martedì 29 dicembre 2020

La distruzione del Serapeo di Alessandria

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- Il Serapeo splendido al punto che le parole non farebbero che diminuire la sua bellezza, ha stanze così spaziose, fiancheggiate da colonne, adornate da statue così realistiche e una moltitudine di altre opere d’arte, che accanto al Capitolium, con la quale la venerata Roma si eleva all'eternità, il mondo intero non vede niente di più magnifico. – Ammiano Marcellino, storico (330 d.C. Antiochia di Siria – 400 d.C. Roma)
Costruito da Tolomeo I (367 a.C – 282 a.C.) sull’acropoli di Alessandria e successivamente rivoluzionato per opera dell'imperatore romano Claudio (Lione 10 a.C. – Roma 54 d.C.) che lo portò alle dimensioni di grande santuario (185 x 92 metri). Con questo intervento l'acropoli alessandrina si abbellì di numerosi edifici: tempio di Serapide con annessa biblioteca, tempio di Anubi, quello di Ibi, la necropoli degli animali sacri, gli obelischi di Seti I e la colonna di Serapide, che risulta essere ancora al suo posto nel III secolo.
Il Serapeo era nato per ospitare adeguatamente la grande statua di Serapide, in forma classica, priva di quelle caratteristiche egiziane, come l’uso di volti di animali, che i greci non amavano.
Il dio Serapis viene raffigurato come un barbuto e saggio Zeus con un cesto di grano in testa a simboleggiare la fertilità e il suo legame con Osiride. Ai suoi piedi c’era Cerbero, il cane a tre teste degli inferi greci.
Clemente d'Alessandria santo (150 d.C. Atene - 215 d.C. Gerusalemme) racconta il procedimento utilizzato dallo scultore, Briasside, di Atene:
- impiegò nella sua esecuzione una miscela di vari materiali. Poiché aveva limatura di oro, argento e piombo, e inoltre stagno; e di pietre egiziane non mancava una, e c'erano frammenti di zaffiro ed ematite, e smeraldo e topazio. Dopo aver macinato e mescolato insieme tutti questi ingredienti, ha dato alla composizione un colore blu, da cui la tonalità scura dell'immagine.
Il Serapeo di Alessandria fu chiuso nel luglio del 325 per ordine dell’imperatore Costantino e distrutto nel 391, al tempo di Teodosio, in nome dei suoi editti.
Tirannio Ruffino (Aquileia 340 d.C. - Messina 410 d.C.) noto per la sua storia ecclesiastica così racconta i fatti:
- Uno dei soldati, più protetto dalla fede che dalla sua arma, afferra un'ascia a doppio taglio, si tiene saldo e, con tutte le sue forze, colpisce la mascella della vecchia statua. Colpendo più volte il legno tarlato, annerito dal fumo sacrificale, lo abbassa pezzo per pezzo, e ognuno viene portato al fuoco che qualcun altro ha già acceso, dove il legno secco svanisce tra le fiamme. La testa scende, quindi i piedi vengono tagliati e infine gli arti del dio vengono strappati dal busto con delle corde. E così accade che, un pezzo alla volta, il buffone senile venga bruciato proprio davanti alla sua adoratrice, Alessandria. Il torso, rimasto illeso, fu bruciato nell'anfiteatro, in un ultimo atto di contumacia. [...]
Un mattone alla volta, l'edificio viene smontato dai giusti nel nome del nostro Signore Dio: le colonne sono rotte, i muri abbattuti. L'oro, i tessuti e i marmi preziosi vengono rimossi dalle pietre empie imbevute di diavolo. [...]Il tempio, i suoi sacerdoti e i malvagi peccatori sono ora sconfitti e relegati alle fiamme dell'inferno, mentre la vana superstizione (paganesimo) e l'antico demone Serapide vengono finalmente distrutti. –
Eunapio, storico dell'ultimo periodo neoplatonico (Sardi 347 – 414) scrive:
- senza una ragione plausibile, senza il minimo rumore di guerra, il tempio di Serapide venne distrutto. Le statue e le offerte votive furono rubate. Solo il pavimento del tempio non venne asportato, dato che le pietre erano troppo pesanti. E dopo quella distruzione, i cristiani, si vantavano di aver distrutto gli dei [...]

Ma dove è il tuo corpo


Cento anni fa con il "Natale di sangue" finiva l'impresa di Fiume

D'Annunzio sei il nostro Vate Ariel, ma dove sei sepolto? O meglio dove ti hanno sepolto, forse per paura che del tuo corpo si facessero delle reliquie........reliquie toste.

lunedì 28 dicembre 2020

IL NATALE CRISTIANO NASCE AL LUPERCALE DI ROMOLO

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Nel IV secolo l’imperatore Costantino fece edificare la prima costruzione cristiana del centro di Roma: la chiesa di Anastasia, dedicandola alla sorellastra. Oggi è caduta quasi nel dimenticatoio ed è fuori dai circuiti turistici, ma all’inizio dell’era cristiana era la terza per importanza a Roma, dopo il Laterano e S. Maria Maggiore, per la sua posizione, alle pendici del Palatino verso il Circo Massimo, tanto che l’imperatore la fece eleggere Chiesa di Corte Imperiale (tituls Anastasiae).
Sappiamo che nella basilica Anastasia (solo con Teodorico diverrà “Sant’Anastasia”) i papi, a partire dal V secolo, celebravano regolarmente il 25 dicembre il Natale di Cristo. Fu Sisto III a introdurre l’uso di un rito solenne tripartito: poco dopo la mezzanotte il vescovo di Roma teneva la prima messa nella basilica di S. Maria Maggiore; dopo, prima del sorgere del sole, celebrava la seconda in Anastasia; infine, all’alba, la terza messa in S. Pietro.
L’uso di celebrare a Roma il Natale in data fissa, il 25 dicembre, era però già documentato in precedenza, a partire dal 336 e. v., nel Depositio Martyrym, il calendario liturgico di Filocalo (in precedenza non c’era tradizione unitaria sulla ricorrenza e le comunità cristiane la festeggiavano con irregolarità, in mesi diversi).
Era stato, infatti, sempre Costantino – l’imperatore che aveva già concesso la libertà di culto ai cristiani nel 313 e si era occupato della data della Pasqua nel 325 (Nicea) – a sovrapporre la festa per la nascita del Cristo alla ricorrenza romana della nascita del Sole invincibile (Natalis Solis Invicti). Si tratta della festa calendariale che Aureliano, nel 274 e.v., stabilì il 25 dicembre, al culmine delle feste solstiziali che seguivano i Saturnali e a suggello millenario della tradizione di culti solari che attraversava tutta la storia della romanità e del mondo italico (dalla Valcamonica ai Pelasgi, dall’Ausel del sabini all’An-sur di Terracina, dal Monte del Sole/Soratte, al Sol Indiges di Laurento, sino alla consacrazione augustea con l’edificazione del tempio di Apollo entro il pomerio).
Il Cristo che-ci-salva-la-vita, dunque, prendeva il posto del Sole che-dà-la-vita. Ma Costantino si spinse anche oltre. Fece in modo che la prima officiatura del natale di Cristo avvenisse proprio nella chiesa di Anastasia (con Silvestro vescovo, nel 326 e.v.).
E perché mai? Oltretutto, l’imperatore aveva già spostato la capitale a Bisanzio/Costantinopoli.
Sarà forse perché a ridosso della basilica di Anastasia, edificata su una porzione del palazzo-santuario di Augusto (la parte frontale, che sporgeva sul Circo Massimo) c’è il Lupercale, la grotta/ninfeo di Romolo e Remo (https://www.saturniatellus.com/.../lo-sconcio-sulla.../)?
Costantino, facendo celebrare la prima messa di Natale, e fissandola simbolicamente nella chiesa di Anastasia, prese “politicamente” due piccioni con una fava, imponendo la svolta (cristiana) alla storia.
Operando una ulteriore sovrapposizione/mistificazione, dopo quella della data, assimilò (e tombò) la natività di Roma, rappresentata dal Lupercale, all’altra natività d’importazione, quella del Nazareno e della sua capanna/grotta/spelonca di Betlemme, trasformando così il vecchio culto in favore del nuovo.
Questa forzatura, tuttavia, non operava tagli netti alla Tradizione: grotta per grotta, nascita per nascita. Da romano-nonostante-tutto, l’imperatore dispose, infatti, che si operasse in situ per assicurarsi coerenza formale e continuità ideale (anche l’edificazione della sua Costantinopoli fu preceduta da riti romani di fondazione). Ecco perchè fece celebrare il primo Natale nella chiesa di Anstasia, dopo averla fatta costruire proprio in quel luogo, sul Lupercale.
Da Roma, e solo da Roma, con la sua autorevolezza e con le e sue consolari, la novità del Natale cristiano poté così poi espandersi, come fece, in tutto il mondo conosciuto e dominato: dall’Italia alla Bretagna, alla Spagna, all’Africa settentrionale, al Medio oriente, ai Balcani.
Se oggi festeggiamo il 25 dicembre, con l’annesso immaginifico della grotta e della nascita del “Salvatore” figlio di dio e di vergine, è grazie a tutta questa intrecciata vicenda.
Dunque, come ha ben scritto Carandini (La casa di Augusto. Dai “Lupercalia” al Natale, Roma-Bari, 2008) è assolutamente certo che “alle pendici del Palatino si erano succeduti natali, epifanie e fondazioni tra Romolo, Augusto e Cristo”, ma questa verità, incontestabile, è oggi assai imbarazzante per la Chiesa cattolica.
E’ questo il motivo per cui, per Roma e per l’Italia, il Lupercale deve rimanere sepolto?
Col favore degli insipienti e dell’opinione pubblica distratta, crediamo che più di qualcuno pensi sia un bene che Romolo rimanga una favoletta: sai mai che possa tornare alla memoria che pure lui è figlio di dio (Marte) e di vergine (Rea Silvia).
Paolo Casolari

martedì 22 dicembre 2020

Il lascito: Verginelli Rota all'Accademia dei Lincei

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L'approccio all'ermetismo, inteso come ricerca della Conoscenza del Sé secondo i dettami di Ermete Trismegisto, risale in Vinci all'epoca dell'incontro con il valdese Girolamo Moggia sul treno Barletta-Bari nel 1921 e alla traduzione della “Chymica Vannus”. Nel 1924 Verginelli entra a far parte dell'“Accademia Pitagora di Studi Ermetici” a Bari, patrocinata dalla “Schola Philosophica Hermetica Classica Italica” (S.P.H.C.I.) fondata dal Maestro Giuliano M. Kremmerz, al secolo Ciro Formisano. La “Schola” assunse la chiara configurazione di una congregazione finalizzata alla terapeutica, così che, per iniziativa del suo fondatore, si denominò, nell'operatività ermetica, “Fratellanza Terapeutico-Magica di Miriam”. A Roma, Verginelli subentrò nella conduzione del “Circolo Virgiliano”, ispirato alla stessa Fratellanza. Esperto conoscitore di quegli antichi testi alchemico-ermetici, catalogati nei decenni a lui precedenti da Caillet, Lenglet du Fresnoy, Manget, Ferguson, Duveen, Thorndike e altri, dopo la dipartita di Nino Rota, che aveva massimamente contribuito a collezionarli, Verginelli decise di comporne un catalogo “alquanto ragionato”, che fosse cioè una guida descrittiva e critica all'interpretazione dei testi per il “candido lettore” e “curioso ricercatore” . Degli oltre 450 volumi in suo possesso fece donazione alla Biblioteca dell'Accademia Nazionale dei Lincei a Roma nel 1984, quand'era presidente il professor Giuseppe Montalenti, affinché fossero di facile consultazione; la donazione fu ufficialmente recepita dal presidente dell'Accademia, il professore arabista Francesco Gabrielli.

lunedì 21 dicembre 2020

Pietro è mai stato a Roma?

pietro fu a roma o a babilonia?

Pietro morì e fu sepolto a Gerusalemme, il che è facilmente comprensibile dato che né la storia né la Bibbia dicono che Pietro sia stato a Roma. ... Eusebio, uno degli uomini più istruiti del suo tempo, che scrisse la storia della chiesa fino all'anno 325 dopo Cristo, affermò che Pietro non è 

mai stato a Roma.

Penso che se Pietro fosse a Roma, e pure Paolo, a capo dei cristiani accusati di incendio, Tacito e Svetonio lo avrebbero nominato nel capitolo su Nerone e l'incendio.


Plutarco poi non sa nemmeno cosa sia un cristiano...

giovedì 17 dicembre 2020

La luce

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“Einstein credeva in Dio, non ne negava l'esistenza. Un giorno che discutevamo proprio di questo, lui alzò una mano, la frappose fra la lampada e il tavolo e mi disse: "Vedi? Quando la materia si manifesta, proietta un'ombra scura, perché è materia. Dio è puro spirito e dunque quando si materializza non può manifestarsi se non attraverso la luce. La luce non è altro se non l'ombra di Dio".
Gustavo Adolfo Rol

sabato 12 dicembre 2020

TRANSE E POSSESSIONE RITUALE

L'immagine può contenere: 5 persone, persone seduteLe modificazioni degli stati di coscienza sono potenzialità universali costitutive della natura umana, ma, osserva Lapassade, ogni società seleziona alcuni stati modificati per varie ragioni e li socializza ritualizzandoli secondo specifiche forme. Due esempi: gli amerindi scelgono prevalentemente stati allucinatori per trasformarli in transe visionarie attraverso riti di tipo sciamanico, mentre gli africani scelgono piuttosto stati di “sonnambulismo” (con dissociazione e sdoppiamento della personalità) e li trasformano ritualizzandoli in transe di “possessione”.
L’Autore usa il termine di “possessione rituale” per descrivere un fatto di credenza, una rappresentazione sociale, un’entità culturale condivisa dai suoi membri, e non un fatto di psicologia individuale, secondo la quale il soggetto è, in stato di transe, spossessato dalla sua identità abituale e abitato da un’entità sovrannaturale. E opera una distinzione fra possessione subìta, che appare come uno stato di “malattia”, e possessione “augurata”, accettata, che è quella dei rituali musico terapeutici di transe, come quelli osservati e descritti da Lapassade in Africa (il rito ndöp dei Lebu e Wolof del Senegal, lo stambali tunisino e la derdeba o Lila marocchina dei Ghnaua) e in Brasile (il candomble, l’umbanda e la kimbanda).
Generalizzando queste pratiche Lapassade finisce con l’enunciare una definizione antropologica della transe come stato modificato di coscienza culturalmente elaborato, socializzato e ritualizzato. In questo schema si ritrovano così le transe verificate dall’antropologia classica e dall’etnologia. A tale proposito questo saggio sulla transe potrebbe essere utile dal punto di vista di come viene affrontatala sofferenza dei migranti. “Spesso – come riferisce Leonardo Montecchi, Psichiatra psicoterapeuta presso il Sert di Rimini – ci sono forme di transe di possessione legate alla loro cultura d’origine là dove gli psichiatri del DSM* vedono niente altro che una paranoia o addirittura una schizofrenia”.
Da questo e da tanti altri punti di vista questo libro, che ha il pregio di condensare in poche pagine tutto ciò che si sa della transe in ambito antropologico e storico, resta un testo indispensabile e quanto mai attuale.
*Nota. Nel DSM-IV, la possessione rientra nella categoria del Disturbo Dissociativo Non Altrimenti Specificato. La trance dissociativa implica una riduzione della consapevolezza dell'ambiente circostante o comportamenti o movimenti stereotipati che vengono vissuti come al di fuori del proprio controllo. La trance di possessione implica la sostituzione del senso abituale dell'identità personale con una nuova identità, attribuita all'influenza di uno spirito, potere, divinità o altra persona e associata a movimenti involontari stereotipati o amnesia. All'interno dei culti della possessione, la convinzione di essere posseduti dagli spiriti è più comune tra le donne che tra gli uomini.
[Georges Lapassade, “Dallo sciamano al raver. Saggio sulla transe”, a cura di Gianni De Martino, postfazione di Tobia D’Onofrio, Jouvence, 2020]
~ André Brouillet, L'Exorcisme : Musiciens arabes chassant les djinns du corps d'un enfant, (Musée des beaux-arts de Reims).


Luigi Pellini

venerdì 11 dicembre 2020

La dicotomia del femmineo

puttana ha nella nostra lingua un significato gravemente offensivo. ma che significa davvero?
la parola deriva dal latino puteus che significa pozzo, buca. il termine puteus si accosta al principio di ricezione e contenimento, ossia alla simbolizzazione della vagina, dell’utero, del grembo. e i puticuli, intesi come grembi ipogei, indicavano in origine una cavità naturale o un buco scavato apposta per seppellire i morti. il ritorno alla madre.
nel testo sacro dello zoroastrismo, l’avesta, la parola putika indica invece un lago mistico di acqua rigenerante. una sorta di cocoon, insomma. una piscina miracolosa dove l’acqua (elemento associato al femmineo) è in grado di guarire dalla più terribile delle malattie: l’invecchiamento.
in molti dialetti italiani, putein puto puta putìn indicano il fanciullo o la fanciulla, ossia uno stato giovane puro beato dell’essere umano. analogamente lo spagnolo puta e il francese pute alludevano a ciò che è puro o santo. viceversa la parola ebraica kaddosh, che vuol dire sacro, è associata alla kaddeshà che indica la figura un tempo definita come “prostituta sacra”. sono stati il tempo e una buona dose di misoginia a conferire alla radice sanscrita puta tutt’altro senso.
dunque, puta ha etimologicamente insito il principio di sacralità. ma la sessuofobia e la misoginia dei patriarchi hanno efficacemente associato alla sessualità, e in particolare al corpo della donna, l’idea di peccato, creando uno dei paradossi più scomodi della storia del cattolicesimo: il paradosso puttana/madonna.
anticamente il sesso era una forma liturgica, un atto mistico che permetteva all’essere umano di trascendere i propri sensi comuni per entrare nella dimensione spirituale. sexus in latino vuol dire scisso. la solenne festa misterica delle nozze sacre riuniva pertanto le due polarità scisse (maschile e femminile) in una sola carne. era un rituale di passaggio, del mondo e delle sue creature, e di trasformazione interiore. e la ierodula, la sacerdotessa-amante, era chiamata prostituta sacra, assumendo l’epiteto della dea al cui servizio era addetta: ishtar.
il corpo della donna era, impensabile per il nostro mondo occidentale contemporaneo, la via per entrare in “rapporto” con il divino. per i pagani, le donne erano naturalmente in contatto con il divino, mentre gli uomini da soli non potevano raggiungere l’obiettivo. di questo percorso mistico resta un residuo ribaltato nelle scuole di buddismo definito piccolo veicolo (hinayana, diffuso in sud-est asiatico), secondo il quale per raggiungere l’illuminazione le donne devono prima reincarnarsi nel corpo di un uomo; e anche nella nostra cultura patriarcale con la figura della “prostituta madre”, la donna grande amata dagli uomini e tollerata dalle donne che inizia i giovani maschi all’estasi sessuale.
ma qualcosa sotto sopravvive. un proverbio sufi, la religione pre-islam di cui maometto è un esponente in quanto sacerdote di fatma (una delle manifestazioni della grande madre trina, ridotta a sorella di maometto durante l’islamizzazione), recita: “la cura è nella vagina della donna”. mentre la prodigiosa capacità della sua saliva, che appartiene alla tradizione medicinale matriarcale (una tavoletta d’argilla proveniente dall’antica ninive attesta che le malattie oftalmiche erano curate con latte misto allo sputo delle prostitute sacre) sopravvive nel vangelo di marco. d’altronde, è il gesto più antico del mondo da parte delle madri leccare le ferite dei bambini per lenirne il dolore ed evitare infezioni..
le prostitute sacre erano dette anche vergini sacre (parthénoi ièrai). tra le incombenze a loro affidate, oltre all’offerta della “divina grazia celeste” (maria madre, gratia plena), c’erano la guarigione dalle malattie attraverso lo sputo medicinale e le secrezioni della vagina (medea da mèdomai: io guarisco), la profezia (cassandra), la danza sacra (arianna e la danza delle gru), le lamentazioni funebri (le prefiche).
la loro verginità però non è legata all’imene, ma allo stato di donna nubile (libera dal matrimonio). pertanto le ierodule erano vergini, perché non vincolate a legame matrimoniale, e sante perché esercitavano la funzione sacerdotale come incarnazione terrena della dea madre. ai figli generati dalle sacerdotesse sacre si conferiva un epiteto che dovrebbe ricordarci qualcosa: “nato da vergine”.
e a proposito di sorgenti nascoste nella nostra cultura pesantemente fallocratica, sperare nella provvidenza (ossia nella divina assistenza) significa in realtà affidarsi alla magia divinatoria e profetica del femminile. il verbo latino provideo vuol dire prevedere, vaticinare. per cui la divina provvidenza è incarnazione delle capacità mantiche del femmineo; le antiche matriarche infatti erano in grado di gestire i beni agricoli necessari alla comunità perché sapevano prevedere il movimento degli astri e i cambi di stagione. dio vede e provvede, ma sua madre lo faceva da molto prima.
chi è invece la madonna? che significa madonna? “semplicemente” la mia signora.
madonna è un titolo onorifico che si usa rivolgendosi a una donna o parlando di essa. in alcuni luoghi dell’abruzzo è il titolo che le nuore rivolgono per rispetto alle suocere entrando nella casa della matriarca. ossia la madre dello sposo.
la sua rappresentazione non origina con il cristianesimo, ma è di molto antecedente. poco studiata dagli autori dei vangeli cristiani, che la proiettano nel corpo della giovane vergine miriam (maria), la donna più famosa di tutta la storia del mondo è generata dal buio. dai vangeli nulla trapela, pare una donna senza passato. nonostante il mistero che la circonda da sempre, la madonna è in ogni angolo del pianeta e la devozione nei suoi confronti è sconfinata. essa è infatti madre di dio e regina del cielo.
le sue manifestazioni sono innumerevoli, come le sue forme. sono essenzialmente la stessa dea e incarnano l’aspetto della madre divina. i cristiani hanno distrutto i suoi templi e ucciso i suoi devoti, ma essa sopravvive dentro di loro con il nome di maria. chiunque abbia dimestichezza con la cultura pagana è in grado di cogliere le similitudini tra la vergine maria e la dea madre: la mater(ia), dunque il cosmo.
il catechismo cattolico afferma che dio stesso sia stato creato da maria.
alcuni oggetti di culto che la rappresentano sono sopravvissuti attraverso i secoli persino nelle religioni monoteiste ferocemente patriarcali, quali l’islam e il cristianesimo giudaico-romano.
• il rosario rappresenta la ciclicità del corpo del mondo e della donna e, al contempo, è strumento estatico attraverso la respirazione circolare e la ripetizione mantrica dei nomi divini.
• ha il manto blu trapunto di stelle sul capo e il mondo in mano, giacché essa è regina del cielo e della terra.
• in alcune sue manifestazioni è nera e il colore nero non sta a simboleggiare solo la tenebra, ma anche la terra scura e fangosa della fertilità. per l’iniziato, la madonna nera è madre terra.
• in altre, e la presenza è molto forte in abruzzo, è rappresentata con collane di corallo rosso, il cui colore rammenta il ciclo mestruale.
• in epoche antecedenti il cristianesimo, la vergine celeste (la dea madre natura) è raffigurata con il neonato dio sole tra le braccia. è il bambin gesù, che nasce con il solstizio d’inverno e muore con l’equinozio di primavera.
• il giallo dorato del nimbus ovale, la particolare ellissi che molto spesso circonda alcune rappresentazioni mariane, si dipana in raggi solari che emanano in ogni direzione.
• ha la corona di stelle, dodici come i mesi, come i simboli dello zodiaco che punteggiano l’anno solare, come le tribù di israele discendenti dai figli di giacobbe.
• l’aureola sulla testa è il cerchio, il simbolo della presenza del divino. si tratta di un simbolo dalla storia antichissimo, tramandato nel mondo cattolico con il nome di halo. l’aureola è regina del simbolismo magico degli antichi egizi e può essere considerata l’equivalente di un piccolo sole da cui scaturisce la luce.
• la falce di luna è il simbolo cornuto della potenza generatrice, come la labrys di arianna.
• la colomba è simbolo zoomorfo di afrodite. nelle culture pagane infatti la colomba è animale sacro alla dea dell’amore.
• la veste azzurra è il mare (regina delle acque) e il mare rappresenta la fonte di tutta la creazione. afrodite nasce dall’acqua e ἀφρός significa schiuma del mare. il nome miriam, secondo alcune fonti, significa goccia di mare. e probabilmente, dal latino mare-maris, è proprio questo il significato del nome maria.
nb. una delle fonti fondamentali di questo post è il libro “il femminile magico e la nascita prodigiosa” del ricercatore abruzzese
 Marco Rosario Olivieri

giovedì 10 dicembre 2020

Un'acuta scrittrice napulitana

Tutto respira e tutto ha diritto di respirare

“La libertà è un respiro. Ma tutto il mondo respira, non solo l’uomo. Respirano le piante. gli animali. C’è ritmo (che è respiro) non solo per l’uomo.
Le stagioni, il giorno, la notte sono respiro.
Le maree sono un respiro. Tutto respira, e tutto ha il diritto di respirare. Questo respiro è universale, è il rollio inavvertibile e misterioso della vita.”
Anna Maria Ortese (1914-1998), Corpo celeste, 1997

FAHRENHEIT - Anna Maria Ortese: una scrittrice fantastica - Rai Radio 3 -  RaiPlay Radio

mercoledì 9 dicembre 2020

Il lato oscuro di Isaac Newton


dal nostro corrispondente Antonello Guerrera

Vanno all’asta da Sotheby’s gli scritti inediti dello scienziato su codici segreti delle Piramidi e della Bibbia. Che rivelano gli interessi apocalittici ed esoterici dell'uomo noto soprattutto per la sua razionalità

Il lato oscuro di Isaac Newton

LONDRA

Isaac Newton, uno dei colossi del razionalismo, della scienza, della fisica, della matematica e in senso più ampio dell'illuminismo, che fantasticava di apocalisse, fantasie alchemiche, esoterismi, codici segreti della Piramide e della Bibbia? Sì, proprio così, e lo dimostrano alcune lettere risalenti al 1680 che oggi vanno all’asta da Sotheby’s e che potrebbero essere vendute per centinaia di migliaia di euro. A svelarlo è il settimanale britannico Observer, che racconta questo lato molto meno conosciuto del celebre scienziato inglese e precursore degli studi gravitazionali, dopo quella mela che - leggenda narra - gli cadde in testa a Woolsthorpe Manor da un albero che ancora oggi, in quel piccolo villaggio del Lincolnshire, in Inghilterra, è conservato (o, per essere pignoli, le stesse radici che si sono rigenerate in un nuovo arbusto).

Che Newton avesse un lato molto più irrazionale si era iniziato a capire circa due secoli dopo la sua morte nel 1726. Ora però, queste lettere, anche mezze bruciacchiate (“colpa del mio cane!”, accusa Isaac), fanno chiarezza su un’oscura dimensione del luminare della scienza. Newton era certo - e ci sono tre pagine in queste missive a dimostrarlo - che le Piramidi nascondessero straordinari segreti, cosa di cui lui era convinto proprio dal 1680 in poi, quando non aveva nemmeno quarant’anni. In quel periodo, in cui si prese uno stop sabbatico dall’università di Cambridge proprio a Woolsthorpe Manor, quello che sarà uno dei più grandi scienziati di sempre approfondì sempre di più i suoi “studi oscuri” che lo accompagneranno per tutto il resto della sua vita.
 
Per quanto riguarda le piramidi, Newton era interessato soprattutto all’unità di misura utilizzata per costruirle, racconta l’Observer, perché secondo lui gli antici Egizi erano stati in grado di misurare la grandezza della Terra e quindi, attraverso il cubito della Grande Piramide, anche la circonferenza del globo. Ciò, nei suoi progetti, lo avrebbe portato a scoprire altre unità di misura o, per esempio, la grandezza del Tempio di Salomone - lo scenario dell’Apocalisse - e addirittura anche di poter interpretare alcuni segreti della Bibbia: “Stava cercando di trovare prove per la sua teoria della gravità”, spiega Gabriel Heaton di Sotheby’s, “ma secondo lui gli egizi preservavano segreti dell’alchimia che erano andati perduti”.

 
Non solo. Perché Newton aveva anche delle vere e proprie ossessioni religiose che però, spiega l’Observer, non rendeva esplicite non tanto perché temeva potessero danneggiare la sua reputazione scientifica ma perché erano piuttosto eterodosse - l’inglese ripudiava la dottrina della Trinità, per esempio. Insomma, due mondi paralleli per Newton, che anzi pare considerasse le sue scoperte scientifiche e matematiche secondarie ai suoi studi su alchimia e teologia, come tra l’altro avevano già fatto intendere alcuni manoscritti riesumati sempre da Sotheby’s nel 1936, alcuni comprati nientemeno che dal celebre economista e fan di Newton John Maynard Keynes, che non a caso lo deifinì “l’ultimo dei maghi”. Ma poi per Newton, nel 1687, venne il suo capolavoro Philosophiae Naturalis Principia Mathematica, ossia I principi matematici della filosofia naturale, uno dei pilastri del pensiero scientifico, in cui lo scienziato inglese enunciò le leggi della dinamica e della gravitazione universale. E così tutto il resto è passato in secondo piano.

https://www.repubblica.it/cultura/2020/12/08/news/le_lettere_deliranti_di_isaac_newton-277551795/?fbclid=IwAR0LyAkFclb6UgTvs7ycWemrTuvKol9ono2JVWenEzHv9IG5CFK596LrPyU

Vitruvio sulle lagune venete e limitrofe

 L'immagine può contenere: cielo, spazio all'aperto, acqua e naturaVitruvio, nella sua "De Architectura" (27 aC), scriveva: " Nelle venete lagune si respira un aria incredibilmente sana, particolarmente intorno a Ravenna, Altino e Aquileia perché gli stagni rivolti a settentrione hanno il fondo più elevato di quello del mare; per questo, nelle ore di reflusso, le acque retrocedendo e scolando in mare, traggono seco il fango ed ogni marciume , nettando tutto il fondale della Laguna. Il sapore amaro e salso uccide gli insetti nocivi ed uccide le piante che allignano nelle acque dolci dove, morendo e marcificando creano aria cattiva".

Un altro estimatore delle acque lagunari fu
Strabone (64 aC)che asserisce:"Quando gonfiasi la marea, la laguna riceve dentro di sé una parte del mare, ed essendo così da queste acque e dai fiumi spazzato via tutto quanto vi ha di fangoso, l aria di per sé non buona, rimane per così dire "medicata". Ha pertanto questo paese tale mirabile particolarità che l aria, pur in mezzo alle paludi, è monda e pura." Strabone ci spiega anche che grazie alle sue "terapeutiche arie" vennero edificate molte ville dove il patriziato romano usava trascorrere le vacanze e dove gli imperatori di Roma inviavano importanti gladiatori a riposarsi.
All' epoca esisteva la malaria, ma le zanzare della Laguna, quelle estinte, si sviluppavano unicamente in acque dolci e nelle antiche cisterne veneziane alimentate dalle acque pluviali. Anche nei periodi successivi alla decadenza romana le acque si mantennero salubri tanto che furono stabilmente abitate e dettero poi ospitalità ai tanti scampati dalla furia dei barbari. Fu allora che Lupio, Dorsoduro, Olivolo, Gemini, Mercede, Vineole, Bovense furono occupate in prevalenza da Padovani, Asolani, Cenedesi e Bellunesi; tre secoli dopo, quelle isolette avrebbero costituito il primo territorio della nuova Venezia.

martedì 8 dicembre 2020

8 DICEMBRE- LA MADONNA DEI CAVALLI...Rituale Pagano

 

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Festività arcaica e molto territoriale legata all'antico territorio di Gambarare, un piccolo vicus paleoveneto e romano, adiacente al porto fluviale che connetteva attraverso il fiume Brenta il mare e Patavium, Padova.
Durante le ricerche per la mia tesi di laurea, ho notato delle analogie interessanti non solo con il territorio ma anche con culti arcaici. Il sospetto mi è nato essendo la festa della Madonna dei Cavalli strettamente endemica e territoriale, non la troviamo in nessun altra parte sennon in questo paesino del veneziano, da dove proviene un ramo della mia famiglia. 
🐎Vi svelo qualche curiosità.... Chi era dunque questa SIGNORA DEI CAVALLI? 
➡️Questa festività trova origine nel mito e nel Culto Sacro che gli antichi Veneti offrivano ai Cavalli testimoniato da numerosissime necropoli e dall'esistenza di un culto religioso dedicato ai Dioscuri presso i fiumi. Reitia la Dea Veneta più importante era associata al cavallo e la tradizione spirituale è giunta fino ai nostri giorni con la festa di Gambarare che non è la "festa dell'Immacolata Concezione" ma la festa della " Madonna dei Cavalli". 
Linguisti ed etnologi hanno riscontrato nel nome stesso della festa un indizio per comprenderne la sua reale natura, svincolata dalle tematiche religiose cristiane. 
Da documenti basso medievali (che ho potuto personalmente esaminare) infatti si parla di una " Domina equorum" ed in seguito " Ma- Donna de li cavali" quindi " Signora dei Cavalli".
L'istituzionalità della festa così come viene svolta in questi ultimissimi anni deriva dal 1933 ed è così detta perchè una statua dell'Immacolata viene portata per le vie del paese, che ricalcano l'antico corso del Medoacus major ovvero il Brenta, su un carro trainato da 12 pariglie di cavalli rigorosamente bianchi ( altro singolarissimo aspetto del culto ai cavalli di Diomede, ed era prescrizione per i Veneti di sacrificare cavalli rigorosamente bianchi) .
Nella processione il carro è seguito e preceduto da figuranti che procedono a piedi, soprattutto bambini e ragazze e la statua è avvolta da una nuvola di tulle rosa ed azzurro. Anche oggigiorno vengono eretti archi " di trionfo" dagli abitanti riempiti di fiori e sempreverdi, alle finestre vengono drappeggiate stoffe pregiate e decorate mentre si costruiscono occasionali altarini dove vengono sistemate statuette della Madonna, dei Santi e dei defunti.
Ricerca documentaria a cura di Elena Righetto. 
Rispetta il copyright ed il diritto d'autore. 
Madonna dei cavalli a Gambarare di Mira.

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Quando i nazisti cercarono Agartha nel monte Epomeo

Lo storico è razionale, ma la Storia non lo è

(Louis Pauwels, Jacques Bergier, Il Mattino dei maghi).
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I nazisti delle origini erano convinti di avere antenati di nobile lignaggio. Sostenevano, nel loro delirio, che la loro fratellanza discendesse spiritualmente dagli eroi della Germania medievale e pagana. Ricordate i protagonisti delle opere di Richard Wagner, dal Parsifal al Lohengrin, ovvero la quintessenza della cavalleria medievale nella loro continua battaglia contro le forze del male?................https://www.ilmattino.it/rubriche/uovo_di_virgilio/uovo_virgilio_vittorio_del_tufo_agartha_monte_epomeo-4145238.html?fbclid=IwAR0IgEBdIH04HpUpfubI74AlcpZ8tAbIqB5ceorqLWdEOQGb4LEZTJMqmIs

Le streghe benedette della Sardegna

Le Janas, donne di Giano, ovvero le streghe della Sardegna, legate alla pietra e al riverbero del granito..... 

Un bianco anfiteatro di roccia calcarea.

E all'improvviso...
Lei era lì!
Sotto quel manto di roccia.
Bella e affascinante, scavata più di 5.000 anni fa nel bianco calcare.
Piccola ed elegante, con un fascino senza età.
Avevano scavato quell'eterna dimora per restituire il corpo dei defunti alla Grande Madre.
Pietra con pietra,
un colpo dopo l'altro,
fino a realizzare la casa per le anime.
Noi eravamo a Ittiri, nelle Domus de Janas di Ochila,
...e in quel bianco anfiteatro di roccia calcarea abbiamo fotografato l'Ottava Tomba: La casa delle anime.
(nicola castangia)

lunedì 7 dicembre 2020

La Muerte Enamorada by Chema Gil Ramirez (2015)

R.I.P ART - La Muerte Enamorada (Death In Love) by Chema Gil Ramirez |  Facebook

L'artista strega:Marina Abramovic

 Una strega delle più potenti, ecco il motivo della sua affermazione artistica, le sue forze provengono dalla tradizione magica slava, una delle più potenti arrivate fino a noi.Le donne e l'arte - Marina Abramovic - VENDERE QUADRI

Gli aspetti esoterici di Moana Pozzi

26 anni fa moriva Moana Pozzi.
Figlia di un ricercatore nucleare, laureata, 4 lingue parlate, con un QI di 143.
Ricordo ancora la felicità di certe donne di paese e dell'italietta, che gioivano per la sua morte in quanto porno-attrice, a loro dire "donna di poco conto" assieme a quelle come lei.
Ricordo ancora alcune risate bestiali, gli articoletti sui giornali e le battutine, piene di rancore, repressione e frustrazione, di donne che avrebbero desiderato quella sensualità e quell'intelligenza, ma che mai hanno potuto ottenere.

25 anni fa moriva Moana Pozzi. E nasceva il mito - Amica
Intelligenza, bellezza, eleganza, cultura, classe. Ma per la massa solo una "puttana" perché ex attrice hard.

Si racconta che Craxi condivise con questa grande persona un cammino tantrico, qualcuno disse apertamente che era una Shakti ambita dai potenti.

Una carriera di porno attrice x mascherare il vero lavoro di agente x i servizi segreti russi... Il miglior modo d nascondersi e mettersi in evidenza.

Non è mai stata un "Ex" attrice hard ma ha lavorato nel mondo del porno fino all'ultimo, anche se i suoi giudizi su quel mondo erano sferzanti e assolutamente negativi. Nonostante tutto conservava una forma di "purezza" che la rendeva assolutamente estranea a quel tipo di attività che svolgeva con un distacco e una superiorità che possono avere solo esseri che seguono una via esoterica (Evola docet): Santa - Puttana.


sabato 5 dicembre 2020

L'Isola dei Morti portata in scenografia

L'immagine può contenere: spazio all'aperto e acqua

Porto di Cartagine in Tunisia


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Cartagine prima di scontrarsi con Roma,durante le Guerre Puniche era considerata come la prima potenza in assoluto.
Praticamente avevano tutto,la città sorgeva sulla costa del Nord Africa.
Dalla foto possiamo ammirare tutta la potenza portuale dei Cartaginesi