martedì 28 luglio 2015

Solo la polvere è eterna

TERZAPAGINA, dal coriere della sera
caro Nietzsche sbagliavi, eterna e' solo la polvere
tradotto in Italia il famoso saggio di Heidegger " Nietzsche " a cura di Franco Volpi ( Adelphi )
------------------------- PUBBLICATO ------------------------------ ELZEVIRO Tradotto in Italia il famoso saggio di Heidegger TITOLO: Caro Nietzsche, sbagliavi Eterna e' solo la polvere - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - E apparsa, molto attesa, la traduzione italiana del Nietzsche di Heidegger. Un migliaio di pagine Adelphi a cura di Franco Volpi, benemerito degli studi heideggeriani. Uno dei libri piu' grandi della filosofia di questo secolo, dove il pensiero di Nietzsche viene restituito al rigore e alla potenza speculativa che gli competono. Ma le proporzioni dell' impresa sono troppo grandi perche' la fatica non lasci il segno. Per Heidegger il cuore del pensiero di Nietzsche e' il rapporto tra la dottrina della "volonta' di potenza" e la dottrina dell' "eterno ritorno" di tutte le cose. E il travaglio di queste pagine riguarda appunto il senso di tale rapporto. "Questa vita . scrive Nietzsche . come tu ora la vivi e l' hai vissuta dovrai viverla ancora una volta e innumerevoli volte e non ci sara' in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro e ogni cosa indicibilmente piccola e grande della tua vita dovra' far ritorno a te e tutte nella stessa sequenza e successione. L' eterno orologio a polvere dell' esistenza viene sempre di nuovo capovolto e tu con esso, granello di polvere dalla polvere venuto!". Ma come si concilia il divenire di tutte le cose . nel quale la volonta' di potenza consiste (giacche' ogni cosa, e non solo l' uomo, e' volonta' di potenza) . con l' eternita' del loro ritorno, cioe' con il loro mantenersi eternamente nell' essere, nonostante il loro continuo svanire e morire? Eterna, qui (e non piu' biblica), e' proprio la polvere che noi siamo e in cui ritorniamo. Non si dice semplicemente che il fuoco semprevivo ed eterno del divenire richiede la distruzione della legna, ma che la stessa ritorna eternamente a bruciare nello stesso fuoco. E difficile allontanare l' impressione che il testo di Heidegger sia profondamente oscillante. Da un lato afferma che la dottrina dell' eterno ritorno e' il "fondamento" senza il quale "la filosofia di Nietzsche e' come un albero senza radici" (p. 218) e dunque tale dottrina "non solo e' conciliabile con il pensiero della volonta' di potenza, ma e' il suo unico e autentico fondamento" (p. 345). Dall' altro lato afferma che il pensiero dell' eterno ritorno e' un "enigma" che "non puo' esser tolto di mezzo" (p. 245); una "domanda" (p. 273) e non un' affermazione; un' "interpretazione" e non una "dottrina" dimostrabile e fondabile; sicche' il suo contenuto "non e' mai dato come qualcosa di reale", ma e' "soltanto una possibilita' " (p. 327). E d' altra parte il testo sembra convergere sulla tesi della "coappartenenza" della dottrina della volonta' di potenza e di quella dell' eterno ritorno (p. 355): "La volonta' di potenza e' eterno ritorno dell' uguale" (p. 387). Nietzsche scrive: "Che tutto ritorni e' l' estrema approssimazione del mondo del divenire al mondo dell' essere: la vetta della contemplazione". In un corso universitario del 1951 ' 52, non contenuto nel Nietzsche, Heidegger commenta: "Ma questa vetta non s' innalza con contorni chiari e definiti", "rimane avvolta in dense nuvole, non soltanto per noi, ma anche per il "pensiero piu' grave" di Nietzsche"; "la cosa stessa che prende il nome d' "eterno ritorno" e' avvolta da un' oscurita' di fronte a cui il pensiero di Nietzsche dovette indietreggiare spaventato". Eppure quest' oscurita' e' molto inferiore a quanto Heidegger non pensi . che pure ha il merito d' aver restituito Nietzsche al chiarore della filosofia. (Non e' forse il "meriggio" di Zarathustra, quando le ombre sono le piu' brevi, il tempo della "grande verita' ", cioe' del "rotondo anello d' oro" dell' eterno ritorno?). Puo' accadere che un grande camminatore come Heidegger s' arresti poco prima della vetta e non sappia compiere gli ultimi passi, i decisivi e piu' difficili. Nemmeno Heidegger s' avvede che la dottrina dell' eterno ritorno puo' mostrare la propria luminosa potenza solo quando se ne scorga l' unione essenziale con la dottrina della "morte di Dio". Non s' avvede che come il divenire delle cose e la creativita' della volonta' di potenza implicano e richiedono necessariamente l' inesistenza d' ogni Dio immutabile, che soffoca il divenire, cosi' essi implicano necessariamente che il passato non sia una dimensione rispetto a cui la volonta' e' ormai impotente, e che pertanto sia a sua volta immutabile e intoccabile. Nessun immutabile puo' esistere: dunque il passato non puo' sottrarsi alla volonta' , ma deve rimanerle assoggettato in eterno; e questo e' possibile solo se la volonta' rivuole eternamente cio' che essa ha voluto, come ho tentato d' indicare nell' elzeviro sul Corriere del 26 novembre. Appunto per questo Nietzsche scrive che la dottrina dell' eterno ritorno e' il "martello in mano all' uomo piu' potente" . il martello che distrugge la falsa eternita' e immutabilita' degli idoli e che solleva al culmine della potenza chi l' impugna. Proprio perche' ogni eterno della tradizione occidentale e' impossibile, proprio per questo il divenire delle cose e' necessariamente eterno ritorno delle stesse cose. Dove appare che l' "eterno ritorno" di Nietzsche non ha nulla a che vedere con l' "eterno ritorno" di Eraclito, che e' uno di quegli eterni che la tradizione ha evocato per arginare e contenere il divenire, e non . come invece accade nel pensiero di Nietzsche . per liberarlo. D' altra parte, poiche' Nietzsche crede che Eraclito sia il piu' deciso assertore del divenire, egli vede nell' "eterno ritorno" eracliteo qualcosa che Eraclito doveva aver pensato come concordante e non come incompatibile col divenire. Come poteva Eraclito pensare questa concordanza? Nietzsche scioglie l' "enigma". Proprio il piccolo Eraclito che Nietzsche conosce . un' invenzione, un vecchio luogo comune . gli suggerisce la "vetta della contemplazione" che il grande Eraclito non avrebbe mai potuto pensare.

Severino Emanuele

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