venerdì 31 agosto 2018

La Via alchemico mistica di "Giano"


QUANDO FARETE DI DUE UNO * VANGELO DI TOMMASO P 24.
Gesù vide alcuni neonati che poppavano. Disse ai suoi discepoli,
Questi neonati che poppano sono come quelli che entrano nel Regno."
E loro gli dissero, "Dunque entreremo nel regno come neonati?"
Gesù disse loro, "Quando farete dei due uno, e quando farete l'interno come l'esterno e l'esterno come l'interno, e il sopra come il sotto, e quando farete di uomo e donna una cosa sola, così che l'uomo non sia uomo e la donna non sia donna, quando avrete occhi al posto degli occhi, mani al posto delle mani, piedi al posto dei piedi, e figure al posto delle figure allora entrerete nel Regno".
(Vangelo apocrifo di Tommaso)
Secondo la dottrina gnostica, ogni essere è composto di elementi contrari, a coppie (alto e basso, esterno e interno, maschile e femminile) e troverà la sua perfezione solo nella fusione di tali elementi.
Nell'affermazione "che l'uomo non sia più uomo e la donna non sia più donna" vi e il superamento dei sessi essendo tutta la realtà riconducibile in Dio
Allorché al posto di ogni occhio, mano o piede corporeo avremo un occhio, una mano e un piede fatti di puro spirito, torneremo congiunti con la divinità, nella cui mente tutte queste apparenze si trovano fuse insieme

Frammenti della Scienza sacra


“Ricordati che la grande verità si cela sotto la legge del mistero. La conoscenza universale può essere rivelata solo ai nostri fratelli che hanno affrontato le nostre stesse prove. La verità va dosata a misura dell’intelletto, dissimulata ai deboli, che renderebbe pazzi, nascosta ai malvagi, che solo potrebbero afferrarne qualche frammento di cui farebbero arma letale. Racchiudila nel tuo cuore, e che essa parli attraverso le tue opere. La scienza sarà la tua forza; la fede la tua spada; e il silenzio la tua corazza impenetrabile.”
(Ermete Trismegisto)

giovedì 30 agosto 2018

Ma chi scrisse l'Apocalisse?



Risultati immagini per apocalisse di giovanni
Fino al V secolo la chiesa di Siria, Cappadocia e Palestina non inserirono il libro di Rivelazione nel Canone Cristiano, il che significa che, almeno nelle Chiese di Oriente non tutti erano d’accordo sulla attribuzione del libro a Giovanni di Zebedeo.


Quando l’Agnello sciolse il Primo

La prima opinione discorde risulta quella di Gaio, presbitero e scrittore romano, vissuto fra il II eil III secolo. Egli scrisse un’opera contro il montanista Proclo e considerò non giovannei il Quarto Vangelo e l’Apocalisse, attribuendoli all’eretico Cerinto. Scrive Eusebio: «Sappiamo che in questo tempo sorse l’autore di una nuova eresia, Cerinto. Gaio, da noi sopra già citato, così scrive di lui nella sua Ricerca: “Cerinto, per mezzo di rivelazioni (apokalypseon) come scritte da un grande apostolo, mentendo ci racconta cose strabilianti come se gli fossero state manifestate da angeli. Sostiene che dopo la risurrezione ci sarà il regno terrestre di Cristo e che gli uomini, redivivi nei loro corpi, soggiorneranno a Gerusalemme, schiavi delle passioni e delle voluttà. E in aperta opposizione con le divine Scritture, con la volontà di ingannare, aggiunge che ci sarà un millennio di feste nuziali”» (St.Eccl., III, 28,1-2).
Secondo Eusebio, che non riporta la notizia dell’opposizione al Quarto Vangelo, Gaio fu ortodosso; secondo Dionigi invece fu un eretico. Dionigi, infatti, conserva anche alcuni brani di uno scritto di Ippolito (Capitoli contro Gaio), in cui si chiarisce che le obiezioni di Gaio all’Apocalisse riguardavano presunte contraddizioni di questa rispetto agli scritti paolini. A Gaio, inoltre, vengono abitualmente accostati quelli che Epifanio (Panarion 51) chiama gli Alogi, ovvero gli irragionevoli avversari del Logos, che si opponevano alle opere giovannee in toto e le attribuivano anch’essi a Cerinto.
Sulla stessa linea si colloca Dionigi, vescovo di Alessandria (248-265)che però non attribuì Rivelazione a Cerinto. Secondo notizie riportate da Eusebio, egli compose l’opera Sulle Promesse, per confutare l’insegnamento di Nepote vescovo di Arsinoe che aveva provocato uno scisma in Egitto: la questione riguardava l’interpretazione letterale del millennio e l’Apocalisse ne era il fondamento biblico. Dionigi, dunque, affrontò lo studio dell’Apocalisse in chiave polemica ed Eusebio dedica un intero capitolo per presentare la sua opinione al riguardo: «Più avanti, così parla dell’Apocalisse di Giovanni: “Alcuni di coloro che ci precedettero rigettarono e ripudiarono senz’altro questo libro; lo confutarono capitolo per capitolo, lo dichiararono inintelligibile e sconnesso e con un titolo menzognero. Dicono che non ne è Giovanni l’autore, che non si tratta di una rivelazione, perché questa è celata sotto un velo di ignoranza spesso e oscuro; che non deriva da alcuno degli apostoli né da un santo, né da un membro della Chiesa, ma da Cerinto, il quale ha originato un’eresia che da lui si denomina; ha voluto quindi attribuire la sua invenzione a un nome che le desse credito”» (St.Eccl., VII, 25,1-2).
Forse fa riferimento a Gaio e ai suoi seguaci; in ogni caso li ritiene esagerati e egli invece preferisce seguire una via più moderata. Non rifiuta il valore ispirato del libro e la sua canonicità; ma lo analizza con attenzione, applicando l’acuta critica letteraria della scuola alessandrina. Prosegue infatti: «Io non oso rigettare questo libro, tanto più che molti fratelli ne sono entusiasti. Ben trovo che il pensiero in esso contenuto trascende la forza della mia intelligenza. Ma ciò mi fa congetturare che in ciascuna sua parte sia latente un senso arcano e ammirabile. Del resto, se non comprendo, suppongo che nelle parole ci sia un significato molto profondo» (St.Eccl., VII, 25,4-5).Egli rimarcava lo stile differente dal Vangelo e la mancanza, diciamo cosi,”innaturale” dell’affermazione di Giovanni dell’Apocalisse di essere un apostolo. Dionigi, che aveva studiato sotto Origene, negava anche l’insegnamento letterale del Millennio. L’insegnamento del Millennio era basato sulla interpretazione letterale di Rivelazione (Ap 20:1-7). La scuola Alessandrina, affermando il simbolismo scritturale e l’interpretazione allegorica ,rigettando l’interpretazione letterale del Millennio di Rivelazione., mettendo in forse la paternità di Giovanni l’Apostolo ,rinforzava le sue idee antimillennio .

È chiaro,allora, l’atteggiamento, finemente critico, di chi si oppone a una lettura superficiale e letterale; Dionigi pensava anche ai fondamentalisti del suo tempo che tanti problemi causavano alla sua Chiesa, e voleva invitarli a uno studio serio e approfondito, per poter cogliere il senso profondo e simbolico dell’Apocalisse.
Nella citazione frammentaria del libro Sulle Promesse l’attenzione di Eusebio si concentra poi sulla questione dell’autore dell’Apocalisse e riporta diffusamente l’analisi critica di Dionigi, il quale non nega che l’autore si chiami Giovanni( e come poteva negarlo?) tuttavia trova difficile identificarlo con l’apostolo, autore del Quarto Vangelo e dell’epistola cattolica.la prima Egli afferma espressamente di pensare che non si tratti di uno stesso autore dal carattere dei tre scritti, dalla forma della dizione e dal piano di organizzazione dell’opera.Dice infatti:

“Per riassumere, chiunque esamini le loro caratteristiche generali vedrà inevitabilmente che Vangelo e Epistola hanno un solo e lo stesso colore. Ma non c’è somiglianza o similitudine alcuna tra di loro e l’Apocalisse; non c’è alcun collegamento, nessuna relazione con essi; difficilmente ha una sillaba in comune con loro. Né troveremo alcuna menzione o nozione dell’Apocalisse nell’Epistola (tanto meno nel Vangelo), o dell’Epistola nell’Apocalisse.”


La Bestia dell’Apocalisse

Nessuna notizia storica e nessun dato tradizionale viene citato da Dionigi per accreditare la propria opinione: si tratta, dunque, di un semplice ragionamento ipotetico da studioso, basato su criteri letterari di somiglianza e differenza. Anche la notizia sui due Giovanni sepolti a Efeso è riferita per sentito dire; per inciso gli scavi archeologici finora hanno restituito un’unica tomba. Dionigi non parla di Giovanni il Presbitero; ipotizza semplicemente un altro Giovanni, persona diversa dal Giovanni Apostolo.e.evangelista.
Lo storico Eusebio (265-340) è testimone di qualche incertezza esistente nell’ambiente ecclesiastico,nell’accoglienza dell’Apocalisse come canonica. Quando presenta l’elenco dei libri canonici neotestamentari, fra quelli universalmente riconosciuti (homologoúmena) inserisce l’interessante nota: «Credendolo opportuno si può aggiungere anche l’Apocalisse di Giovanni, su cui si sono pronunciati giudizi diversi»; ma fa lo stesso anche per l’elenco dei libri contestati (nótha):«...e, se si vuole, anche l’Apocalisse di Giovanni, della quale sopra si è osservato che, mentre alcuni la rigettano, altri l’aggiudicano tra gli scritti di riconosciuta canonicità» (Soria Ecclesiastica, III, 25,2.4). Eusebio non sembra però né convinto.né favorevole a questo libro dice infatti . “Alcuni dei nostri predecessori hanno rigettato il libro e lo fecero a pezzi completamente, criticandolo capitolo per capitolo, dichiarandolo inintelligibile e illogico, e il titolo falso. Essi dicono che non è di Giovanni e non è affatto una rivelazione, poiché è pesantemente velato dalla sua spessa cortina di incomprensibilità: così lontano dall’essere uno degli apostoli, l’autore del libro non era neppure uno dei santi, o un membro della Chiesa, ma Cerinto, il fondatore della setta chiamata Cerinzia dal suo nome…

La lettura dell’opera di Dionigi d’Alessandria deve,inoltre, avergli offerto lo spunto per togliere valore e credibilità all’Apocalisse. Egli poi trova conferma all’ipotesi di Dionigi, negli antichi scritti di Papia di Gerapoli,un uomo antico.come lo chiamava Ireneo, che intorno al 100, scriveva un’opera in cinque libri,oggi perduta, dal titoloSpiegazioni degli Oracoli del Signore. In alcune sue ambigue espressioni Eusebio è convinto, infatti, di poter identificare la figura di un Giovanni il Presbitero: «Così ha conferma quanto sostengono alcuni, che nell’Asia ci furono due personaggi omonimi; esistono tuttora a Efeso due tombe col nome di Giovanni. È necessario por mente a questo particolare, perché, qualora si voglia escludere il primo (Giovanni l’apostolo), è verosimile che fu il secondo (Giovanni il presbitero) ad avere le visioni dell’Apocalisse, attribuite come ispirate, appunto.a Giovanni»(St.Eccl.III,39,6).
L’affermazione è dovuta solamente a Papia,che però era stato compagno di Policarpo che,.a sua volta, era stato discepolo di Giovanni l’Apostolo, ma è presentata come una comoda ipotesi. Se nell’antichità non ebbe fortuna, fu invece accolta favorevolmente da molti critici moderni che danno fiducia alla tradizione antica solo quando fa a loro comodo. Solo pregiudizi dottrinali e questioni letterarie avevano portato,allora, alcuni studiosi antichi a dubitare della paternità apostolica dell’Apocalisse; essi erano circoscritti alla scuola di Antiochia e alla Chiesa di Siria; tutte le altre comunità cristiane, secondo la generale testimonianza dei Padri, greci e latini, attribuivano più o meno pacificamente, l’Apocalisse all’apostolo Giovanni, autore del Quarto Vangelo.Però questo dibattito sull’Apocalisse è un tema piuttosto ricorrente negli scritti Cristiani dopo il III secolo, nei quali un certo numero di padri e dottori ad un certo punto o in un altro esprimono i loro dubbi riguardo all’autenticità non solo dell’Apocalisse ma virtualmente anche di altri testi nel canone

S. Cirillo di Gerusalemme non nomina l’Apocalisse fra i libri canonici Catechesi IV.33-36 il libro non e nemmeno è menzionato nella lista del Sinodo di Laodicea, o in quella di Gregorio Nuzianzo. Ma forse il più forte argomento contro la sua paternità Apostolica è dato dalla sua esclusione dalla traduzione Siriana Peshito,..

Il libro dell’Apocalisse fu allora rifiutato da un certo numero di chiese, particolarmente quelle orientali, perché esse dicevano che era un manoscritto spurio compilato da testi molto più antichi. Ma in Occidente la chiesa continuò nella sua tradizione della paternità Apostolica, solamente Girolamo, fu forse influenzato dai dubbi delle chiese Orientali.per quanto in De Viris Illustribus Cap IX attribuisca a Giovanni Evangelista il libro di Rivelazione.

3 Conclusioni sull’Autore


Vidi sette candelabri d’oro

Cosa si può concludere allo stato attuale dei fatti sulla paternità del libro di Rivelazione?

In effetti è difficile arrivare ad una conclusione certa su questo argomento per quanto l’evidenza punti nella direzione di Giovanni l’Apostolo . Il problema maggiore per questa ipotesi sono le profonde differenze stilistiche fra il Quarto Vangelo e le lettere di Giovanni rispetto al testo di Apocalisse .

Ma se non si attribuisce Rivelazione all’Apostolo, chi potrebbe esserne l’autore.

Non prendendo in considerazione un ipotetico Giovanni di Patmos di cui nessuno ha mai sentito parlare e che esiste solamente nella fantasia di qualche moderno, il personaggio di cui abbiamo qualche traccia e che potrebbe avere una minima probabilità di realtà è quello suggerito da Eusebio attraverso Papia, cioè il così chiamato Giovanni il presbitero

Come una possible alternative alla paternità di Giovanni l’Apostolo. Eusebio suggerisce che un altro uomo chiamato Giovanni ,anche lui residente in Efeso forse scrisse il libro di Rivelazione e perché aveva lo stesso nome e visse allo stesso tempo dell’Apostolo Giovanni , a quest’ultimo fu erroneamente accreditata la composizione del libro dell’Apocalisse . Eusebio appoggia la sua ipotesi su due evidenze .

. Papia aveva rammentato due Giovanni uno dei quali era elencato con gli Apostoli , mentre l’altro era chiamato Giovanni il Presbitero ed era elencato fra i discepoli del Signore Ai giorni di Eusebio vi erano due tombe in Efeso ambedue identificate come di Giovanni Nel pensiero di Eusebio questo portava alla conclusione che vi furono due uomini in Efeso con il nome Giovanni: l’Apostolo e il Presbitero (vedi anche Dionigi che conosceva la tradizione delle due tombe di Giovanni e pensava che vi fossero stati due uomini con lo stesso nome [S.E.7.25.15-16]).Eusebio aveva concluso , "Questo richiama l’attenzione che sia probabile che il secondo ( a meno che non si preferisca il primo) vedesse la Rivelazione che passa sotto il nome di Giovanni " (S.E.3.39.6).

Riportiamo per maggior chiarezza l’intero scritto di Eusebio

4. Che se in qualche luogo m’imbattevo in qualcuno che avesse convissuto con i presbiteri, io cercavo di conoscere i discorsi dei presbiteri: che cosa disse Andrea o che cosa Pietro o che cosa Filippo o che cosa Tommaso o Giacomo o che cosa Giovanni o Matteo o alcun altro dei discepoli del Signore; e ciò che dicono Aristione ed il presbitero Giovanni , discepoli del Signore.

Poiché io ero persuaso che ciò che potevo ricavare dai libri non mi avrebbe giovato tanto, quanto quello che udivo dalla viva voce ancora superstite .

5. E qui conviene osservare che Papia pone due volte il nome di Giovanni: il primo [Giovanni] lo annovera con Pietro, Giacomo e Matteo e gli altri Apostoli, ed è evidente che vuole indicare l’Evangelista. Egli poi distingue nella sua esposizione, e colloca il secondo Giovanni tra gli altri che sono fuori del numero degli Apostoli , anteponendo a lui Aristione;

6. e lo chiama espressamente presbitero. Resterebbe quindi confermata l’asserzione di coloro che sostengono che in Asia ci furono due personaggi che portavano questo stesso nome e che in Efeso vi sono due tombe chiamate ambedue ancora oggi di Giovanni. Bisogna fare attenzione a costoro: perché se si esclude il primo, è verosimile che il secondo abbia avuto la rivelazione (Apocalisse), che ci fu tramandata sotto il nome di Giovanni

L’ipotesi di Eusebio appare allora possibile ma non molto probabile senza una ulteriore evidenza .L’ipotesi di Giovanni l’Apostolo resta quindi la più probabile.

La Data di Composizione


Una Bestia che aveva dieci corna

4.1. Evidenza interna

Non vi è una esplicita,diretta od indiretta, evidenza interna che possa aiutare la datazione del libro di Rivelazione. L’uso del testo come evidenza interna è reso ancor più problematico in quanto i vari passaggi possono contare come evidenza in un senso o nell’altro a seconda di come vengano interpretati.

Al tempo della composizione del libro dell’Apocalisse , le chiese di Asia erano sottoposte ad una persecuzione,Se si riesce a determinare storicamente questa persecuzione, sarebbe allora facile potere avere un punto fisso per la datazione del libro o perlomeno della scrittura delle lettere alle sette chiese Ap 1:9,2:13,3:10..

Se si adotta un approccio preteristico all’interpretazione del libro di Rivelazione, certi passaggi possono essere presi come chiavi per datare il libro stesso.

A. in Ap 17:9-10: vi è una referenza a sette colli sui quali è adagiata la donna ( Roma)e a sette re dei quali cinque son già passati e il sesto regna .Allora il sesto re.contando da Giulio Cesare risulterebbe Nerone ,contando da Augusto risulterebbe Galba (68).oppure, trascurando i tre imperatori che si erano succeduti in un solo anno, Vespasiano a cui poi sarebbe succeduto Tito, il settimo che sarebbe durato poco

Il settimo che sarebbe durato poco si addice però più a Nerone a cui succedette Galba che in effetti durò solamente sei mesi!

B. Ap 13:8: Il marchio della bestia 666, è la somma dei valori numerici delle lettere Ebraiche usate per la traslitterazione di “ Nerone Cesare (In Ebraico le lettere significano anche numeri)

C. Ap 13:4, 15-16; 14:9-11; 15:2; 16:2; 19:20; 20:4: Che la bestia richieda adorazione e sia adorata dal genere umano sembrerebbe adattarsi a Domiziano infatti sotto il suo regno il culto dell’imperatore Romano fu portato all’estremo"

D Ap 11:2 Il versetto è ambiguo, sembrerebbe riferirsi a prima della distruzione del Tempio di Gerusalemme, ma potrebbe essere anche il contrario.

E Ap 10:11 Qui si dice che chi aveva avuto la visione doveva profetizzare anche su molti popoli,nazioni e lingue e re. Questo si additerebbe poco ad un uomo molto vecchio come sarebbe stato Giovanni l’Apostolo al tempo della fine del regno di Domiziano( questo potrebbe,però, essere anche una evidenza contro la paternità di Giovanni l’Apostolo)

Sembra abbastanza sicuro che la città che è il centro della distruzione descritta nel libro di Rivelazione ,Babilonia, sia in effetti ,l’antica città di Gerusalemme .Infatti.
Giovanni ripetutamente si riferisce a Babilonia come alla “grande città” vedi Ap 14:8; 16:19; 17:5, 18; 18:2, 10, 16, 18, 19 e 21. Inoltre Rivelazione 11:8 identifica "la grande città" come il posto dove nostro Signore fu crocifisso In Geremia 22:8, Gerusalemme è anche chiamata la “grande città”

In senso generale il testo riflette una situazione Cristiana ancora profondamente legata al giudaismo,una situazione che poco o nulla si addice ad un’epoca dopo la distruzione di Gerusalemme e del Tempio nel 70 CE.Anche il mito del Nerone redivivo che sembra trasudare da alcuni capitoli di Rivelazione e che viene portato molte volte,a prova di una datazione del tempo di Domiziano, sembra che fosse già ben stabilito nel 69 CE.

4.2.Evidenza Esterna

I primi scrittori Cristiani datarono la composizione del libro differentemente. Molti lo pongono nel regno di Domiziano (81-96). Ireneo ,il più antico ed affidabile di questi,datò il libro di Rivelazione "verso la fine del regno di Domiziano" (Adv. Haer. 5.30.3) ma lo datò cosi attraverso i discorsi che aveva sentito da giovane, quando

stava in Asia, da Policarpo,Inoltre Ireneo, come dice John Robinson in “ Redating the New Testament “ ha fatto tre affermazioni:

1. che l’autore di Apocalisse e del quarto Vangelo sono la stessa persona;

2. che questa persona è l’Apostolo Giovanni; e

3. che l’Apocalisse fu vista alla fine del regno di Domiziano

Ora risulta difficile accettare in blocco le tre affermazioni ,perché se le prime due sono evidenze forti, la terza è debole e viceversa.In quanto la scrittura di un libro vigoroso come Rivelazione da parte di un ultranonagenario appare poco probabile ,d’altra parte se l’autore aveva alla fine del regno di Domiziano, non più di sessanta-settanta anni, questi non era Giovanni Evangelista.

Le evidenze di; Eusebio, S.E. 3.18, 20; Clemente di Alessandria, Quis div salv?. 42; Origene, Matt.16.6; Girolamo, De vir. ill. 9) sono comprensibilmente influenzate da Ireneo,anzi Eusebio dice esplicitamente che egli riporta notizie da Ireneo.In particolare, per l’evidenza di Clemente si nota che lui, in effetti, rammenta solamente “il tiranno” come l’imperatore che esiliò Giovanni, lo stesso fa Origene che lo chiama il Re dei Romani ed è Eusebio che attribuisce a questo tiranno o a questo Re ,il nome di Domiziano,invece Vittorino [In Apoc. 10.11.], che antedata Eusebius, dice che Giovanni fu condannato alle miniere in Patmos da Domiziano Cesare,dove vide la sua Apocalisse,che egli pubblicò dopo che fu rilasciato alla morte dell’imperatore.Risulta però difficile pensare un uomo di circa 95 anni (tale doveva essere l’età di Giovanni negli ultimi tempi di Domiziano ) che lavori nelle miniere sotto la sferza degli aguzzini!Sopravviva e scriva l’Apocalisse !

Vi sono tuttavia anche alcune evidenze esterne per la data del regno di Nerone (54-68) Nel lavoro in Siriano Storia di Giovanni figlio di Zebedeo viene detto chiaramente che Giovanni fu bandito a Patos da Nerone Sono esistenti un certo numero di traduzioni in Siriaco del libro di Rivelazione che hanno la seguente iscrizione : "La Rivelazione che fu fatta da Dio a Giovanni Evangelista ,nell’isola di Patmos,, nella quale era stato esiliato da Nerone Imperatore." .Del resto Ireneo stesso, in un’altra parte. Dice:” Come queste cose sono così,e il suo numero [666] è trovato in tutte le copie antiche approvate." L’età di Domiziano poteva difficilmente essere considerata “antica” per Ireneo Inoltre, nel codice Muratoriano che attribuisce,come si è visto, a Giovanni l’Apostolo il libro di Rivelazione, vi è una frase molto ambigua che suona così "Paolo, seguendo l’ordine del proprio predecessore Giovanni, scrive a non più di sette chiese per nome." Le sette chiese a cui Paolo scrisse erano;Roma,Corinto,Galazia ,Efeso ,Filippi,Colossi e Tessalonica. Giovanni nei suoi messaggi scrisse alle sette Chiese come indicate da Rivelazione 1:4. La implicazione di questa affermazione del Codice Muratoriano, potrebbe essere che Giovanni abbia scritto il suo libro PRIMA del completamento delle lettere di Paolo alla sue sette Chiese . Paolo morì durante la persecuzione di Nerone il cui regno terminò nel 68 CE.Vi è anche una interessante affermazione di Clemente di Alessandria in Stromata 7:19 "Perché l’insegnamento del Signore alla Sua venuta,cominciando con Augusto e Tiberio fu completato nel mezzo del tempo di Tiberio.E quello degli Apostoli abbracciando il ministero di Paolo,finì con Nerone

Quindi Clemente sembra indicare che egli credeva che le Scritture fossero completate al tempo di Nerone. Epifanio, un contemporaneo di Gerolamo,si riferisce all’esilio di Giovanni e alla profezia come essendo avvenuti sotto Claudio Cesare [Haer. 51.12 and 33.] – per quanto sembri implicare che Claudio era imperatore quando Giovanni era molto vecchio! Qualsiasi cosa avesse inteso dire Epifanio, è stato credibilmente argomentato che la sua fonte intendesse Nerone il cui primo nome era appunto Claudio

L’autore del Pastore di Erma sembra aver conosciuto l’Apocalisse, perché nelle sue visioni vi sono molte similarità con quelle dell’Apocalisse. Attualmente vi è una forte convinzione che il Pastore sia stato scritto intorno agli anni ottanta . Quindi la sua conoscenza di Rivelazione è una notevole evidenza per una sua datazione prima del 70 CE .

Tertulliano nel suo Esclusione degli Eretici.suggerisce fortemente che il bando di Giovanni avvenne nello stesso tempo del martirio di Pietro e di Paolo Nel suo Contro Gioviano Gerolamo sembra aver letto la frase di Tertulliano che affermava che l’esilio di Giovanni era stato comandato da Nerone .Lo stesso Eusebio inDimostrazione Evangelica (3:5) raggruppa in una sola frase che Pietro fu crocifisso a testa in giù,Paolo decapitato e Giovanni bandito in una isola.Nel testo apocrifo gli Atti di Giovanni sembra che Giovanni abbia subito due deportazioni, una sotto Nerone e poi scritto l’Apocalisse ed una sotto Domiziano che però lo bandì solamente e non lo condannò alle miniere,

Aretas di Cesarea,un pupillo di Fozio,scrisse un commentario sull’Apocamisse in cui lui attribuiva al sesto sigillo il significato della distruzione di Gerusalemme e del Tempio da parte dei Romani

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Vi è evidenza che i Cristiani furono perseguitati sia durante il regno di Nerone che in quello di Domiziano (Domiziano: S.E. 3.17-20; S.E. 4.27.9 [Melito di Sardi]; Nerone: Tacitus Ann. 15.44; 1 Clem. 6.1; Tertulliano, Apol. 5.3; Sulpicius Severus, Chronic. 2.29.3); ma quanto estese siano state queste persecuzioni e, soprattutto, se si siano estese alla provincia di Asia ,è incerto.Inoltre vi è attualmente un notevole consenso a che la persecuzione dei Cristiani di Domiziano sia stata notevolmente esagerata soprattutto da Melito di Sardi per giustificare la sua argomentazione che solamente i cattivi imperatori erano autori di persecuzioni contro i Cristiani.Quindi la vera e terribile persecuzione fu solamente quella di Nerone. Infatti non è che fino ad Orosio,uno storico Cristiano del V secolo, che noi vediamo parlare di una crudelissima persecuzione attraverso tutto il mondo . [Hist. adv. pag. 7. 10.1.] Tertulliano è molto più contenuto:

Amche Domiziano,con una crudeltà condivisa con Nerone,aveva tentato in una occasione di fare lo stesso di Nerone. Ma essendo,come mi immagino,possessore di una certa intelligenza ,egli cessò molto presto e anche richiamò quelli che aveva esiliato .[Apol.5, come citata da Eusebio , SE3.20.7. Nell’originale Tertulliano ha 'perché egli aveva una certa umanità' (qua et homo).]

Del resto la stesso Eusebio ci racconta che Domiziano, dopo averli interrogati,mando liberi i discendenti di Giuda il fratello del Signore,non riconoscendoli colpevoli di niente.SE 3,20

.

Conclusione Finale

Da quanto abbiamo visto e dai dati interni ed esterni riportati, possiamo concludere con le seguenti affermazioni,almeno nella interpretazione di che scrive che non è certamente un biblista ma un semplice dilettante appassionato dell’argomento:

Lo scrittore di Rivelazione è l’Apostolo Giovanni ma come un uomo intorno ai 55¸60 anni e ancora nel pieno vigore delle sue forze

Il luogo di scrittura e la sua data sono probabilmente Efeso,dopo la morte di Nerone ma prima della distruzione di Gerusalemme ,cioè prima del 70 CE

Tutti gli eventi predetti come imminenti nel libro dell’Apocalisse confluiscono nella distruzione di Gerusalemme e del suo Tempio.e si adempiono con queste.

Gli stessi dati ed evidenze riportati possono forse condurre ad una interpretazione differente, che, però, esula dalla mia comprensione.

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- Vanni U., Apocalisse - Un'assemblea liturgica interpreta la storia, Queriniana, Brescia, 1999



martedì 28 agosto 2018

il mistero dipinto fra le mura di Palazzo Altemps,Roma

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prezioso esempio di architettura rinascimentale, pressoché sconosciuto al grande pubblico, riportato alle sue forme originali grazie ad un attento restauro che ha eliminato modifiche che ne avevano alterato l’aspetto. I suoi splendidi interni e la magnifica loggia, affrescata come fosse un giardino d'inverno, fanno da sfondo alle straordinarie collezioni archeologiche appartenute a famiglie della nobiltà romana. Fra i capolavori in mostra il magnifico gruppo del Galata suicida appartenuta ai Boncompagni Ludovisi, i reperti provenienti dal santuario di Iside al Campo Marzio e dal santuario Siriaco al Giannicolo. Ma ciò che più intriga sono i molti simboli dipinti fra le pareti della cappella di famiglia dedicata da Marco Sittico Altemps al figlio Roberto morto per decapitazione.
La storia di Roma abbonda di misteri “noir” e di efferati delitti. Caso esemplare di trama omicida, architettata con maniacale perizia, la vicenda di Roberto Altemps, figlio illegittimo del cardinale Marco Sittico Altemps, accusato di adulterio e condannato alla decapitazione per volere di papa Sisto V nel 1586.
Inutili furono le suppliche del cardinale, a cui Sisto V rispose sprezzante “non vi può essere alcuna clemenza per chi infrange le leggi, anche se giovani, nobili o prelati”. Altrettanto vane furono le preghiere della giovane sposa che proclamava a gran voce l'innocenza del futuro padre del bimbo che portava in grembo.
Sisto V fu Papa solo per 5 anni (1585-90), tempo necessario per far condannare ben 311 persone a morte. Ex inquisitore della Santa Sede aveva emanato una bolla contro l’astrologia, la superstizione, le scommesse, la diffusione di avvisi pubblici e “Pasquinate”, la bestemmia, l’incesto, l’aborto e l’adulterio.
Tuttavia l’accanimento contro Roberto Altemps sembrerebbe essere stato di natura politica. Sisto V voleva arrestare l’opposizione politica di Marco Sittico che si era rafforzata grazie al matrimonio fra Roberto e Cornelia Orsini.La vicenda ha lasciato un’impronta duratura tra le pareti del palazzo dove, nascoste tra gli splendidi interni e la magnifica loggia affrescata come fosse un giardino d'inverno, vi sono metafore, allegorie e simboli esoterici che rimandano all’iniquo processo subito da Roberto Altemps e che trovano il loro culmine nella cappella di famiglia dedicata a S. Aniceto, martire morto per decapitazione.
Questa non fu ne' la prima ne' l’ultima storia nera legata a Palazzo Altemps; sembrerebbe infatti che vi sia una maledizione su questo palazzo anzi, potremmo dire addirittura, sull’intera zona che lo ospita. Tutte le famiglie che vi hanno abitato, ad iniziare dai Riario che lo fecero costruire nel 1477, hanno vissuto esperienze difficili al suo interno tanto da decidere di abbandonarlo….

domenica 26 agosto 2018

Per il paganesimo il sesso sopratutto riguardante il mistero del femminile era il sacro per eccellenza



La rappresentazione della Madonna, la dicotomia del femmineo- sacro e profano.
Puttana ha nella nostra lingua un significato gravemente offensivo. ma che significa davvero?
la parola deriva dal latino puteus che significa pozzo, buca. il termine puteus si accosta al principio di ricezione e contenimento, ossia alla simbolizzazione della vagina, dell’utero, del grembo. e i puticuli, intesi come grembi ipogei, indicavano in origine una cavità naturale o un buco scavato apposta per seppellire i morti. il ritorno alla madre.
nel testo sacro del zoroastrismo, l’avesta, la parola putika indica invece un lago mistico di acqua rigenerante. una sorta di cocoon, insomma. una piscina miracolosa dove l’acqua (elemento associato al femmineo) è in grado di guarire dalla più terribile delle malattie: l’invecchiamento.
in molti dialetti italiani, putein puto puta putìn indicano il fanciullo o la fanciulla, ossia uno stato giovane puro beato dell’essere umano. analogamente lo spagnolo puta e il francese pute alludevano a ciò che è puro o santo. viceversa la parola ebraica kaddosh, che vuol dire sacro, è associata alla kaddeshà che indica la figura un tempo definita come “prostituta sacra”. sono stati il tempo e una buona dose di misoginia a conferire alla radice sanscrita puta tutt’altro senso.
dunque, puta ha etimologicamente insito il principio di sacralità. ma la sessuofobia e la misoginia dei patriarchi hanno efficacemente associato alla sessualità, e in particolare al corpo della donna, l’idea di peccato, creando uno dei paradossi più scomodi della storia del cattolicesimo: il paradosso puttana/madonna.
anticamente il sesso era una forma liturgica, un atto mistico che permetteva all’essere umano di trascendere i propri sensi comuni per entrare nella dimensione spirituale. sexus in latino vuol dire scisso. la solenne festa misterica delle nozze sacre riuniva pertanto le due polarità scisse (maschile e femminile) in una sola carne. era un rituale di passaggio, del mondo e delle sue creature, e di trasformazione interiore. e la ierodula, la sacerdotessa-amante, era chiamata prostituta sacra, assumendo l’epiteto della dea al cui servizio era addetta: ishtar.
il corpo della donna era, impensabile per il nostro mondo occidentale contemporaneo, la via per entrare in “rapporto” con il divino. per i pagani, le donne erano naturalmente in contatto con il divino, mentre gli uomini da soli non potevano raggiungere l’obiettivo. di questo percorso mistico resta un residuo ribaltato nelle scuole di buddismo definito piccolo veicolo (hinayana, diffuso in sud-est asiatico), secondo il quale per raggiungere l’illuminazione le donne devono prima reincarnarsi nel corpo di un uomo; e anche nella nostra cultura patriarcale con la figura della “prostituta madre”, la donna grande amata dagli uomini e tollerata dalle donne che inizia i giovani maschi all’estasi sessuale.
ma qualcosa sotto sopravvive. un proverbio sufi, la religione pre-islam di cui maometto è un esponente in quanto sacerdote di fatma (una delle manifestazioni della grande madre trina, ridotta a sorella di maometto durante l’islamizzazione), recita: “la cura è nella vagina della donna”. mentre la prodigiosa capacità della sua saliva, che appartiene alla tradizione medicinale matriarcale (una tavoletta d’argilla proveniente dall’antica ninive attesta che le malattie oftalmiche erano curate con latte misto allo sputo delle prostitute sacre) sopravvive nel vangelo di marco. d’altronde, è il gesto più antico del mondo da parte delle madri leccare le ferite dei bambini per lenirne il dolore ed evitare infezioni..
le prostitute sacre erano dette anche vergini sacre (parthénoi ièrai). tra le incombenze a loro affidate, oltre all’offerta della “divina grazia celeste” (maria madre, gratia plena), c’erano la guarigione dalle malattie attraverso lo sputo medicinale e le secrezioni della vagina (medea da mèdomai: io guarisco), la profezia (cassandra), la danza sacra (arianna e la danza delle gru), le lamentazioni funebri (le prefiche).
la loro verginità però non è legata all’imene, ma allo stato di donna nubile (libera dal matrimonio). pertanto le ierodule erano vergini, perché non vincolate a legame matrimoniale, e sante perché esercitavano la funzione sacerdotale come incarnazione terrena della dea madre. ai figli generati dalle sacerdotesse sacre si conferiva un epiteto che dovrebbe ricordarci qualcosa: “nato da vergine”.
e a proposito di sorgenti nascoste nella nostra cultura pesantemente fallocratica, sperare nella provvidenza (ossia nella divina assistenza) significa in realtà affidarsi alla magia divinatoria e profetica del femminile. il verbo latino provideo vuol dire prevedere, vaticinare. per cui la divina provvidenza è incarnazione delle capacità mantiche del femmineo; le antiche matriarche infatti erano in grado di gestire i beni agricoli necessari alla comunità perché sapevano prevedere il movimento degli astri e i cambi di stagione. dio vede e provvede, ma sua madre lo faceva da molto prima.
chi è invece la madonna? che significa madonna? “semplicemente” la mia signora.
madonna è un titolo onorifico che si usa rivolgendosi a una donna o parlando di essa. in alcuni luoghi dell’abruzzo è il titolo che le nuore rivolgono per rispetto alle suocere entrando nella casa della matriarca. ossia la madre dello sposo.
la sua rappresentazione non origina con il cristianesimo, ma è di molto antecedente. poco studiata dagli autori dei vangeli cristiani, che la proiettano nel corpo della giovane vergine miriam (maria), la donna più famosa di tutta la storia del mondo è generata dal buio. dai vangeli nulla trapela, pare una donna senza passato. nonostante il mistero che la circonda da sempre, la madonna è in ogni angolo del pianeta e la devozione nei suoi confronti è sconfinata. essa è infatti madre di dio e regina del cielo.
le sue manifestazioni sono innumerevoli, come le sue forme. sono essenzialmente la stessa dea e incarnano l’aspetto della madre divina. i cristiani hanno distrutto i suoi templi e ucciso i suoi devoti, ma essa sopravvive dentro di loro con il nome di maria. chiunque abbia dimestichezza con la cultura pagana è in grado di cogliere le similitudini tra la vergine maria e la dea madre: la mater(ia), dunque il cosmo.
il catechismo cattolico afferma che dio stesso sia stato creato da maria.
alcuni oggetti di culto che la rappresentano sono sopravvissuti attraverso i secoli persino nelle religioni monoteiste ferocemente patriarcali, quali l’islam e il cristianesimo giudaico-romano.
• il rosario rappresenta la ciclicità del corpo del mondo e della donna e, al contempo, è strumento estatico attraverso la respirazione circolare e la ripetizione mantrica dei nomi divini.
• ha il manto blu trapunto di stelle sul capo e il mondo in mano, giacché essa è regina del cielo e della terra.
• in alcune sue manifestazioni è nera e il colore nero non sta a simboleggiare solo la tenebra, ma anche la terra scura e fangosa della fertilità. per l’iniziato, la madonna nera è madre terra.
• in altre, e la presenza è molto forte in abruzzo, è rappresentata con collane di corallo rosso, il cui colore rammenta il ciclo mestruale.
• in epoche antecedenti il cristianesimo, la vergine celeste (la dea madre natura) è raffigurata con il neonato dio sole tra le braccia. è il bambin gesù, che nasce con il solstizio d’inverno e muore con l’equinozio di primavera.
• il giallo dorato del nimbus ovale, la particolare ellissi che molto spesso circonda alcune rappresentazioni mariane, si dipana in raggi solari che emanano in ogni direzione.
• ha la corona di stelle, dodici come i mesi, come i simboli dello zodiaco che punteggiano l’anno solare, come le tribù di israele discendenti dai figli di giacobbe.
• l’aureola sulla testa è il cerchio, il simbolo della presenza del divino. si tratta di un simbolo dalla storia antichissimo, tramandato nel mondo cattolico con il nome di halo. l’aureola è regina del simbolismo magico degli antichi egizi e può essere considerata l’equivalente di un piccolo sole da cui scaturisce la luce.
• la falce di luna è il simbolo cornuto della potenza generatrice, come la labrys di arianna.
• la colomba è simbolo zoomorfo di afrodite. nelle culture pagane infatti la colomba è animale sacro alla dea dell’amore.
• la veste azzurra è il mare (regina delle acque) e il mare rappresenta la fonte di tutta la creazione. afrodite nasce dall’acqua e ἀφρός significa schiuma del mare. il nome miriam, secondo alcune fonti, significa goccia di mare. e probabilmente, dal latino mare-maris, è proprio questo il significato del nome maria.
nb. una delle fonti fondamentali di questo post è il libro “il femminile magico e la nascita prodigiosa” del ricercatore abruzzese marco rosario olivieri.