venerdì 6 settembre 2019

Con Giuliano termina l'Impero Romano

Crollo del Mondo Antico: l'uccisione del CAESAR IVLIANVS
Anno 363 d.C. - E' la vera data della Fine dell'Impero Romano e dell'Antichità.

Nonostante i devastanti effetti della sua politica violenta opportunista e dissolutrice, il soldataccio illirico conosciuto come imperatore Kostantino ( "il Grande") non aveva tecnicamente rinunciato alla carica di Pontefice Massimo, e quindi di massimo Ierofante pagano e garante della Pax Deorum su cui si poggiava senza eccezione alcuna lo stato Romano, ed incaricato della tutela della Molteplicità delle Tradizioni Religiose del mondo antico.

E cosi' per tutta la Dinastia Kostantiniana fino all'avvento di Giuliano l'Illuminato denominato 'Apostata' dai cristiani.

Giuliano fu l'ultimo imperatore 'pagano'. Quindi l'ultimo imperatore nel vero senso della parola.

Dopo di lui, tale Gioviano acquisiva la carica di imperatore, RINUNCIANDO ALLA CARICA DI PONTEFICE MASSIMO e di fatto rimettendo ogni Connessione con gli Dei al Senato della Città di Roma ( Kostantinopoli di fatto era già la vera capitale) che non aveva ormai nessun potere politico o legislativo.

Non poteva esistere nessuno Stato Romano senza gli Dei, e quindi lo Stato Romano Legittimo è sparito CARSICAMENTE assieme a Giuliano.

Giuliano, acclamato Imperatore pochi anni prima dalle truppe Galliche pagane stabilite in Germania e vittoriose a protezione del Limes reniano.

Morì durante una formidabile campagna contro i Persiani Sassanidi.

Verso la fine dell'ennesima battaglia vincente sotto Ctesifonte, dopo ripetute vittorie, una lancia lo colpì mentre combatteva senza corazza.

Non si seppe mai 'ufficialmente' chi fu a lanciare il ferro mortale.

Sicuramente non furono i Persiani, che non rivendicarono mai la sua morte. Il successore di Giuliano fu un cristiano...

In effetti, dopo la cancellazione delle ultime resistenze pagane, qualcuno la sua morte la rivendicò : A titolo di santità veniva elevato tale (ironia dell'appropriazione) Mercurio di Cappadocia, il quale, soldato 'romano' aveva avuto il merito di Tradire il suo Comandante ( e massimo sacerdote della Paganità nonchè devoto di Elios-Belenos) che combatteva in prima linea ed ucciderlo a tradimento.

Risultati immagini per San Mercurio uccide l'Imperatore Giuliano

Era stato proprio "San Mercurio", che nelle raffigurazioni appariva in veste di soldato, a usare la sua lancia, per ordine divino, contro l'Imperatore gentile!

Evidentemente l'Onore e la lealtà ormai non avevano più posto nel mondo, se una persona veniva elevata agli altari per aver ucciso a tradimento il proprio coraggioso condottiero.

Ma del resto non ci vuole molto, basta eleggere ad ANTICRISTO qualcuno.. per giustificare qualsiasi cosa contro di lui..

Il Terrore per il Disonore, per la vergogna ha ormai ceduto il posto alla Cultura della Colpa e del Peccato in senso univoco e partigiano.

Se uccidi il pagano ogni preteso peccato di assassinio e tradimento diviene sinonimo di santità.. :

La felice distinzione fu introdotta alla fine degli anni Trenta dall’antropologa americana Margaret Mead.

Come il termine stesso indica, nel primo tipo di civiltà il valore fondamentale è quello di ‘Onore’, che implica un nesso intimo, diretto con l’ambiente sociale in cui la persona si situa.

L’Onore comporta un modo particolare di rapportarsi alla comunità cui si appartiene, una relazione qualitativa che investe tutto il ceppo familiare del membro, e addirittura la cerchia di chi gli è vincolato da legami di amicizia, affetto e simili.

Ne deriva che è sufficiente una mancanza nei riguardi del gruppo, perché il trasgressore possa disonorare il proprio Nome e di conseguenza quello del proprio gruppo familiare, coinvolgendo così negativamente anche ‘estranei’ , per vari motivi vincolati al soggetto della trasgressione e al suo gruppo di appartenenza.

In questo tipo di Civiltà, dunque, la massima pena per il membro consiste nel venire estromesso dalla vita della comunità, nella perdita di reputazione: parafrasando il Nietzsche di Al di là del bene e del male («Sentenze e intermezzi», 183), la comunità è scossa non tanto dal fatto che uno dei suoi membri abbia potuto ingannarla, quanto dal fatto che ora essa non potrà più credergli.

La cultura così contrassegnata è propria dei Greci, dei Latini, dei Celti, degli Scandinavi, degli Ario-Indù — ovvero del complesso delle genti indoeuropee. (Propria, ma non esclusiva: si pensi, nell’area estremo-orientale, alla civiltà giapponese e al valore sommo che in questa rivela la polarità ‘onore-vergogna’).

Le «culture della vergogna» si contrappongono radicalmente alle «culture della colpa», nelle quali l’‘impressione’, il sentimento basilare sotteso alla struttura della società è appunto quello di ‘colpa o peccato’.

Ma si badi: colpa non tanto nei confronti della Comunità, bensì nei confronti di una entità suprema ( o Ideologia Politica n.d.Arcanus) da cui si suppone discendano norme rigidamente Dogmatiche, tradotte in precetti "morali".

Da questa ‘emozione della colpa’ nasce la categoria mentale-morale di ‘Peccato’, connessa al convincimento dell’ineluttabilità di sanzioni, eseguibili sia nel presente che in una vita ultraterrena.

Com’è noto, questa interiorizzazione della mancanza viene istituzionalizzata (dopo essere stata, in un certo senso, ipostatizzata) nelle religioni monoteistiche e nelle ideologie politiche totalitarie e materialistiche.

Quindi non importa più il rispetto dell'etica intesa come il rispetto del proprio posto in un Clan, in un Popolo, in un 'Impero', in una Natura, in un Universo, ma l'obbedienza cieca ai dettami di un qualcosa di esterno che determina ciò che è assolutamente Bene (gli interessi dell'ideologia o della religione)e ciò che è il "Male Assoluto" ( le altre religioni ed ideologie).

Per i nostri Padri e le nostre Madri originari, il Disonore era massimamente da fuggire.

"interdicono i sacrifici: pena presso i Galli rarissima; ché coloro che sono interdetti sono considerati empi o scellerati: tutti li fuggono, evitando di incontrarli e di parlare loro, per non partecipare del loro disonore; né si rende loro giustizia, né essi sono fatti partecipi di alcun Onore."
C.Giulio Cesare : De bello Gallico - I costumi dei Galli.

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