domenica 27 aprile 2008

Il mondo spirituale dei Paleoveneti

E’ doveroso riportare le parole del grande etruscologo M.Pallottino che così scriveva sui problemi legati alla storia dell’Italia preromana, dai contorni non ben definiti.

Sono le stesse parole che Loredana Capuis sceglie per aprire il suo bellissimo studio: I VENETI-Società e cultura di un popolo dell’Italia preromana-.

<la Grecia e per la civiltà greca, cioè per una realtà storica espressa da una sola stirpe [….] L’Italia preromana è un coacervo di esperienze etnico-linguiste, sociopolitiche, culturali diversissime, e ai più diversi livelli di avanzamento[….]Ciò spiega perché ne sia così difficile la compressione, e per così dire sfuggente il significato ; e perché lo studio dei suoi fenomeni si sia disperso per mille rivoli epistemologici e metodologici, identificandosi volta a volta con le ricerche di preistoria, di linguistica, di storia delle religioni, di storia dell’arte classica, di storia greca, di storia romana.

I portatori di campi di urne la grande rivoluzione dopo la guerra di troia. Questi popoli migrano dalle zone della polonia e della germania .La lingua(in origine indoeuropea di origine slava) comincia a fondersi già nel IX sec.

Un modo nuovo di concepire la religione , una marcata spiritualità legata all’individuazione dei luoghi sacri.

Questo popolo era legato a forme di società e di culto matriarcale e Localizzano le loro divinità, in un primo tempo,femminili nelle sorgenti e presso i corsi d’acqua.

E’ una rivoluzione spirituale e culturale quella che portano i Veneti.

La divinità femminile è a fondamento dei Veneti e questa resiste oltre la fusione (federazione) con l’impero romano, ma è inevitabile una contaminazione , anche se i Veneti mantengono le loro radici cultuali e spirituali molto di più che altri popoli.

Civiltà di Hallstatt (800-400)che comprende aree prealpine a nord delle Alpi, Alpi Orientali ,l’Alsazia, la svizzera, settentrionale, la svavia , la baviera e la slovenia.

Dopo il 400 i celti diffusero la civiltà di Téne.

L’ambiente veneto-l’endolaguna, i boschi un eden che queste popolazioni sanno sfuttare con intelligenza traendone cibo in abbondanza attraverso l’agricoltura e l’allevamente del bestiame.

IL CAVALLO

Il cavallo rappresenta per i veneti un animale indispensabile nell’aldiqua e nell’aldilà.

Vedi l’elmo di Oppeano.

Anche i celti raffiguravano uno strano essere :un cavallo fuso con l’uomo , un centauro e nell’elmo di oppeano per di più alato. Il simbolo del cavallo è evocatore del regno sotterraneo .anche presso i celti e il cavallo era ipostasi stessa del dio Lug. E il cavallo e portatore di morte vedi la tradizione dell’apocalisse di Giovanni.

LA STIPE SANTUARIO DI BARATELLA (ESTE)

A Este sono presenti varii santuari disposti tutto attorno alla città a(che un tempo era un’isola dato che l’Adige la avvolgeva con un suo ramo secondario. Gli altri santuari depositi:Caldevigo-Colle del Principe, Casale-Fondo Cortelazzo, Morlungo e infine Fondo Barbatella.

Nel Fondo Barbatella si iniziò a scavare nel 1881 e per cinque anni si continuò. Questo ricco santuario sorgeva presso il corso antico del fiume Adige.

Furono rinvenute Lamine Bronzee, “chiodi” votivi, statuette che offrono liquidi (alle divinità), donne raffigurate in lamine bronzee , guerrieri con grandi scudi, cavalieri singoli o in parata, parti del corpo umano, frammenti di armi ,fibule ,bulle e amuleti , pendagli,aghi, crinali, una sorta di scettro, fusaiole, rocchetti, pesi per telaio, manici di palette rituali, monete, oggetti in pasta vitre,conchiglie, vasi atesini e vasi greci,taluni con iscrizioni a Retia, tavole alfabetiche (scrittura e sacro, parlare e comunicare con le divinità) dea della scrittura- dea del fiume.

Assomiglia alla dea spartane orthìa. FORSE IL NOME ORIGINARIO PORA.

Sainatei è un attributo, va rilevato però che nessuna etimologia dei nomi e degli attributi alla dea si è imposta ottenendo il consenso unanime.

Il santuario del V sec. a.C. resiste fino al III sec.d.C.

Simile a Barbatella il santuario trovato a Vicenza, nell’attuale Piazza San Giacomo, presso Cprso Palladio (ex Standa)-Stipe votiva del V-II sec.. Il tempio di Vicenza Rappresenta il potere sono santuari integrati con il potere. Vicenza e il podere Barbatella sorgevano anticamente ambedue su due isolotti circondati da acque o da acquitrini fluviali.

LA DEA DI BARATELLA.

E’ difficile ricostruire un culto attraverso i ritrovamenti della stipe votiva.

Certamente Retia non è preposta al parto, una divinità matriarcale ma non legata esclusivamente al femminile, dato che c’è la totale assenza di Ex voto di bambini e di uteri, ma porta con se la caratteristica marcata di GUARITRICE -SAINATEI come da iscrizione. Abbiamo la prevalenza di ex voto anatomici costanti stipi votive centro –italiche.

Una divinità legata ai riti di passaggio(come Artemide Orthìa a sparta, una dea sanatrice e guerriera la base del matriarcato mediterraneo)?

Era originariamente una dea della caccia protettrice degli animali come la lamina di Villa di Villa con bovini,. La dea aiuta i ragazzi e le fanciulle nei riti di passaggio legati alla fine della pubertà e all’inizio della vita guerriera o di sposa.

I CHIODI VOTIVI

Sui “chiodi” votivi sono riportate in alcuni casi delle iscrizioni sempre di donne , mentre sulle basi delle statuette equestri sono presenti dediche da parte di maschi.Le donne deponevano la reticola per i capelli , nel santuario, come lo STROPHIUM Appiattire il seno adolescente e questi oggetti venivano offerti ai LARI gli spiriti domestici.Anche la Bulla dei maschi bambini era offerta ai lari.

Anche la bambola con il volto minaccioso detta Mania veniva lasciata per segnare la fine di un periodo e la preparazione alla vita adulta.

Nelle lamine le donne erano coperte il capo con un scialle era una cerimonia legata alla preparazione al matrimonio.

MINERVA SI SOVRAPPONE A RETIA e poi si accostano al panteon veneto divinità maschili importate,ma anche riadattate, dal mondo greco.

Il 17 marzo la festa della iniziazione dei giovani a portare la lancia gli HASTATI come nel mondo romano?erano competizioni marziali che finivano con danze sacre in armi

La gioventù si divideva in Hastati e non Hastati quelli che non hanno partecipato all’iniziazione.

Chiodi Votivi –spilloni-stili scrittorii Chiodi che non sono chiodi ma oggetti votivi non in uso nella vita quotidiana. Usati nella magia simpatica?

TAVOLE ALFABETICHE V-IV.

La scrittura era praticata e insegnata nei santuari dato che una delle funzioni principali era quella, come la matematica, di poter comunicare con una divinatà, di chiedere o di ringraziare, tuatta la questione era in un primo tempo gestita da un sacerdote che era quasi sempre scrivano e conosceva l’uso della lingua scritta. La scrittura è un atto magico pensiamo alle defesiones.

Di interpretazione assai difficile sono le tavolette alfabetiche, a Barbatella ne sono state rinvenute tredici sono conservate mentre di altre rimangono solo frammenti. Un frammento proviene pure dall stipe di Vicenza per certi versi santuario gemello di quello atestino. Datate V IV sec. a.C.

Non si esclude che le tavolette servissero per predire il futuro selezionando a caso gruppi di lettere e interpretando le parole come presagi. L’esistenza di un simile tipo di divinazione è sta recentemente ipotizzata per l’oracolo della dea Fortuna a Preneste, A Barbatella forse l’oracolo di Retia. Come gli oracoli alfabetici greci. Il fedele sorteggiando la sua lettera individuava anche il responso corrispondente. Del resto nel Veneto antico l’uso è attestato presso ABANO dall’oracolo di Gerione, in cui si usavano anche i dadi per indicare la sorte. Questi esempi di speculazione magica sulla scrittura trovano anche confronti nel mondo etrusco , poiché le sedici caselle con le lettere AKEO sono esattamente tante quante le zone tracciate sul fegato bronzeo di Piacenza o dell’aruspicina.C’è una connessione fra Retia Minerva e la Minerva etrusca Noria, dea della fortuna e della sorte. Nell’età tardo repubblicana imperiale l’offerta più comune era un asse , la moneta romana del tempo .nel V sec. a.C. nel Lazio e nell’Etruria la scrittura era rimasta un’arte quasi monopolizzata dagli scribi e finalizzata alla redazione degli atti ufficiali o delle dediche a divinità o persone illustri . Ma l’alfabeto ebbe, già in età arcaica, una notevole importanza nella vita dei santuari oracolari etrusco-italici, i quali dovettero assumere un certo ruolo nella divulgazione della scrittura. Il tempio di Retia nel fondo Barbatella era il più importante nell’antica Este e nell’ambito dei suoi culti avvenivano le più significative cerimonie periodiche degli Atesini: i matrimoni e l’ingresso dei giovano fra gli adulti e tra i guerrieri come presso i romani e i greci queste cerimonie avvenivano una volta all’anno in onore della più importante divinità statale .

Poiché nel mondo centro-italico la più prestigiosa divinità che presiedeva simili cerimonie era Minerva, fatalmente la Retia di Este fu identificata con Minerva del resto Retia era come Minerva una dea sanatrice e oracolare. Le altre divinità maschili sono il frutto di un adeguamento al patriarcato, lento e inesorabile. Una dea veneta si era trasformate parzialmente in dea greco-romana. Qualcosa di analogo avvenne nel Trentino e nel Veronese pure sono attestati culti di Minerva , Un tempio a Santa maria di Malerbe sopra Marano. San Zeno di Minerbe, a Padova presso la stipe del “Pozzo dipinto” contente una statuetta di Minerva e ancora a Giurina Concordia Saggittaria .

DIOSCURI

Castore e Polluce Divini gemelli spartani. Un nome simile a quello dei numi germanici una iscrizione dedicatoria arcaica incisa su di una coppetta di bronzo rinvenuta nei dintorni di Este attesta l’esistenza di una coppia divina(ALCI era il nome dei numi e) ALCOMNO.

Una coppia di dei o di eroi ,come erano presenti in varie culture di moltissimi popoli della terra a rappresentare la fecondità,la forza vitale e l’abbondanza. Le coppie: Romolo Remo. Castore e Polluce, Zeto e Amfione in Grecia, ma anche in popoli non indoeuropei come Caino e Abele , Giacobbe ed Esaù.

I RITI DELLA SEMINA

Un passo di Eliano informa che due autori greci del IV a.C. parlano degli usi e costume delle genti venete. Sono in due scrittori :Teopompo e Licio di Reggio.

-Teopompo dice che i veneti che abitano attorno all’Adriatico, quand’è la stagione dell’aratura e della semina, mandano doni ai corvi; e i doni consisterebbero in alcune focacce e in pani ben preparati in modo grazioso. L’esposizione di questi doni intende addolcire i corvi e stipulare con loro un patto, di modo che essi non dissotterrino e non portino via il frutto di Demetra disseminato per terra.

Anche Licio di Reggio è d’accordo su questo punto , ed aggiunge a ciò che (…lacuna nel testo greco, in cui si parlava di altri doni ai corvi), e cinghie di cuoio color porpora e quindi quelli che avevano esposto queste cose si allontanano. E gli stormi dei corvi rimangono fuori dai cippi di confine; Degli animali ambasciatori richiamano i corvi, E venendo a schiere i Veneti vedono se i doni sono graditi e sanno l’accordo sancito con questi uccelli è valido , ma se viceversa i dono non sono aprrezzati e vengono trascurati , gli indigeni sanno che la carestia gli colpirà per il disdegno dei corvi.Dato che gli uccelli dopo il digiuno verso le offerte, assaltano i campi senza pietà e con ira, scavando e cercando i semi interrati.

I veneti riservavano onori particolari ai corvi come il mondo greco che però riteneva benefica e non potenzialmente nociva come nel caso dei veneti.

Per i veneti i corvi rappresentavano gli spiriti dei morti. la fertilità , presso molti popoli, era connessa con la buona disposizione dei spiriti dei morti. Le anime dei defunti erano rappresentate come uccelli Le Arpie , le Striges italiche (uccelli notturni malegici)Nel mondo Paleoveneto nelle stele funerarie compaiono volatili Padova e stele di Camin.

Il problema delle “feriae sementivae” feste romane e venete che analizzate assieme ci delucidano ulteriormente. Della cerimonia della semina ci informa nei “fasti “ Ovidio il quale così scrive :

< volte ho consultato i Fasti che indicano i tempi, e non trovano il giorno sementivo, ma allora la Musa-accortasi di ciò-mi disse” Il giorno di questa festa viene indetto, perché cerchi nei Fasti una festa e data variabile? Se la data è variabile, l’epoca però è certa :è quando la terra è fecondata dai semi gettati>>(Fasti I.657-662).

I contadini laziali dovevano offrire focaccie, o pani dolci sui focolari . I Veneti invece dovevano dare ai corvi le focaccie : in ogni caso si trattava di “sprecare” cereali Nel medioevo si seminava più di 3 quintali di semente per ottenere 15 quintali di prodotto oggi 1,60 Q.li per ottenere 50 Q.li.

Le ferie sementine laziali avvenivano in onore di Cerere e di Tellus, divinità che presiedevano alla crescita delle sementi e, insieme regnavano sulle divinità dei morti.

(Il ruolo di queste due dee nei funerali , l’aggettivo cerritus,<>l’esistenza del mndus cereris, cioè di una porta degli inferi che prendeva nome dalla dea stessa, sono tutti elementi che indicano come le dee cui erano dedicate le feste romane della semina erano anche dee degli inferi e dei defunti . Anche Ghe , la dea greca della terra, riassumeva in sè i caratteri di dea agraria e di dea dei defunti :Le Bonniec,

D. Sabbatucci –L’eredità romana:magistratura e sacerdozio, in memorie dell’accademia dei Lincei .

Sull’offerta di focaccie e di impasti fluidi di farina agli eroi , ai morti e alle divinità sotterranee P. Stengel

(vedi la festa delle fae a San Giorgio Ingana Poltron)

Arlequin dio degli inferi a capo della masnada infernale.

Nella descrizione del rito paleoveneto per la semina , Teopompo usa il termine greco “meiligmata”, cioè <>, i quali costituivano lo scopo della cerimonia stessa. <> i corvi , cosa strana! Meiligmata , come meilichios, <>, è un termine che si addice al culto dei morti e degli dei inferi. In Eschilo con meiligmata sono indicate le libagioni di pasta fluida di cereali , con le quali si placava gli spiriti dei defunti e degli eroi. A Cerbero la Sibilla cumana dette l’offa dolce, come narra Virgilio ; ai Lari, i defunti erotizzati romani , si offriva la focaccia. Pertanto anche questo aspetto del rito <> dei Veneti riconduce alla sfera funeraria.

E’ assolutamente impossibile stabilire se presso gli antichi veneti la semina fosse accompagnata da cerimonie di tipo lugubre o funebre , come presso molte popolazioni della terra, le quali vedevano nella semina il seppellimento di una divinità.(ne parla “il ramo d’oro di J.G. Frazer). Plutarco , per esempio parlando dei riti egiziani della semina , dice che :<>Plutarco –Iside e Osiride-

Durante le ferie sementine romane avveniva il rito della”iactatio oscillorum , cioè dell’<>, ove con oscilla (forse diminutivo di “os”, <>) si potevano intendere anche <>, <>- masche , larve che richiamano la prima idea di arlecchino come conduttore della masnada infernale e una specie di dio degli inferi- <>. Su questo rito, che avveniva durante la festa della semina, molto si è fantasticato. Gli eruditi romani lo facevano risalire ad un rito ateniese, inaugurato per onorare Icaro e la sua figlia Erigone, nel corso del quale si impiccavano delle statuette, in memoria di Erigone che si era impiccata in seguito all’uccisione del padre.Il mito di Erigone era connesso con le ferie sementine solo nella fantasia degli eruditi antichi , mentre gli studiosi moderni di religione romana hanno dato diverse spiegazioni di tale rito :si trattava di figurine poste sull’altalena , oppure di simulacri fallici, simboli della fertilizzazione dei campi , oppure si trattava di un rito della fecondità e della fertilità. In ogni caso , è però certo il suo carattere funerario.

Gli oscilla erano maschere o masche (larve) e la commedia dell’arte si fa carico di traghettare questo sapere e queste conoscenze e liturgie arcaiche travasandole nella commedia(o tragedia apotropaica), Oscillamento di questi oggetti poteva impaurire gli uccelli e farli desistere nel dissotterrare le sementi. A roma le cornacchie erano portatrici di valori religiosi, come prova una iscrizione sull’Esquilino : “Devas Corniscas sacrum”,<>.

Il culto è legato a Cornix, detta Coronis, madre di Esculapio.Negli orti romani si era soliti conficcare nel terreno delle statue di priamo (come le erme con gli organi sessuali maschili in mostr, doppio simbolo l’erma di per se era un Menhir) perche tenevano lontano gli uccelli , ma anche i sortilegi e le stregonerie.Gli uccelli che arrecavano danni agli orti era gli spiriti dei morti inrequietiLa cerimonia latina dedicata a Cerere e a Tellus, divinità della terra e dei morti era comune a tutti i popoli e i veneti con particolare intensità, i morti erano particolarmente affamati e andavano placati.Gli Oscilla, maschere e o statuette venivano appesi per tenere lontano gli uccelli, avremo un motivo di divergenza dalle concezioni venete, che i corvi non dovevano essere spaventati o allontanati . ma rabboniti con offerte adeguatamente belle e non solo buone.Secondo Teopompo le focacce erano preparate in “modo bello”con gusto ; e questo particolare potrebbe adombrare la realtà di pani o focacce figurate , figurine di uomini , maschere, come quelle che venivano appese nelle campagne romane . Gli etruschi usavano le cortecce degli alberi come maschere per rappresentazioni sacre svolte nelle ore del meriggio,A Roma si preparavano focacce fatte a mo di ruota solare in onore del dio notturno Sommano, oppure maschere mostruose della dea Mania nominate “maniole”. Maschere apotropaiche come le antefisse etrusche di gorgoni con la lingua completamente fuori, pensate alle zucche nell’antica festa agricola di Firenze della Rificolona .E sempre nel mondo romano si confezionavano maschere che venivano agitate nei campi. I dodici falli ritrovati ad Este nella stipe votiva di Morlungo servivano per cerimonie agrarie legate alla fertilità. Gli antichi Veneti traevano auspici dal modo con cui i corvi si comportavano nel momento della semina:se mangiavano le offerte era segno di abbondanza per i raccolti futuri,se erano rifiutati era segno di carestia.. La parola Aruspico proprio l’esservatore degli uccelli, nel mondo etrusco e romano. e i corvi erano uccelli privilegiati in per questo tipo di presagi , il loro gracchiare e il loro movimenti . Ecco i due tipi di uccelli per l’indagine gli “alites” e gli “oscines” i primi davano presagi con il volo gli altri con le grida. I Veneti in epoca tardo repubblicana (primo sec.d.C.) avevano in uso tali divinazioni . Anche presso i veneti era in uso l’interpretazione dei fulmini come segno di volere degli dei , Si trattava di individuare il dio che lo aveva scagliato e dedurre il rito che andava impiegato per placare i poteri malefici che interferivano nel luogo dove era caduto il fulmine e ripulirlo.A Oderzo è stato rinvenuto un sasso ablungo con iscrizione latina dove è scritto :<<>> cioè <>, Sepolto per evitare che contaminasse persone animali e cose. E’ probabile che fosse un antico rito veneto etrusco che secondariamente assunse caratteristiche romane.

ATTI DI DEVOZIONE

Il gesto di adorazione

Tra le stipi, o i depositi votivirinvenuti a Este quello di Caldevigo è fra i più antichi , poiché vi figura un bronzetto, raffigurante la cosiddetta <>, databile al V sec a.C. La vita religiosa attestata dai reperti sembra essere continuata durante il IV sec a.C. fino al IV periodo atestino (dal 400 a. C. al II secolo dove il mondo veneto si fonde con quello romano) fino alla vigilia dell’arrivo dei romani.: La stipe è composta da laminette bronzee con figure femminili , un centinaio di modellini miniaturistici, di lance di bronzo e di scudi e un gruppetto di teche di metalliche con un foro per la sospensione , forse piccoli contenitori per vesti e per capelli .

Quanto alle armi miniaturistiche . Questo tipo di oggetti votivi è stato rinvenuto anche a Telamone riferibile alla battaglia che vide i romani e i loro alleati , tra i quali 20000 veneti ,vincitori sui galli proprio nei pressi di Telamone nel 225 a.C. Le piccole armi sarebbero dunque ex voto di soldati che parteciparono a quella battaglia . Probabilmente viene da Caldevigo un cippo iscritto rinvenuto a Monte Murale ,nel quali si può forse conoscere la prima parte del nome di una divinità EINA.

Tra gli oggetti della stipe di Caldevigo è stata rinvenuta una lamina bronzea rettangolare, molto importante per il nostro studio,che raffigura a incisione una donna con ampio scialle che scende sulla schiena in abito paleoveneto , con una sorta di manto che si allarga in basso a campana, mentre un cinturone le orna la vita. Questo personaggio femminile fissato nell’atto di sollevare la mano destra (per me è la sinistra) di fronte alla bocca. La ricchezza dell’abbigliamento , essa è stata ritenuta se non la dea stessa- ha lo stesso abbigliamento della statuetta detta di donna orante sempre di caldevigo) la donna sta rendendo omaggia alla divinità a Retia. Ogni religione ha un suo modo di venerare e rendere omaggio alla divinità. Le mani giunte , la mano con il palmo sul petto , ma gli etruschi come i romani i persiani e i popoli del vicino oriente origini sumeriche ittiti usavano partare la mano destra alla bocca e imitando il gesto di mandare un bacio.era la “proskynesis dei greci-baciare con fervore-segno di adorazione e di saluto.Questo tipo di devozione era antichissima e presso i veneti si è mantenuta pressoché uguale a quella degli antichi Sumeri Venerazio->l’arte di accattivarsi la divinità . L’etologia ci aiuta nel delucidarci questi comportamente legati al sacro.. Sono i gesti semplici e usuali che l’uomo adopera i momenti importanti della vità: Il gesto della supplica, l’abbraccio, la stretta di mano, il sacrificio di animali o di un capro espiatorio, la danza, sono esempi di comportamenti comuni agli uomini . La donna di Cadevigo riassume in quell’atto e in quel gesto un rito usuale presso le antiche popolazioni ed è rimasto ancora comprensibile come atto devozionale anche per noi uomini del III millennio.

DO UT DES->TI DO perché MI DAI

DO QUI DESISTI-> TI DO PERCHE’ MI HAI DATO.

LA LIBAGIONE

Un gesto che ricorre più spesso è quello della libagione. Nella stipe barbatella molte statuette rappresentano uomini e donne con un vasetto o una patera in mano, come la statuetta veneta dal museo di Padova, come da Carceri d’Este proviene un gancio di cinturone che raffigura una donna in atto di versare del liquido in una tazza , al cospetto di un personaggio che è stato interpretato come uomo-pesce, forse divinità fluviale . L’atto del culto è sempre il medesimo quello di offrire ad una divinità o a un eroe un liquido commestibile . Si versa a terra, o nell’acqua o nel fuoco affinché la divinità ne possa assorbire le energie per renderlo partecipe la divinità alla consumazione di un alimento pregiato. Un rito remotissimo. La fede è un patto, un rispetto bilaterale dei patti e delle regole tra uomini e dei.L’uomo offre con deferenza agli dei la parte di bevanda che spetta agli dei . Nel mondo italico sono frequentissime le scene di offerenti, dalle prime testimonianze dell’arte italica (IX-VIII sec.a.C.) Con molta probabilità questi riti sono stati influenzati nel mondo paleoveneto dagli etruschi (come daltra parte le figure oraffigurazioni ) e sia i bronzetti di Padova che quello della donna che offre sul gancio atestino La libagione era un rito pubblico e privato, taluni stipi votive come quella di Montegrotto o quella di San Daniele a Padova abbondano di coppe votive. Molto probabilmente anche i mestoli di Lagole in Cadore con dediche a Trumusijat, appartengono a questo tipo di rito ,servivano per attingere liquido con cui libare. Pratica diffusa anche nei santuari etruschi.

SUONATORI DI STRUMENTI DELL’OLTRETOMBA

Nelle sicule e nei bronzetti veneti sono frequenti le raffigurazioni di musicanti, forse era una pratica o cerimonia di culto o attività legate alla vita di società . Per le raffigurazioni delle situle il problema è aperto , ma per quanto riguarda i bronzetti , in quanto costituivano offerte ai defunti ,rientrano nel quadro dei culti paleoveneti. Le raffigurazioni . Sulla situla della Certosa Al museo archeologico di Bologna sono raffigurati due personaggi con cappello a tese larghe, uno davanti all’altro intenti nel suonare uno la lira e l’altro la siringa, ma anche in altre situle furono notate scene di musicanti , la musica era elemento importante nella cultura dei Veneti.

Per i bronzetti abbiamo Testimonianze al museo Concordiese di Portogruaro proveniente da Sesto al Reghena- suonatore di lira seduto sopra uno sgabello databile V sec.

Al museo provinciale di Torcello che raffigura un suonatore di siringa vestito con un gonnellini lungo fino al ginocchio.

A Gazzo Veronese è conservato un altro suonatore di siringa proveniente dalla necropoli di Dosso del Pol Questa statuetta si è sicuri che viene da un contesto funerario e si presume anche per gli altri bronzetti.

COCLUSIONI

i culti degli antichi veneti non risultano organizzati in un complesso e preciso sistema politeistico, sul tipo di quello dei greci e dei romani .I dati sono scarsi ma in ogni caso ci sono degli elementi concreti i quali indicano che le comunità venete adoravano una divinità principale polivalente, affiancata da divinità minori e degli spiriti dei defunti. Poi assistiamo all’assorbimento delle divinità grecoromani che lentamente cancellano la prima divinità Veneta.

La divinità principale era preposta a molteplici domini della natura e della vita , domini che ad esempio nel mondo greco erano appannaggio di divinità diverse e specializzate.

RETIA proteggeva gli animali era connessa con le acque del fiume Adige, era preposta all’educazione dei giovani e alle cerimonie dei ritidi passaggio alla maggior età e al matrimonio, era inoltre una dea della slute del corpo, dell’arte della profezia e della magia attraverso la quale l’alfabeto diventa parola e srittura nei santuari.

Trumusijat di Lagole era pure una dea multiforme :presiedeva le cerimonie degli allevatori e dei cacciatori cadorini , probabilmente aveva qualche cosa a che fare con l’arte della guerra , visto che a lei venivano dedicate statuette di guerrieri, ma era soprattutto una dea sanatrice .

Placchette con raffigurazioni di bovini si trovano sia nella stipe Barbatella di Este sia nella stipe di Villa di Villa; lamine con cavalieri e tavolette alfabetiche simili tra loro contraddistinguono la stipe di Vicenza e quella atestina del fondo Bratella ; statuette di devoti assolutamente uguali si sono rinvenute a Lagole e a Villa di Villa; bronzetti di cavalieri simili fra loro provengono da Lagole che dalla stipe di Barbatella , e l’elenco delle parentele fra i santuari del Veneto potrebbe continuare ancora a lungo, erano legati. Questo fenomeno non documenta soltanto l’esistenza di centri di produzione di ex voto comuni ai santuari diversi, o la circolazione di punzoni e matrici fra gli artigiani dei diversi luoghi di culto, ma documenta pure la somiglianza e insieme le molteplici possibili attribuzioni delle divinità principali presso le varie comunità dei veneti

Accanto alle divinità supreme, di carattere multiforme e polivalente , esistevano divinità minori. A Montegrotto ad esempio , c’era Gerione con il suo Oracolo, accanto al dio principale delle fonti termali ; a Este c’erano le due divinità dette “Alcomno” , c’erano gli dèi,sconosciuti,cui spettavano le stipi di Caldevigo e di Morlungo. Tuttavia è difficile stabilire fino a che punto queste divinità minori di Este (ma anche il caso di Padova è analogo)fossero organizzate in un rudimentale sistema politeistico accanto alla divinità Leader, e fino a che punto si trattasse invece di divinità proprie dei diversi villaggi o dei diversi quartieri o gruppi tribali che componevano la città stessa. E’ possibile infatti che un’unitàsociale atestina avesse fatto capo , per la medesima cerimonia, al santuario di Caldevigo, mentre un’altra avesse fatto capo al santuario di Barbatella.

Fin dalle epoche più remote , accanto e al dì sotto degli dèi erano venerati anche gli spiriti dei morti (i lari nel mondo romano) e degli eroi. Le pratiche funerarie , i sacrifici di cavalli, i riti in onore degli uccelli , che erano ritenuti sede delle anime dei morti, sono elementi che attestano quanto fosse radicata presso i Veneti la credenza dell’immortalità dell’anima e nelle capacità di operare da parte degli spiriti . Probabilmente tali spiriti non erano contraddistinti da una fisionomia personale molto marcata , come invece nel caso degli eroi greci o romani , i quali erano protagonisti di una mitologia estremamente complessa. (necessari per consolidare il potere e unificare indirizzando i culti verso l’impero, nel caso dei romani)Forse attraverso l’ellenizzazione e poi ,soprattutto, attraverso la romanizzazione del Veneto, anche gli eroi e gli spiriti della saghe locali poterono assumere una fisionomia meno labile, ma di questo fenomeno non è rimasta traccia.

Con l’introduzione dei culti di origine greca, grazie agli Etruschi e ai Greci stessi, si raggiunse sicuramente un primo abbozzo di sistema politeistico. Ercole, ad esempio, entrò a far parte del complesso di divinità di Montegrotto e del santuario stesso di Retia nel fondo Barbatelle. Questo elemento nuovo fu accompagnato dalla costruzione di un nuovo e più articolato sistema di miti caratteristici dei vari luoghi di culto. Il caso di Montegrotto è esemplare al riguardo. Con il passare del tempo e con la penetrazione capillare della cultura romana e italica nel Veneto, le divinità locali furono <> classificate, specializzate entro domini loro caratteristici e organizzate in un sistema che rispecchiava il sistema politeistico greco-romano.

Purtroppo soltanto in pochi e fortunati casi è possibile seguire questo processo finale. La trasformazione di Retia in Minerva è forse l’esempio che meglio si può percepire d’un simile fenomeno.

Io sono circondato da preti che ripetono incessantemente che il loro regno non è in questo mondo, eppure allungano le mani su tutto quello che possono prendere – Napoleone

Ho trascorso ore angosciose, rese tanto più gravose dai tentativi inumani compiuti intorno a me da altissimi dignitari ecclesiastici per indurmi a sconfessioni e a ritrattazioni... Ho resistito impavido. Ne sono fiero - Ernesto Bonaiuti, sul letto di morte. 1946

..Oggi occorre sapere che un teologo, un prete, un papa, non appena aprono bocca a pronunciare una frase, non solo sbagliano ma mentono... Le nozioni di aldilà, quella stessa di anima, sono arnesi di tortura usando i quali il prete diventò padrone e padrone rimase... - F. Nietzsche

Quando i missionari vennero per la prima volta nella nostra terra, loro avevano le Bibbie e noi avevamo la terra. Cinquant'anni dopo, noi avevamo le Bibbie e loro avevano la terra - Jomo Kenyatta, primo presidente del Kenya dopo l'indipendenza

Se Gesù fosse stato ucciso vent'anni fa, i bambini cattolici porterebbero
al collo piccole sedie elettriche e non croci - Lenny Bruce

"Il cristianesimo diede da bere a Eros il veleno: esso non lo fece morire, ma degenerare in vizio."
(Friedrich Nietzsche)

"Si guardi indietro a tutte le guerre, ai disordini, alle ribellioni e alle rivoluzioni: se ne troveranno ben poche che non abbiano avuto come seme, o come pretesto, una qualche contesa religiosa."
(Arthur Schopenhauer)

"Il monoteismo genera il fanatismo, il fanatismo l'odio e l'odio le guerre di religione."
(Anacleto Verrecchia)

"La parte più fanatica e superstiziosa dell'umanità in materia di religione ha sempre una passione per i misteri, e per questa ragione ama di più ciò che capisce meno."
(Isaac Newton)

Il migrante, "spogliato" dei suoi luoghi di origine, si trova in uno stato di momentanea nudità, in balia di uno spazio cosmico, in uno stato non gravitazionale, dove l'alto e il basso perdono di senso e le certezze si fanno evanescenti. A questa colorita ma interessante metafora potremmo aggiungere quanto dice Zanini, secondo il quale valicare una frontiera vuol dire "uscire da uno spazio familiare, conosciuto, rassicurante, ed entrare in quello dell'incertezza". In sostanza viene a mancare il senso dell'abitare e dell'appartenere ad un luogo. Per il migrante diventa di vitale importanza ridisegnare uno spazio capace di accogliere il suo mondo di credenze, di significati, di simboli o più semplicemente la sua cultura. Fino a quando questo atto di ridefinizione del proprio habitat non si esaurisce, l'esperienza del migrare rimane in una condizione di confine, in una sorta di bolla liminale.


La trascrizione dell'intervento della dottoressa Maria Angela Ruta Serafini sulle donne paleovenete, tenutsi il 21 02 2008 a Isola della Scala è tutto da rivedere. Troppi errori sono stati commessi e con l'occasione chiedo umilmente scusa alla dottoressa Maria Angela Ruta Serafini .Solo dopo la revisione e la correzzione il testo verrà reintegrato


L’ELEMENTO MAGICO IN EZRA POUND di Boris de Rachewiltz,

Recensione al libro L’ELEMENTO MAGICO IN EZRA POUND di Boris de Rachewiltz,

edito da Raffaelli Editore, Rimini 2008.

di Franklin Baumgarten

A 43 anni dalla prima edizione de L’Elemento Magico in Pound, Raffaelli Editore ripropone la stampa di questo interessante testo oramai esaurito. Gli scritti dedicati da Boris de Rachewiltz ad Ezra Pound, di cui sposò la figlia Mary nel 1946, sono piuttosto numerosi, considerando che l’autore è stato in prima linea egittologo ed etno-archeologo. La lista delle pubblicazioni scientifiche di de Rachewiltz in questo campo, comprende circa venticinque libri ed innumerevoli articoli apparsi in riviste e giornali. In ognuno di essi spicca il senso della ricerca di contenuti di carattere magico – religioso delle culture africane, in particolare modo, quella dell’antico Egitto. Fra le opere che trattano argomenti diversi, vi sono per l’appunto, alcuni lavori che Boris de Rachewiltz dedicò al poeta americano. Essi comprendono, in ordine cronologico, un curioso scritto con la firma dell’egittologo, apparso sulla rivista americana ‘Doubt’ nel 1952. In questo scritto de Rachewiltz condivide le idee poundiane circa il sistema monetario britannico, esprimendosi con alcuni versi, che risultano fortemente influenzati dallo stile letterario del suocero. Nel 1960 Ezra Pound tradusse dall’italiano in inglese alcune poesie dell’Antico Egitto, la cui traduzione di de Rachewiltz dall’egiziano era stata pubblicata da Scheiwiller nel volume Liriche Amorose degli Antichi Egiziani. Due anni dopo, nel 1962, la traduzione poundiana dei Love Poems of Ancient Egypt fu rielaborata insieme a Noel Stock.

Nel 1965 fu pubblicato L’Elemento Magico in Ezra Pound, edizione all’insegna del pesce d’oro a cura di Vanni Scheiwiller e Piero Draghi. Il contenuto di questo libro, che include numerosi passaggi inediti della corrispondenza fra de Rachewiltz con Pound negli anni 1954 e 1955, verrà ripubblicato nell’antologia letteraria di Eva Hesse (Berkeley & Los Angeles 1969), intitolata Pagan and Magic Elements in Ezra Pound’s Works. Va detto che questa versione, tradotta anche in lingua tedesca, è sostanzialmente concisa rispetto all’originale di de Rachewiltz, mentre, per alcuni aspetti, ne amplifica certi concetti interpretativi di tipo letterario.

Nel dicembre del 1972, Boris de Rachewiltz rende omaggio a Pound, spentosi a Venezia all’età di 89 anni, con uno scritto intitolato Ultima epistola a E.P., il quale era apparso sul mensile culturale ‘La Destra’.

Inoltre vi sono le numerose fotografie scattate da de Rachewiltz, che furono pubblicate in opere di Pound, fra cui le fotografie all’interno del A Memoir of Gaudier Brzeska, nonché in opere su Pound, contenenti ritratti del poeta, come l’edizione Ezra Pound Patria Mia - Essay a cura di Eva Hesse. L’ultima pubblicazione che unisce Ezra Pound e suo genero, è Cat and Salamander, a tale in six captions illustrated by Boris de Rachewiltz, del 1993.

Pound fa suo l’elemento estetico che ricava dalla cultura dell’antico Egitto, così distaccandosi dalle influenze estetiche ereditate dall’antica Grecia (Angus Fletcher in: Pound’s Egypt and the Origin of the ‘Cantos’, Twentieth Century Literature, 2002). Alcune nozioni circa l’Antico Egitto, che vengono espresse in De Aegypto (A lume Spento) di Pound (1908), derivano secondo de Rachewiltz, dalla lettura di testi di E. A. Wallis Budge. Inoltre, l’accostamento simbolico al mito di Osiride da parte di Pound, trova espressione in una serie di ‘essays’ degli anni 1911/12 intitolati I gather the limbs of Osiris. Essi fanno riferimento al mito egizio pervenutoci da Plutarco, rispecchiando in maniera allegorica la necessità di esprimere i concetti del risorgere, ordinare e ricordare.

Per quanto riguarda le motivazioni che possono aver spinto Boris de Rachewiltz a definire gli ‘elementi magici in Pound’, non c’è da meravigliarsi che uno studioso attento agli aspetti magici della cultura egizia abbia riscontrato nella poetica di Pound paragoni fra l’uso, la forma e la musicalità della parola, inerenti all’efficacia magica prodotta da essi nel mondo egizio. Ecco perché de Rachewiltz percepisce come un passaggio dei Testi delle Piramidi, l’affermazione di Pound in De Aegypto, ove è detto:

“I, even I, am he who knoweth the roads

Through the sky, and the wind thereof is my body”

L’edizione di Raffaelli Editore de L’Elemento Magico in Ezra Pound darà nuovamente al lettore l’opportunità di riflettere non solo sugli aspetti interessanti riscontrabili nella poetica poundiana; permetterà altresì di conoscere meglio l’autore Boris de Rachewiltz, il quale ha avuto l’intelletto e la perspicacia di descrivere l’opera di Ezra Pound in una luce alquanto magica.

Ezra Weston Loomis Pound Boris de Rachewiltz

(nato il 30 ottobre 1885 a Hailey, Idaho, (nato il 12 febbraio 1926 a Roma e morto

e morto a Venezia il 1 novembre 1972) a Tirolo di Merano il 3 febbraio 1997)

Franklin Baumgarten Verona, 20 febbraio 2008