E Cupido aprì la faretra, e ubbidendo alla madre, tra le sue mille frecce ne scelse una che più acuminata e più stabile e più sensibile alla corda non avrebbe potuto essere. Aiutandosi col ginocchio curvò flessibile, e con la canna uncinata, colpì Plutone diritto nel cuore.
“Non lontano dalle mura di Enna c'è un lago che si chiama Pergo; l’acqua è profonda. Neppure il Caistro sente cantare tanti cigni sopra le onde della sua corrente. Un bosco fa corona alle acque cingendole da ogni lato, e con le sue fronde fa schermo, come un velo, alle vampe del sole. Frescura donano i rami, fiori variopinti l'umido terreno. Qui la primavera è eterna. In questo bosco Prosèrpina si divertiva a cogliere viole o candidi gigli, ne riempiva con fanciullesco zelo dei cestelli e le falde delle veste, e faceva con le compagne a chi ne coglieva di più, quando Plutone- fu quasi tutt'uno — la vide, se ne innamorò e la rapì. Tanto precipitosa fu quella passione. Atterrita, la divina fanciulla si mise a chiamare con mesta voce la madre e le compagne, ma soprattutto la madre, e poiché si stracciò l'orlo superiore della tunica, questa si allentò e i fiori raccolti caddero per terra: e tanta semplicità c'era nel suo cuore di vergine, che anche la perdita dei fiori le causò dispiacere. Il rapitore lanciò il cocchio incitando i cavalli, chiamandoli ciascuno per nome, scuotendo sui colli e sulle criniere le briglie del cupo colore di ruggine; passò veloce sul profondo lago, sugli stagni dei Palaci, tra le esalazioni del golfo che erompe dalla terra e li fa ribollire…"
(Ovidio, Metamorfosi, libro V, vv.379-404).
“Non lontano dalle mura di Enna c'è un lago che si chiama Pergo; l’acqua è profonda. Neppure il Caistro sente cantare tanti cigni sopra le onde della sua corrente. Un bosco fa corona alle acque cingendole da ogni lato, e con le sue fronde fa schermo, come un velo, alle vampe del sole. Frescura donano i rami, fiori variopinti l'umido terreno. Qui la primavera è eterna. In questo bosco Prosèrpina si divertiva a cogliere viole o candidi gigli, ne riempiva con fanciullesco zelo dei cestelli e le falde delle veste, e faceva con le compagne a chi ne coglieva di più, quando Plutone- fu quasi tutt'uno — la vide, se ne innamorò e la rapì. Tanto precipitosa fu quella passione. Atterrita, la divina fanciulla si mise a chiamare con mesta voce la madre e le compagne, ma soprattutto la madre, e poiché si stracciò l'orlo superiore della tunica, questa si allentò e i fiori raccolti caddero per terra: e tanta semplicità c'era nel suo cuore di vergine, che anche la perdita dei fiori le causò dispiacere. Il rapitore lanciò il cocchio incitando i cavalli, chiamandoli ciascuno per nome, scuotendo sui colli e sulle criniere le briglie del cupo colore di ruggine; passò veloce sul profondo lago, sugli stagni dei Palaci, tra le esalazioni del golfo che erompe dalla terra e li fa ribollire…"
(Ovidio, Metamorfosi, libro V, vv.379-404).
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