lunedì 24 febbraio 2014

L'Ombelico, il centro sacro del mondo etrusco non e Orvieto ma Bolsena

FANUM VOLTUMNAE, OMBELICO SACRO DELL’ETRURIA

Secondo gli archeologi che da una decina di anni conducono scavi in  Orvieto, la città umbra sarebbe stata la sede del Fanum Voltumnae, il santuario federale delle dodici tribù etrusche dove, annualmente, si riunivano i dodici lucumoni e si tenevano assemblee, officiando le ritualità in onore della maggiore divinità  nazionale, Voltumna.
Il Fanum, dunque, era l’ombelico sacro (omphalos), ovvero il centro religioso e confederale di tutta l’Etruria.
Numerosi e significativi elementi fanno però intravedere un’altra possibilità: che la sede del Fanum non fosse Orvieto, bensì l’area del lago di Bolsena.
Orvieto fu certamente un’importante città etrusca e sicuramente avrà avuto un suo tempio consacrato alla massima divinità etrusca. E altrettanto può dirsi per altre importanti città tirreniche: Volterra, Volturnum (Capua), Felsina (Bologna) ecc… Ma per quanto  concerne il santuario confederale delle dodici città etrusche, non pochi indizi, tradizioni e monumenti sembrano indicarne la sede sulle rive del lago di Bolsena. Scopo del presente scritto è di segnalare sinteticamente una serie di evidenze, riguardo al tema in questione, che finora non sono state prese in considerazione e che non paiono di marginale rilevanza.
FANUM
Il pozzo dell'isola Bisdentina che attraversa il monte Tabor (=ombelico)
Nel Dizionario della Lingua Latina (B.Calonghi), alla voce “fanum”, troviamo i seguenti significati: “luogo consacrato, dedicato alla divinità; recinto sacro, santuario, tempio.”
Vi è una sostanziale differenza tra le parole latine “templum” e “fanum”. La prima è usualmente riferita ad un tempio architettonico, la seconda ha un’accezione più ampia, indicando soprattutto un particolare luogo sacro, un sito naturale più o meno esteso ritenuto sacro. E’ comune l’associazione tra un “fanum” e uno speciale luogo naturale, lago, bosco, sorgente, monte: Fanum Feroniae (il bosco sacro di Feronia, sotto il monte Soratte), Fanum Dianae (il bosco sacro di Diana, sul monte Albano), Fanum Fortunae (a Fano, sotto il monte Giove). Questi citati furono anche denominati con il termine “lucus” (bosco) e dedicati a divinità femminili, presso celebri montagne sacre, fuori da centri abitati, in siti già frequentati da età antica (pre-etrusca) e dove poi, in età storica, sorsero santuari e templi. La concezione insita nella parola “fanum” rimanda a quella antica visione del territorio che assegnava ad ogni luogo sacro una sua specifica identità, un suo particolare Genius Locii, origine di sacer.
Nella ricerca del Fanum Voltumnae è quindi essenziale individuare un territorio in relazione al culto diVoltumna, più che un singolo tempio. All’epoca, visto che si trattava del dio nazionale, dovettero sorgere suoi templi in molte città etrusche.
VOLTUMNA
Nel Dizionario della Lingua Latina (Calonghi), alla voce “Voltumna”, si legge: “Voltumna, ae, f., dea protettrice della confederazione dei dodici stati etruschi, presso il cui tempio si tenevano le assemblee generali, Livio 4, 23, 5 ed altri”.
Si tratta di una dea, come anche sostenuto dai maggiori linguisti e storici, e non di un dio “bisessuale”, come ritenuto da M. Pallottino e dalla sua “scuola” che hanno confuso la diade etrusca (Veltune, il dio e Voltumna, la dea) con una inesistente divinità androgina. Secondo autorevoli storici e filologi, il nome della dea si sarebbe mutato, nei secoli, in Vortumna e Fortuna; l’etimo è sempre il medesimo: voltvortfort, in allusione al “volgere, vertere, girare”, essendo la ruota della fortuna il principale simbolo della dea. Una famosa tradizione riporta  che a Volsinii sorgeva il tempio della dea Fortuna, chiamata dagli Etruschi Nortia.
Di questo tempio restano diverse stampe e riproduzioni (1): il tempio è raffigurato all’entrata settentrionale di Bolsena, davanti a Porta Fiorentina. Secondo la tradizione, nel tempio etrusco  diNortia, a Volsinii (= Bolsena), veniva infisso il chiodo “fatale”, per fissare ritualmente lo scorrere degli anni. La “ruota” della fortuna era anche la ruota del tempo e del fato.

Alessandro Fioravanti, geologo, archeologo e archeosub
LE “AIOLE”, TUMULI PROTOSTORICI (3)
Le cosiddette “aiole” di Bolsena sono la testimonianza più pregnante della speciale opera di sacralizzazione del lago e delle sue rive, avvenuta già nella remota età pre-estrusca. Le “aiole” furono scoperte da Alessandro Fioravanti, geologo, archeologo, ingegnere ed inventore delle prime tecniche di ricognizione archeologica subacquea (anni ’50).
Si tratta di quattro enormi tumuli, eretti sulle quattro rive del lago, prima che il livello delle acque salisse di circa otto metri, sommergendoli (X secolo a.C.).
Tutti e quattro i tumuli furono eretti sopra fonti di acque termali, sull’antica riva, davanti al grande specchio lacustre. Sono quattro imponenti monumenti sacri (il più grande, il Gran Carro, è lungo 80 m, largo 60 m, alto 5 m) aventi funzioni di marcatori territoriali, realizzati in un arcaico contesto di culto delle acque. I quattro tumuli attestano un rito di fondazione di età pre-etrusca. Da allora il lago fu ritenuto sacro fino in epoca etrusca e poi nel medioevo cristiano, quando fu chiamato “lago di Santa Cristina”.
SANTA CRISTINA
E’ oggi un dato acquisito il sovrapporsi della tradizione cristiana nei luoghi della precedente tradizione “pagana”.
Santa Cristina è la patrona cristiana dei luoghi d’acque: laghi (Bolsena, Trasimeno, Orta ecc..), fiumi (Arno, Albegna, Po ecc..), mari (Palermo, Corsica, Spagna …) e altri siti d’acque. Come tanti altri casi di santi cristiani, il culto di Santa Cristina andò a sostituire quello di una precedente divinità. Nel caso di Bolsena, la santa martire sostituì con il suo culto quello di Voltumna (o Fortuna, o Nortia …), dea della Fortuna, dell’abbondanza (suo simbolo è la Cornucopia) e delle acque fecondatrici.

Santa Cristina e le dodici ancelle
IL PELLEGRINAGGIO AL FANUM E LA VIA FRANCIGENA
Quello della via Francigena è ancora oggi il maggiore pellegrinaggio cristiano d’Europa. Secondo i più autorevoli studiosi di Storia delle Religioni, il pellegrinaggio è da considerarsi fra le più antiche forme di pratiche religiose.
I grandi pellegrinaggi hanno quasi sempre origini preistoriche.
Il pellegrinaggio della via Francigena passa per San Lorenzo Nuovo (tempio etrusco di Torano), sotto il monte Landro (tempio etrusco da poco scoperto), prosegue per Bolsena (sede del duomo di S. Cristina e di diversi templi etruschi), passa poi vicino al tempio etrusco di Turona, prosegue per Montefiascone (tempio d’altura nel palazzo dei Papi), per poi dirigersi verso Roma.
All’interno del cratere di Bolsena la via Francigena passa per una serie di templi etruschi, affiancati da chiese cristiane, dirute o ancora consacrate. Il pellegrinaggio etrusco al Fanum di Volsinii è documentato dal Rescritto di Spello (4) (IV sec. a:C.), firmato da Costantino il Grande. Il pellegrinaggio al Fanum ebbe durata plurisecolare e ciò spiega il suo profondo radicarsi nelle terre del lago e il perché divenne poi necessario, per la cristianità, di farlo diventare un pellegrinaggio cristiano. Studiando nel dettaglio il percorso della Francigena, si possono individuare con precisione i luoghi del precedente pellegrinaggio etrusco al Fanum lacustre.

TEMPLI NELL’AREA DI BOLSENA
Ciascuna delle quattro rive del lago conserva i resti, o le memorie, di numerosi templi etruschi, da Turona a Bisenzio, da Bolsena a San Lorenzo Nuovo, da Montefiascone a Marta. Altrettanto è vero per le necropoli che, per la maggior parte, sono ancora interrate, mai valorizzate, né tutelate. E’ un patrimonio immenso del quale i locali sono bene a conoscenza e che oggi è sempre più in stato di degrado e abbandono. Recentemente il dottor Angelo Timperi, già ispettore e archeologo della Soprintendenza per l’Etruria Meridionale, attivo nell’area di Bolsena per trenta anni, ha pubblicato “Il Fanum Voltumnae a Bolsena” (Viterbo 2010), indicando la presenza di un importante tempio etrusco di età arcaica, interrato nell’area di Poggio Moscini. Altri “dimenticati” resti della etrusca Volsinii (= Bolsena) sono stati indicati dal Dottor Timperi.
Nella primavera  del 2011 è inoltre venuto alla luce un tempio etrusco di età arcaica sulla vetta del monte Landro, tra Bolsena e San Lorenzo Nuovo. La superficie del Santuario è di oltre 100 metri quadrati, all’interno di un ancor più vasto recinto sacro. Preziosi reperti sono già stati raccolti in superficie ma, inaspettatamente, lo scavo è stato velocemente sospeso e interrotto (?).
Templi e “rudera templi” sono segnalati soprattutto lungo il versante settentrionale del lago, lo si può vedere nella ricca cartografia medievale e nei toponimi ancora conservatisi. L’erudito Andrea Adami, nel suo “Storia di Volseno” (1737, Biblioteca di Bolsena), indica la presenza di un tempio etrusco, dedicato ad Apollo, vicino al duomo di S.Cristina (Poggio Pesce). La “vasca”, o meglio il bacile lustrale, che oggi si trova su un marciapiede, all’incrocio tra la piazza di Bolsena e il lago, proverrebbe da quel tempio.
LE FONTI CLASSICHE
La controversia sull’ubicazione dell’etrusca Volsinii, dove la tradizione sostiene vi fosse il Fanum delle 12 città, verte sulla tesi, avanzata da archeologi italiani, che Bolsena sia stata fondata nel III secolo a.C. (Volsinii Novi), dopo la conquista romana di Orvieto (Volsinii Veteres), sede del Fanum Voltumnae. L’archeologo francese Raymond Bloch, che scavò estesamente a Bolsena, riportò alla luce una cinta muraria di età arcaica (V sec. a.C.). Ma, passato il clamore della scoperta, archeologi italiani hanno “riformulato” la datazione: le mura sarebbero della fine del terzo secolo, quindi erette dopo l’occupazione romana. Questa tesi contrasta con l’evidenza che le mura delle altre città etrusche furono erette intorno all’epoca della Repubblica romana (V sec. a.C.), per ovvi motivi difensivi: cacciati i re etruschi da Roma, tutta l’Etruria stava per essere attaccata. Veio fu la prima città a cadere (inizio IV secolo), Volsinii e Vulci le ultime (III secolo).
Le descrizioni della città di Volsinii, scritte dallo pseudo-Aristotele e da Zonara (2), mettono in chiaro alcuni punti:
  •  Volsinii era dotata di una possente cinta muraria, ritrovata a Bolsena e non a Orvieto.
  •  Volsinii aveva nel mezzo della città un colle emergente, presente a Bolsena e non a Orvieto.
  •  Volsinii era ricca di acque. Oltre al lago, la città è ricca di sorgenti; Orvieto è situata tra aride colline di creta.

NOTE
  1.  Le raffigurazioni del tempio di Nortia sono pubblicate in “Bolsena Sparita”, di A. Fioravanti, Bolsena 1991. Il testo è nella Biblioteca Comunale di Bolsena.
  2.  Vedi J. Zonara, Epit. Histor, VIII, 7; Pseudo-Aristotele, Vol. IV De Mirab. Auscult.
  3.  L’argomento è stato trattato nel n. 4 dei quaderni dell’associazione Tages.
  4. Il rescritto di Spello consiste in una iscrizione lapidea con la quale l’imperatore Costantino autorizza gli etruschi di Spello a celebrare l’annuale festa presso il loro santuario (Fonti del Clitumno?). Gli Umbri di Spello avevano richiesto all’imperatore di poter celebrare l’importante festività a casa loro risparmiandosi così i disagi del gravoso pellegrinaggio, attraverso monti e valli, per giungere al Fanum di Volsinii.

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