Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre. Significa incontrare realtà antichissime, ancora vive, a fianco dell'ultramoderno. Accanto alla barca del pescatore, che è ancora quella di Ulisse, il peschereccio devastatore dei fondi marini o le enormi petroliere. Significa immergersi nell'arcaismo dei mondi insulari e nello stesso tempo stupirsi di fronte all'estrema giovinezza di città molto antiche, aperte a tutti i venti della cultura e del profitto e che da secoli sorvegliano e consumano il mare. Certamente ancora oggi il Mediterraneo è custode della vita di molti popoli, rievocandone le radici e le origini comuni. Ma il Mediterraneo, crocevia di civiltà, non è destinato a rappresentare un mito del passato. Che cosa resterà nella nostra cultura mediatica e tecnologica delle sedimentazioni millenarie e delle culture stratificate che hanno alimentato i popoli del mare? Che cosa oggi ha preso il posto dei viaggi e delle esplorazioni, degli scambi e delle migrazioni dei popoli mediterranei? Come il Mediterraneo è vissuto da questi stessi popoli, oggi?
A. Camus: "Il Mediterraneo è altrove"
martedì 16 dicembre 2008
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