Decisamente più giovane e più sorridente della Gioconda francese, quella di Isleworth ha una storia curiosa, che spiega anche il suo nome...
Poco prima della Grande Guerra l'eccentrico collezionista d'arte inglese Hugh Blaker adocchiò il dipinto in una vecchia casa padronale del Somerset, dov'era rimasto appeso a prender polvere per almeno un centinaio d'anni. Intravedendone la bellezza sotto lo strato di sporcizia, Blaker comprò il dipinto e se lo portò a casa a Isleworth (quartiere a ovest di Londra)... ed ecco spiegata l'origine del soprannome. Non molto tempo dopo il patrigno di Blaker, John R. Eyre, pubblicò una monografia sull'opera per consolidare l'idea che il quadro fosse un originale di Leonardo, così come credevano i vecchi proprietari, che lo avevano acquistato a suo tempo come originale. 
Non fu da meno anche il nuovo proprietario del dipinto, il collezionista americano Henry F. Pulitzer (cugino del creatore dell'omonimo premio giornalistico), il quale, dopo esserne venuto in possesso, pubblicò a sua volta un trattato in cui cercava di consolidare la teoria della paternità leonardesca del dipinto. Ma la comunità scientifica internazionale non si è mai convinta definitivamente e, alla morte di Pulitzer il dipinto è sparito dalle scene per alcuni decenni. Ha fatto la sua ricomparsa nel 2003, quando è stato acquistato da un consorzio internazionale e, nel frattempo, è stata istituita la Mona Lisa Foundation, con sede a Zurigo, allo scopo di accertare l'autenticità del quadro.