giovedì 28 dicembre 2017

Vestigia romane celate sotto Villa Francescatti

Un luogo da sempre toccato dagli déi, che fino a oggi ha supportato il pellegrinaggio a Verona. 

 Villa Francescatti non può essere di proprietà privata, dato che da sempre è parte integrante di quel complesso storico, paesaggistico e spirituale, che è il Poggio o Colle di San Pietro.

 
 

mercoledì 27 dicembre 2017

Il Covolo di Camposilvano

IL COVOLO E LA DEA CIBELE .
Chi non conosce il Covolo di Camposilvano ? Però questo nome dialettale ha una provenienza antica , tramite il cimbro KUVEL è giunto fino a noi nella forma dialettale veneta COVOLO . Questo nome arcaico deriva dal nome della dea ittita KUBABA , avente come significato GROTTA . Ripreso nel latino CYBELE e reso famoso per il fatto che i greci e i romani , nel culto MITHRAICO , asserivano la nascita di MITHRA da una pietra e in una grotta , appunto CYBELE . E' facile vedere l'accostamento col racconto Cristiano di Gesù nato in una grotta .  Grotta ripresa ancora da Platone e dove anche nella religione neo pitagorica si tramanda che Pitagora ebbe a vivere per molti anni in una grotta dove affino le sue conoscenze mistiche.........G.G. e L.P.

domenica 24 dicembre 2017

Interpretazione esoterica dell Tempista di William Shakespeare


   



Farsi prendere dalla tempesta e lasciare che essa scuota tutto il nostro essere e poi chiedersi cosa rappresentano in noi, qui ed ora, i vari personaggi, vuol dire approfittare del genio di William per visitare la nostra terra (V.I.T.R.I.O.L. = Visita Interiora Terrae, Rectificando Invenies Occultum Lapidem, cioè a dire: visita l’interno della terra, rettificando troverai una pietra occulta). Shakespeare è per noi un maestro, cioè uno che ha conosciuto se stesso, la sua essenza. Il perdono con il quale ha riempito il petto di Prospero non è, a nostro avviso, motivato da un banale sentimentalismo, ma da una profonda conoscenza: il vecchio duca di Milano sa benissimo come la vera Essenza, la vera identità di tutti i perdonati è tale e quale la sua: coscienza onnipervadente che dà vita ad infinite forme, ognuna delle quali, per un grossolano errore di valutazione e di presunta convenienza crede di essere vera ed eterna. Suggeriamo di osservare il vecchio duca non come personaggio fra personaggi, ma come coscienza, come burattinaio. Con tale commedia William crea l’ennesima ingarbugliata comitiva di burattini, e la muove a suo piacimento, per ricordarci che ogni essere, umano e non, è personaggio, e per costringerci a stare dal punto di vista impersonale dell’Essere. Il lettore a questo punto storce il naso asserendo che Shakespeare quando ha scritto tale capolavoro non era affatto un maestro illuminato, non pensava di dire tutte queste cose, ma voleva solo divertire? Bene, probabilmente ha ragione, ma, lo ripetiamo ancora una volta, per noi il punto non è questo, ma quanto, con la nostra piccola esperienza, riusciamo a tirar fuori dalla miniera. Continuiamo dunque dicendo che il nostro grande poeta sa bene come la vicenda colpirà solo mente e cuore di coloro che, incoscienti, assisteranno al suo dipanarsi. E’ per questo che, come sempre, usa una poesia somma per prendere al laccio tali addormentati e porli dietro un labirinto di perfette geometrie. La sua lirica è come una porta aperta sulla ricca simbologia che la storia cela, e costringe l’ascoltatore-spettatore a varcarla per cercarne il motore. Sono secoli ormai che l’anima di William, Miranda, se ne sta nell’isola di questa nostra scuola che è la vita, pronta ad innamorarsi e a far innamorare il principe (il ricercatore) che sbarca fortunosamente in essa nel corso della tempesta che ha sconvolto tutto il suo essere fin dal momento in cui ha imboccato la strada del ritorno a Casa... Ma torniamo alla vicenda.Essa scandisce bene la galleria di personaggi che volta a volta si presenta sul palcoscenico del teatrino mentale di colui che ha avuto il coraggio di "scendere in miniera".Il ricercatore scopre anzitutto di avere un fratello (Antonio fratello di Prospero) che vorrà soffocarlo in quanto duca, in quanto conducente, e prenderne il posto vendendosi ad un’autorità esterna (Alonso re di Napoli): un fratello che rifiuta con tutti i mezzi la neonata e distratta coscienza, colei che decreterà la sua fine (Prospero si chiude in biblioteca e trascura il ducato). Per fortuna Alonso ha un briciolo di intuizione e lungimiranza che lo salverà: egli ha Gonzalo, un consigliere onesto e saggio. Ciò che verrà da questo connubio è Ferdinando, il principe (il nuovo aspetto del re) che sposerà Miranda. Questa rappresenta l’anima del ricercatore, che attraverso tali nozze recupererà tutte le energie negative: Sebastiano, fratello del re di Napoli; Francesco e Adriano, nobili non certo di cuore; Trinculo e Stefano, buffone e dispensiere. Nulla andrà perduto; tutto fungerà da concime, ma prima occorrerà togliere ad ognuno il suo pungiglione.Per compiere la sua opera Prospero, mago e sapiente, utilizza uno spirito dell’aria (silfide), Ariele, il quale ha al suo comando una schiera.Ma il duca, quando raggiungerà il suo scopo, abiurerà la magia, rinunciando all’uso di un immenso potere che potrebbe comprometterne la realizzazione: durante l’esistenza corporea-egoica la caduta è sempre possibile.Ora però è il caso di sottolineare come tale tempesta metta a dura prova il ricercatore serio. Essa lo lacera, lo sballottola di qua e di là, e l’ego che viveva di sensazione, prefigurando la sua fine, manda in prima linea il meglio del suo repertorio: per il tatto e l’avvenenza, il buffone; per la gola, il dispensiere beone; per la lussuria, il gran mostro Calibano; e così via per invidia, orgoglio, ira, ecc. L’Amore, il cuore puro, Miranda, li sconfiggerà tutti comprendendoli e perdonandoli.Quanto a Prospero, alla fine, come il maestro zen dell’ultimo quadro dei dieci tori, si mescola col pubblico (il maestro zen andava al mercato) affacciandosi dal proscenio e chiede; "liberatemi da ogni ceppo con l’aiuto delle vostre mani": William Shakespeare con la sua magica arte di commediografo ha creato un personaggio, per l’appunto Prospero, che se ne sta ancora lì, in quell’isola che è un teatro, e chiede al pubblico un applauso per liberare tutti (se stesso, personaggio e spettatori) dall’incantesimo. A questo punto ci va di citare Elemire Zolla (Verità segrete esposte in evidenza): "Senza la premessa della possessione quale via di conoscenza, come spiegare l’origine del teatro, la funzione dell’attore sacro?....... Ci si fermi alla possessione da parte di un archetipo che incendia, ci si spinga alla conoscenza assoluta spezzando la possessione: la materia prima, d’arrivo o di partenza, è pur sempre una visione, uno scenario, un mito". Per concludere, invece, visto che lo abbiamo scomodato, lasceremo parlare il maestro zen: "Scalzo e a petto nudo mi mescolo alla gente del mondo . I miei vestiti sono a brandelli, pieni di polvere ed io sono sempre immerso nella beatitudine. Non adopero alcuna magia per prolungare la mia vita; ora davanti a me gli alberi diventano vivi...Vado al mercato con la mia bottiglia di vino e torno con il mio bastone. Visito la bettola ed il mercato; chiunque io guardi diviene illuminato".  

Il significato magico del solstizio d’inverno


- tratto da HERA, nr. 59, dicembre 2004

Il periodo natalizio nasconde un significato arcano ai più, ma profondamente sentito nell'antichità. Per gli iniziati è una porta, l’ingresso simbolico, rappresentato dal solstizio d'Inverno, a uno stato superiore di consapevolezza. 

Siamo nel periodo delle celebrazioni e dei festeggiamenti per il Natale e, come ogni anno, la moltitudine globalizzata, con giustificazioni astrattamente religiose, si immerge repentinamente e totalmente nella demonia del consumismo sfrenato, senza comprendere minimamente o implicitamente che in quei giorni specifici del ciclo annuale qualcosa di straordinario e di magico accade, un evento cosmico che assumeva un alto valore simbolico in tutte le forme assunte dalla Tradizione Primordiale. 

Questo scritto è mirato proprio a precisare il suddetto aspetto tradizionale, compenetrandolo in una visione organica, che liberi il campo da integralismi e settarismi d'ogni tipo, esplicitando il senso universale di quello che è comunemente conosciuto come il Solstizio d'Inverno, appartenente, in forme giustamente diverse, alla spiritualità di tutte le religioni del mondo. 

Non dimentichiamo, infatti, che quell'avvenimento iniziò ad essere celebrato dai nostri antenati, ad esempio, presso le costruzioni megalitiche di Stonehenge, in Gran Bretagna, di Newgrange, Knowth e Dowth, in Irlanda o attorno alle incisioni rupestri di Bohusian, in Iran, e della Val Camonica, in Italia, già in epoca preistorica e protostorica. 

Esso, inoltre, ispirò il "frammento 66" dell'opera di Eraclito di Efeso (560/480 a.C.) e fu allegoricamente cantato da Omero (Odissea 133, 137) e da Virgilio (VI libro dell'Eneide). Quello stesso fenomeno fu invariabilmente atteso e magnificato dall'insieme delle popolazioni indoeuropee: i Gallo-Celti lo denominarono "Alban Arthuan" ("rinascita del dio Sole"); i Germani, "Yulè" (la "ruota dell'anno"); gli Scandinavi "Jul" ("ruota solare"); i Finnici "July" ("tempesta di neve"); i Lapponi "Juvla"; i Russi "Karatciun" (il "giorno più corto"). 

Pochi sanno, che, intorno alla data del 25 dicembre quasi tutti i popoli hanno sempre celebrato la nascita dei loro esseri divini o soprannaturali: in Egitto si festeggiava la nascita del dio Horus, e il padre Osiride si credeva fosse nato nello stesso periodo; nel Messico pre-colombiano nasceva il dio Quetzalcoatl e l'azteco Huitzilopochtli; Bacab nello Yucatan; il dio Bacco in Grecia, nonché Ercole e Adone o Adonis; il dio Freyr, figlio di Odino e di Freya, era festeggiato dalle genti del Nord; Zaratustra in Azerbaigian; Buddha, in Oriente; Krishna, in India; Scing-Shin in Cina; in Persia, si celebrava il dio guerriero Mithra, detto il Salvatore ed a Babilonia vedeva la luce il dio Tammuz, "Unico Figlio" della dea Ishtar, rappresentata col figlio divino fra le braccia e con intorno al capo, un'aureola di dodici stelle, proprio come la Vergine della cristianità.


Creare e ricreare

Nel giorno di Natale, il Sole nel suo moto annuo lungo l’eclittica – il cerchio massimo sulla sfera celeste che corrisponde al percorso apparente del Sole durante l'anno - viene a trovarsi alla sua minima declinazione nel punto più meridionale dell'orizzonte Est della Terra, che culmina a mezzogiorno alla sua altezza minima (a quell'ora, cioè, è allo Zenit del tropico del Capricorno) e manifesta la sua durata minima di luce (all'incirca, 8 ore e 50-55 minuti). Raggiunto il punto più meridionale della sua orbita e facendo registrare il giorno più corto dell'anno, riprende, da questo momento, il suo cammino ascendente. 

Nella Romanità, in una data compresa tra il 21 e il 25 dicembre, si celebrava solennemente la rinascita del Sole, il Dies Natalis Solis Invicti (il giorno del Natale del Sole Invitto). Ciò avvenne dopo l'introduzione, sotto l'Imperatore Aureliano, del culto del dio indo-iraniano Mithra nelle tradizioni religiose romane, e l'edificazione del suo tempio nel campus Agrippae, l'attuale piazza San Silvestro a Roma. 

Il tempio era praticamente incluso all'interno di un più vasto ciclo di festività che i Romani chiamavano Saturnalia, festività dedicate a Saturno, Re dell'Età dell'Oro, che, a partire dal 217 a.C. e dopo le successive riforme introdotte da Cesare e da Caligola, si prolungavano dal 17 al 25 Dicembre e finivano con le Larentalia o festa dei Lari, le divinità tutelari incaricate di proteggere i raccolti, le strade, le città, la famiglia. 

Il mito romano narra che il misterioso Giano, il dio italico, regnava sul Lazio quando dal mare vi giunse Saturno, che potrebbe essere inteso come la manifestazione divina che crea e ricrea il cosmo a ogni ciclo, colui che attraversa le acque, ovvero la notte e la confusione-caos successiva alla dissoluzione del vecchio cosmo, per approdare alla nuova sponda, ovvero alla luce del nuovo cosmo, del nuovo creato. 

Come sostiene René Guénon (1), vi è una qualche analogia fra il dio romano e il vedico Satyavrata, testimoniata dalla comune radice "sat", che in sanscrito significa l'Uno. Nel Lazio, inoltre, nel corso del mese di dicembre, il dio Conso era festeggiato il 15 dicembre, nel corso delle Consualia, le feste dedicate alla "conclusione sacrale del vecchio anno". 

Segnaliamo come dal latino, "condere", indica l'azione del "nascondere" e/o del "concludere". Il già citato Giano, associato a Conso, poi, era l'antica divinità latina dalle "due facce", "dio del tempo" e, specificamente, "dell'anno", e il cui tempietto, a Roma, consisteva in un corridoio con due porte, chiuse in tempo di pace e aperte in tempo di guerra, corridoio che, sulla base della sua ancestrale accezione, designa "l’andare" e, più particolarmente, la "fase iniziale del camminare" e del "mettersi in marcia". 

Giano regolava e coordinava l'inizio del nuovo anno, da cui lanuarius, il mese di Gennaio. Come ci conferma Franz Altheim (2), "Ianus e Consus, nella realtà religiosa romana, si riferivano all’inizio ed alla fine di un'azione" e facevano ugualmente riferimento «ad eventi fissati nel tempo, ma che si ripetevano periodicamente», quelli dell'eterno ritorno della luce a discapito delle tenebre.

Non dimentichiamo, quindi, che come la tradizione romana della festa del dies solis novi affondava le sue radici sia nel passato preistorico delle genti indoeuropee, a cui i Romani e la maggior parte delle genti Italiche appartenevano, che in quello delle sue stesse basi cultuali. Julius Evola ci ricorda come "Sol, la divinità solare, appare già fra i dii indigetes, cioè fra le divinità delle origini romane, ricevute da ancor più lontani cicli di civiltà" (3)



Porte di accesso

E' fondamentale a questo punto comprendere come tale rinascita solare rappresenti "solo" il simbolo di una rigenerazione cosmica, in cui il Sole e la Luce sono associati all'idea d'immortalità dell'uomo, che opera la sua seconda nascita spirituale, sviluppando e superando il proprio stato sottile, nella notte del solstizio d'inverno, quando è possibile accedere al deva-yana ("via degli dèi" della tradizione indù) alla contrada ascendente e divina in cui l'uomo, restaurando in sé l'Adamo Primordiale, può intraprendere la strada dello sviluppo sovra-individuale. 

Questo è il momento in cui, quando la notte diviene padrona e il buio totale, è necessario mantenere accesa la fiamma della Fede, che al mattino, con l'alba, diverrà trionfante. Nei tarocchi, ciò che meglio identifica tale rinascita di Luce è la lama del Bagatto, che simboleggia la vera essenza dell'uomo, la cui missione è conseguire l'unione fra spirito e materia. 

Il Bagatto ha già davanti a sé tutti i simboli del potere materiale ed è il personaggio che intraprende l'Opera alchemica, lavorando con i tre principi e i quattro elementi (i tre piedi e i quattro angoli del tavolo), grazie alla quale ogni uomo è un metallo, che portato alla sua perfezione, viene chiamato Oro. Il senso più alto della carta è dato dal suo numero, che è l'uno e che indica il motore immobile, il Principio di tutte le cose, anche se il suo cappello a forma di otto allungato simboleggia il movimento d'elevazione spirituale che conduce alla quadratura del cerchio. 

In tal senso, uscendo dalla Caverna Cosmica, con il Solstizio d'Inverno si passa dal nulla all'unità; geometricamente cioè, dal divenire sensibile, rappresentato dal simbolo della circonferenza, si passa all'eterno presente, che nell'uno e nel centro si esplicita perfettamente. 

Significativo è, inoltre, il passo evangelico in cui Giovanni Battista, nato nel giorno del Solstizio d'estate, rivolgendosi a Gesù, nato nel Solstizio d'Inverno, si pronunci in tal modo: «Bisogna che egli cresca e che io diminuisca». Parimenti è la rappresentazione classica del dio iranico Mithra, raffigurato mentre uccide un toro, con due dadofori ai suoi fianchi, che simboleggiano il corso del Sole: Cautes con la torcia verso l'alto (21 Giugno) e Cautopates con la torcia verso il basso (21 Dicembre). 

Ecco il simbolismo tradizionale delle porte solstiziali, che corrispondono rispettivamente all'entrata e all'uscita dalla Caverna Cosmica: la prima porta, quella "degli uomini", corrisponde al Solstizio d'Estate, cioè all'entrata del Sole nel segno zodiacale del Cancro, la seconda, quella "degli dèi", al Solstizio d'Inverno, cioè all'entrata del Sole nel segno zodiacale del Capricorno.

Dal punto di vista iniziatico, la caverna, per via del suo carattere di luogo nascosto e chiuso, rappresenta un momento di totale interiorizzazione dell'essere, vale a dire il luogo dove avviene, accedendovi, la seconda nascita dell'iniziato. La seconda nascita, corrispondente nel significato ai Piccoli Misteri, si differenzia dalla terza nascita, in uscita dalla porta solstiziale d'inverno, corrispondente, invece, ai Grandi Misteri.

La seconda nascita si realizza sul piano psichico, definendosi come rigenerazione psichica. La terza nascita, invece, opera direttamente nell'ordine spirituale e non più psichico, in quanto l'iniziato deve a quel punto aver risolto la sua individualità, trovando cosi libero accesso alla sfera di possibilità della comprensione sovra-individuale. 

Qui l'iniziato rivive le tre tappe del processo alchemico: le tenebre s'infittiscono, l'alba s'imbianca, la fiamma risplende. In prospettiva macrocosmica, tutto ciò è simboleggiato dall'ingresso del Sole nel segno zodiacale del Cancro, con il Solstizio d'Estate. Il Solstizio d'Inverno corrisponde, invece, in senso microcosmico, alla presa di coscienza della vera spiritualità, in quanto uscita alla luce. 

Durante questo processo la comprensione esoterica può essere visualizzata come un'illuminazione riflessa che rischiara il buio della caverna: un fascio di luce che penetra da un'apertura nel tetto della caverna e che genera quell'illuminazione di riflesso, descritta anche dal mito della caverna sacra di Platone e la cui fonte è il "Sole Intelleggibile".

Nell'ordine microcosmico, per quanto concerne l'organismo sottile individuale, tale apertura corrisponde al centro energetico che si trova sulla sommita del capo, il chakra della corona, il Kether dell'albero sefirotico.

Esso rappresenta il settimo livello del sistema dei chakra e corrisponde a ciò che nella Cristianità viene indicato come il settimo cielo. E' lo stato di consapevolezza della libertà assoluta, la sede del Creatore. Secondo gli indú, al chakra della corona si fondono la Prakriti, la sostanza primordiale, e il Purusha, lo spirito, l'essenza. 

Nel percorso rettilineo tra la seconda e la terza nascita, all'interno della Caverna Cosmica, tra le due porte solstiziali, l’illuminazione, dunque, penetra in noi dalla sommità del cranio. Secondo i rituali operativi massonici, sulla sommità del cranio di ogni uomo è sospeso il filo a piombo del Grande Architetto, quello che segna la direzione dell'Asse del Mondo. Concludiamo col ricordare che la rigenerazione cosmica, di cui si è scritto, è un fenomeno che non può prescindere dalla discesa e dall'aiuto di un avatara, di cui il Cristo Redentore è l'ultimo e più splendente esempio: «Il Sole ritorna sempre, e con lui la vita. Soffia sulla brace ed il fuoco rinascerà».

Note

* René Guénon, Alcuni aspetti del simbolismo del pesce, in Simboli della Scienza Sacra, ed. Adelphi.
* Franz Altheim, Storia della Religione Romana, Ed. Settimo Sigillo, Roma, 1996, pag. 69 e 70;
* Julius Evola, La Tradizione di Roma, Ed. di Ar, collezione "Areté", Manduria, 1977, pag. 138). 

Pagine Esoteriche: Il significato magico del solstizio d'inverno -

Giuliano Imperatore: inno al sole, nella ricorrenza del solstizio d'Inverno

In questi giorni il Sole ritrova la sua forza, questi sono i giorni dove le tenebre prevaricano sulla luce, ma da oro e fino a Giugno il divino Astro via via ritornerà al suo fulgore. 
Canto la gloria del risplendente Dio del Sole,
la bellissima progenie del possente Giove,
Colui che, attraverso la vivificante fonte solare,
nella sua mente creatrice nascose
la forma di una triade di splendidi Dei solari;
da cui le multiformi forme del mondo emersero
dalla mistica tenebra nella magnifica luce,
perfetta e ricolma di beni della sfera intellettiva.
Salve a te! Dio oltremondano della luce divina,
l’immagine più bella del bene sconosciuto:
poichè, come la luce procede dall’Uno,
il Dio degli Dei, il fiore senza paragone della bellezza,
gli Intelligibili, con occulti raggi divini,
illumina; così dai raggi di Apollo,
esultando glorioso grazie al potere dell’armonia,
il mondo della mente è colmato in esuberanza di luce che eleva,
il Sole visibile largamente diffonde attraverso il mondo dei sensi,
una luce che tutto genera, bella e divina.
A Te, come Apollo luminoso, appartiene l’unire
la moltitudine in unità,
e molte nature generare da una sola;
con vigore nella tua essenza riunire
i differenti livelli delle forme secondarie;
e attraverso una perfetta unica natura essenziale (natura/principio)
combinare tutte le varie essenze e i poteri della generazione.
Ti è proprio, tu esente dalla molteplicità, ispirare nelle forme subordinate
la verità profetica; poichè verità e pura semplicità sono un’unica cosa;
del preservare il potere incorrotto la tua essenza libera è la fonte.
Celebri mistici poeti dei tempi passati, in canti sacri,
ispirati da Te, come il Signore che scaglia la freccia
costantemente ti invocavano, come Colui dall’irresistibile dominio
poichè i tuoi raggi colmi di forza colpiscono come frecce,
e completamente, tutto ciò che il mondo privo di misura
contenga di oscuro o privo di ordine, Tu distruggi.
E infine la tua rivoluzione circolare è il segno del movimento
che armonizza in uno le varie nature di questo possente Tutto.
Dunque, la tua prima monade luminosa, oh Dio illustre,
enuncia la verità e la luce intellettuale;
quella luce che, nell’essenza degli Dei,
sussiste con raggi unficati e non conosciuti.
La seconda distrugge tutto ciò che è confuso;
e dalla tua terza l’universo è legato con perfetta simmetria e retto consenso,
attraverso splendide cause e un potere armonico.
Aggiungiamo che alla tua essenza, fra gli Dei mondani,
è assegnato un ordine sopra-mondano,
un non generato e supremo potere di comando
su tutte le categorie delle forme generate,
e nei sempre fluenti reami dei sensi
un’ intellettuale dignità di dominio.
Ti appartiene un doppio avanzamento-
uno in congiunzione con gli Dei mondani,
l’altro soprannaturale e sconosciuto:
poichè quando il Demiurgo creò il mondo
Egli fece nascere una luce nella sfera solare,
non simile allo splendore delle altre sfere celesti,
tratta dai più occulti recessi della sua natura,
un simbolo perfetto delle forme intellettuali,
apertamente annunciando, con il suo splendore,
in ogni angolo di questo incredibile Tutto,
la solitaria e arcana essenza
di tutti i sovrani Dei sopramondani.
Perciò infatti, quando i tuoi raggi adornarono il mondo,
gli Dei mondani furono rapiti dalla tua vista;
così attorno alla tua orbita, con zelo emulativo
e sinfonia divina, Essi desiderarono danzare,
e cogliere ogni abbondanza dalla tua fonte luminosa.
Attraverso il tuo calore manifesto tu spingi in alto
le nature corporee dalla pigra terra,
ispirando un vivido potere vegetativo;
attraverso una natura segreta e divina,
liberi dai basici legami della materia,
attraverso una natura inerente nei tuoi raggi che tutto generano
Tu porti all’unione con la tua forma meravigliosa
le anime esaltate che negli oscuri domini della materia
terribilmente lottano per rivedere le dimore luminose:
Tu colmo di bellezza, dai sette raggi, Dio sopramondano!
La cui mistica essenza segretamente emette le splendide fonti della luce celeste.
Poichè fra i sosvrani Dei sopramondani
un mondo solare e una luce assoluta esiste,
una luce che brilla come la fertile monade,
superiore ai tre mondi.
Sacri antichi Oracoli, così dissero, che la Tua orbita gloriosa
al di là della sfera delle stelle e nell’ultimo reame dell’etere ruota.
Ma nel tuo cammino, armoniosamente divino, la tua orbita
quattro volte attraversa questi mondi;
così rivelando (mostrando) dodici poteri di Dei luminosi,
attraverso dodici divisioni della zona obliqua.
Ancora colmo di forza creativa, ciascuna dividi in tre di differente livello.
Così, dalla quadruplice eleganza e grazia dei tempi e delle stagioni,
generate dal tuo percorso, l’umanità riceve un triplo beneficio,
il perenne dono delle Grazie che muovono in circolo.
Dio che tutto concedi, Tu che liberi l’anima
dalle oscure catene corporee della genesis,
assisti la tua stirpe, conducila sulle ali del pensiero,
al di là della stretta delle terribili (illusive) mani della Natura,
rapida nell’ascendere, per raggiungere il tuo mondo incantevole.
Il sottile abito della mia anima perfeziona,
eterea, salda e colma di luce divina,
il suo antico carro da Te assegnato;
nel quale avvolta, attraverso il cielo stellato,
spinta dall’impulso del folle desiderio,
ella precipitò fino a che, le sponde del Lete,
preda dell’oscurità, infelice, raggiunse,
e perse così ogni conoscenza del suo stato precedente.
Oh migliore degli Dei, daimon perfetto, dalla corona fiammante,
sicuro rifugio della mia anima nell’ora del dolore,
il porto paterno nelle dimore luminose,
ascoltami e libera la mia anima dalla punizione,
la punizione che è dovuta agli errori passati,
a causa dell’oscurità del Lete e del desiderio mortale.
Se per lunghi anni sarò condannato a rimanere in questi terribili domini
destinato all’esilio dal reame luminoso,
oh, concedimi presto i mezzi necessari
per raggiungere quel bene che la solitudine concede
alle anime che emergono dalle onde dolorose
del flutto impetuoso ed oscuro dell’illusoria materia.
Così che, ritirandomi dal gregge volgare
e dall’empio discorrere dell’era presente,
la mia anima possa trionfare sui mali della sua nascita;
spesso a Te congiunta in dolcissima unione
attraverso un’energia ineffabile, possa elevarsi
al di là delle più alte forme sopramondane
e nel luogo supremo contemplare,
emergente dalla profondità intelligibile,
la trascendente, solitaria bellezza del Sole.
Traduzione di Laura Mainardi

venerdì 22 dicembre 2017

Veri ed originali auguri a tutti !

Molti sono i popoli, molte le lingue,
ma tu, o Sole,
sei il Signore di tutti loro, e ti affatichi per tutti loro,

perché i tuoi raggi arrivano fino in fondo al mare;
da te proviene il Nilo celeste che dà vita a tutti gli uomini,
come il Nilo terrestre dà vita all'Egitto ...

Dall'Inno ad Athon, Amenofi IV Ekhnaton, sec. XVI a.C

ROMA nascosta


S.Maria in Tempulo,roma..
La chiesa di S.Maria in Tempulo è situata sotto le pendici del Celio, in via Valle delle Camene, una strada che ripercorre l'antico tracciato iniziale della via Appia e che nel toponimo ricorda che qui sorgeva la "Fons Camenarum", la fonte sacra alle Muse (le "Camenae", appunto): le sue acque, ritenute medicamentose, venivano utilizzate dalle Vestali per la necessità del loro culto. Il toponimo "in Tempulo" invece sembra debba risalire alla vicinanza della chiesa con il "Tempio di Ercole Musagete", costruito nel 187 a.C. da M.Fulvio Nobiliore dopo il suo trionfo sugli Etoli ed ornato con opere d'arte (come le statue di Ercole e delle Muse) prese come bottino di guerra nella città di Ambracia. Il tempio era circolare, con un pronao tetrastilo e sorgeva su un alto podio esteso sia a nord del tempio, dove formava un'esedra, sia a sud dove inquadrava un'area aperta dotata di una piccola struttura rotonda che potrebbe essere stata l'Edicola delle Camene, attribuita dalla tradizione al re Numa. Le origini di S.Maria in Tempulo risalgono addirittura alla fine del VI secolo, quando una comunità religiosa greca costruì in questo luogo un piccolo oratorio dedicato a S.Agata. Il primo documento ufficiale che attesta l'esistenza di un "Monasterium Tempuli" risale però all'806, quando l'edificio venne saccheggiato dai saraceni: affinché le monache avessero le possibilità economiche per la ricostruzione, nel 905 papa Sergio III emanò una bolla nella quale donava al monastero alcune proprietà sulla via Laurentina, a patto però che le monache recitassero cento volte al giorno il "Kyrie Eleison" ("Signore, pietà") ed il "Kristi Eleison" ("Cristo, pietà").
Questa bolla è molto importante perchè per la prima volta venne menzionata la famosa icona acheropita (ovvero non dipinta da mani umane) di S.Maria in Tempulo . Un documento del 977 menziona il "Monasterium Sanctae Mariae qui vocatur Tempuli", mentre soltanto nel 1155 comparve ufficialmente una "ecclesia S.Mariae in Tempuli", non a caso nel periodo di maggiore splendore del monastero: a questo stesso periodo, inoltre, appartiene anche il campanile, del quale permangono soltanto due lati inglobati nella muratura dell'edificio, visibili sulla destra del versante rivolto verso via delle Terme di Caracalla. La storia del convento volse al termine nel 1216, quando papa Onorio III incaricò S.Domenico di fondare il primo ordine monastico di clausura (le suore Domenicane, per l'appunto). Nel 1222 S.Domenico riuscì a realizzare il progetto trasferendo le suore di S.Maria in Tempulo (denominate Tempoline) nel vicino monastero di S.Sisto Vecchio, con l'autorizzazione, premessa necessaria affinché l'impresa avesse successo, di trasferire nella nuova sede anche l'adorata icona della Vergine (in seguito appunto denominata "Madonna di S.Sisto"): l'icona, dopo aver soggiornato per più di tre secoli nel convento di S.Sisto Vecchio e per altri tre nel convento dei Ss.Domenico e Sisto, tutt'oggi è veneratissima nella chiesa di S.Maria del Rosario a Monte Mario. La storia della chiesa di S.Maria in Tempulo, oggi sconsacrata, continuò con un'alternanza di destinazioni d'uso veramente unica: da monastero a civile abitazione, da ninfeo della villa Mattei (nei primi anni del 1600) a fienile, fino all'attuale utilizzazione come sede sussidiaria del Comune di Roma per la celebrazione di matrimoni civili. Non vi fu scelta più felice, sia per la bellezza ed il fascino del luogo per i novelli sposi, sia, e questo è sicuramente il motivo più importante, perchè ciò comportò la completa e complessa ristrutturazione dell'edificio.
Lo chiamavano re soldato e fu anche Imperatore, in realtà è stato il responsabile di due guerre e ha lasciato una mare di sangue per niente, questo è un re pirla e si preoccupano della salma, dove è opportuno metterla, tutta retorica sciocca!
L'immagine può contenere: una o più persone e spazio all'aperto

Così in alto come in basso

"Nessun albero può crescere fino al paradiso se le sue radici non scendono fino all'inferno”
Carl Gustav Jung.

lunedì 18 dicembre 2017

Ladrocinio di stato

"STRUMENTO FINANZIARIO AD ALTO RISCHIO CHE PUÒ COMPORTARE LA PERDITA DELL'INTERO CAPITALE"
Risultati immagini per nuova emissione di obbligazioni subordinate
Questa é la frase che Vegas é riuscito a far togliere dal prospetto che accompagnava la vendita delle obbligazioni subordinate, che se ricordo bene in USA si chiamano Azioni di privilegio.
Immediatamente dopo i funzionari delle banche giá decotte hanno massacrato migliaia di risparmiatori.
Ma ieri in commissiine il sign. Vegas ha dovuto rendere conto degli appuntamenti con la Boschi.
Siamo un paese finito.

L'Italia è nata male

Risultati immagini per <Re d'Italia vittorio emanuele I primo re di Italia
Può nascere un Regno Nuovo dove il primo sovrano si  chiama Vittorio Emanuele II: il primo re d'Italia? Siamo nati male e i Savoia erano la  dinastia meno opportuna fra quelle che governavano al tempo il Bel Paese.........

Mozart Adagio für Glasharmonika KV 617a

giovedì 7 dicembre 2017

LA LEGGENDA MAGICA DI MICHELE SCOTO

Di Andrea de Pascalis





Tra le opere conosciute di Michele Scoto nessuna ha come argomento specifico la magia. Tuttavia — come riferisce L. Thorndike in History of Magie and Experimental Science — nei suoi libri il filosofo si sofferma più volte sulla materia. Sorprendentemente, nonostante la fama di mago attribuitagli dai posteri, in tali scritti Scoto esprime un atteggiamento di condanna nei confronti di magia e di necromanzia, anche se spesso indulge a narrare storie di maghi e necromanti e mostra di avere una grande familiarità con i testi magici. Egli definisce «necromanzia» un'arte oscura praticata più di notte che di giorno. I responsi dei necromanti sono suggeriti dai demoni; l'arte magica distrugge la religione e corrompe la morale. Il mago è un imbroglione e un malvagio, ma è anche un individuo capace di scrutare nei segreti della natura e di predire il futuro. Avvalendosi di arte diabolica, lo stregone è in grado di effettuare incantesimi e «legature», di interpretare sogni, di suscitare illusioni.

Scoto elenca ventotto diversi metodi di divinazione e crede che siano tutti veri: gli auspici tratti dal volo degli uccelli,l'interpretazione dei sogni, la divinazione a mezzo dei tuoni, l'idromanzia, la manzia attraverso l'osservazione delle comete, delle stelle cadenti e delle forme delle nuvole. Tutti questi metodi — egli spiega — sono proibiti, infami e malvagi, contrari alla fede cristiana, ma nondimeno sono veri «come le meraviglie di Simon Mago».
Scoto più di qualche volta attribuisce un carattere sperimentale alla scienza magica. Altrove stabilisce che, poiché i demoni sono naturalmente avidi di sangue, specialmente umano, quando necromanti e maghi desiderano eseguire esperimenti, spesso mischiano acqua con vero sangue o usano vino che hanno «esorcizzato» in modo da farlo apparire sangue.


Nel Liber physionomiae Scoto parla dell'interpretazione dei sogni, affermando che per poter operare correttamente bisogna prendere in considerazione diversi elementi: l'età del sognatore, la fase lunare del momento in cui è avvenuto il sogno, lo stato di digestione del sognatore. A quest'ultimo proposito Scoto stabilisce che un sogno avuto prima che si sia avviato il processo di digestione non ha significato o riguarda il passato; il sogno ottenuto mentre si è nella fase di digestione riguarda il presente; il sogno ottenuto a digestione completata riguarda il futuro. Una volta fatto il sogno, per poterlo rievocare al mattino Scoto raccomanda di dormire per il resto della notte sull'altro lato del corpo o di frizionarsi il retro della testa il giorno seguente.

Andrea de Pascalis – da Abstracta n° 14 (Stile Regina Editrice - aprile 1987)

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La leggenda magica di Michele Scoto è esposta minuziosamente in un capitolo di Miti, leggende e superstizioni del Medioevo di Arturo Graf, a cui vi rimando.
https://forum.termometropolitico.it/382272-michele-scoto-il-merlino-di-sicilia.html

lunedì 4 dicembre 2017

L'autobiografia di Robert Graves

nel 1929, prima di lasciare un'Inghilterra in cui non avrebbe potuto più vivere, Graves ricostruì per un'ultima volta in questo libro – il più nitido, struggente e indimenticabile atto di commiato che le trincee d'Europa abbiano costretto un poeta a scrivere.
Scrivere la propria autobiografia a trentaquattro anni (per poi morire a novanta)non è da tutti. Robert Graves,l’autore, poeta, saggista e scrittore tra i più grandi del Novecento, se lo può permettere e vi riesce in modo irripetibile in “Addio a tutto questo”apparso nel 1929. Nato nel 1895 da una famiglia dell’upper middle class vittoriana-il padre anglo- irlandese,la madre una von Ranke-Graves ebbe un’infanzia improntata al rigido codice morale del Protestatesimo del tempo. Ad otto anni entra in collegio, il più titolato ed esclusivo. Sono anni quelli trascorsi alla Charterhouse che Graves definisce “perduti e feroci”. La disciplina è ferrea, le vessazioni da parte dei compagni più grandi e di puro sangue britannico(lui è un meticcio in quanto tedesco per parte di madre) lo fanno soffrire(ma per fortuna ci sono lo studio e il pugilato), le relazioni omosessuali sono la norma mentre le donne sono considerate esseri inferiori ed il sesso con loro osceno. Graves si innamora, come tutti, ma riesce a mantenere l’innamoramento nei limiti del romance, del legame romantico. Nell’estate del 1914,per evitare Oxford, altro luogo di “perversione”decide di arruolarsi.Anche lui,come tutti i giovani europei, pensa che la guerra sarà una breve avventura che si concluderà a Natale. Graves entra tra gli eroici Royal Welch Fusiliers,un corpo d’elite. Trasferito in Francia, si trova coinvolto non in un romance ma in una guerra orribile, spaventosa, disumana. Lo scrittore racconta con humour nero tipicamente british torture,mutilazioni, stupri, atrocità di ogni genere mentre God e Gott stanno a guardare . Graves non sostiene che i soli Tedeschi fossero dei mostri assetati di sangue:per lui, gli Alleati non erano da meno nel commettere nefandezze d’ogni genere sotto gli occhi impassibili di generali che non avevano fatto un giorno di trincea. Il 16 Luglio del 1916 alla Somme resterà ferito in modo grave tanto che lo danno per spacciato. Invece, “risorge” e scrive poesie in cui deride la passione smodata dei suoi compatrioti specie dei vecchi per la Guerra e per la Morte. Considerato inabile, resta nelle retrovie in tempo per vedere altri suoi coetanei morire sventrati dalle bombe. Nel Gennaio del 1918 si sposa con Nancy Nicholson. Entrambi vergini ed inesperti vivono un’imbarazzante prima notte di nozze da cui vengono “salvati” da un furioso bombardamento. Tutti gli amici dello sposo sono contrari in quanto Nancy è una donna…..Ma Graves con questo gesto ardito dice addio ” a tutto questo” ed affronta la vita di tutti i giorni,libero da regole,imposizioni ed ordini. Nel 1929 dirà di nuovo “addio a tutto questo” lasciando la moglie,i suoi quattro figli e l’Inghilterra. Ma non la trincea dove un’intera generazione e l’Europa morirono per niente.