Tutte le lettere d'amore sono
ridicole.
Non sarebbero lettere d'amore se non fossero
ridicole.
Anch'io ho scritto ai miei tempi lettere d'amore,
come le altre,
ridicole.
Le lettere d'amore, se c'è l'amore,
devono essere
ridicole.
Ma dopotutto
solo coloro che non hanno mai scritto
lettere d'amore
sono
ridicoli.
Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
senza accorgermene
lettere d'amore
ridicole.
La verità è che oggi
sono i miei ricordi
di quelle lettere
a essere ridicoli.
(Tutte le parole sdrucciole,
come tutti i sentimenti sdruccioli,
sono naturalmente
ridicole).
ridicole.
Non sarebbero lettere d'amore se non fossero
ridicole.
Anch'io ho scritto ai miei tempi lettere d'amore,
come le altre,
ridicole.
Le lettere d'amore, se c'è l'amore,
devono essere
ridicole.
Ma dopotutto
solo coloro che non hanno mai scritto
lettere d'amore
sono
ridicoli.
Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
senza accorgermene
lettere d'amore
ridicole.
La verità è che oggi
sono i miei ricordi
di quelle lettere
a essere ridicoli.
(Tutte le parole sdrucciole,
come tutti i sentimenti sdruccioli,
sono naturalmente
ridicole).
Fernando Pessoa ha dato un senso al 900, il secolo dell’assurdo, perché è andato, più di altri, oltre tutte le risposte, a capire l’inspiegabilità dell’esistenza, degli esseri.
E’ tutto ben diverso, ben lontano dall’armonia che pensava Pitagora ci fosse nelle cose. E’ tutto disarmonico, anzi, forse la regola del mondo è la disarmonia non l’armonia.
Eppure questa piccola persona, Pessoa, che ha scritto migliaia e migliaia di cose, di poesie, di cose dell’anima, scopre, alla fine della sua esistenza, di aver mancato praticamente tutto, cioè di non aver scritto una lettera d’amore. Che cos’è una lettera d’amore...la lettera d’amore è una cosa che si tocca, è una cosa che ha una persona da raggiungere, è una cosa vera, è una cosa reale, fisica, è una cosa che manda fuori dall’anima segnali che non sono soltanto parole o soltanto flatus vocis, sono praticamente delle mani, praticamente delle carezze, è come toccare, come toccare l’altro, la persona che c’è dall’altra parte. Non basta scrivere un diluvio di cose e tentare di capire l’astrazione, il non senso del mondo, se poi non riesci a toccare con la mano una persona. Di questo, Pessoa, che era stato grandissimo, disperato, dieci Leopardi insieme, di questo Pessoa si accorse alla fine della sua vita e si prese in giro, “si sono ridicole le lettere d’amore, non bisogna scriverle, raccontano parole d’amore che di per se stesse sono ridicole”, però fa la tara su se stesso, e alla fine che cosa si dice: “saranno anche ridicole le lettere d’amore però sono più ridicole le persone che non le scrivono”. Si pente di non averlo fatto, è una questione vera, reale, perché c’era una donna che lo aspettava e si chiamava Ofelia, che lo ha aspettato per un sacco di tempo, che lo ha amato, ha capito quest’uomo al di la delle barriere, delle incertezze, delle nebbie, delle insicurezze, di tutto. Lo ha capito, lo ha seguito probabilmente, non si è fatta mai sentire in questo silenzio. E lui non ha avuto il coraggio, la forza, la capacità o l’anima di amarla e se ne accorge negli ultimi tre giorni della sua esistenza. Perché è più importante amare una persona, toccarla, sentirla vicino, che scrivere miliardi di cose sull’assurdità del mondo. E’ un fil rouge anche questo, che lega Pessoa a Pavese e Pavese ad altri grandi poeti. Pavese dice le stesse cose sul mestiere di vivere: “alla fine sono tutte balle, l’unica cosa che conta è una donna vicino a te, in un letto caldo, la sera”.
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