domenica 16 dicembre 2012
Gli Anarchici di Carrara collaborarono attivamente
SOS, Foro Italico alla deriva
7-Marzo-2012 | 18:00 stampa questo articolo
Un tempo a Roma si diceva che quello che non avevano fatto i barbari l’avevano fatto i Barberini; il tempo passa ma le cattive abitudini restano e così ancora oggi esistono luoghi dove sporcizia e vandalismo sono di casa. Uno di questi è il Foro Italico da anni investito da una generale trascuratezza e sottoposto a trasformazioni che ne hanno modificato l’impianto. Non c’è bisogno di intrufolarsi tra i suoi marmi per capire che c’è qualcosa che non va: dal camper che vende la porchetta alle giostre, dalle centinaia di scooter che occupano le aree lastricate ai poveri mosaici danneggiati e poi rabberciati.
L’impianto del Foro Italico, in origine Foro Mussolini, è un complesso di edifici sorti sulla riva destra del Tevere e ai piedi del monte Mario comprensivi di un nucleo centrale (l’ ex Accademia Fascista di Educazione Fisica) e di alcune opere come lo Stadio dei Marmi (capienza di 20mila spettatori), lo Stadio Olimpico (un tempo Stadio dei Cipressi), il gigantesco monolite in marmo bianco di Carrara, il Palazzo delle Terme e la bellissima Casa delle Armi opera di Luigi Moretti.
Quale che sia il significato fortemente simbolico che il fascismo volle attribuire a questa opera monumentale oggi ha scarsa importanza, resta invece il fatto che si tratta di un progetto architettonico di grande valore portato avanti da geniali architetti alcuni dei quali giovanissimi.
Forse il Foro Italico può non piacere per la sua linearità e razionalità oppure può essere snobbato per il suo richiamo ad un periodo storico “difficile” però è indiscutibilmente un’opera che coniuga il classico con il moderno e che richiama alla memoria il fascino e la grandezza dell’antica Roma e dell’Impero.
Tra le tante realizzazioni, in asse con l’obelisco, c’è un lungo viale pavimentato in marmo bianco e decorato con mosaici a tessere nere e la Fontana della Sfera, un monolite di tre metri di diametro.
Entrambe le realizzazioni, nonostante alcuni interventi di restauro, sono in pessime condizioni.
La fontana oggi è tutt’altro che il simbolo della perfezione semmai potrebbe essere quello del degrado e della imbecillità umana; la sfera sporca e imbrattata di scritte è circondata da gradinate circolari rotte, sbrecciate e sporche. Eguale sorte hanno subito i mosaici opera delle maestranze di Spilimbergo che per sei anni si affannarono per realizzare una sorta di gigantesco “fumetto” raffigurante le opere del fascismo.
Se non fosse stato per i soldati americani che alla fine della guerra occuparono quell’area ci saremmo già tolti il “problema” perché già allora si cercò di abbattere il monolite e distruggere quei 7.500 mq di mosaici unici al mondo.
Quello che ha salvato l’US Army non lo hanno salvato le varie amministrazioni che si sono succedute: oggi per il cittadino e il visitatore straniero ha poca importanza sapere a chi compete la manutenzione e la cura di quest’opera.
Quello che importa è che una realizzazione che ha espresso il talento di architetti, ingegneri, mosaicisti e artisti italiani, se ne vada in malora.
Ed entrando dal “Piazzale dell’Impero” si ha proprio questa impressione: grande chiazze di cemento, con scritte, date e impronte di cane, sostituiscono i lembi di mosaico danneggiato mentre alcune “gobbe” si sono create lateralmente alla gradinata centrale.
E poi lastre e gradini di marmo sgangherati, danneggiati e sudici: come dimenticare che per anni questo luogo è stato utilizzato intensamente da pattinatori e skeater che ne hanno fatto la loro palestra per corse ed esercizi acrobatici?
E che dire di quei poveri marmi alla base dell’obelisco, spaccati, frantumati e polverizzati tanto da lasciare scoperte ampie zone di terreno polveroso?
Qualcuno potrebbe obiettare che sono le conseguenze naturali di un uso intensivo di questa area per le manifestazioni sportive che vi si tengono: dal calcio al rugby, dal nuoto al tennis.
A queste persone vogliamo rispondere con le parole di Sandro Bari che a conclusione del suo “Il Foro Italico e la damnatio memoriae” scrive: “Sara’ arduo salvare il Foro Italico dai danni compiuti da una generazione che, dopo averlo edificato, ha ritenuto di “purificarlo” sacrificandolo: forse noi, che l’abbiamo conosciuto nel dopoguerra ancora abbastanza integro e consacrato allo sport, non faremo in tempo a vederlo restaurato. Facciamo però in modo che le nuove generazioni, più lontane da coinvolgimenti politici ed ideologici, e quindi in grado di apprezzarne lucidamente i soli valori architettonici, estetici e funzionali, non ne trovino soltanto miseri resti“.
Francesco Gargaglia
enorme obelisco, fatto in un unico blocco di marmo di Carrara da collocare a Roma. Il blocco trovato era alto 19 metri per due metri alla base con un peso di circa trecento tonnellate. Per il trasporto a valle del monolite furono impiegate trentasei coppie di buoi e si impiegarono cinque mesi per raggiungere la costa, da qui a Fiumicino, risalendo il Tevere sfruttando le piene giungendo arrivò a Roma il 6 maggio 1932.
« L'obelisco è il più grande blocco marmoreo che mai sia venuto alla luce dalle viscere della
Terra. E' costato lire 2.343.792,60 oltre a mezzo milione per la cuspide di oro puro del peso di kg. 32, indispensabile a proteggerlo contro le insidie del tempo. »
(Renato Ricci nella relazione a Mussolini[4])
La cuspide in oro andò perduta nei convulsi giorni che seguirono la caduta del fascismo in Italia il 25 luglio 1943.
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