lunedì 19 novembre 2012
La violenza è legittima contro chi è violento
La violenza è legittima contro chi è violento
di Massimo Fini - 19/11/2012
L'eterna questione della violenza. La violenza è sempre illegittima ? Evidentemente no. È lecita quella che si oppone a un’altra violenza. Nel diritto penale di uno Stato si chiama “legittima difesa”. Nel mondo politico si considera legittima la violenza popolare quando si esercita contro un regime repressivo, dispotico, dittatoriale. Nessuno dubita che la violenza delle “primavere arabe” sia stata legittima.
Il primo a porsi la domanda è stato Seneca: è lecito uccidere il tiranno? (il filosofo pensava a Nerone, anche se sbagliava bersaglio perché Nerone è stato il più tollerante degli imperatori romani).
Comunque la risposta che si diede Seneca e, dopo di lui, si è incaricata di dare la Storia è: sì, è lecito uccidere il tiranno. È legittima, anzi necessaria, la violenza in guerra dove vale ciò che è vietatissimo in tempo di pace: uccidere. Anche se col processo di Norimberga si è affermato un principio assai ambiguo: legittima è la violenza dei vincitori, non quella dei vinti per la quale è stato creato un reato di nuovo conio: “Il crimine di guerra”. Il generale Kesselring si prese dieci anni di reclusione perché a Cassino aveva osato resistere, per otto mesi, agli Alleati. Uno dei crimini addebitati al generale serbo-bosniaco Mladic - autore di ben altri efferati delitti - è di aver assediato Sarajevo. (Ma da quando in qua, in guerra, non è lecito assediare una città nemica? Annibale assediò Sagunto per otto mesi e quando, dopo 17 anni, i Romani lo andarono a prendere nella villa dove si era rifugiato non intendevano processarlo per “crimini di guerra”, ma eliminare un nemico che ritenevano ancora pericoloso. Comunque il grande generale li anticipò bevendo il veleno che teneva da sempre racchiuso nel suo anello).
Tutte le principali rivoluzioni democratiche sono nate su bagni di sangue. Borghesi contro nobili e contadini alleati, con una certa ragione da parte di questi ultimi perché la micragnosità economica dei nuovi proprietari borghesi si rivelerà molto più pesante della svagata e arruffona amministrazione nobiliare. Durante la Rivoluzione francese furono compiute atrocità spaventose (altro che gli “stupri etnici”, si stupravano anche le morte come l'infelice marchesa di Lamballe secondo il racconto di Restif de la Bretonne). Ma nessuno dubita che quelle violenze furono legittime.
Il problema della violenza si pone oggi per le democrazie che, come ogni Stato moderno, della violenza hanno il monopolio. È lecita una violenza popolare contro un regime democratico? In linea teorica no.
In democrazia, ogni cinque anni, tu vai a votare chi pensi rappresenti meglio le tue idee e i tuoi interessi. Se non ti soddisfa, alla successiva tornata voterai qualcun altro. Che bisogno c'è della violenza? Il fatto è che quasi tutte le democrazie rappresentative non sono democrazie, ma sistemi di minoranze organizzate, di oligarchie, di caste, politiche ed economiche, strettamente intrecciate fra di loro che, nella più piena legalità formale, possono sottoporre a ogni abuso, sopruso, violenza il cittadino che a esse non si è infeudato. Non sono democrazie ma la loro, non innocente, parodia. Se, come ha auspicato Grillo, i giovani poliziotti si unissero ai loro coetanei in maglietta, contro “i responsabili che stanno a guardare sorseggiando il tè” sarebbe rivoluzione. Legittima se vittoriosa, criminale se perdente. Questo è ciò che ci insegna la Storia.
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