«O lettore, chiunque tu sia, nel Santo nome di Iahwè, che il segreto di questa scrittura non sia rivelato a persone ignoranti perfide spudorate lascive e maligne, che la usino indegnamente». Preoccupato delle possibili applicazioni della tecnica da lui perfezionata, l'abate benedettino Giovanni Tritemio, vissuto nella seconda metà del XV secolo, rimetteva nelle mani di Dio la protezione del suo potente e occulto mezzo di comunicazione da un uso sconsiderato. Con i trattati Steganographia e Clavis Steganographiae, Tritemio è passato alla storia come l'ideatore di più di quaranta sistemi principali e dieci sottosistemi secondari per nascondere un messaggio dentro un altro. Un sistema ancora oggi utilizzato per comunicare da una parte all'altra del mondo senza che il significato di quanto viene trasmesso risulti comprensibile se non a chi ne è destinatario.
La steganografia, messaggi chiari che nascondono altri significati
Nascondere o confondere? I messaggi segreti possono essere trattati in due modi diversi prima di essere recapitati a chi è in grado di leggerli. Usando la crittografia oppure la steganografia. Due tecniche sorelle ma basate su principi e modalità distinte. Mentre la prima mira a nascondere il significato di un testo, alterandone il contenuto e rendendolo incomprensibile in modo che solo mittente e destinatario, in possesso di un codice di decifrazione, possano capirsi, la seconda è ancora più "nascosta". Il contenuto non viene alterato secondo un algoritmo-codice, come la cifratura, ma viene nascosto in un altro messaggio (testo o immagine) di senso compiuto, occultato in modo che non sia visibile se non da chi possiede la chiave steganografica adatta a leggerlo.
Composta dalle parole greche steganos,"coperto", e graphein,"scrivere", la steganografia è un'arte assai antica. E' dalle pagine dello storico Erodoto, infatti, che apprendiamo che nell'antica Persia erano gli schiavi a fare da portatori di messaggi nascosti. Venivano rapati a zero, il testo veniva poi tatuato sulla loro testa, e partivano alla volta del destinatario solo dopo che erano ricresciuti i capelli. All'arrivo poi, dovevano essere nuovamente rasati perché il messaggio potesse esser letto. Anche i cinesi usavano sistemi steganografici, dipingendo i messaggi su striscioline di seta finissime che erano appallottolate e ricoperte di cera. I messaggeri inghiottivano le palline per recapitarle a destinazione. Se intercettati però, questi antichi sistemi non permettevano alcuna copertura e i testi segreti rischiavano di finire in mani poco sicure o decisamente nemiche.
Tritemio invece ideò numerosi sistemi per nascondere all'interno di un messaggio di senso compiuto un altro messaggio, composto da diversi acronimi e basato su una sostituzione mono-alfabetica, leggibile e interpretabile attraverso un disco rotante con due giri concentrici di lettere. A ciascuna lettera dell'alfabeto sul primo giro veniva così attribuita una lettera diversa sul secondo. Conoscendo la chiave utilizzata per comporre il disco (cioè la corrispondenza tra una lettera e un'altra) e sapendo la modalità di composizione dell'acronimo (ad esempio, nel caso più semplice, la lettura di tutte le prime lettere delle parole che compongono il testo), da un testo di senso assolutamente compiuto si può "estrarne" un altro di significato completamente diverso. Il sistema funzionava talmente bene che fu adottato dalle cancellerie dell'epoca per comunicare messaggi politici ai propri alleati e emissari lontani. Secondo alcuni studiosi dei codici di quel periodo, ad esempio, il successo politico della Repubblica di Venezia nel Mediterraneo è stato garantito proprio dalla possibilità di usare codici steganografici, come "Le zifre" di Agostino Amadi, ora conservato nell'Archivio di Stato a Venezia, che si basavano sull'uso di sillabari per la composizione di testi contenenti significati nascosti.
L'abate benedettino Giovanni Tritemio e l'ipotesi di una magia ben occultata
Ma proprio la forza di questo sistema segnò ad un certo punto la rovina del suo ideatore. I trattati di Tritemio infatti, dopo aver circolato per oltre un secolo in forma manoscritta, vennero messi all'indice dei libri proibiti pochi anni dopo la prima pubblicazione a stampa, avvenuta nel 1606. Sui trattati dell'abate benedettino, che aveva fondato una delle più fornite biblioteche del tempo e che si dedicava alla teologia ma anche alla medicina e all'alchimia, si aprì un dibattito durato quasi quattro secoli. Non era infatti chiaro se potessero essere considerati solo un'esposizione di tecniche crittografiche per inviare messaggi a distanza o trattati di magia cammuffati, destinati agli occultisti. E' solo dopo il 1996, con il lavoro di Thomas Ernst e di Jim Reeds, che il terzo libro dellaSteganographia, quello che più aveva sollevato dubbi e polemiche per il contenuto poco chiaro, viene "decifrato" lasciando apparire un messaggio confuso e con parti mancanti che però sembra confermarne il contenuto astrologico.
Elisabetta Tola – da http://magazine.enel.it/ReS/
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