lunedì 16 febbraio 2015

Faraoni e Papi

I corpi dei Papi trattati come quelli dei Faraoni egizi



L’abitudine di eviscerare ed imbalsamare il corpo dei papi era diffusa ed è rimasta in uso fino ai giorni nostri. Una incongruenza teologica chiara, come potrà avvenire la risurrezione del corpo nella carne? Ai comuni mortali era severamente vietato toccare il cadavere ad eccezione dei condannati dove si praticavano amputazioni di ogni genere proprio per dannare e precludere la possibile vita dopo la morte.
A questo scopo Bonifacio VIII promulga una bolla di grande importanza (la Detestandae feritatis). Con parole intrise di grande sensibilità, il Papa decise di vietare l' usanza di smembrare il corpo di un defunto per poterlo trasportare e poi seppellire nel luogo prescelto per la sepoltura, nel caso fosse molto distante dal quello della morte. Bonifacio VIII non si riferisce esplicitamente alla sepoltura del cuore (che esige comunque l' apertura e l' eviscerazione del cadavere) ma la sua bolla implicò che da allora in poi si dovesse richiedere una dispensa qualora si volesse seppellire il cuore in un luogo diverso dalla salma. Ed è per questo motivo che i re di Francia - ma anche alte aristocrazie soprattutto francesi - richiesero una dispensa al pontefice. Dalla metà del Trecento, i re di Francia ottennero persino una dispensa generale per tutti i loro successori. Dal Cinquecento in poi, nel caso dei papi, le necessità legate alla imbalsamazione delle salme, fecero nascere una nuova tradizione, quella della sepoltura delle viscere (o dei cosiddetti precordi). Dalla morte di Giulio II (morto nel 1513) in poi, i precordi dei papi furono deposti nelle Grotte della Basilica Vaticana. Una simile tradizione non è attestata per il Medio Evo. Alla morte di Sisto V (1590), avvenuta nel palazzo papale al Quirinale, i suoi precordi furono portati nella vicina chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio che fungeva da parrocchia del palazzo. Fino a Leone XII (1823-1829) tutti i precordi dei papi morti al Quirinale furono deposti in quella chiesa, dove, già nel 1757, Benedetto XIV fece costruire una cappella sotto l' altare maggiore per conservare « in un vaso mortuario ben sigillato» i precordi dei Papi, i cui nomi si leggono ancor oggi in iscrizioni marmoree. E' una tradizione che ci ricorda che in determinate situazioni storiche le spoglie dei papi suscitarono una particolare venerazione. Prima dell' XI secolo, la biografia ufficiale dei papi (il Liber pontificalis) segnala avvenimenti miracolosi e scene di guarigione alla tomba di un Papa soltanto in due occasioni, nel VI e nel VII secolo. Nel Duecento, invece, si assiste ad una vera e propria serie di miracoli. La tomba di porfido in cui era stato sepolto Onorio III (1227) fu oggetto a Santa Maria Maggiore di devozione pubblica. Alla morte di Gregorio X (1276), il lungo elenco di miracoli avvenuti «vicino al suo sepolcro» nella cattedrale di Arezzo fu persino trascritto su una tavola e posta accanto al sepolcro. Pochi anni dopo, alla morte di Martino IV, «persone afflitte da diverse malattie, specialmente al viso, alle articolazioni, all' udito e alla parola, rimasero prostrati intorno al feretro». Così fu anche alla morte del primo Papa domenicano, Benedetto XI (1304). Il suo predecessore, papa Bonifacio VIII (1294-1303) aveva invece ordinato che nell' altare della sua cappella funebre, nella basilica vaticana, fossero deposte reliquie del Papa di cui aveva scelto il nome, Bonifacio IV.
Nella sala dei Precordi al Qurinale, inoltre, i corpi dei pontefici morti nel Palazzo venivano preparati per la pubblica esposizione: l’opera di imbalsamazione prevedeva anche l’asportazione degli organi interni, i cosiddetti precordi, che messi in due contenitori metallici venivano portati nella vicina chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio in piazza di Trevi. Per questa ragione la stanza fu a lungo nota come “Sala dei Precordi”. Le pratiche di imbalsamazione vennero descritte con precisione in una cronaca tardo settecentesca;"Morto il Papa, lo speziale e i detti frati della bolla, gli chiuderanno la bocca, le narici e le orecchie con mirra, incenso e alòe se si può avere…..da ultimo anche il volto sia stropicciato e si unga con balsamo buono, e ancora le mani" Fu Benedetto XIV, nel 1757, a far costruire una cappella sotterranea sotto l’altare di San Vincenzo e Anastasio per conservare i precordi pontifici . Finito lo svuotamento, le viscere chiamate oltraggiosamente dal popolo "sacre budella", venivano sigillate in un canopo e trasportate solennemente nella chiesa di San Vincenzo e Anastasio che si trova all’angolo di piazza Fontana di Trevi con via del Lavatore. La tradizione fu iniziata da Sisto V (1585.1590) primo papa a prendere alloggio al Qurinale (insieme a Versailles la più bella reggia d’Europa). Queste pratiche di smembramento legate alla tradizione egizia durarono per quasi altri tre secoli, fino a Leone XIII, quello dell’enciclica “Rerum novarum”, che ha il suo cuore in un diverso luogo da dove riposa il corpo. Che scopo avevano queste pratiche nere? Anche a Giovanni XXIII fu praticata, contro le sue volontà, l’imbalsamazione dato che le reliquie hanno sempre dato reddito sicuro. L’esumazione di Papa Giovanni XXIII è stato un avvenimento mediatico come quello organizzato per l’apertura della tomba di Padre Pio. Ritengo che queste atrocità del post morte siano da inserire in un quadro patologico, con la differenza che per i cristiani è una pratica onorevole e usuale, ma se questo comportamento fosse esteso al popolo ricadrebbe nelle esecrabili pratiche sataniche!
Ennesima riesumazione dei resti di Pio IX nel 2000. La mummia è ancora peggiorata, nonostante le pratiche di conservazione attuate prima della tumulazione

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