di Antonio Bortolotti




Risultati immagini per il corpo umano e la medicina del medioevo


Il cammino della Medicina è costellato da innumerevoli difficoltà, non solo perché tutte le nuove verità, prima di essere considerate tali, hanno bisogno di tempo, analisi critica, sacrifici da parte di geniali e coraggiosi innovatori, ma in special modo perché in questa ancor giovane scienza non esistono 'certezze' o verità assolute. Molto di ciò che oggi consideriamo efficace o sicuro forse tra pochi decenni verrà dimenticato, irriso, se non considerato come dannoso per la salute dell'uomo. Sfogliando gli ingialliti antichi libri di medicina ci si sorprende della quantità di ricette ripugnanti e del vasto impiego di sostanze terapeutiche di origine animale, vegetale, minerale, associate a complicati rituali, alle preghiere, agli esorcismi, agli incantesimi. Così Nerone, ad esempio, si compiaceva di dare da bere ai suoi soldati feriti in battaglia un elisir a base di sterco di cinghiale. Lucrezio reputava la saliva umana capace di neutralizzare l'effetto della morsicatura dei serpenti; il latte umano utile per guarire nevrosi, per ritardare la senescenza e, versato sul capo del bambino, lo avrebbe preservato dal mal di testa o dalle affezioni oculari. I soldati romani erano incoraggiati a mangiare testicoli di gallo per potenziare forza e virilità; le fanciulle dovevano mangiare mammelle di mucca e di capra per ottenere un seno prosperoso! Gli empirici del '500 fornivano ai nobili il prezioso balsamo dell'impiccato, uno speciale ritrovato ricavato dal grasso dei condannati all'impiccagione. Frizionato sulle parti dolenti, assicuravano i medici dell'epoca, leniva qualsiasi dolore…

Nell'antichità eventuali successi terapeutici erano spesso da attribuire più all'intuizione e al carisma personale del medico che a una corretta diagnosi e a una valida azione terapeutica. Solo sul finire del '700, proprio grazie agli studi anatomopatologici e all'invenzione del microscopio, si cominciò seriamente a ricercare e interpretare la fenomenologia sintomatica di cui i più grandi protagonisti furono Morgagni e Malpighi. Cautamente la medicina ufficiale sta riscoprendo le medicine non ortodosse. Ci si è accorti che accanto a vetuste e cervellotiche teorie terapeutiche, imbibite di metafisica, superstizione e magia, v'erano pure geniali e valide intuizioni. Queste terapie eretiche sono arrivate fino ai nostri giorni grazie alla loro indubbia efficacia. L'ipnosi, l'omeopatia e l'agopuntura oramai fanno parte della terapeutica ufficiale. Queste antiche medicine tendono quasi tutte a considerare l'uomo olisticamente, cioè prendono in considerazione non solo l'organo ammalato e i suoi sintomi, ma valutano soprattutto la sua personalità, l'adattamento sociale, la sfera emozionale e affettiva, tengono conto della sua situazione economica e culturale, l'atteggiamento esistenziale.







Fin quasi tutto il 1600, l'astrologia ha avuto nella medicina un ruolo, se non proprio di guida, almeno preminente; e ciò non solo in Oriente, ma, sebbene combattuta dalla Chiesa cristiana, anche in Occidente. I medici dell'epoca portavano la barba e il berretto a punta proprio come gli astrologi. Erano convinti che la vita umana fosse dominata dagli spiriti e non prescrivevano farmaci non prima di avere consultato le stelle. Poi, nel 1526, Paracelso, chiamato a dirigere la cattedra di chirurgia dell'Università di Basilea, fondò la teoria fisiologica sull'applicazione della Cabala al corpo umano, sconvolgendo le credenze seguite fino a quel momento: non era utile osservare gli astri per diagnosticare le malattie e predire la sorte cui il paziente era destinato, ma il moto degli astri poteva essere sfruttato per curarle nel modo più appropriato. Infatti, secondo questo illustre medico «… il corpo umano è dotato di sette organi, paragonabili ai sette pianeti principali: il cervello è la Luna, il cuore è il Sole, la milza Saturno, i polmoni Mercurio, lo stomaco Marte, il fegato Giove, i reni Venere. La causa naturale delle malattie, o terza entità patogena, si identifica con tutto ciò che colpisce ed altera il normale corso degli astri corporei… Ogni organo ha una sua precisa destinazione e funzione e un suo specifico moto di rivoluzione: se si smarrisce e penetra in vie che non gli sono conformi, provoca appunto le malattie. Il Sole è il cuore del macrocosmo, la Luna ne è il cervello e le piante e i minerali dominati da ogni pianeta sono benefici all'organo corrispondente». Quindi, qualsiasi intervento curativo e anche i medicamenti dovevano essere somministrati sotto determinati segni zodiacali. Per esempio, la Luna congiunta a Venere aumentava moltissimo la loro forza: «Pharmaca vix quicquam movere naturam dumtaxat quando Luna cum Iove congreditur», però, se si dovevano somministrare, per esempio, farmaci contro la pituita (umore vischioso secernente dai bronchi e dal naso) era tassativo farlo quando la Luna era in congiunzione con il Sole. In generale, Giove aumentava con i suoi raggi la forza attrattiva di certi farmaci, mentre il segno dei Pesci favoriva la forza espulsiva di altri farmaci, come i purganti; gli emetici (sostanze che promuovono il vomito) funzionavano bene se somministrati nel segno del Leone e gli elettuari (medicamenti composti da sciroppi e miele) nel segno del cancro. Questa impostazione doveva sicuramente sollevare il problema su cosa fare delle persone così sfortunate da ammalarsi… fuori segno zodiacale. La lettura di quanto prescriveva il chirurgo astrologo Pietro Montagnana: «Ariete è segno del mese di marzo. E' male medicare nella testa e all'hora qualunque sarà percosso nella testa, ò morirà, ovvero rimanerà stropiato…», non induce all'ottimismo su quale dovesse essere il loro destino!

Il rispetto dei giusti tempi di cura e di somministrazione delle medicine in relazione alla posizione degli astri nello zodiaco era reso ancor più complicato dal fatto che, sfortunatamente non tutte le piante medicamentose o le parti di una stessa pianta godevano delle stesse influenze sideree. A questo ulteriore problema tentò di porre rimedio il medico Taddeo von Hayek, il quale scoprì che se si prendeva un serpentello e lo si nutriva per un adeguato periodo di tempo con le erbe che via via divenivano attive sotto l'appropriata posizione degli astri, il liquido ottenuto distillandolo vivo sotto il segno del Sole curava l'epilessia qualunque fosse il periodo in cui la malattia si manifestasse... Solo all'inizio del secolo XVIII, grazie alla nascita della moderna farmacologia e della chimica farmaceutica, si cominciò a guardare i medicamenti da una diversa angolazione, svincolandosi dall'empirismo e dalle teorie metafisiche e alchemiche, indirizzandosi verso la creazione di farmaci di più razionale composizione e di provata efficacia.






Le società primitive credevano alla medicina per similarità: per esempio, il succo rosso di una pianta come la sanguinaria (Geranium sanguineum), poteva essere efficace per curare le malattie del sangue. Questa strana nozione è stata ripresa dai classici greci, da questi introdotta nella cultura romana e da Roma antica diffusa in tutta Europa. La dottrina della segnatura ebbe il massimo favore nel Medioevo, quando Paracelso ne diventò il più convinto propugnatore. Questa dottrina si basava sulla radicata convinzione che tutte le piante esistessero sulla terra a beneficio dell'uomo; al fine di distinguerne l'utilizzabilità – come cibo, per ricavare fibre, come medicine – il Creatore aveva marcato ogni pianta con un "segno". La celidonia veniva usata per curare le malattie del fegato perché forniva un succo di un colore giallo assai simile a quello della bile. I frutti della porcellana (Portulaca oleracea) e del migliarino (Lithospermum officinale) venivano usati per curare le malattie renali. L'equiseto (Equisetum arvense), con la forma che può ricordare la spina dorsale con le sue diramazioni nervose, veniva impiegato per curare le malattie ritenute originate da questa parte anatomica, mentre l'iperico (Hypericum perforatum) veniva impiegato per curare le affezioni della pelle. Si potrebbe continuare fino alla noia in questa descrizione.

La dottrina della segnatura raggiunse i limiti estremi dell'assurdo quando Giambattista della Porta ne provocò il connubio con l'astrologia. Come in quelle epoche venisse interpretata la medicina traspare da un aneddoto raccontato da Razeo: «Una fantesca raggiunse la casa di un famoso medico recando, avvolto in un panno, un vaso con le urine del suo padrone. Ormai sulla soglia, la donna incrociò un allievo del medico, il quale la fermò e, osservate attentamente le urine, sentenziò: "questa è l'urina di un cristiano che ieri ha mangiato lenticchie e che abita in un tal quartiere della città". Su questi dati, il giovane stabilì poi una terapia. La donna fu contentissima, pagò e se ne andò. Senonché il maestro aveva seguito il colloquio dalla finestra. Chiamò l'aiutante e gli chiese come avesse fatto a scoprire tutte quelle cose sul paziente. Il giovane affermò di avere dedotto trattarsi di un cristiano dal tipo di panno che avvolgeva il vaso, la storia delle lenticchie dal fatto che i cristiani usano mangiare lenticchie tutti i venerdì e quel giorno era per l'appunto sabato e il quartiere dal colore particolare del fango che sporcava le scarpe della donna. Di fronte a questa risposta, il medico licenziò immediatamente l'allievo perché la medicina è una scienza seria, al cui esercizio non convengono i trucchi degli istrioni!».



Antonio Bortolotti - Da Hera n° 106 (novembre 2008)