giovedì 26 dicembre 2013

I 12 giorni dove il tempo si ferma

Dodici giorni magici fra cui il mondo degli inferi si incontra con il mondo dei morti, un legame che esula dal mundus, in questo caso l'azione e lasciata più al rito e alla maschera. In questo tempo sacro si animano le entità che il mondo pagano sapeva dominare e guidare verso la salute del popolo, fisica e mentale. 
L'articolo sotto riportato parla di "Babbo Natale" e le sue origini, ma quello che sopratutto mi interessa emerga, sono i riferimenti a quei giorni magici, da Natale  all'Epifania, dove il tempo si ferma, è il momento della celebrazione dei GRANDI MISTERI a Eleusi e nei Maggiori Santuari Ellenici

SANTA CLAUS NEL "CICLO DEI DODICI GIORNI": UNA LETTURA ANTROPOLOGICA


[...] In realtà, l'ascendente diretto di Santa Claus è un personaggio storico, il vescovo Nicola di Mira, vissuto forse nel IV secolo d.C. ma il cui culto assunse un certo rilievo in Oriente nel VI secolo e in Occidente (Roma e Italia meridionale, Germania, Francia e poi Inghilterra) a partire dal IX, fondandosi su un sostrato di religiosità pagana e nascendo probabilmente dal processo di cristallizzazione delle feste collegate al solstizio d'inverno, che nell'antica Roma erano presiedute da Saturno. I Saturnali venivano celebrati nella settimana tra il 17 e il 20 dicembre, prolungandosi in epoca imperiale fino al 24: era questa una fase liminare e potenzialmente rischiosa, connessa con la morte e la rinascita simbolica del Sole, il cui culto venne introdotto nella seconda metà del III secolo e istituzionalizzato daAureliano con la festa del Dies natalis invicti solis, fissata il 25 dicembre. Qualche giorno dopo iniziavano le feste in onore di Giano e della dea Strenia, nel corso delle quali era pratica usuale lo scambio di doni. Nel timore che i nuovi culti ostacolassero la diffusione del cristianesimo, la Chiesa romana stabilì in quella stessa data la ricorrenza della nascita di Cristo, agevolando di fatto confluenze e sincretismi tra riti pagani e festività cristiana.

Tempo di marginalità che la festa sottraeva al divenire storico, quello che lo storico delle religioni Arnold van Gennep ha definito il "ciclo dei dodici giorni" – composto da quelli compresi tra Natale e Capodanno – era un periodo di sospensione dal quotidiano e di inversione e rovesciamento dei ruoli, quindi anche di rafforzamento dei tabu: come segnala l'antropologa E. Stefania Tiberini, nei Saturnali così come nel culto a San Nicola la ricorrenza solstiziale segnala una presenza della morte che si esorcizza nell'elargizione di offerte di doni ai bambini in ragione della loro posizione pre-sociale e pre-iniziatica, e dunque più vicina al nodo problematico della non-vita. I bambini sarebbero dunque un varco nella barriera che divide i morti dai viti, e le questue infantili – elemento ricorrente in queste celebrazioni, così come nella statunitense festa di Halloween e nel Día de los Muertos del Messico – sembrano confermare questa adiacenza della morte al mondo dell'infanzia, sancendo una relazione di complementarietà tra esistenze terrene e presenze che popolano l'aldilà.



Thomas Nast, Santa Claus (1881)


Mediatore di questa precaria alleanza sembra farsi anche Santa Claus, corruzione olandese di Sanctus Nicolaus (ma noto nel mondo germanico come Niklaherr, Samichlaus, Sanda Klaus) e versione esportata in America dalle migrazioni dal XVII secolo: e se in Europa settentrionale e nel Nord Italia in quel periodo nell'iconografia di questo personaggio risaltano ancora gli attributi vescovili (il manto rosso, la mitra sul capo), come ha segnalato M. Belpoliti "San Nicola è anche un santo che ha molte facce, discendente dagli spiriti che accompagnano il corteo di Hellequin, il cacciatore che rapisce i bambini e guida il corteo dei morti nelle notti invernali". In Austria Sankt Nikolaus era accompagnato da Krampus, o Knecht Ruprecht negli altri paesi germanici, essere maligno dotato di due minacciose corna sul capo, di una lingua che gli penzolava dalla bocca e di un sacco in cui imprigionava i bambini capricciosi; tratti e comportamenti comparabili ricorrono frequentemente nelle tradizioni folkloriche dell'Alto Adige e del Tirolo.

Americanizzandosi, Santa Claus perde il suo doppio negativo e con esso tutti gli attributi ambigui che in Europa lo connotano come severo garante del processo di inculturazione infantile. Storicamente, questa flessione semantica asseconda il processo di affermazione della vita privata e la crescita del ruolo economico e sociale della famiglia, innestandosi nelle prime fasi dell'industrializzazione e della formazione e consolidamento delle borghesie cittadine. Non è un caso che Santa Claus dismetta in questo stesso periodo gli antichi panni ecclesiastici per assumere le fiabesche fattezze di un vecchio barbuto e grasso, dunque icona di opulenza, serenità e benessere: così lo tratteggia nel 1863 su «Harper's Weekly» la penna del disegnatore statunitense Thomas Nast, dando un volto propriamente statunitense a quel generoso distributore di doni che già Charles Dickens aveva ritratto nel 1843 nel suo celebre Canto di Natale.

Da prodigo dispensatore di piccole gioie, Santa Claus inizia progressivamente ad assumere le fattezze di un vero dio delle merci negli anni Trenta, grazie a una campagna pubblicitaria senza precedenti che la Coca-Cola Company ideò per ovviare al divieto – generato da diversi procedimenti penali e da campagne denigratorie sulla presenza di sostanze nocive nella bevanda – di utilizzare a questo scopo immagini di bambini. Il disegnatore di origini svedesi Haddon Sundblom ipercaratterizzò il complesso di segni già allestito da Nast, creando il peculiare codice simbolico che sostanzia l'iconografia contemporanea di Santa Claus.

Più che soggiogato dall'ideologia del consumismo, Babbo Natale ne sembrerebbe dunque uno dei prodotti più riusciti. "Espressione di un codice differenziale che distingue i bambini dagli adolescenti e dagli adulti" (Lévi-Strauss, Babbo Natale suppliziato, in Razza e storia e altri studi di antropologia, Torino 1967, p. 59) e mediatore dei conflitti intergenerazionali, nel processo di mutamenti e risignificazioni lungo il quale la sua identità si è strutturata egli a tutt'oggi disciplina le richieste infantili, incoraggiandone gli eccessi ma circoscrivendoli entro uno spazio temporale ridotto. Sul versante macrosociologico, sovrintendendo al protocollo festivo delle donazioni natalizie, garantisce il perdurare di questa forma occidentale di potlatch che alimenta l'industria del consumo, ma allo stesso tempo riafferma la connotazione familistica e affettiva dello scambio di beni, che rafforza la memoria sociale rendendo i beni materiali cosa diversa da quelle "stampelle a sostegno di uno storpio" che secondo la definizione di Ivan Illich sono le merci.


Nessun commento: