QUANDO MUSSOLINI VIETO' AI GIORNALI DI RICORDARE IL NATALE
PALERMO - ''E' fatto assoluto divieto di ricordare il Natale''. Era una vera e propria avversione quella del Duce nei confronti del 25 dicembre. Lo dimostra questa velina che il 21 dicembre 1941 Benito Mussolini vergo' di suo pugno. Il 13 dicembre del 1939 tutti i giornali d' Italia ricevettero ordine perentorio del governo di ''non occuparsi in alcun modo di alberi di Natale''. E ancora quattro giorni prima avviso': ''i giornali possono dare nella cronaca di Roma la notizia della visita del ministro della Cultura Pavolini al presepio dei giornalisti, astenendosi di mettere il suo nome nella prima riga''.
Sono questi alcuni esempi di censura durante il regime raccolte nell' antologia di prossima pubblicazione ''Veline e veleni'' scritta dallo storico Giuseppe Passarello ed edito per i tipi della Palumbo di Palermo.
Scrive in una pagina del suo diario Galeazzo Ciano, genero del Duce e Ministro degli Esteri: ''Il Natale non gli e' mai stato propizio. L' avvicinarsi delle feste natalizie lo agita. Un terrore superstizioso lo rivolta contro la festa della fraternità, e proprio quando il più dolce dei misteri cristiani versa nel cuore di tutti un palpito anche fugace di bontà, cupe e torbide gli risuonano nell' animo certe parole di ironica amarezza dura, sul gregge che bela gioia innanzi a un presepio. E se non fosse empio officio penoso si potrebbero raccogliere molte sue strenne natalizie portanti chiaro lo stampo dell' imprecazione''.
Ed è proprio nel 1941 che discutendo con Ciano, osserva Passarello, il Duce manifestò la sua sorpresa sul fatto che ''i tedeschi non avessero ancora abolito il Natale che ricorda - disse testualmente - soltanto la nascita di un ebreo che regalò al mondo teorie debilitanti e svirilizzatrici e che ha particolarmente fregato l' Italia attraverso l' opera disgregatrice del Papato''.
''Per me - diceva Mussolini parlando con il genero - il Natale non e' altro che il 25 dicembre. Certamente sono l' uomo al mondo che sente meno questa ricorrenza''. E per darne prova, afferma lo storico, ''per quel giorno programmava una serie di appuntamenti più numerosi del solito''.
E ancora in occasione del messaggio inviato dal papa Pio XII per il Natale del 1942 Mussolini ascolto' quel discorso a Palazzo Venezia in compagnia di Ciano. Alla fine sentenziò:'' Il vicario di Dio cioè il rappresentante in terra del regolatore dell' Universo - non dovrebbe mai parlare: dovrebbe restarsene tra le nuvole. Questo è un discorso dai luoghi comuni che potrebbe agevolmente essere fatto dal parroco di Predappio''.
''Eppure Mussolini - chiosa lo storico - fu osannato come l' uomo della Provvidenza, perchè era colui che era stato capace di risolvere la lacerante 'questione romana' stipulando nel 1929 il concordato con la chiesa. Ma la contraddizione tra il suo anticlericalismo e la firma dei patti lateranensi si spiega con la concezione della religione come 'instumentum regni', indispensabile per governare un popolo di sentita fede cattolica come quello italiano''.
Ansa, 16/XII/2004
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