mercoledì 15 luglio 2015

Il più odiato degli imperatori



Frigidarium - Musée de Cluny, Paris. Statue de l'empereur Julien dit l'Apostat


"La Chiesa è stata assai più feroce contro Giuliano che contro qualsiasi degli imperatori che pur l'hanno perseguitata col ferro e col fuoco. Eppure Giuliano, che aveva iniziata una sistematica restituzione del Politeismo, non ha versata, di sua iniziativa, una goccia di sangue per la causa che gli stava a cuore assai più delle sue imprese guerresche e delle sue riforme amministrative. Anzi, come vedremo, proclamava ufficialmente il principio della tolleranza e non voleva le conversioni forzate [...]

Intorno alla sua memoria, i partiti continuarono, per qualche tempo, a tenzonare. Di Giuliano può dirsi davvero che, in vita, è stato segno d'immensa invidia e d'indomato amor. Egli aveva sollevata una tempesta. Le onde di quella tempesta palleggiarono furiosamente il suo cadavere, e lo gittarono sulla spiaggia sfigurato e dilaniato [...]

L'infelice Giuliano nella sua breve carriera, preparava a sè stesso un doloroso disinganno. Egli doveva, ben presto, persuadersi che tutti i provvedimenti, da lui
escogitati, non riuscivano allo scopo che tanto gli stava a cuore. La propaganda politeista, sebbene voluta e diretta dall'imperatore stesso, non aveva che scarsissimi risultati. Il mondo anche là dove non esisteva fervore cristiano, era indifferente alla restaurazione del culto antico. Lo sforzo di Giuliano si consumava nel vuoto. Egli raccoglieva, dovunque, le prove di tale condizione di cose e, col suo ingegno arguto, ne comprendeva tutto l'amaro significato. Ad un amico di Cappadocia, scrive:
«Mostrami, in tutta la Cappadocia, un sol uomo che sia genuinamente ellenico, poiché finora io non veggo che gente la quale non vuol fare i sacrifici, e quei pochi
che vogliono non sanno come fare». E nella chiusa di quella lettera al gran sacerdote di Galazia, di cui già conosciamo le istruzioni relative all'organizzazione del sacerdozio, egli dice: «Io sono pronto a venire in aiuto degli abitanti di Pessinunte, se essi si renderanno propizia la Madre degli dei; se la trascureranno, non solo ne avranno rimprovero, ma, per quanto acerbo il dirlo, subiranno gli effetti del mio sdegno

A me nè accor, nè rimandar con doni
Lice un mortal che degli Eterni è in ira!

«Persuadili, dunque, se hanno caro che io mi occupi di loro, ad essere unanimemente devoti della Madre degli dei» [...]

Il passaggio di Giuliano sul trono imperiale fu la comparsa di una meteora luminosa che, appena accesa, si è spenta [...]

Moralista severo, egli era disgustato della corruzione in cui il Cristianesimo era caduto, appena assunto alla dignità di religione riconosciuta. Tutte le passioni,
tutti i vizî vi avevano libera fioritura. Nè la Corte imperiale, nè le grandi città dell'Impero erano state moralizzate dalla conversione al Cristianesimo. La cristianissima Antiochia offriva a Giuliano uno spettacolo scandaloso. Egli non poteva tacere il suo stupore ed il suo sdegno, così da diventare antipatico agli Antiochesi, assai più perché rigido censore dei loro costumi che perché nemico della loro religione. In tale condizione di cose, parve a Giuliano che egli
dovesse e potesse risollevare le sorti della civiltà antica, dell'Ellenismo, com'egli diceva, col ricostituire il Politeismo e col volgergli di nuovo la corrente del sentimento e delle abitudini popolari. Ma sentì di non poter far questo, se insieme non iniziava la riforma del Politeismo.Gli dei naturalistici e nazionali dell'antico Olimpo greco-latino erano completamente esauriti e nessuno poteva più credere in essi. Giuliano, come vedemmo, li conservò, trasformandoli in altrettante espressioni simboliche, aggruppate intorno ad un unico principio divino, dell'universo. In ciò Giuliano non era che un neoplatonico, seguace più di Giamblico che di Plotino, e non era per nulla un novatore. Ma ciò che è propriamente originale ed interessante è che Giuliano, nel rinascimento dell'Ellenismo, vedeva la vittoria di un alto principio di morale e di virtù. Giuliano era un uomo, per eccellenza, virtuoso, austero, alieno da tutti i godimenti mondani, idealista di natura e di educazione. Ora, egli non riconosceva affatto che il Cristianesimo fosse stato un fattore di moralità. Se si esclude il precetto dell'elemosina ai poveri, per la quale egli eccita i suoi seguaci ad imitare i Galilei, non vi ha virtù ch'egli riconosca esercitata dai Cristiani. Non vedeva, sopratutto in alto, fra i vescovi stessi, che avidità di guadagno, ambizioni, lotte accanite, incontinenza e violenza. Ed egli voleva ricondurre nella pratica della vita quelle virtù che il Cristianesimo mondano lasciava esulare nei cenobî. Qui sta propriamente la chiave esplicativa del tentativo di Giuliano. Il Cristianesimo non aveva moralizzato il mondo, egli credette di poterlo moralizzare ravvivando l'Ellenismo, che per lui conteneva la somma della sapienza, della bellezza
e della bontà. Per far questo, Giuliano voleva ricondurre il mondo al Politeismo, ma ad un Politeismo essenzialmente riformato".
http://bpfe.eclap.eu/eclap/axmedis/1/153/00000-153a08f1-ecbe-4301-89fb-d5e8cdd677d8/2/~saved-on-db-153a08f1-ecbe-4301-89fb-d5e8cdd677d8.pdf

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