venerdì 28 giugno 2019

I MAIALI COL COLLARE DI SANT’ANTONIO DI RANVERSO

 Da Torino, percorrendo in macchina tutto il corso Francia, si raggiunge Rivoli. Proseguendo poi di pochi chilometri in direzione di Avigliana e della Val di Susa, ci s’imbatte nel paese di Buttigliera Alta e nell'abbazia di Sant'Antonio di Ranverso. Di stile gotico, fu fondata nel 1188 da Umberto III di Savoia e poi dato in concessione ai Canonici Regolari di Sant'Antonio di Vienne. I Canonici dipendevano dal Priorato del ‘Rivo Inverso’ da cui nasce la storpiatura del nome in ‘Ranverso’.
Gli affreschi all'interno della chiesa sono di particolare pregio e tra questi ne spicca uno decisamente insolito raffigurante la donazione dei maialetti. Da ricordare che l’iconografia di Sant'Antonio Abate è sempre raffigurata insieme ad un maialino che i frati infatti allevavano per curare il ‘fuoco di sant'Antonio’. Si tratta di una patologia molto dolorosa provocata dall'Herpes Zoster che produce sfoghi sulla pelle. Causato da un virus, crea uno sfogo cutaneo a forma di cintura (l’etimologia di Zoster è appunto ‘cintura’) lungo il decorso dei nervi, soprattutto quelli toracici. A differenza della varicella, la comparsa di forte arrossamento e di bollicine a grappoli, non crea prurito, ma appunto dolore o bruciore. L’unico rimedio conosciuto all'epoca consisteva nello spalmare sulla parte malata del grasso animale.
I frati, ospitati anche a Torino a partire dal 1271 nella chiesa di San Dalmazzo in via Doragrossa (attuale via Garibaldi) per concessione del vescovo Gaufrido, avevano la particolarità di portare sempre con sé i loro maiali. Contraddistinti da un collare blu, erano liberi di vagare per le strade e furono gli unici animali che, durante il periodo della peste del 1630, non ebbero restrizioni e poterono continuare a girare indisturbati per la città.Spesso il sacro ed il profano si sono incontrati e trovati a braccetto nel corso della storia. Nella graziosa piazzetta antistante l’abbazia di Ranverso, si può infatti notare un grosso masso presumibilmente utilizzato per celebrare antichi riti pagani. Si tratta di un masso erratico, una roccia di medie o grandi dimensioni trasportata a valle durante la glaciazione del Quaternario. Il successivo ritiro dei ghiacciai ha portato alla presenza di massi in zone collinari o pianeggianti. Le popolazioni antiche, che non potevano conoscere queste nozioni geologiche le cui basi risalgono al XIX secolo, attribuivano valenze magiche ai massi. Venivano infatti utilizzati come altari sacrificali, come luoghi preposti ai ‘culti litici’ della fertilità od ancora si credeva che fossero carichi di energie positive e, toccandoli, potessero trasmettere giovamento all'organismo.
Quasi a sancire la vittoria del culto cristiano su quello pagano, è stata posta una croce sul masso a cui quasi più nessuno fa caso.

(Per approfondire: William Facchinetti Kerdudo - TORINO, MISTERI E ITINERARI INSOLITI TRA REALTA' E LEGGENDA)

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