Olivetti marxista?
Prendiamola
con spirito
L'IMPRENDITORE FILOSOFO DI IVREA SI ISPIRAVA AL
PERSONALISMO DI MOUNIER E ALL'ANTROPOSOFIA DI STEINER. ERA UN'IDEALISTA
PRATICO, NON UN MATERIALISTA DIALETTICO
di Luca Negri
Ci piace pensare che vi sia qualcosa di
provvidenziale dietro la riscoperta della figura e dell’opera di Adriano
Olivetti. Dopo anni di semi oblio questo grande italiano torna finalmente
attuale, o meglio ci si accorge delle sua mai tramontata ed urgente attualità.
Eccolo infilato nel pantheon delle personalità ispiratrici sia da Matteo Renzi
che da Giorgia Meloni, dunque da ciò che resta della Sinistra e della Destra,
quasi a confermare la decomposizione di quella dicotomia tutta
otto-novecentesca.
Certo è che le nuove leve della politica italiana non
fanno seguire alle parole i fatti, come degni continuatori delle leve ormai
rottamate. Il nome di Olivetti, accanto a quelli di un Mazzini, di un La Pira,
di un Longanesi, fa, come si dice, fine e non impegna. Non impegna, perlomeno,
rampanti quarantenni come Renzi.
Anche la tv di Stato ha rispolverato Olivetti con uno
sceneggiato trasmesso l’anno passato, infilando l’uomo di Ivrea nella lista
degli Italiani illustri meritevoli di biografia romanzata, come il santo da
Pietralcina e il cantautore Rino Gaetano.
L’evento più fausto, sia detto seriamente, è
rappresentato però dalla rinascita delle Edizioni di Comunità, fondate da
Olivetti e rivitalizzate con nobile intento dagli eredi. Abbiamo così gioito
per la ripubblicazione di scritti ormai rari, in particolare per la nuova
edizione deL’ordine politico delle Comunità. Opera scritta settant’anni
fa, mentre gli ultimi fuochi del secondo conflitto mondiale mettevano in
ginocchio l’Europa ed occorrevano nuove e sane idee per rimetterla in piedi.
Opera apprezzata da un Luigi Einaudi e che il nostro
Presidente del Consiglio dovrebbe studiare con attenzione ed applicare con
coraggio, se veramente volesse svolte buone non solo a parole twittate. Ma
qualcosa stona, ad esser sinceri, in questa riedizione. Ed è la nota
introduttiva del curatore, il professor Davide Cadeddu.
Scrive Cadeddu che il testo di Olivetti “dà corpo a
un’idea di organizzazione politico-istituzionale che condensa in sé un impianto
federalista” (e su questo non avanziamo dubbi), “una profonda preoccupazione
elitista nella selezione dei rappresentanti politici” (ed anche qui ci troviamo
d’accordo) e “un’ispirazione marxista”. Ed è su quest’ultimo aggettivo che
rimaniamo un po’ sconcertati, anche perché Cadeddu rincara la dose, quasi a
sfidarci, mettendo fra parentesi: “sì, marxista”. Bontà sua, ci risparmia
almeno il punto esclamativo. Rimane, però, il nostro sconcerto al cospetto di
un’affermazione così perentoria.
Dove vede Cadeddu marxismo in Olivetti?
Nell’aspirazione ad una maggiore giustizia sociale? Se così è, parrebbe più
onesto usare l’aggettivo “socialista”. Il marxismo, Cadeddu lo saprà meglio di
noi, dato che insegna Storia delle categorie politiche a Milano, è una corrente
di pensiero, una filosofia della prassi, ben strutturata e sistematizzata.
Ammettiamo, senza concederlo, che Cadeddu abbia ragione: Olivetti possedeva
un’intelligenza così spregiudicata e sintetica da poter accogliere anche
qualche buon impulso dal socialismo scientifico. Venendo alla vera stonatura,
diremmo che se riusciamo a cogliere finanche del marxismo ne L’ordine
politico, dovremmo trovare ben altro. Ovvero la profonda ispirazione di un
pensiero non materialista né positivista, un pensiero dove l’Idea ha sempre la
preminenza sulla realtà economica.
Cadeddu accenna appena a “principi filosofici
personalisti”, se la cava, insomma, con poco. Che Olivetti dichiarasse un
debito con il Personalismo di Emmanuel Mounier e Jacques Maritain è noto, ma
troppi sono ormai gli indizi del fatto che si limitasse a quei soli nomi per
non infastidire ed insospettire le due chiese che negli anni ’50 del secolo
scorso si spartivano l’Italia: quella cattolica e quella comunista.
Altre erano, con tutta probabilità, o quantomeno con
una probabilità che meritava una citazione da Cadeddu, anche solo fra
parentesi, le reali fonti del pensiero di Olivetti. Da quando la Fondazione a
lui intitolata ha reso noto l’elenco dei volumi presenti nella sua biblioteca
personale, abbiamo avuto conferma di ciò che i più accorti avevano intuito dai
suoi scritti. Olivetti era infatti un attento lettore di testi esoterici,
iniziatici, buddisti, teosofici ed antroposofici, testi che spesso chiedono di
non fermarsi alla sola lettura, all’approccio meramente dialettico, ma
impegnano in una prassi di meditazione che ha ben poco a che fare con la prassi
marxista.
Olivetti non era un illuminista ma un illuminato.
Leggeva le Upanishad commentate da Sri Aurobindo, i saggi sul buddhismo zen di
Suzuki, La dottrina segreta di Helena Petrvovna Blavatsky,
volumi di Giuseppe Tucci e di Mircea Eliade, Addirittura affrontava, lui,
sincero antifascista e (a sentire Cadeddu) un poco marxista, opere del
famigerato Julius Evola e dell’altro maestro del pensiero in rivolta contro il
mondo moderno, René Guénon.
A questo punto Cadeddu, o chi per lui, potrebbe
replicare che un uomo di vaste vedute come Olivetti legge ciò che vuole per
hobby ma si lascia ispirare da contenuti più seri ed accademicamente accettati
per elaborare una teoria politica. Troviamo però nella biblioteca di Olivetti
ben trenta volumi del filosofo ed occultista mitteleuropeo Rudolf Steiner, nome
presente più di ogni altro nell’elenco.
Chi conosce I punti essenziali della questione
sociale, il testo più politico del fondatore dell’Antroposofia, non può
fare a meno di cogliere delle analogie significative con L’ordine
politico delle Comunità. E giustamente Valerio Ochetto nella sua biografia
di Olivetti ricorda quanto quel testo sia stato caro all’imprenditore e
politico piemontese fin dalla gioventù.
Dunque, la vera ispirazione andrebbe cercata più in
Steiner che in Marx, sarebbe ora di dirlo a gran voce e di scriverlo non fra
parentesi. Il sottotitolo per l’edizione 1946 de L’ordine
politico era Dello Stato secondo le leggi dello spirito.
Cadeddu ha preferito non riesumare quel sottotitolo troppo impegnativo per la
recente riedizione. A noi rimane il fondato dubbio che lo “spirito”invocato da
Olivetti fosse strettamente imparentato con la “Scienza dello Spirito”
antroposofica (sì, antroposofica).
2 commenti:
Mi divertono un mondo tutti 'sti biografi!
Mi perdoni se le segnalo un errore di calamaio: sul titolo del post ha scritto Steimre anziché Steiner, ma la forma vuole la propria parte.
Scrivo spesso senza rileggere, chiedo venia e correggo subito, grazie per la segnalazione.
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