Una Dea dal Nilo fino al Garda Roba da streghe
ARCHEOLOGIA. Un mistero dietro i reperti conservati alla parrocchiale
Sono di Iside quei capitelli riemersi vicino alla chiesa Qui c’era un tempio dedicato all’oscura signora notturna, come altre, dietro il Gu, sulla riva di fronte
A voler essere fantasiosi, ce ne sarebbe abbastanza da mettere assieme un'investigazione letteraria alla Dan Brown, quello del Codice Da Vinci.
Il nodo è questo: com'è che a Malcesine ci sono simboli di antichi culti di divinità egizie? E per di più in parrocchia? O meglio, la divinità è una, ben precisa: Iside, la dea della maternità e della fertilità. Ma anche dell'oltretomba. Cosa c'entra con l'Alto Garda?
Il mistero c'è tutto. Una soluzione l'ha ipotizzata Nereo Maffezzoli, scomparso ai primi di giugno del 2003: a Malcesine ci insegnò. La sua risposta è questa: dove oggi c'è la chiesa, esisteva un tempio dedicato alla dea Iside.
Gli indizi sono due. Il primo sono i resti di quattro capitelli murati all'esterno della canonica. Il secondo è un'iscrizione conservata al museo lapidario Maffeiano di Verona. Partiamo dai capitelli. Vennero alla luce nel 1976, quando l'arciprete malcesinese, don Nicola Azzali, pensò di ricavare un campetto da pallavolo su un pezzo di terra, in parte scosceso, a ridosso della casa parrocchiale. Ma ecco che dagli scavi saltano fuori quei pezzi di pietra serena lavorati: probabili ornamenti di qualche pilastro. Su ciascuno, delle specie di foglie o di piume, e sopra una faccina.
Nessuno sembrò farci molto caso: tutt'al più c'era chi pensava si trattasse di reperti della vecchia chiesa, e la faccina centrale la si attribuì a un angioletto. Comunque vennero salvati e collocati sul muro esterno della casa del prete, al coperto. Una decina d'anni dopo, eccoli attrarre l'attenzione del professor Maffezzoli. Che si disse: «Non può essere».
Quel che non poteva essere era che le faccine raffigurassero degli angeli. Nossignori: quelle erano con tutt'evidenza figurette femminili, e invece nell'iconografia cristiana l'angiolo ha sembianze maschili. Non quadrava. Dunque? «A mio parere», scrisse Maffezzoli, «si tratta di alcuni capitelli del tempio di Iside».
Ma di quale tempio andava parlando? Parlava del tempio citato in un'iscrizione latina conservata al museo lapidario maffeiano di Verona. Proveniente da Malcesine. Dice quella pietra (traducendo dal latino): «Alla Madre degli dei e a Iside G. Menazio figlio di G. della tribù Fabia cognominato Severo restaurò il tempio e costruì il pronao a sue spese per voto».
Chiarissimo: a Malcesine c'era un tempio di Iside, e quel tal Menazio lo restaurò. La lapide era nota, ma non s'era mai capito dove fosse il tempio. Maffezzoli non ebbe dubbi, vedendo quei quattro capitelli: il tempio della dea egizia era dove oggi c'è la parrocchiale, o poco discosto.
Ma perché questa convinzione? Perché quelle specie di piume o di foglie sotto le faccine sono in realtà dei flabelli. Parola difficile, per chi non mastica di storia antica. Ordunque, i flabelli cerimoniali erano dei ventagli. Avete presente i film ambientati nell'antico Egitto? Quando gli schiavi sventolano le piume di struzzo per rinfrescare il faraone? Ecco, i flabelli sono quelli lì. Rappresentano simbolicamente la vita, ma anche l'oriente.
Ebbene, i flabelli s'associarono un tempo al culto della dea Hathor, che è poi Venere. E a sua volta il culto di Athor era associato a quello di Iside. Ergo, se a Malcesine doveva esserci un tempio di Iside e accanto alla chiesa si son trovati capitelli raffiguranti i flabelli, quelli dovevano per forza venire dal tempio. Con delle figure femminili, oltretutto: omaggio a Venere o a Iside, probabilmente. Geniale ricostruzione, non v'è dubbio.
Ma che c'entra Iside con Malcesine? C'entra con le memorie d'epoca romana. E forse con quella gens Fabia, cui apparteneva il Menazio della lapide. «La tribù Fabia», si chiese Maffezzoli, «aveva una predilezione per Iside?» Difficile saperlo. Però Iside è stata una delle divinità più celebri in tutto il Mediterraneo. Il suo culto giunse a Roma dal mondo greco. Un culto misterico, per via dei legami che la dea aveva col mondo ultraterreno. Al punto che c'è chi pensa che i riti in onore di questa dea egizia siano perfino all'origine di quelle leggenda che fa di Benevento, dove c'era appunto un tempio dedicato ad Iside, la città delle streghe. Ma anche la vallata dietro ai monti bresciani, dietro il Gu, dall'altra parte del lago, si chiama Val delle Streghe, appunto. Oh, sì: le divinità egizie, le streghe, i misteri dell'oltretomba, un tempio scomparso, la casa canonica dalle vestigia pagane. A Malcesine, se si facesse galoppare la fantasia, ce ne sarebbe abbastanza di che mettere assieme un racconto appassionante.
Angelo Peretti
Il nodo è questo: com'è che a Malcesine ci sono simboli di antichi culti di divinità egizie? E per di più in parrocchia? O meglio, la divinità è una, ben precisa: Iside, la dea della maternità e della fertilità. Ma anche dell'oltretomba. Cosa c'entra con l'Alto Garda?
Il mistero c'è tutto. Una soluzione l'ha ipotizzata Nereo Maffezzoli, scomparso ai primi di giugno del 2003: a Malcesine ci insegnò. La sua risposta è questa: dove oggi c'è la chiesa, esisteva un tempio dedicato alla dea Iside.
Gli indizi sono due. Il primo sono i resti di quattro capitelli murati all'esterno della canonica. Il secondo è un'iscrizione conservata al museo lapidario Maffeiano di Verona. Partiamo dai capitelli. Vennero alla luce nel 1976, quando l'arciprete malcesinese, don Nicola Azzali, pensò di ricavare un campetto da pallavolo su un pezzo di terra, in parte scosceso, a ridosso della casa parrocchiale. Ma ecco che dagli scavi saltano fuori quei pezzi di pietra serena lavorati: probabili ornamenti di qualche pilastro. Su ciascuno, delle specie di foglie o di piume, e sopra una faccina.
Nessuno sembrò farci molto caso: tutt'al più c'era chi pensava si trattasse di reperti della vecchia chiesa, e la faccina centrale la si attribuì a un angioletto. Comunque vennero salvati e collocati sul muro esterno della casa del prete, al coperto. Una decina d'anni dopo, eccoli attrarre l'attenzione del professor Maffezzoli. Che si disse: «Non può essere».
Quel che non poteva essere era che le faccine raffigurassero degli angeli. Nossignori: quelle erano con tutt'evidenza figurette femminili, e invece nell'iconografia cristiana l'angiolo ha sembianze maschili. Non quadrava. Dunque? «A mio parere», scrisse Maffezzoli, «si tratta di alcuni capitelli del tempio di Iside».
Ma di quale tempio andava parlando? Parlava del tempio citato in un'iscrizione latina conservata al museo lapidario maffeiano di Verona. Proveniente da Malcesine. Dice quella pietra (traducendo dal latino): «Alla Madre degli dei e a Iside G. Menazio figlio di G. della tribù Fabia cognominato Severo restaurò il tempio e costruì il pronao a sue spese per voto».
Chiarissimo: a Malcesine c'era un tempio di Iside, e quel tal Menazio lo restaurò. La lapide era nota, ma non s'era mai capito dove fosse il tempio. Maffezzoli non ebbe dubbi, vedendo quei quattro capitelli: il tempio della dea egizia era dove oggi c'è la parrocchiale, o poco discosto.
Ma perché questa convinzione? Perché quelle specie di piume o di foglie sotto le faccine sono in realtà dei flabelli. Parola difficile, per chi non mastica di storia antica. Ordunque, i flabelli cerimoniali erano dei ventagli. Avete presente i film ambientati nell'antico Egitto? Quando gli schiavi sventolano le piume di struzzo per rinfrescare il faraone? Ecco, i flabelli sono quelli lì. Rappresentano simbolicamente la vita, ma anche l'oriente.
Ebbene, i flabelli s'associarono un tempo al culto della dea Hathor, che è poi Venere. E a sua volta il culto di Athor era associato a quello di Iside. Ergo, se a Malcesine doveva esserci un tempio di Iside e accanto alla chiesa si son trovati capitelli raffiguranti i flabelli, quelli dovevano per forza venire dal tempio. Con delle figure femminili, oltretutto: omaggio a Venere o a Iside, probabilmente. Geniale ricostruzione, non v'è dubbio.
Ma che c'entra Iside con Malcesine? C'entra con le memorie d'epoca romana. E forse con quella gens Fabia, cui apparteneva il Menazio della lapide. «La tribù Fabia», si chiese Maffezzoli, «aveva una predilezione per Iside?» Difficile saperlo. Però Iside è stata una delle divinità più celebri in tutto il Mediterraneo. Il suo culto giunse a Roma dal mondo greco. Un culto misterico, per via dei legami che la dea aveva col mondo ultraterreno. Al punto che c'è chi pensa che i riti in onore di questa dea egizia siano perfino all'origine di quelle leggenda che fa di Benevento, dove c'era appunto un tempio dedicato ad Iside, la città delle streghe. Ma anche la vallata dietro ai monti bresciani, dietro il Gu, dall'altra parte del lago, si chiama Val delle Streghe, appunto. Oh, sì: le divinità egizie, le streghe, i misteri dell'oltretomba, un tempio scomparso, la casa canonica dalle vestigia pagane. A Malcesine, se si facesse galoppare la fantasia, ce ne sarebbe abbastanza di che mettere assieme un racconto appassionante.
Angelo Peretti
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