giovedì 18 dicembre 2014

Kandinsky il pittore sciamano

I colori esoterici di Kandinsky

L’ingresso della mostra “Vassily Kandinsky. La collezione del Centre Pompidou” a Palazzo Reale (Milano) è una suggestiva sala ricreata sui cinque guazzi originali che Vassily Kandinsky, maestro di pittura parietale alla Bauhaus, aveva progettato nel 1922 per la Juryfreie Kunstausstellung (mostra d’arte libera da giuria) di Berlino: un’immersione coinvolgente di “arte totale”, così come l’aveva immaginata il pittore russo dopo aver visto le isbe contadine decorate con pitture multicolori a Vologda nella Russia nordoccidentale, dove si era recato per compiere studi antropologici quando studiava alla Facoltà di Diritto ed Economia dell’Università di Mosca.
La mostra – curata da Angela Lampe in collaborazione con Ada Masoero – espone le opere di proprietà di Kandinsky che la terza moglie, Nina Andreevsky, ha donato al Centre Pompidou ed è strutturata sulle principali tappe esistenziali e artistiche che hanno caratterizzato la sua vita e la sua produzione artistica e teorica: la Russia, la Germania (in cui visse complessivamente per trent’anni), la Francia, le tre mogli, le due guerre mondiali e la rivoluzione d’ottobre, intervallati da viaggi e soggiorni in tutta Europa.
L’epoca della suprema spiritualità
Kandinsky (1866-1944) nasce sotto lo Zar Romanov in una facoltosa famiglia moscovita, dove riceve una educazione di alto livello che comprende anche lezioni di pittura, pianoforte e violoncello e viaggi di formazione. Sviluppa il senso del fantastico ascoltando le leggende germaniche che l’amatissima zia materna gli racconta in tedesco; dopo il liceo a Odessa e la laurea all’Università a Mosca inizia la carriera accademica, che però abbandona a trent’anni per recarsi a Monaco a studiare pittura.
Kandinsky con la moglie
Kandinsky con la moglie
Kandinsky crede nell’avvento di una nuova era nell’evoluzione umana, che chiama “Epoca della suprema spiritualità” e la sua considerevole biblioteca di testi esoterici dimostra i suoi interessi verso la Teosofia di Helena Petrovna Blavatsky e l’Antroposofia di Rudolf Steiner (di cui aveva seguito alcune conferenze in Germania), dottrine la cui influenza è riscontrabile nella sua opera artistica e teorica: nel percorso di abbandono della realtà apparente verso un’espressione interiore di spirituale universalità; nella vicinanza alla dimensione musicale in quanto dominio del non figurativo e dell’immateriale; nella ricerca di un’arte totale che congiunga colore, luce, forma, movimento e musica, come nell’euritmia steineriana; nell’importanza data al linguaggio del colore di cui teorizza le influenze emozionali sull’anima.
Il colore è l’anima del cosmo
Scrive all’amico Arnold Schönberg: “La invidio molto. Il suo Manuale di armonia è già in stampa. (…) Anche noi (pittori) abbiamo ora il diritto di sognare un Manuale di armonia. Io sogno già, sperando di enunciare almeno i primi principi di questo prossimo grande libro” (1911). Kandinsky mostra la corrispondenza tra colore e musica anche nella scelta di alcuni titoli dei suoi lavori, come ad esempio nel quadro: “Impressione, Improvvisazione e Composizione” o nei lavori teatrali “Il suono giallo” e “Il suono verde”.
Da Steiner leggiamo: “Nello sperimentare in noi stessi l’elemento vivente del fluire del colore, noi riusciamo ad uscire dalla nostra persona e a partecipare delle vita cosmica. Il colore è l’anima della natura e dell’intero cosmo, e noi prendiamo parte a quest’anima in quanto partecipiamo, sperimentando, alla vita del colore”.
Kandinsky attraversa tutti gli stili del Novecento, alla ricerca dell’estrema sintesi dell’esperienza interiore per giungere all’essenza della figurazione, cioè di ciò che sta dietro alla realtà apparente. Nei dipinti in mostra è possibile decifrare con pazienza i residui figurativi anche nei quadri astratti, dove emergono frammenti di paesaggi, campanili, cavalieri, navi, volti e altri soggetti spogliati della loro rappresentatività figurativa e mescolati a forme geometriche dal complesso significato esoterico, come le sfere circondate da aloni colorati (nel suo testo in catalogo Angela Lampe parla della macchia rossa come della “manifestazione auratica della forma-pensiero”).
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Giallo-Rosso-Blu
La dissoluzione dell’immagine
Scrive Kandinsky nel 1910: “La forma è l’espressione materiale di un contenuto astratto” e nel 1918: (…nella pittura intenzionalmente) “l’oggetto raggiunge la capacità di autodissoluzione, la capacità di non avvertire l’oggetto nel quadro, per così dire di lasciarselo sfuggire”. Infatti non si può parlare di sparizione della raffigurazione, ma di dissoluzione, di cui rimane una traccia, un pensiero, un’idea, un’essenza.
Come ha documentato John Gage nei suoi libri, Kandinsky è inoltre attento al dibattito psicologico contemporaneo e già dal 1901 è al corrente di alcune ricerche dei cromoterapisti apparse in una quantità di pubblicazioni tedesche e francesi e nei suoi libri scrive che: “Il colore contiene in sè un potere poco studiato, ma enorme, che può influenzare l’intero corpo umano come organismo fisico.”
Si interessa al fenomeno della sinestesia (per cui gli stimoli sensoriali uditivi, visivi o tattili provocano un’esperienza sensoriale aggiuntiva), una delle preoccupazioni centrali dei movimenti romantici e simbolisti, di cui molto si discute anche in Russia, patria di famosi sinesteti come lo scrittore Vladimir Nabokov e il musicista Aleksandr Skrjabin, inventore del clavier à lumière che collega tasti musicali e luci colorate; cerca nelle sue opere la corrispondenza musicale tra il colore e il suono e associa i diversi timbri cromatici a vari suoni e strumenti musicali.
L’Azzurro
Nel suo testo teorico “Lo spirituale nell’arte” (1912) Kandinsky descrive le proprietà percettive, emotive e spirituali dei colori; vorrei soffermarmi sull’azzurro, colore del cavaliere della leggenda medioevale che appare nel suo quadro omonimo del 1903 e dà il nome all’almanacco d’arte Blaue Reiter fondato con altri artisti a Monaco nel 1911.
Azzurro-cielo
Azzurro-cielo
“Azzurro cielo”, il magnifico quadro che dipinge nel 1940 ispirandosi al colore sereno dell’aria tersa di Parigi, e che anima con micro-presenze biomorfe, nella realtà percettibile nascoste alla vista umana ma rivelabili dal microscopio, chiude la mostra.
E’ un azzurro che, come scrive l’artista, rimanda al raccoglimento interiore, ha una profondità spirituale che trascende la superficie del quadro, asseconda lo sguardo accompagnandolo oltre la superficie, verso un infinito punto lontano, verso il “soprannaturale”.
E’ il colore a cui Kandinsky dedica la poesia “Vedere”:
Azzurro, Azzurro s’innalzava e precipitava.
Acuto. Sottile fischiava e si conficcava, ma non trapassava.
Risuonò per ogni angolo.
Densobruno incombé come su tutte le epoche.
Come. Come.
Più larghe allargando le braccia.
Più largo. Più largo.
Altre opere di Kandinsky a Vercelli
Fino al 6 luglio 2014 altre 22 opere di Kandinsky sono esposte alla Chiesa di San Marco, a Vercelli, nella mostra “Kandinsky. L’artista come sciamano”.

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