martedì 11 giugno 2013

Il mistero dei misteri di Mithra

Ezio Albrile (il grande studioso italiano dell'universo religioso gnostico) IL MISTERO DEI MISTERI DI MITHRA dal sito Centro Studi La Runa Mithra era un antichissimo dio, le cui origini si possono facilmente collocare nel più arcaico pantheon indo-iranico. Nella diaspora persiana seguita alla caduta dell'Impero Achemenide per causa della vittoriosa invasione di Alessandro Magno, il culto dell'iranico Mithra, trasportato in Asia Minore, assunse i lineamenti tipici di una religione misterica, ossia di una religione di salvezza, che prometteva un destino migliore nell'altra vita dando all'uomo la speranza di poter ascendere dopo la morte attraverso le sfere planetarie, ed avere di conseguenza accesso alle beatitudini celesti. Questa religione, tra il I ed il III secolo dopo Cristo, si diffuse da un capo all'altro dell'Impero Romano in tutte le province, dal Danubio alla Spagna, dall'Africa alla Britannia. La "conquista" mitriaca dell'occidente fu però subordinata ad una condizione irrevocabile: per poter essere accolto nel mondo greco-romano il Mitraismo doveva spogliarsi della originaria morfologia barbaro-asiatica ed assumere i modi e gli stili strutturali cari alla cultura occidentale. Così infatti avvenne. Al posto delle arcane cantilene recitate dai Magi durante il trance estatico in una lingua incomprensibile (cfr. Herod. I, 132) subentrò una liturgia redatta in lingua greca (cfr. Firmico Materno, De Errore Profanarum Religionum, V) e probabilmente anche in lingua latina. Il Mitraismo conservò purtuttavia il suo spirito orientale; ma tutta la sua struttura ideologica dovette rinunziare alla tradizionale formulazione iranica, per adottare una terminologia più consona all' ambiente occidentale. Le arcaiche denominazioni delle divinità mitriache dovettero così cedere il posto agli usuali nomi delle corrispondenti divinità greco-romane e, insieme ai nomi furono adottate anche le rispettive tipologie simboliche, secondo l'iconografia religiosa ormai convenzionale nel mondo classico ed ellenistico. In questo modo 1' antica divinità iranica del cielo (cfr. Herod.1,131), che nella religione di Zarathushtra si chiamava Ahura Mazda (pahlavico, Ohrmazd) divenne Zeus, Giove; mentre il suo avversario, il principe del male Angra Mainyu (Ahriman) venne ad identificarsi con il dio degli Inferi Hades-Plutone. I1 dio di una bevanda inebriante usata dai Magi mazdei a scopo liturgico nelle loro trance estatiche, l'haoma (che di volta in volta è stata identificata con la cannabis sativa, 1'asclepias acida, l'amanita muscaria, e l'amomo), divenne Dionysos-Bacco, il dio del vino. Le divinità iraniche corrispondenti ai grandi astri del giorno e delle notte divennero Helios e Selene, Sol e Luna; l'immagine "divinizzata" della Terra fu rappresentata sotto le sembianze di Hera-Giunone; l'Acqua come Poseidon-Nettuno; e così via... I misteri mitriaci venivano officiati in grotte, spesso attigue alle catacombe dei cristiani, denominate antrum, spelaeum, o spelunca. Esse erano costituite da un portico (porticus), una sala (pronaos), una sacrestia (apparatorium), e da un ambiente culturale vero e proprio (crypta). Questa struttura architettonica era poi rifinita (come nel caso del Mitreo di Dura Europos) dalla volta del soffitto dipinta in blu e punteggiata di stelle, mentre l'arco sovrastante l'abside (istoriato con rilievi raffiguranti Mithra nell'atto di sacrificare il toro) recava dipinti i segni Zodiacali. Tale simbolismo cosmico-astrale era poi completato dalle raffigurazioni di Sol e Luna, e da una sorgente situata nell'antro; ciò peraltro corrispondeva alla descrizione della grotta mitriaca fattane da Porfirio (cfr. De Antrum Nympharum, VI) il quale menzionava sia sorgenti d'acqua che verdi alberi in fiore. Datali testimonianze (sia iconografiche che scritte) si può facilmente dedurre che lo spelaeum mitriaco rappresentasse simbolicamente il cosmo, immagine del mondo nel quale il re-salvatore Mithra si manifestava portando la luce della conoscenza e della vita. Nella personificazione di Sol Invictus, Mithra nasceva da una cava rocciosa il 25 dicembre. Egli era infatti petroghénes, cioè "nato dalla roccia", e portatore della ignea fiaccola, simbolo dell'epifania luminosa e gloriosa del dio salvatore; allo stesso modo l'iranico redentore del mondo Saoshyant si sarebbe rivelato alla fine dei tempi: materializzandosi in una forma corporea consustanziale alle stelle, all'interno di una colonna luminosa. Tale dimensione salvifica del culto, unita a speculazioni e simbologie di tipo cosmico-astrale (cfr. la struttura architettonica dei Mitrei), dava evidentemente testimonianza di una indissolubile continuità con le concezioni soteriologiche dei Magi persiani, unite a dottrine di tipo astrologico. Il simbolismo cosmico connesso ai Misteri di Mithra, non era unicamente di natura per così dire "discendente", ovverossia legato solamente al manifestarsi della divinità salvatrice nel cosmo sensibile. Esisteva, al contrario, anche una specie di gerarchia "ascendente", una ,scala (cfr. Origene, Contra Celsum, VI, 22) iniziatica che permetteva al neofito di accedere alle beatitudini divine, sottoponendolo ad un rigido rituale di iniziazione durante il quale si sarebbe realizzata la sua "divinizzazione" in terra, oltrepassando e dissolvendo le catene del fato e del tempo, emancipandosi dal dominio delle forze infere. L'iniziazione mitriaca era così strutturata in sette gradi, assimilati ad una simbologia di tipo astrale planetario (della quale molto ci sfugge), ed annessi inoltre a prove di valore e di tenacia. L'ultimo grado era quello del corvo (corax), associato al pianeta Mercurio, simboleggiato dal caduceo, e da un piccolo vaso rituale, che probabil mente rappresentava il vaso delle acque lustrali nelle quali doveva purificarsi il neofito per essere introdotto, morendo e rinascendo a nuova vita, nel sacro cosmo dell'iniziazione. Il secondo grado era quello di nymphus, lo sposo mistico, tutelato dal pianeta Venere e simboleggiato dal diadema con il quale si voleva probabilmente accennare alle simboliche nozze che l'iniziato doveva celebrare in sé stesso, riunendo in un'armonia di tipo androginico le opposte tensioni ammiche tra maschile e femminile. Il terzo grado, quello di miles (soldato), tutelato dal pianeta Marte, si riferiva forse a prove iniziatiche di tipo guerresco, visto che gli emblemi ad esso associati erano l'elmo, la lancia ed una specie di bisaccia (od otre). Questo simbolismo prettamente maschile ed igneo lo si ritrova nel successivo grado iniziatico (ilquarto), corrispondente al leo (leone), connesso astralmente al pianeta Giove e simboleggiato dal fulmine e dalla paletta con la quale, durante una prova di coraggio il cui svolgimento ci è oscuro, il mystes doveva portare od attizzare il fuoco sacro del Mitreo. Tra questi ultimi due simboli vi era poi il sistro, un oggetto rituale che fa pensare al culto romano della Magna Mater (Grande Madre), per la quale il leone era animale sacro, la cui figura era forse legata alla protezione del mystes mitriaco. Il quinto grado era quello di Perses (Persiano), rappresentato da una spada ricurva (o da una falce) e dalle spighe di grano, esso era sotto la tutela della Luna, simbolo connesso alle vicende iniziatiche del mystes sottoposto ad un ciclico percorso di morte e rinascita. Sede per eccellenza delle forme embrionali, la Luna rappresentava così la tappa obbligata del processo di rigenerazione spirituale dell'iniziato mitriaco. Il grado successivo spettava all'heliodromos (il "Corriere del Sole"), simboleggiato dalla frusta usata da Mithra nel condurre la quadriga del Sole(del quale era alleato e messaggero), dalla corona raggiante e dalla fiaccola, emblema quest'ultimo, come abbiamo visto, della miracolosa nascita del dio. L'ultimo grado infine era quello di pater (padre), a volte anche noto con l'epiteto di pater feliccisimus. Simboleggiato dal berretto frigio di Mithra, esso rappresentava la tappa finale del percorso iniziatico, nella quale il mystes mitriaco si identificava e si trasfigurava nell'immagine del dio, assimilandosi nelle sue funzioni di demiurgo e di psicopompo (traslatore di anime); attributi questi ultimi ben simboleggiati anche dalla bacchetta magica (rabdos) e dall'associazione con il pianeta Saturno. Poco o nulla si sa della liturgia sacramentale vera e propria celebrata negli spelaeum mitriaci, che forse doveva consistere in un pasto a base di pane e vino (o di altri cibi consacrati), durante la quale venivano forse intonati inni o canti di natura liturgico propiziatoria. Colpisce inoltre nell'iconografia religiosa del Mitraismo la raffigurazione di un essere divino sicuramente estraneo al pantheon classico: un essere mostruoso, alato, con testa di leone, ed il corpo avvolto nelle spire di un serpente. Esso secondo F. Cumont era una immagine del Tempo, che ogni cosa dissolve e consuma, le ali accennavano alla rapidità del suo fluire; le circonvoluzioni del serpente, la cui testa poggiava di solito sopra il capo leonino alludevano alla vicenda ciclica alla quale erano sottoposti i moti stellari ed astrali, che presiedevano all'implacabile scorrere del Tempo. Sovente questa fantastica divinità che gli antichi chiamavano anche Eone teneva in mano una o due chiavi. Questo era un riferimento al Sole, che nel suo corso quotidiano alternativamente apriva e chiudeva le due porte del cielo, ad Oriente quando si levava, a Ponente quando tramontava. Altro attributo frequente era lo scettro, simbolo del dominio sul Tempo, esercitato eternamente su ogni cosa. Questa strana immagine di divinità diffusasi in tutto l'ambito ellenistico, era un elemento totalmente estraneo al pantheon grecoromano, ed apparteneva sicuramente al nucleo originario iranico del Mitraismo. Prova di ciò era la sua relativa arcaicità, testimoniata già sin dal IV sec. a.C. da Eudemo di Rodi, discepolo di Aristotele (cfr. Damascio, Dubitationes et Solutiones, 125 bis). Il nome iranico di tale divinità era Zurván (o Zrvan). Nello Zoroastrismo ortodosso Zurván impersonava i panni di una creatura del buono Ahura Mazda (cfr. Videvdat, XIX, 13, 16). All'epoca della rinascita persiana durante il regno dei Sassanidi, quando lo Zoroastrismo divenne la religione ufficiale denominata appunto zurvanita, che, al contrario della dottrina dualistica ortodossa la quale poneva come coesistenti già sin dalle origini (ed ab aeternum) i due principi antagonisti del Bene e del Male (Ahura Mazda ed Ahriman), faceva derivare ambedue i principi da un'unica superiore ed assoluta entità precisamente da Zurván akarana, il "Tempo Infinito". Da questa misteriosa entità procedevano perciò i due "gemelli" Ohrmazd ed Ahriman, inserendo di conseguenza un netto (e... "pericoloso") dualismo ontologico fino ad allora sconosciuto all'ortodossia zoroastriana. Questa figura, in accordo poi con le sue funzioni "demiurgiche" e temporali, fu poi chiamata dai greci con il nome del loro dio Chronos (Saturno). Diffusosi il culto Mitriaco in tutto l'ambito mediterraneo (specialmente per opera di soldati, e pirati) si può facilmente supporre che l'iconografia tipica del primitivo Zurván iranico, Signore del "Tempo Infinito", si sia arricchita, specialmente in terra egiziana, di attributi zoomorfi. Nota era ad esempio l'abitudine degli egizi di raffigurare le proprie divinità in figura animale; ed attraverso un processo di assimilazione sincretistica poteva essere avvenuto che allo Zurvàn-Chronos mitriaco e divinità egizie a testa di animale come la dea leonessa Sekmeth (la "possente"), paredra del demiurgo Ptah il cui culto era celebrato nella città di Menfi. Per quanto concerneva poi il simbolismo del serpente, sempre associato a questa divinità mitriaca, bisogna inoltre ricordare che tale simbolismo (cfr. 1' Uroboros ellenistico) era tipico di religioni misteriche come la gnosi, specialmente per quanto riguardava sette come gli Ofiti (=adoratori di serpenti) i quali in esso vi raffiguravano la stessa immagine del Cristo separatosi dal Gesù psichico e carnale sulla croce, sulla quale, sempre secondo le loro concezioni, sarebbe stato immolato l'edenico serpente.Non stupisce, così, che la mostruosa figura dello Zurván mitriaco si sia con l'andar del tempo arricchita sempre più di caratteristiche ed attributi, provenienti dalle culture religiose nelle quali il culto mitriaco penetrava e faceva proseliti a tal punto, da far scrivere ad un illustre studioso come Ernest Renan: "...Se il cristianesimo fosse stato fermato nella sua espansione per via di qualche malattia mortale, il mondo sarebbe stato mitriaco"(cfr. Marc Aurèle, p. 579). Mitreo Barberini – Roma -Notare le sette stelle fissate sul mantello di Mitra che corrispondono alle sette Pleiadi legate alla costellazione del toro. Mitreo di Santa Maria Capua Vetere Mitreo di Marino (Roma) .

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