giovedì 15 novembre 2012

Un grande, anche se scomodo: la coscienza del novecento

Louis-Ferdinand Céline, Bagatelle per un massacro, Denoël, Parigi 1937, 1942, 1943 (IX: "Parigi, già che ci siamo, è una città che non si può più ricostruire, neanche mettere a posto, in un modo o nell’altro. I tempi dei rabberciamenti, dei trucchetti, delle piccole astuzie, degli infinocchiamenti sono passati... È una città che ha fatto il suo tempo, che è diventata ormai completamente nociva, mortale per quelli che l’abitano. Il meglio sarebbe che restasse a marcire in definitivo abbandono, come un 'commovente' museo, a pagamento volendo, un’esposizione permanente, indietro rispetto agli avvenimenti, come Aigues-Morte, Bruges o Firenze... Bisognerebbe smembrarla completamente, lasciarle giusto le parti morte, tutto il frollo che le conviene. Per gli uomini è diverso, non possono vivere in un cadavere... Parigi graziosa città marcescente, dolcemente agonizzante tra la nobile Place des Vosges e il Museo Carnavalet... Perfetto. L’agonia è uno spettacolo che interessa parecchia gente. Vegliarda fetida che va in malora ruminando cose di Storia... La sola periferia possibile di una città di quattro milioni di abitanti è il mare. Solo il mare abbastanza potente, abbastanza generoso per risanare quotidianamente questa terribile infernale accozzaglia, questa spaventosa congerie di putridume inorganico, inalante, espirante, merdoloso, fermentante, febbricitante, virologico. La più malsana, più inscatolata, più incastrata, infestata, confinata, irrimediabile città del mondo è Parigi! nel suo cerchio di colline. Un cul-di-sacco piantato in un letamaio, tutto palpitante di carogne, di milioni di latrine, di torrenti di nafta e petrolio brucianti, uno sproposito di putridume, una catastrofe fisiologica, preconcetta, voluta, entusiasta. Popolazione a partire da maggio immersa, mantenuta, inchiodata sotto un’incredibile campana di gas, letteralmente da soffocare, strangolata tra le emanazioni, le volute di mille fabbriche, di centomila macchine nel traffico... le esalazioni solforose, stagnanti di milioni di cessi, assolutamente corrosa, minata, putrefatta fin nei suoi ultimi emoblasti dalle più insidiose, più perniciose porcherie aeree... Ventilazione nulla... Parigi, un tubo di scappamento senza scappamento. Vapori, nuvole di tutti i carburi, di tutti gli oli, di tutti i putridumi fino al secondo piano della torre Eiffel. Una tinozza opaca, asfissiante in fondo alla quale strisciamo e crepiamo... Densità di putridume vaporoso invalicabile da tutti i raggi solari diretti. Di notte anche il famoso 'Ouessant', con le sue 500.000 candele, dissecca ridicolmente contro questo sipario di tutti i putridumi parigini stagnanti, completamente opachi. Nessuna luce può trapassare, disperdere questa poltiglia. Putridume prodigioso, surriscaldato, arricchito infinitamente, per tutti i mesi dell’estate, da altrettante porcherie permanenti, essudati organici, residui chimici, elettrificati, di milioni di carburazioni abiette che ci passano dritte nei bronchi e nel tesoro del sangue. Alla salute della ville lumière! Un pattumiera gassosa per torture imbecilli!... Ti saluto!... Gli umani si trascinano per Parigi. Non vivono più, è così!... Il loro numero umano di globuli non va mai oltre i 3-5 milioni al posto di 7. Non esistono che al rallentatore, larve inquiete. Per farle saltare bisogna drogarle! Si svegliano solo con l’alcool. Osservate quelle facce agonizzanti... Orribili da guardare... Sembrano sempre dibattersi un po’ in un suicidio. Una capitale lontana dal mare è una sporca tinozza di asfissia, un Père-Lachaise in colvulsioni. Non è dell’'Urbanesimo' che ci serve!... Urbanesimo neanche per sogno! La periferia mica bisogna arrangiarla, bisogna schiantarla, dissolverla. È l’anello d’infezione, la periferia, che mantiene, preserva tutto il putridume della città. Tutti gli uomini, tutte le città in mare!... sulle arterie della campagna, per rifarsi sangue generoso, disperdere nella natura, al vento, nei cieli nebbiosi, tutte le vergogne, gli escrementi della città. Liberare tutti questi orifizi, queste strade, tutte queste pustole, queste ghiandole trasudanti tutti i pus, gli edifici, guarire l’umanità dal suo lurido vizio: la città."

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