giovedì 31 gennaio 2013
Scoperto a Trieste il più antico accampamento romano
La notizia e di qualche settimana ed è sorprendente che tutt'ora riusciamo a trovare testimonianze così vive che ci riportano ai primi insediamenti romani nell'area della X° Regio.
Il castrum, che potrebbe essere quello descritto da Tito Livio, è stato individuato un team di ricercatori italiani grazie a un telerilevamento laser
di Alice Danti
Ricostruzione del castrum individuato vicino Trieste di Guido Zanettini
Il modello digitale
La pianta dell'accampamento romano: si tratta di un modello digitale del terreno (DTM) ottenuto tramite l'elaborazione di dati LiDAR acquisiti da elicottero. L'area su cui sorge l'accampamento è completamente ricoperta da un bosco e le strutture, da terra, sono quasi invisibili. Nelle immagini derivate dai dati LiDAR si vedono due strutture fortificate di forma rettangolare: la più grande, che misura 165 m x 134 m, orientata perfettamente N-S, potrebbe essere la più antica, riferibile alla terza guerra istrica (178-177 a.C.). La più piccola, le cui dimensioni sono 100 m x 43 m, è all'inteno della precedente ma ha un'orientazione un po' diversa. Al suo interno sono state trovati frammenti di anfore repubblicane.
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Il più antico castrum romano è stato scoperto non lontano da Trieste da un team di ricercatori italiani: secondo gli studiosi potrebbe essere quello descritto da Tito Livio in uno dei capitoli della sua raccolta Ab Urbe Condita.
L’accampamento è stato individuato grazie alla rielaborazione dei dati Lidar acquisiti a bordo di un elicottero, e se le future prospezioni geofisiche e gli scavi dovessero confermare le prime ipotesi degli studiosi, il forte triestino sarebbe con ogni probabilità più antico di almeno 100 anni dell’accampamento romano finora ritenuto il più antico: quello identificato nel 2012 a Hermeskeil, in Germania, e riferibile alle guerre galliche.
Indagini ad alta quota
Il LiDAR (light detection and raging) è una tecnica di telerilevamento che grazie all’uso di un fascio laser, montato su un elicottero o un aereo, permette di ottenere delle mappe altimetriche tridimensionali del terreno anche attraverso la copertura degli alberi. In questo studio gli archeologi hanno utilizzato i dati che la Protezione Civile della Regione Friuli Venezia Giulia ha acquisito nel corso degli anni per il monitoraggio ambientale, rielaborandoli con dei software appositamente dedicati al rilevamento archeologico.
Già nei primi anni del Novecento uno studioso aveva segnalato l’esistenza di una doppia cerchia muraria sul Monte Grociana, a pochi chilometri da Trieste, ma attualmente le strutture descritte non erano più visibili visto che l’area è ricoperta da una fitta boscaglia.
Federico Bernardini, archeologo del Centro di fisica sperimentale Abdus Salam di Trieste (ICTP), nonché uno degli autori dell’articolo pubblicato sul Journal of Archaeological Science, racconta che “la scoperta è avvenuta quasi per caso, inaspettatamente. Quando abbiamo iniziato ad analizzare i dati ottenuti con il LiDAR in realtà ci aspettavamo di trovare i resti del castelliere dell’Età del Bronzo descritto da Marchesetti nel 1903, cioè di un piccolo villaggio fortificato a pianta circolare; invece è apparsa una struttura rettangolare molto grande che, vista la sua forma regolare, non poteva essere di certo protostorica”. La struttura individuata è infatti costituita da una doppia cerchia muraria di forma rettangolare: quella esterna, orientata nord-sud, ne contiene una più piccola orientata in maniera leggermente diversa (vedi immagine a destra).
L’origine romana della struttura è stata poi confermata da una successiva ricognizione archeologica del sito che ha portato alla luce alcuni frammenti di orli di anfore. I due frammenti ceramici sono stati sottoposti ad una microtomografia computerizzata a raggi X, in modo da ottenere una dettagliata ricostruzione virtuale del profilo che ne consentisse una datazione precisa su base tipologica. Sulla base dei profili ottenuti presso il Laboratorio multidisciplinare dell’ICTP, entrambi i frammenti sono risultati appartenere ad una tipologia di anfore diffuse tra la fine del II secolo a.C e l’inizio del I.
La conferma nelle fonti storiche e nei reperti
Come racconta Tito Livio nelle sue cronache Ab Urbe Condita, durante la prima fase della terza guerra contro gli Istri la flotta romana si sarebbe mossa dal Lacus Timavi, cioè il mare di fronte a Monfalcone, per dirigersi verso il primo porto delle coste istriane. Da lì due legioni consolari si sarebbero accampate più all’interno, a circa sette chilometri dalle navi.
Così, sulla base della posizione geografica - il monte Grociana si trova proprio a 7 chilometri dall’antico porto di Stramare, uno dei primi approdi della regione istriana - delle fonti letterarie e dei reperti ceramici, secondo gli archeologi l’antico castrum coinciderebbe proprio con l'accampamento descritto da Tito Livio, e sarebbe quindi stato costruito durante le guerre contro Istri e Carni, iniziate nel 181 a.C. con la fondazione di Aquileia e conclusesi nel 177 a.C. con la definitiva conquista dell’Istria.
Archeologia del futuro
Per Bernardini, lo studio delle immagini LiDAR ha permesso inoltre la scoperta di molti più siti - tra cui tumuli funerari, fortificazioni e terrazzamenti agricoli che vanno dalla preistoria all’età romana - di quanti non siano stati individuati in anni di indagini archeologiche sul campo.
“Il nostro studio, oltre ad aver individuato uno degli accampamenti romani più antichi, conferma che il LiDAR è una delle tecniche di indagine archeologica più promettenti per il futuro. Questa tecnologia infatti consente di vedere le strutture sepolto nel sottosuolo anche al di sotto della copertura arborea e con un risoluzione centimetrica”.(22 gennaio 2013) © RIPRODUZIONE RISERVATAarcheologia, antichi romani, tecnologia
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