Senza dubbio ,
dall'alto delle colline di Fiesole ,Bolchlin ama questo fiume selvaggio
che gli lenisce la nostalgia del Reno.
Città isteriche. Se qualcosa sta alla pari dei furori di Firenze ,
è proprio questa Basilea dalla forza bruta. Come Firenze ,ha accolto
i frati predicatori che ,per avere un migliore mercato d'anime
dipingevano la danza macabra alle porte dei cimiteri. Ha i suoi
chiostri ,dove il quadrato ,che è la morte ,si unisce alle linee
curve ,che simboleggiano la vita ;e queste analogie tra l'intelligenza
e sogno insegnerebbero a pensare. Un labirinto di pietra ,dove i lunghi
corridoi lastricati di tombe si smarriscono e si ritrovano ;i piccoli
archi privi di vetrata ritagliano la verde immagine del fiume ;e gli
umanisti riformatori ,esiliati dall'Italia ,dormono al continuo muggire
del Reno in questa terra un tempo romana. Come Firenze ,Basilea è scabra ,
diffidente ,piena d'asprezza scolastica e di grossolana giovanilità
popolare. E' come Firenze ,una fastosa città di ricchi mercanti. E quando
il carnevale dilaga per le strade, ha la stessa smodata allegria della
gente abitualmente triste.
Il Munster di Basilea è una cattedrale grigia e rosa, dove tanta fiamma
si è ridotta in cenere. L'Italia, inutilmente, si spinge sin qui, sino
alle porte della Germania più antica, nei rimpianti e nelle speranze
dell'esilio. L'Eden germanico di Bocklin può sforzarsi di essere un Olimpo;
peccato a queste innocenze dell'istinto. Proprio come per l'imponente
donna nuda di Hans Baldung, che uno scheletro bacia in piena bocca.
Lasciamo che gli intenditori sorridano di queste Ninfe dalle grosse
giunture. Poco m'importa che i cibi del Nord abbiano appesantito le Muse;
ciò che in esse bisogna amare o detestare, è proprio la forza della razza.
La mitologia sarebbe una cosa piuttosto artificiale, se ogni popolo non
la modificasse. Bocklin, quasi presentisse le future calate germaniche,
lancia sulla varietà di colori della sua tela la Morte , la peste e la
guerra, cavalieri famelici, che schiacciano a colpi di mazza le torri
delle cattedrali. Carogne incoronate di alloro, vecchi avanzi di ràitro.
Basilea, libera città svizzera, all'ombra di una chiesa costruita da
Rodolfo di Asburgo, ricorda d'essere stata città imperiale.
Nietzsche ha descritto la nevrosi religiosa di Basilea. I suoi Pittori,
ingordi di vita, si deliziano del brulicare dei cadaveri. Durer da queste
parti. Holbein, che ci abita, dipinge la moglie livida, i suoi bambini che
sembrano malati; e mentre i Cristi morti di Spagna si offrono all'amore
della Maddalena, il suo Cristo, per ripugnanza è abbandonato su una
tavola anatomica, al bisturi dei medici. Bocklin, alcolista allucinato,
dipinge il suo futuro autoritratto sotto forma di un teschio. In questa
sede di concili, sembrerebbe di sentire giungere a ondate intermittenti
le grida dei cavalieri di Procopio, i cui evviva acclamavano la morte.
La peste vi tenne lesue assise. Bolcklin la prende come modella. Dipinge
nelle stradine che svoltano intorno al Munster, la Morte Nera che si è
presa Holbein, eterea falciatrice dai lunghi denti.
Orrori, ma orrori anacronistici. Oggi, si sa, la Morte indossa guanti di
cauciù, un camice da ospedale e lavora con il cloroformio. Quando decide
di togliere di mezzo milioni di persone, si fa chiamare influenza e non
più Morte Nera. Diventa sentimentale. Un giovane incisore tedesco, memore
di Holbein, la ha raffigurata nella torre di una cattedrale. Il vecchio
campanaro è immobile nella sua poltrona. La Morte è entrata; per non
spaventarlo, si è calata il cappuccio sulla testa senza voto, e,
afferrata la corda delle campane tra le falangi magre, curva, come
in preghiera, suona la morte del vecchio campanaro.
Cosa ci importerebbe di quest'arte, di quest'urlo colorato, senza
qualche grido di disperazione? Vanamente Bolcklin si sforza di vivere,
ma ogni suo presente è già passato. Questa greve forza ricade a terra,
sotto un pallido sole. La vita lo tradisce. E' solo l'altra ad essergli
fedele. Era convinto di amare l'Italia, e in lui spiccano soltanto le
sue origini germaniche. Ha voluto celebre la gioia, ma la sua opera
più riuscita è funeraria. La danza macabra di Basilea porta Bocklin con
sé nell'isola dei Morti.
QUESTO QUADRO DI BOCKLIN ERA APPESO NELLO STUDIO DI HITLER,
lo amava particolarmente,anticipò la sua rovina.